La serietà e la verità di una religione dipendono anche dal suo senso dell’humour. 1/ Porgi l’altra guancia e dai un pugno: Bud Spencer e Terence Hill 2/ Ma si può sempre fare un’altra battuta. A proposito di comicità, libertà e rispetto, di Giacomo Poretti 3/ Moni Ovadia: «Il pugno di Francesco è lungimirante», un’intervista di Lorenzo Maria Alvaro
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1/ Porgi l’altra guancia e dai un pugno: Bud Spencer e Terence Hill
Riprendiamo da Youtube un video Avvenire del 17/1/2015 un articolo di Giacomo Poretti. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (18/1/2015)
La serietà e la verità di una religione dipendono anche dal suo senso dell’humour (A.L.)
- Possibile che non ti si può lasciare solo un momento??? Che è successo?
- Stavo leggendo il Vangelo e mi hanno dato uno schiaffo...
- Mhhh... E tu li hai perdonati cristianamente???
- E veramente no, io gli ho risposto!
- Hai fatto male! Non dovevi rispondere! Ricordati cosa dice il Vangelo: "Se ti danno uno schiaffo?"
- Porgi l'altra guancia!
- Ecco... Prego!
- Grazie!
SBAAAAAM
- Io...
- E tu perché adesso l'hai colpito?
- Perché ha sbagliato guancia!!!
- E allora qual è la guancia giusta???
2/ Ma si può sempre fare un’altra battuta. A proposito di comicità, libertà e rispetto, di Giacomo Poretti
Riprendiamo da Avvenire del 17/1/2015 un articolo di Giacomo Poretti. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (18/1/2015)
Il padre costituente della comicità italiana, nonché padre di Peppone e don Camillo, Giovannino Guareschi, trascorse in prigione 405 giorni della sua vita perché – oltre a prendere per vere alcune lettere (false) in cui De Gasperi avrebbe invitato gli anglo-americani a bombardare Roma – fece pubblicare sulla rivista Il Candido una vignetta in cui raffigurava l’allora presidente della Repubblica Luigi Einaudi, tra due file di bottiglie di Nebbiolo, il Nebbiolo del Senatore Einaudi, e la intitolò "Corazzieri".
Nel lontano 1993, come trio "Aldo, Giovanni e Giacomo", subimmo l’unica censura della nostra carriera di comici: partecipavamo alla trasmissione Celito Lindo di Rai3 e nel ruolo dei vecchietti avremmo voluto commentare l’indiscrezione che Sandra Milo avrebbe concepito, come ci si esprimeva allora, un bimbo in provetta all’età di 60 anni; la battuta era questa: «Sai cosa ha detto il bambino quando ha visto per la prima volta Sandra Milo?». «No». «Ciao nonna!». Il responsabile degli autori, Sergio Staino (ovvero Bobo), disse che dovevamo togliere la battuta, altrimenti non saremmo andati in onda. Potevamo forse mettere a repentaglio la nostra carriera perché ad un rigido burocrate della comicità si era ristretto il concetto di ironia?
Quattro anni fa, per il nostro film La banda dei Babbi Natale un’organizzazione di animalisti organizzò una vibrata protesta perché in una scena Giovanni (sempre lui !) prendeva a calci un gatto di peluche. La stessa organizzazione non vide , o non volle vedere, che qualche scena dopo l’attrice Mara Maionchi, nel ruolo di una odiosa suocera, veniva sedata a forza e buttata in un cassonetto. Nessuna organizzazione a difesa delle suocere si è fatta viva. Perché? Conta più un peluche di una suocera? La conosco la risposta dei più, ma è irriferibile, e soprattutto la mia era una domanda retorica rivolta a quelli che hanno il cervello più ottuso di un gatto di peluche.
Qualche anno fa, un organismo deputato alla sorveglianza dei contenuti pubblicitari, dopo aver visionato un nostro spot, decise di impedire la messa in onda dello stesso perché nel finale un cagnolino finiva in lavatrice; lo abbiamo modificato e Giovanni (ancora lui!) si limitava ad accennare il gesto, ma il cane era salvo dalla centrifuga. È curioso sapere che due settimane più tardi, in un altro spot, un attore, uomo, anzi un omino, di nome Il Sottoscritto finiva nella stessa lavatrice, e questo con il nulla osta degli organi competenti.
Aiutatemi a risolvere questo dilemma: vale più un cane di un attore? O forse l’attore è più cane del cane attore? Si offende di più il cane o l’uomo? È più importante salvaguardare dal ridicolo il cane o l’uomo? E, ancora, chi possiede di più ironia, il cane o il funzionario dell’organismo di controllo? Chi è più ipocrita: l’uomo o il miglior amico dell’uomo? Insomma, ve ne sarete accorti: a chi si occupa di comicità prima o poi capitano dei guai.
Perché quando fai questo mestiere c’è il rischio molto alto che qualcuno si arrabbi e si offenda. Noi tre, nella nostra carriera quasi venticinquennale, siamo riusciti a fare arrabbiare diverse categorie nosografiche: da quelli con i disturbi dell’apprendimento e del linguaggio, i dislessici, a quelli con disturbi comportamentali quali l’isteria e l’oligofrenia, fino a quelli con disturbi degenerativi quali l’Alzheimer; siamo riusciti a fare insorgere i meridionali, i grassi, i piccoli, quelli che si curano con l’Ayurveda, quelli che se hanno la bronchite prendono i fiori di Bach, quei ladri degli juventini, e le signore che a 60 anni vogliono fare un figlio.
In genere, sono i parenti, i segretari o gli avvocati delle associazioni dei disturbi di cui sopra che si arrabbiano di più. Fare il comico è molto divertente ma anche molto complicato.
