Riconosciuto da papa Francesco il martirio in odio alla fede cristiana del vescovo siro-cattolico Melki ucciso nel 1915 durante il genocidio armeno che comportò anche il genocidio delle altre minoranze cristiane della Turchia 1/ Genocidio 1915: il Papa vuole un nuovo beato, di Marco Tosatti 2/ Promulgazione di Decreto della Congregazione delle Cause dei Santi, 08.08.2015 3/ Ignazio Maloyan (dal sito della Santa Sede)
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1/ Genocidio 1915: il Papa vuole un nuovo beato, di Marco Tosatti
Riprendiamo da La stampa del 7/8/2015 un articolo scritto da Marco Tosatti. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, vedi la sotto-sezione Turchia ne I luoghi della Bibbia e della storia della Chiesa e la sotto-sezione Chiese ortodosse nella sezione Cristianesimo, ecumenismo e religioni.
Il Centro culturale Gli scritti (9/8/2015)
E’ imminente la proclamazione di un nuovo beato, vittima del Genocidio del 1915, perpetrato dai turchi contro gli armeni e le altre minoranze cristiane dell’allora Impero ottomano. Si tratta di Michaelis Flavianus Melki (Malke), un vescovo della Chiesa Siro-cattolica, ucciso “in odium fidei” il 29 agosto del 1915.
E’ un caso di cui papa Francesco si è personalmente interessato, e di cui la Congregazione per le Cause dei Santi si sta occupando con grande celerità: probabilmente affinché sia possibile proclamarne la santità a cento anni dal martirio.
Melki nacque vicino a Mardin, nell’attuale Turchia sud-orientale. Divenne prete della Chiesa Siro-cattolica, e viveva a Tur Abdin. Durante i massacri del 1895 la sua chiesa fu saccheggiata e bruciata, e sua madre uccisa. In seguito fu nominato vescovo di Mardin e Gazarta. Il 24 aprile del 1915 con i massacri di Istanbul il “Triumvirato” lanciò l’operazione di genocidio, diretta contro armeni, assiri e greci, cioè le minoranze cristiane. Nell’estate del 1915 Melki si trovava ad Azakh, ma avendo notizia di ciò che stava per accadere alla sua diocesi tornò a Gazarta e si rifiutò di fuggire, a dispetto del consiglio degli amici musulmani del posto.
Fu arrestato il 28 agosto insieme al vescovo caldeo Jacques Abraham. Secondo le testimonianze di musulmani del posto fu chiesto a entrambi di convertirsi all’islam. Rifiutarono. Abraham fu ucciso con un colpo di fucile, Melki fu picchiato fino a fargli perdere conoscenza e decapitato.
Dopo la beatificazione del vescovo Ignazio Maloyan, arcivescovo armeno-cattolico di Mardin, proclamato beato da Giovanni Paolo II nel 2001, si tratta del secondo vescovo riconosciuto martire in odium fidei in un evento – il Genocidio degli Armeni – che ha provocato e provoca tensioni fra Ankara, fautrice attiva di una politica negazionista, e il Vaticano.
La messa celebrata da papa Francesco nell’aprile scorso in San Pietro in memoria delle vittime del Genocidio ha provocato reazioni ufficiali turche. Oltre che a stabilire una chiara linea di condotta vaticana sul tema, la determinazione di papa Francesco vuole essere anche un segnale forte di attenzione e di appoggio per le comunità cristiane del Medio Oriente, Siria e Iraq in particolare, che stanno soffrendo a distanza di un secolo quello che patirono i loro antenati, per mano delle milizie islamiste, e di chi offre loro appoggio e aiuti, come Turchia e Paesi del Golfo.
2/ Promulgazione di Decreto della Congregazione delle Cause dei Santi, 08.08.2015
Nella mattinata dell’8 agosto 2015, il Santo Padre Francesco ha ricevuto in udienza privata Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Angelo Amato, S.D.B., Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Nel corso dell’udienza il Santo Padre ha autorizzato la Congregazione a promulgare il decreto riguardante il martirio del Servo di Dio Flaviano Michele Melki (al secolo: Giacomo), della Fraternità di Sant’Efrem, Vescovo di Djézireh dei Siri; nato nel 1858 a Kalaat Mara (attuale Turchia) e ucciso in odio alla fede a Djézireh (attuale Turchia) il 29 agosto 1915.
3/ Ignazio Maloyan (dal sito della Santa Sede)
Choukrallah Maloyan, figlio di Melkon e Faridé, nacque a Mardine, in Turchia, il 19 aprile 1869. Il padre Joseph Tchérian, scorgendo in lui i segni della vocazione, lo inviò all'età di 14 anni nel convento di Bzommar, in Libano. Lì, terminò gli studi superiori e nella festa del Sacro Cuore del 1896 fu ordinato sacerdote Bzommarista con il nome di Ignazio, in ricordo del grande Santo Martire di Antiochia.
