O Vergine, dà presto la risposta, di Andrea Lonardo
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Il Centro culturale Gli scritti (26/4/2015)
Lorenzo Lotto, Annunciazione
«Dio mandò il suo Figlio, nato da donna» (Gal 4,4). Solo l’onnipotenza di Dio è tale da poter rendere piccolo ciò che è infinito. Solo per la sua stessa libertà Dio che è al di sopra di tutto può al contempo abitare dall’interno la sua creazione e farsi uomo.
Ma ciò avviene anche per l’assenso di Maria. Dio tutto opera, ma vuole operare attraverso la libertà dell’uomo, attraverso il sì della sua creatura, attraverso il fiat di Maria.
Senza Maria non avremmo avuto Gesù. Egli ci viene offerto, donato, non solo dal Padre, ma anche dalla Vergine. Anzi, Maria è – come scrisse nella sua Commedia il Poeta – il “termine fisso d’etterno consiglio”. L’attore e regista Roberto Benigni - ma suoi maestri sono stati Franco Nembrini, Vittorio Sermonti e tanti altri - in questi anni ha aiutato l’Italia intera a riscoprire Dante e ad appassionarsi a queste parole che indicano in Maria il termine stabilito dall’eterna saggezza di Dio, perché il Salvatore entrasse nel mondo.
L’attore toscano si è riferito più volte, per commentare il verso dantesco, alle riflessioni di san Bernardo di Chiaravalle che afferma in una sua straordinaria meditazione:
«Hai udito, Vergine, che concepirai e partorirai un figlio; hai udito che questo avverrà non per opera di un uomo, ma per opera dello Spirito Santo. L'angelo aspetta la risposta; deve fare ritorno a Dio che l'ha inviato... Tutto il mondo è in attesa, prostrato alle tue ginocchia: dalla tua bocca dipende la consolazione dei miseri, la redenzione dei prigionieri, la liberazione dei condannati, la salvezza di tutti i figli di Adamo, di tutto il genere umano... O Vergine, dà presto la risposta... Apri, Vergine beata, il cuore alla fede, le labbra all'assenso, il grembo al Creatore. Ecco che colui al quale è volto il desiderio di tutte le genti batte fuori alla porta. Non sia, che mentre tu sei titubante, egli passi oltre e tu debba, dolente, ricominciare a cercare colui che ami. Levati su, corri, apri! Levati con la fede, corri con la devozione, apri con il tuo assenso. “Eccomi”, dice, “sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1, 38)».
Tutto il mondo ha atteso quel sì, insieme a Dio stesso. Perché dalla maternità di Maria è dipesa la salvezza dell’uomo. La libera accettazione di quella maternità è stata la porta della salvezza. Liberamente Dio ha chiesto, si potrebbe dire, il permesso a Maria per entrare nel mondo (e, da quel momento, - aggiungeva l’attore toscano - si è anche manifestata in pienezza la suprema dignità della donna, poiché niente le può essere imposto senza libero assenso, se anche Dio ha voluto attendere la sua libera risposta; lì è nata la poesia cortese, lì ha avuto inizio la comprensione degli inalienabili diritti femminili).
La maternità di Maria è necessaria perché Cristo non è “naturalmente” nel mondo. Egli vi deve entrare, vi deve essere portato. Dall’opera dello Spirito, certamente, ma anche, per insondabile disegno di Dio, dal libero assenso della Madonna. La fede cristiana afferma, proprio a motivo dell’incarnazione, l’“hic” e il “nunc” della salvezza. La salvezza non è prima “sempre e dovunque”, ma è innanzitutto “qui” a Betlemme e “ora” al momento della nascita del Signore. Se può estendersi dappertutto e sempre è solo perché prima è stata “qui e ora”.
È ben per questo che la Chiesa ha sempre amato e venerato Maria, comprendendo che porla al centro dell’attenzione è l’unica via per giungere al Gesù reale, vero uomo e vero Dio. Dice l’evangelista: «I pastori andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia» (Lc 2,16). Non trovarono il bambino solo, ma egli era insieme a sua madre ed all’uomo che li aveva accolti nella propria casa. Celebrare Maria Madre di Dio vorrà così sempre dire continuare a celebrare il Natale, continuare a meditare sull’opera compiuta da Dio nella storia della salvezza.
