Il programma iconografico della cupola di Santa Maria del Fiore in Firenze, elaborato da Vincenzo Borghini e realizzato da Giorgio Vasari e Federico Zuccari. Appunti di Andrea Lonardo da una relazione del prof. Gilberto Aranci
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Il testo che presentiamo on-line raccoglie gli appunti presi durante gli incontri dell’Eurocat, tenutosi a Firenze dal 2 al 6 maggio 2007. Per alcune immagini degli affreschi vedi, su questo stesso sito, la Gallery fotografica Firenze: Cupola del Duomo con affreschi del Vasari. Il Prof. Gilberto Aranci era allora Responsabile dell’Archivio della Curia Arcivescovile di Firenze, e docente di teologia pastorale e di catechetica presso la Facoltà teologica dell’Italia centrale. Gli appunti non sono stati da lui rivisti. Per approfondimenti, cfr, la sezione Arte e fede ed, in particolare, La catechesi a Firenze al tempo della programmazione iconografica degli affreschi della cupola brunelleschiana. Rilievi e confronti, di Gilberto Aranci.
Il Centro culturale Gli scritti (17/5/2015)
Il prof. Gilberto Aranci ha raccontato come sia stato il Duca di Firenze, Cosimo I de’ Medici, a volere che si desse alla cupola di S. Maria del Fiore il complemento decorativo che il Brunelleschi aveva già previsto. Nell’esecuzione di questo ciclo pittorico si susseguirono due pittori diversi, Giorgio Vasari che vi dipinse dal 1572 al 1574 e Federico Zuccari che completò l’opera interrotta lavorando fra il 1576 e il 1579. L’idea del Giudizio Universale fu offerta ai pittori da don Vincenzo Borghini, un benedettino teologo. Il Borghini scrisse un lungo testo ad uso dei pittori, una dettagliata “invenzione”, come si diceva allora, e per soggetto aveva appunto il Giudizio Universale.
Il relatore ha poi presentato alcuni rilievi sulla natura catechetica del programma iconografico ideato dal Borghini e realizzato dai due pittori. La funzione catechistica degli affreschi della cupola è affermata in modo esplicito nel programma pittorico. Egli voleva che la rappresentazione iconografica fosse adeguata ad una mentalità cristiana già formata, perché ognuno potesse “compiacersi” - questa è l’espressione precisa usata - nel riconoscere nelle pitture delle verità già apprese ed acquisite precedentemente.
Le preoccupazioni del Borghini si riferivano certamente a persone che avessero già una conoscenza teologica ben consolidata ed avessero già ricevuto un sistematico e profondo insegnamento dottrinale.
Il prof. Aranci ha poi continuato considerando la relazione che il programma pittorico pensato e realizzato per la cupola aveva con la prassi catechistica del tempo, ponendo l’attenzione soprattutto alla tradizione del settenario. Il settenario, di tradizione patristica e medievale, è uno schema molto utilizzato nell’insegnamento cristiano antico. Il programma iconografico della cupola utilizza il settenario dei vizi a cui si contrappongono le sette virtù, insieme ai sette doni dello Spirito Santo e alle sette beatitudini. La tradizione che ha lavorato su questi settenari va da Ugo di San Vittore, teologo medievale e dal Purgatorio, la seconda cantica della Divina Commedia di Dante, fino alla catechesi del Cinquecento.
La particolare attenzione del Borghini alla tradizione dei cosiddetti settenari è espressa chiaramente nella sua lettera al Vasari. Egli prevedeva di distinguere sette gradi secondo la partizione degli otto spicchi della cupola. Delle otto vele o spicchi della cupola, egli attribuisce la vela centrale, quella est, a rappresentare Gesù Cristo giudice. Rimanevano così le altre sette vele nelle quali distribuire i settenari.
Il relatore ha poi presentato lo schema di ogni vela della cupola. Esso prevedeva, a partire dall’alto, innanzitutto una schiera di cori angelici che portavano uno degli strumenti della Passione.
