Stonehenge, falsa leggenda . "E' stato tutto ricostruito". Uno studente riporta alla luce i documenti: la disposizione delle pietre è opera dei restauri di un secolo fa, di Antonio Polito
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Riprendiamo da La Repubblica del 23/2/2001 un articolo scritto da Antonio Polito. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, vedi le sotto-sezioni L'uomo e le sue origini e Preistoria. Per altri articoli sulla Gran Bretgana, cfr. la sotto-sezione Altri luoghi in Europa nella sezione I luoghi della Bibbia e della storia della chiesa.
Il Centro culturale Gli scritti (9/8/2015)
N.B. de Gli scritti. Stonehenge è una delle tante testimonianze storico-scientifiche che ci ricordano come l’uomo abbia da sempre ha cercato Dio. Probabilmente a Stonehenge, le cui origini vengono datate al 3000 a.C., si compivano sacrifici animali alle divinità: la presenza di numerose sepolture di epoche diverse attesta che vicino a questo luogo ritenuto sacro si seppellivano persone per affidarle alla vita eterna. Insieme agli altri siti megalitici della Gran Bretagna, Marden Henge, dieci volte più grande di Stonehenge, Avebury ed ai siti delle isole Orcadi (Brodgar o Brogar, Stenness, Maeshowe o Maes Howe, Skara Brae), ci ricorda il senso religioso dell’uomo che ha sempre cercato di comunicare con il “cielo”.
Più di questo è difficile dire a livello scientifico - ma quanto detto è molto – ed è divertente la leggenda che si è creata, invece, su Stonehenge e che viene demolita dal bell’articolo di Antonio Polito cui abbiamo aggiunto le immagini di riferimento.
Stonehenge come si presenta oggi dopo i numerosi interventi
di ricostruzione condotti prima che venissero elaborate le
moderne metodologie scientifiche archeologiche
Stonehenge (1901) ai tempi dei primi interventi di W. Gowland
LONDRA - Prima pietra, 3000 avanti Cristo. Ultima pietra, 1964 dopo Cristo. All'alba del solstizio d'estate, quando sacerdoti druidi, guerrieri New Age e hippies randagi fanno a botte per vedere il perfetto allineamento del sole che sorge sulle pietre millenarie di Stonehenge, potrebbero anche mettere su un disco dei Beatles, se proprio vogliono celebrare i mitici costruttori del misterioso circolo. Perché l'ultimo esoterico allineamento è opera di una prosaica gru degli anni '60. Il velo sul mistero meglio pubblicizzato d'Inghilterra l'ha sollevato un ragazzo di Bristol, Brian Edwards, alle prese con una tesi di storia. Ha trovato le foto. Risalgono al 1901, hanno il fascino sabbiato di un dagherrotipo, ma documentano spietate le approssimative tecniche edilizie di un gruppo di operai vittoriani con cazzuola. Sono solo le prime di una serie: il '900 è stato tutto un cantiere, che ha rifatto e "migliorato" il volto di Stonehenge, come in una plastica facciale su una signora un po' invecchiata.
Stonehenge (1901) ai tempi dei primi interventi di W. Gowlan
Stonehenge (1901) ai tempi dei primi interventi di W. Gowland
Scavatrici, corde e cemento hanno ricostruito, spostato, innalzato, sistemato, riallineato quei monoliti che milioni di "fedeli" presumono intatti, e ne adorano la mistica geometria, credendola un computer preistorico, un orologio neolitico, un osservatorio celtico, o addirittura il regalo fantascientifico di una civiltà superiore, sbarcata da un'astronave sulla Terra cinquemila anni fa per consegnarci la Conoscenza. Sistemare un monumento traballante non è un reato. Gli archeologi l'hanno fatto sempre e dovunque. Quelli inglesi in modo un po' più vigoroso degli altri. Nel 1919, l'anno dopo che Sir Cecil Chubb, proprietario del terreno, vendette il tutto al governo per poco più di 6000 sterline, sei grandi pietre furono rimosse e innalzate in posizione verticale, agli ordini dell'energico Colonnello William Hawley, entusiasta membro della "Stonehenge Society".