Piccola sorella Magdeleine, la fondatrice delle piccole sorelle di Gesù, a motivo di un sogno ricevuto dal cielo che solo per pudore non ha mai voluto enfatizzare, ha invitato le sue sorelle a rappresentare Maria proprio nel gesto di dare il proprio figlio, il Figlio di Dio, al mondo:
«Da diversi anni sogno, come se la vedessi, una nuova immagine della Madonna. Non una Madonna che stringe teneramente fra le braccia il suo piccolo Gesù, ma che invece lo porge al mondo: e il suo piccolo Gesù ha solo qualche mese, è avvolto in fasce e così, sdraiato fra le sue mani, la Madonna lo porge con un gesto che dovrebbe essere così eloquente che tutti abbiano voglia di prenderlo».
E continua, rivolgendosi agli artisti: «Che Maria vi aiuti a realizzare il più bello dei suoi gesti, il suo atteggiamento più vero, quello che dà alla sua vita tutta la ragion d'essere: quella di donare al mondo il suo piccolo Gesù. Non continuate a porglielo tra le braccia perché lo guardi con tenerezza. Quel bambino non è per lei soltanto. Non accontentatevi di farglielo presentare al mondo, ma che essa, senza rimpianti e tutta felice di offrirlo, lo tenda a tutti quelli che vorranno prenderglielo!».
Veramente la generazione di Gesù è stata la ragion d’essere di tutta la vita di Maria. Ma essa ci indica così anche il motivo profondo del nostro vivere. Nessuno vive per se stesso, né muore per se stesso. Invece, abbiamo la vita per offrirla nell’amore. E non c’è amore più grande che aiutare ad amare questo Bambino che è l’origine e la salvezza di ogni amore.
Contemplando Maria, la Chiesa riscopre che anche oggi Gesù deve essere generato nel mondo, deve esservi portato. Solo la conoscenza del vangelo generata da chi già lo conosce e lo ama, può far nascere nelle nuove generazioni la libertà di accoglierlo a loro volta. Se non ci fosse chi lo portasse loro, esse non potrebbero liberamente accoglierlo, così come se Maria non fosse divenuta madre a nessuno sarebbe stato possibile divenire cristiano.
Cristo non può essere trovato da soli, senza la maternità di Maria e quella della Chiesa: se qualcuno potesse trovarlo da solo ciò significherebbe automaticamente che Gesù sarebbe in realtà solamente un’idea filosofica o psicologica che ognuno potrebbe far nascere autonomamente nel proprio cuore. Invece, nessuno dei sapienti o dei dominatori di questo mondo ha mai potuto conoscere Gesù - come dice Paolo (cfr. 1Cor 2,6)-, poiché Egli ci viene offerto solo dalla Madre di Dio.
Ma non solo Maria: con lei anche la Chiesa. La madre di Apocalisse 12 - «era incinta, e gridava per le doglie e il travaglio del parto. Partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro» (Ap 12,2.5) – è certamente Maria, ma è anche certamente la Chiesa, come affermano gli esegeti, che deve dare alla luce nel tempo, attraverso la sua testimonianza ed i sacramenti, Gesù, perché ogni uomo possa continuare ad incontrarlo nella storia.
La fede non nasce dalla ricerca dell’uomo, bensì dallo stupore di un evento che lo supera: «Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori» (Lc 2,18). Già Socrate ed Aristotele avevano detto che la meraviglia è l’origine della filosofia, che lo stupore dinanzi a qualcosa che è più grande di ciò che già sappiamo e comprendiamo, provoca il pensiero a svilupparsi. Dinanzi al Natale, dinanzi alla maternità di Maria, tutti sono invitati allo stupore, alla meraviglia, per quelle cose «che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano» (1 Cor 2,9).
Si potrebbe dire che prima dell’incarnazione valesse il detto: chi cerca non trova. Mentre dall’incarnazione in poi trova chi non ha cercato: «Sono stato trovato da coloro che non mi cercavano, mi sono manifestato a quelli che non chiedevano di me» (Isaia in Rom 10,20).
Qui si rovescia, fra l’altro, quello stanco tornello di alcune correnti pedagogiche per le quali bisognerebbe sempre partire dalle domande: in realtà la ricerca dell’uomo, così come la passione dello studente, partono da eventi e da proposte che fanno nascere domande. Dove il primato non spetta alla domanda, ma alla proposta ed all’annunzio che sanno per certo dell’esistere di una domanda del cuore che è però come sommersa di detriti.
«Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (Lc 2,19). L’evangelista Luca ci suggerisce che proprio questo è l’atteggiamento adatto. Essere più pensosi non nel senso di una maggiore introversione o chiusura, quanto piuttosto a partire dalla consapevolezza che per lasciar scendere veramente dentro di noi la realtà della vita e del Vangelo, per non lasciare che tutto scivoli addosso, è necessaria una vita interiore che torni a meditare su ogni incontro con stupore.