Subito sotto venivano le schiere dei Santi e Beati, scelti con una particolare caratterizzazione rispetto ad ogni vela. Scendendo più in basso vi erano poi le triadi dei doni dello Spirito santo, delle Beatitudini e delle Virtù. Il programma prevedeva che venissero poste l’una a fianco dell’altra tre figure, rappresentanti una un dono dello Spirito, l’altra una virtù e la terza, quella nel mezzo, la beatitudine. Esse dovevano corrispondersi in un programma unitario.
Contrapposto a tutte le figure superiori si trova il livello più basso che è quello infernale, nel quale ogni vela è caratterizzata da un peccato mortale o vizio.
Il percorso va da est, nord-est, nord, nord-ovest, ovest, sud-ovest, sud, sud-est.
Il prof. Aranci si è poi soffermato sulla vela centrale, quella est, a cui si oppone il suo contrario, perché di fronte a Cristo giudice c’è Lucifero condannato.
In questa prima vela, quella di est, in alto si leggono le due iscrizioni “INRI” – Iesus Nazarenus rex Iudeorum - ed “Ecce Homo” portate dagli angeli. Poi ci sono i due cori angelici dei serafini e dei cherubini che sono sopra la figura del Cristo giudice che è centrale - è una figura molto statica a differenza del Gesù Giudice del Giudizio di Michelangelo. Subito sotto a Gesù Cristo c’è da una parte Maria, in orazione e adorazione. Poi ci sono le figure di Adamo ed Eva e dei Santi fiorentini posti come intercessori.
Abbiamo poi le tre Virtù Teologali, al centro la Carità, la virtù che rimane, la virtù più importante, e, ai due lati, la Speranza e la Fede. C’è poi sotto una figura femminile che rappresenta la Chiesa che si spoglia della sua realtà militante, terrena, per diventare trionfante. Altre allegorie rappresentano il tempo che si ferma, una clessidra rotta, e poi alcune altre che riguardano la fine, l’annientamento della morte, poiché ormai “non ci sarà più lutto, né morte, né pianto”.
Il relatore ha accennato poi ai temi delle altre volte. Nella seconda vela, a partire dal basso, dall’inferno, si trova il peccato dell’invidia rappresentato dalla idra. Corrisponde all’invidia, in contrapposizione, la triade composta dalla Beatitudine dei Pacifici, del Dono della sapienza e della Virtù dell’amore del prossimo. Sovrastanti sono gli Apostoli ed i Patriarchi e, sempre salendo i cori degli angeli dei Troni che portano la croce.
Nella terza vela è dipinto il peccato dell’accidia rappresentato da un asino a cui si contrappone la Beatitudine dei mansueti, il Dono dello Spirito Santo dell’intelligenza e la Virtù della prudenza. Sopra i Beati ed i Santi che qui sono rappresentati nei Papi, Vescovi e preti, le Potenze, come coro angelico, portano la colonna della flagellazione.
Questo programma del Borghini – ha affermato l’Aranci - non corrisponde esattamente ai settenari così come erano sistematizzati all’epoca; non si ritrova, infatti, la stessa contrapposizione tra vizi e virtù altrove testimoniata. Il Borghini, che pure era un grande ammiratore di Dante Alighieri, non ha seguito neanche lo schema del Purgatorio. Infatti tutto il Purgatorio è articolato secondo i vizi a cui corrispondono le beatitudini, da cui promanano le virtù esemplificate da Dante nel Purgatorio attraverso vari personaggi.
Quindi, secondo l’Aranci, il settenario utilizzato dal Borghini e poi rappresentato dai due pittori è un unicum particolare ed originale, rispetto ai settenari della tradizione e anche della catechesi del tempo.