Altri tre monoliti furono spostati da una gru nel 1959, a uno dei giganteschi "trilithons" venne messo un cappello di pietra nel 1958, e ai tempi di John Lennon, 1964 per l'appunto, quattro pilastri neolitici cambiarono di posto. La Stonehenge che vediamo oggi è un'opera del XX secolo. Senza tutti questi lavori, ammettono ora gli archeologi dell'English Heritage, "avrebbe un aspetto molto diverso. Pochissime pietre sono ancora esattamente nel posto dove furono erette millenni fa". Non era difficile da sospettare. Bastava indagare nell'arte, dove il fascino di Stonehenge ha lasciato dettagliate testimonianze, nei dipinti di Constable e Turner, che raffigurano una distesa di enormi pietre rovesciate, sradicate dal tempo, smosse dalle intemperie, e non quel circolo perfetto che pseudoscienziati e creduloni New Age pensano innalzato per calcolare le eclissi lunari, o i solstizi del sole.
Interventi negli anni '50 e '60
Gli archeologi seri già lo sapevano, e l'hanno pure scritto nei loro libri. Ma a noi, poveri mortali, nessuno l'aveva mai detto. Anzi, ce l'avevano accuratamente nascosto. Sulle guide e gli audiovisivi del "trust" che cura la conservazione del luogo e incassa i proventi di un milione di turisti all'anno, c'è appena un vago accenno a generici lavori di "rafforzamento delle pietre". Fino agli anni '60, per la verità, i depliant erano un po' più chiari. Poi, l'esplosione di massa del fenomeno Stonehenge dovette consigliare una robusta censura.
Il fatto è che il mistero di questa mitica costruzione si gioca tutto in pochi millimetri. Per essere un osservatorio astronomico preistorico, le pietre devono puntare con precisione matematica al primo sole d'estate, devono riprodurre alla perfezione le costellazioni celesti, devono seguire a intervalli implacabili di 46 mesi le evoluzioni lunari. Un'intera nuova scienza, la "archeometria", ha calcolato all'infinito i dettagli di Stonehenge.
Un immenso tam tam su Internet ne ha diffuso il credo in tutto il mondo. E' per mettersi in asse con quei pochi millimetri che ogni anno, il 21 di giugno, migliaia di giovani in cerca di un'esotica trascendenza si azzuffano a sangue, abbattono le barriere, si arrampicano sulle pietre, e le cospargono di rifiuti; al punto che per sedici anni l'alba fatale è stata proibita al pubblico dalla polizia in assetto di guerra ed è stata riaperta solo l'anno scorso, in omaggio al Terzo Millennio. E' per celebrare quella perfetta geometria che austeri signori gallesi in tunica bianca, sacerdoti druidi, vi si danno convegno come i bossiani in riva al "dio Po", alla riscoperta delle antiche radici celtiche della loro etnia. Se quei pochi millimetri sono stati "aggiustati" da una mano umana, il gioco e il business è finito. Il più gigantesco teatro di posa di "XFiles" rischia di essere degradato a quello che è sempre stato, uno straordinario sito archeologico senza particolari messaggi spirituali.
Intendiamoci, a Stonehenge vale sempre la pena di andare, almeno una volta nella vita. La delusione rivelata dallo studente di Bristol non è colpa delle popolazioni primitive che con sforzo sovrumano innalzarono ciò che forse era un luogo di culto: non potevano certo prevedere l'esplosione della New Age. Nonostante i lavori edili del '900, furono loro, i primi "britons" di cinquemila anni fa, a orientare queste immense pietre verso il sorgere del sole. Come l'uomo in preghiera ha sempre fatto. Anche le chiese cristiane sono allineate all'orizzonte orientale, dove sorge il sole, eppure non sono né osservatori scientifici né templi di adoratori degli astri. A Stonehenge, per chi la cerca, si può sempre vedere la mano di Dio. A patto di sapere che il Diavolo si nasconde nei dettagli.
J.M.W. Turner, Stonehenge, Tate Liverpool, 1827
J.M.W. Turner, Stonehenge, London, Private Collection Agnew's
J. Constable, Stonehenge, London, British Museum, 1820-1835