Nel 1897, padre Ignazio è inviato in missione ad Alessandria, poi al Cairo, dove si acquistò la fama di sacerdote esemplare. Nelle sue ore libere, studiava il francese, l'inglese e l'ebraico per comprendere meglio la Sacra Scrittura. Nel 1904 Sua Beatitudine il Patriarca Boghos Bedros XII Sabbaghian, notando le sue qualità eccezionali, lo nominò suo segretario privato.
Frattanto, la diocesi di Mardine aveva bisogno di un buon organizzatore per assistere l'anziano Arcivescovo Houssig Gulia. Sua Beatitudine Sabbaghian non trovò scelta migliore che il padre Maloyan. Il 22 ottobre 1911, durante il Sinodo dei Vescovi armeni riunito a Roma, fu eletto Arcivescovo di Mardine e consacrato da Sua Beatitudine Boghos Bedros XIII Terzian. A Mardine, si interessò da vicino ai problemi del suo gregge sul piano materiale, sociale e spirituale. Diffuse in tutte le parrocchie la devozione al Sacro Cuore e alla Madre di Dio.
Mons. Maloyan intratteneva buone relazioni con gli alti dignitari del paese. Stimato e apprezzato, fu decorato con un decreto del Sultano. Purtroppo allo scoppio della prima guerra mondiale, gli Armeni residenti in Turchia (allora alleata con la Germania), cominciarono a subire prove indicibili. Il 24 aprile 1915, infatti, segnava l'inizio di una vera operazione di sterminio. Il 30 aprile 1915, i soldati turchi circondarono la chiesa armena e l'arcivescovado di Mardine, con il pretesto che vi fossero nascosti depositi di armi. Non avendovi trovato alcunché, si accanirono a distruggere gli archivi e i documenti.
All'inizio di maggio, lo zelante Pastore riunì i suoi sacerdoti e, alla luce delle tristi notizie, li mise al corrente delle minacce fomentate contro gli armeni. Li esortò a pregare e a restare saldi nella fede. Poi lesse loro il suo testamento, in cui li incoraggiava, considerando un grande onore mescolare il proprio sangue a quello dei martiri. Li affidò alla sollecitudine di mons. Ignazio Tapouni, Arcivescovo dei siriani cattolici.
Il 13 giugno 1915, ufficiali turchi trascinarono mons. Maloyan davanti al tribunale con 27 componenti della comunità. Lì, Mamdouh Bey, capo della polizia, chiese al Vescovo di consegnargli le armi nascoste nelle sua casa. Il Presule gli rispose che era sempre stato un cittadino fedele al governo e che il Sultano, in segno di merito, gli aveva conferito un alto riconoscimento onorifico. Mamdouh Bey gli propose allora di abbracciare l'Islam, per avere salva la vita. Il Presule replicò con vigore che mai avrebbe rinnegato Gesù né tradito la Chiesa e che era una gioia per lui subire per Cristo qualunque supplizio, anche la morte. Allora, un soldato lo schiaffeggiò brutalmente. Mamdouh Bey lo colpì violentemente alla testa più volte con il calcio della pistola. Ad ogni colpo, lui diceva: «Signore, pietà di me; Signore, dammi forza». Credendo che la sua morte fosse imminente, gridò a gran voce: «Chi di voi, miei cari padri, mi ascolta, mi dia l'assoluzione». Poi i soldati gli strapparono le unghie dei piedi e lo costrinsero a camminare.
A Chikhane, Mamdouh Bey lesse ad alta voce la seguente sentenza: «Lo Stato vi ha concesso molti favori...; in cambio, voi avete tradito il paese. Per questo siete condannati a morte. Tuttavia, se qualcuno diventa musulmano sarà liberato e ritornerà a Mardine. In caso contrario, la sentenza sarà eseguita. Preparatevi ad esprimere la vostra ultima volontà».
Mons. Maloyan, a nome di tutti, rispose: «Non siamo mai stati infedeli verso lo Stato... ma se ci chiedete di essere infedeli verso la nostra religione, questo mai, mai e poi mai». Tutti i presenti confermarono: «Questo mai». «Noi moriremo — aggiunse Maloyan — ma moriremo per il Cristo». Un fedele si avvicinò ai soldati e gridò: «Uccidetemi pure e vedrete come muore un cristiano per la sua fede».
Il Confessore incrollabile si mise in ginocchio, e tutti fecero altrettanto. Pregò il Signore di concedere loro la forza e il coraggio per essere degni della palma del martirio. I sacerdoti impartirono a tutti l'assoluzione. Ciò che provocò lo stupore dei soldati turchi fu la pace e la serenità che risplendeva sui loro volti. Erano felici di morire per Cristo.
Mamdouh si avvicinò a mons. Maloyan e per la seconda volta gli propose l'Islam. Il Presule rispose: «La tua richiesta mi sorprende. Ti ho già detto che io vivo e muoio per la mia vera fede. Mi glorifico nella Croce del mio Signore e mio Dio». Mamdouh infuriato estrasse la pistola e fece fuoco. La pallottola gli trapassò la nuca. Lui crollò a terra e, prima di spirare, esclamò: «Signore, abbi pietà di me; nelle tue mani affido il mio spirito».