Certamente – ha concluso il relatore - se il programma pittorico aveva lo scopo catechistico di confermare e rafforzare il patrimonio di verità già acquisito, è chiaro che bisogna parlare qui di una catechesi dotta, comprensibile solo a coloro che erano già altamente scolarizzati. Non si trattava quindi di una catechesi popolare, poiché è evidente la difficoltà a riconoscere, attraverso la loro rappresentazione allegorica, sia i vizi rappresentati da animali, che le Virtù, i Doni dello Spirito Santo e le Beatitudini.
È una catechesi piuttosto criptica. Se non si sapesse in partenza cosa è rappresentato ci sarebbe difficoltà a riconoscerlo. Considerando l’insieme generale resta, invece, di indubbia efficacia comunicativa il messaggio globale. In vista della destinazione ultima, il cristiano dalla sua condizione terrena, peregrinante, contempla il giudizio che lo attende e la sorte diversa dei dannati e dei santi: contempla la condanna e la morte, la vita e la Gloria eterna. Scopre anche il percorso che lo conduce dalla morte del peccato alla beatitudine eterna, tracciato in senso verticale, allegoricamente, dalle triadi.
L’opera settenaria dello Spirito che con i suoi doni sostiene l’esercizio delle virtù, contrarie ai vizi, che esprimono la santità vissuta sulla terra e conclusa nella gloria celeste delle beatitudini corrispondenti.
Un percorso è tracciato anche in senso orizzontale a partire dalla contrapposizione tra Gesù Giudice con Lucifero, la superbia, sulla quale domina quasi regina, incoronata, la Virtù dell’umiltà - “chi si umilia sarà esaltato” – che ha accanto il Dono del timore di Dio e la Beatitudine della povertà di spirito.
Appunti da un intervento aggiuntivo di Severino Dianich
Il Vasari ha dipinto la due, tre, la sette e la otto, mentre la prima, la quattro, cinque e sei l’ha dipinte lo Zuccari, come tutto l’Inferno. Il Vasari iniziò con la tecnica a secco, in alto, poi invece passò all’a fresco nelle vele fino alle buche pontaie. Si può notare che l’Inferno è molto più movimentato di tutto il resto. Sono facili da riconoscere gli animali allegorie dei vizi, l’idra con sette teste di serpente, che rappresenta l’invidia, l’asino che rappresenta accidia, il porco selvatico che rappresenta la lussuria, l’orso che rappresenta l’ira, il cerbero che rappresenta la gola, il rospo l’avarizia, Lucifero che rappresenta anche l’orgoglio e la superbia.
Si riconoscono bene anche i segni della Passione. Abbiamo poi la fascia con i Santi e i Beati e tra questi Santi e Beati i pittori si divertirono a dipingere anche personaggi dell’epoca. Zuccari mise il suo autoritratto. Si può vedere aguzzando l’occhio anche Dante tra i Dottori, poi, a livello medio, vediamo le famose triadi o terne: doni dello Spirito Santo, Beatitudini e Virtù. Vedete se riconoscete qualcuno di essi.
Il programma prevedeva che al centro ci fosse sempre una Beatitudine. Probabilmente i pittori non hanno seguito il programma. Un esempio, la vela numero due, vediamo a destra, c’è una figura femminile che ha un ramoscello d’olivo in mano, quindi è la Pace. A sinistra c’è una donna con dei bambini che è la Carità, quindi al centro c’è il dono dello Spirito Santo, per esclusione, ed è la Sapienza.
Altro esempio la vela otto. A sinistra c’è una figura che ha un giogo sulla spalla, è tipico per riconoscere la Pazienza. A destra c’è una figura che piange, è la beatitudine di coloro che piangono, quindi la beatitudine non è al centro. Al centro c’è una figura angelica e sullo sfondo il disco solare.
Tutte le figure centrali hanno questo disco solare e sono alate. Una ha la corazza e quindi è la fortezza, è il dono della Fortezza. Solamente due vele, secondo gli studiosi, hanno al centro delle Beatitudini. Per finire, qui al centro, sopra Lucifero, cioè la superbia, sta l’umiltà come regina, incoronata.