“Una piccola carezza”: così Papa Francesco ha definito la visita ai Musei Vaticani, offerta dall’Elemosineria Apostolica a 150 senzatetto che poi ha incontrato nella Cappella Sistina (da Radio Vaticana)
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Riprendiamo dal sito della Radio Vaticana un servizio pubblicato il 27/3/2015. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Roma e le sue basiliche. In particolare per la Cappella Sistina, vedi Guida alla visita della Cappella Sistina, di Andrea Lonardo. Per il Museo Pio Cristiano (Musei Vaticani), vedi Guida alla visita del Museo Pio Cristiano, di Andrea Lonardo. Per le Stanze di Raffaello, vedi Guida alla visita delle Stanze di Raffaello, di Andrea Lonardo.
Il Centro culturale Gli scritti (29/3/2015)
“Una piccola carezza”: così Papa Francesco ha definito la visita ai Musei Vaticani, offerta dall’Elemosineria Apostolica a 150 senzatetto che poi ha incontrato a sorpresa nella Cappella Sistina. Un momento di grande commozione per i poveri che al termine della giornata hanno cenato nel punto di ristoro dei musei. C’era per noi Benedetta Capelli:
“Benvenuti”. Papa Francesco accoglie così, in Cappella Sistina, i 150 senzatetto che per la prima volta hanno visitato i Musei Vaticani. E’ un incontro inatteso, personale, senza immagini ufficiali, bagnato anche dalle lacrime di commozione dei poveri che davvero non pensavano di poter ricevere la “carezza” del Papa. E’ lo stesso Francesco a definire così l’abbraccio caloroso con i suoi ospiti sotto le volte della Sistina, “la casa di tutti, la vostra casa – continua – dove le porte sono sempre aperte per tutti”. E ringrazia per “la testimonianza di pazienza” che è la loro vita. Un pensiero lo rivolge pure all’Elemosiniere, mons. Konrad Krajewski: “vi ama tanto”, dice il Papa, e i poveri seduti sulle sedie rosse, usate per le cerimonie ufficiali, rispondono che lo sanno e lo sentono. “Ho bisogno di preghiere di persone come voi” è la sua richiesta alla quale segue la benedizione. “Il Signore vi custodisca, vi aiuti nel cammino della vita, vi faccia sentire il suo amore e la tenerezza di Padre”. L’incontro si chiude con il saluto personale del Papa ad ogni povero, la carezza si fa gesto concreto, vicinanza, senso di prossimità. Il Padre Nostro recitato tutti insieme è l’ultimo atto di ringraziamento per il dono ricevuto: un pomeriggio passato tra il Museo delle Carrozze, il Cortile della Pigna, la Galleria degli Arazzi e delle carte geografiche; una parentesi di bellezza tra le difficoltà di una vita che però fa scoprire il valore della solidarietà e dell’affetto per gli altri. E’ la storia di Massimo, di Sergio, di Motiur e di tanti senza nome:
Massimo
R. - È come andare in paradiso… siamo sempre lì no? C’è il paradiso, c’è la fede che poi non pesa, perché non è una valigia che devi portarti dietro! Trilussa diceva: “Nun è che te costringe nessuno; nun te devi domandà né li perché, né li chissà e né li come”. Ecco, detto alla romana…
D. – Lei che storia ha?
R. – Ho fatto più danni io a me stesso, che solo Lui lo sa! La separazione, i figli… Lasciamo perdere, lasciamo perdere! A settant’anni sto qui a Sant’Egidio… Si vede che è un percorso che dovevo fare. Io poi non ho titoli, non ho studiato: io ho il dizionario della vita… quello ho e basta!
D. – Oggi è contento?
R. – Felice no, sereno. La serenità, non la felicità: la serenità! La serenità ti porta equilibrio, ti fa affrontare un sacco di cose tranquillamente, anche i problemi più difficili… Li chiamano difficili… Ma se tu li affronti con serenità, invece di andarti ad ubriacare o a drogare o a fare altri danni, perché il discorso è che non li riesci ad affrontare… E basta! Sereno, sereno! Papa Francesco dà la serenità, fa passare pure la depressione questo Papa: chi ha la depressione gliela fa passare! Lo capiscono tutti, dalla A alla Z, tutti! Il Papa è formidabile!
Nelly
D. – Quanti anni hai?
R. – 18. Sono tanto felice di vedere cose che non ho mai visto. Noi siamo nel Convento di Ripa, dei frati francescani. Siamo venuti tutti qua con la comunità. Mi trovo bene là, è un posto familiare… Stiamo bene, c’è amore come tra fratelli e sorelle. Non avevo un posto dove stare e l’assistente sociale mi ha portato là. Due o tre giorni fa sono venuta a dare i libricini del Vangelo e a vedere Papa Francesco. Penso che sia un uomo buono.
Motiur
R. - Mi chiamo Motiur, ho 21 anni. Sono arrivato in Italia da quasi due anni.
D. - Da quale Paese sei arrivato?
R. - Dal Bangladesh. Sono venuto qui per studiare. Ora vivo con i frati francescani.
D. - Non hai nessuno qui? Sei venuto da solo?
R. - Non ho nessuno qui. Volevo cambiare, volevo studiare e trovare lavoro.
D. - Che cosa ti aspetti dall’Italia?
R. - Quando sono arrivato in Italia ho cominciato a studiare. Dopo la terza media volevo lavorare ma ancora non ho trovato lavoro. Prima di arrivare qui sono andato in un centro di accoglienza dove sono rimasto per quasi un anno.
D. - Qual è il tuo sogno? Dove vuoi arrivare?
R. - Voglio trovare un lavoro.
D. - Papa Francesco ti ha portato nei Musei Vaticani. Cosa ne pensi?
R. - Ci ha invitato a visitare i musei. Questa è una cosa bella. Mi piace tanto. Non conoscevo la storia di Roma prima di arrivare qui. Ora la conosco un po’.
Sergio
R. - Sono a Roma dal 1999. Faccio la vita del pensionato; sono un anziano e ogni tanto mi fa piacere dare una mano, aiutare gli altri attraverso la Comunità di Sant’Egidio. Quando posso lo faccio volentieri. Avevo un caratteraccio e mi sono detto: “Così non può andare avanti. Come si fa?”. Allora per cercare di migliorarlo, mi sono messo a fare questo servizio a contatto con la gente, con centomila problematiche. Piano piano sono migliorato.
D. – Secondo lei che significato ha per le persone di Sant’Egidio, per i ragazzi che voi accogliete, fare un giro all’interno dei Musei Vaticani?
R. – Innanzitutto è un giorno che ci riconcilia con noi stessi, perché quando si viene qui e si respira quest'aria succede qualcosa di indescrivibile, non ci sono parole. Si respira un’aria di pace, di tranquillità. Quindi sono particolarmente felice. Se fosse possibile vorrei che questa iniziativa fosse riproposta in altre occasioni perché la gente pensa che siamo tutti sbandati … Invece c’è gente che apprezza molto queste cose e le viene a vedere con molto interesse e si vede dalle domande che fanno.
Rodolfo
R. – Non sono mai riuscito a vedere il Papa da vicino, neanche quando facevamo servizio qui a San Pietro. Questa volta, invece, sono veramente riuscito a vederlo “a tu per tu”. Sono emozionatissimo, anche perché è un Papa davvero… Pregherò per lui e per tutte le persone che sono qua, perché ne hanno proprio bisogno.
D. – Qual è la tua esperienza di volontario?
R. – Io ho cominciato stando negli scout e poi da lì sono passato alla Protezione Civile, avendo visto che avevano bisogno di persone. Mi sono buttato, pensando sempre di fare qualcosa di buono. E così sono riuscito. Mi piace, infatti, aiutare la gente, soprattutto da quando ho perso mia moglie. Anche lei era nella Protezione Civile. Ora sono tre anni che l’ho perduta, banalmente, e mi sento davvero perso. Se non fossi entrato da loro, penso che avrei fatto una brutta fine. Invece, visto che a lei piaceva aiutare gli altri, ora sto facendo quello che lei voleva.
La gioia e la felicità la si vede anche negli occhi di mons. Konrad Krajewski e del capo ufficio dell’Elemosineria, mons. Diego Ravelli:
R. – Vedere la gioia di queste persone. Adesso che siamo qui a conclusione della giornata, è veramente bello vedere il sorriso e quell’amore che hanno ricevuto durante l’incontro con il Papa. Escono davvero con il cuore pieno di gioia. Questa per noi è la cosa più bella; gli occhi aperti verso qualcosa di meraviglioso che forse non avrebbero mai potuto vedere se non proprio in questa occasione, con questa possibilità che gli è stata data. Per loro era davvero bello. Come dicevo, la gioia negli occhi e la bellezza di tante cose che sono anche loro: sono di tutti.
Toccante la testimonianza di Carla. Il dolore della vita che si scioglie nell’essere la madre di tanti giovani provati dalle esperienze più dure:
R. – Sono in convento, perché ho avuto un problema: tre anni fa, mi è scoppiata una bombola e tutta mia la famiglia è morta. Dopo questo incidente ho comprato una casa, che adesso è pericolante… Sto per strada. Sono stata accolta al convento dei francescani a Valmontone.
D. – In che modo è cambiata la sua vita oggi, anche circondata da tutti questi ragazzi?
R. – Loro mi chiamano tutti “mamma”, perché io sono la più anziana. C’è chi viene dal Libano, chi dalla Tunisia… Questo mi fa piacere. Mi chiamano tutti “mamma Carla”. Tanti dolori, tante sofferenze…
D. – Però il fatto di avere così tanti ragazzi intorno a lei l’ha aiutata?
R. – Mi hanno aiutato tanto, non sono caduta in depressione, sempre grazie al fatto che mi chiamano tutti “mamma Carla” e poi al convento sto bene. Ringraziamo Dio, sono contenta per tutti.
D. – Come ha accolto questa idea di Papa Francesco di farvi visitare i Musei Vaticani?
R. – Bellissima! È stata una cosa bella, perché non avevo mai visto una cosa del genere. Adesso ho avuto l’occasione di vederli. Mi sono piaciuti molto e sono molto contenta!
D. – Che pensa di questo Papa?
R. – Che è bravo, è umile, ci sa fare con i poveri: c’è tanta gente che li scansa…tanta!
D. – Come si vede tra qualche anno: in una sua casa o continuerà a vivere lì?
R. – Non lo so, però so che un domani, se dovessi riavere casa, quando muoio, la donerò al convento.