La libertà di satira, la libertà di comicità, la libertà di espressione non è mai gratis e non è mai libera totalmente, semplicemente perché non esiste un solo pronome, ma ne esistono almeno due: io e tu. Ma non basterebbe applicare quella definizione di M.L. King – «la mia libertà finisce dove comincia la vostra» – traslandola in questo modo: «La mia comicità finisce sulla soglia delle vostre cose più care»? Non è sempre facile capire quali sono le cose più care per un dislessico, per un malato di Alzheimer, per un cane, per un meridionale, per un omosessuale, per un nero, per uno che adora la Madonna o Maometto.
Lo sa perfino Papa Camillo, pardon Francesco, che giovedì ha fatto "outing" a nome di tutte le persone di buon senso, che se tocchi la mamma, la Madonna e la tua squadra di calcio ti monta talmente la rabbia che ti arrotoli le maniche della tonaca e cominci a menare cazzotti come don Camillo con Peppone.
Lo sanno persino i benpensanti e i tifosi del politicamente corretto che dove ci son le scarpe grosse spesso il cervello è fino e che farsi prendere per i fondelli non piace proprio a nessuno, nemmeno a loro.
A proposito della battuta censurata su Sandra Milo, non è morto nessuno, anche perché di comicità non dove morire nessuno, se non dal gran ridere; dicevo di quella battuta: ci siamo offesi a morte e abbiamo giurato sulla barba di Staino che saremmo diventati famosi alla faccia sua, poi abbiamo cambiato soggetto e battuta. Perché c’è sempre la possibilità di fare un’altra battuta.
3/ Moni Ovadia: «Il pugno di Francesco è lungimirante», un’intervista di Lorenzo Maria Alvaro
Riprendiamo dal sito www.vita.it un’intervista di Lorenzo Maria Alvaro a Moni Ovadia pubblicata il 16/1/2015. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (18/1/2015)
Il grande dibattito che l'attentato alla redazione di Charlie Hebdo a Parigi ha scatenato in Occidente è in particolare sulla libertà di espressione e sulla satira. Tutto è lecito? Non ci sono limiti? Proprio nel mezzo di queste discussioni è arrivata una battuta del Papa che è deflagrata come una bomba. Il Pontefice dopo aver chiarito che non si può uccidere in nome di Dio e chiarito che l'irrisione della fede è sbagliata ha concluso «se insulti la mia mamma, ti tiro un pugno». Per riflettere su questi temi abbiamo chiamato lo scrittore Moni Ovadia noto, tra le altre cose, in particolare per essere un formidabile raccontatore di barzellette ebraiche.
Cosa ne pensa di questo dibattito sulla libertà di espressione?
Il primo emendamento della costituzione degli Stati Uniti dice che non si può arrestare nessuno prima che abbia parlato. E secondo me è sacrosanto. Quindi le censure non si possono fare a priori. Secondo me poi non si possono fare neanche a posteriori, a meno che non si rintracci una qualche forma di diffamazione o calunnia. Nel qual caso ci sono le leggi.
Secondo lei, al di là della legge, esiste un limite non valicabile?
Il limite da porre alla libertà di espressione è certamente un problema. Ad esempio, se io ridicolizzo una vittima di pedofilia, irridendone le esperienze e la sofferenza, come verrebbe preso? O se facessi satira sulle vittime della Shoah che cosa accadrebbe? È chiaro che ci deve essere un limite, ma deve essere etico, affidato alla coscienza di ognuno. Non può essere stabilito per legge.
C'è poi un'altra faccenda sul tavolo. Qual è l'oggetto della satira?
Certamente. Se io prendo in giro Ruini su, ad esempio, l'eterologa, a mio avviso sto facendo satira. Nel senso che il prelato che vuole intervenire sulle questioni che afferiscono alla sfera politica può essere un tema satirico. Ma se comincio a irridere la Vergine Maria o Gesù Cristo sto irridendo valori sacri. Qualcosa che è al di sopra di un chierico e delle sue azioni. E questo vale anche per l'ebraismo e per l'Islam. Sparare a zero con la satira su certi atteggiamenti dei rabbini in Israele è sacrosanto. Irridere la Torah invece no. Lo stesso vale per l'Islam. Nel caso dei mullah, è giusto poter essere satirici, anche in modo aggressivo. Maometto invece è un'altra cosa. Non per ragioni politiche, di politically correct o riverenza nei confronti del potere, sia chiaro. Si tratta di rispettare la fede autentica.
Insomma la satira colpisce vizi, atteggiamenti e peccati, non persone o simboli?
Esatto. La satira deve irridere i comportamenti non le figure. Io, ad esempio, sono stato personalmente molto contrario alla satira nei confronti di Brunetta, che si concentrava a colpirne le fattezze fisiche. Non è giusto fare satira su un handicap. Anzi, non credo sia proprio satira.
Un argomento che non vale solo per la satira ma per il concetto di libertà in generale. Libertà non può essere fare quello che si vuole...
Uno dei vizi di questo nostro mondo è quello che si pensa di poter fare qualunque cosa, l'importante è non dare fastidio. Invece, anche se non ci sono conseguenze di legge, non tutto è lecito. O la libertà ha contenuto o diventa arbitrio. Su questo ha ragione il mio amico Revelli. E aggiungo che l'attenzione alle sensibilità altrui non è illibertaria ma un esercizio intelligente della propria libertà.
E poi c'è il famoso pugno del Papa. Che ne pensa?
Io credo che abbia pensato a sé da ragazzo. Quando, probabilmente faceva a botte nelle periferie di Buenos Aires come tanti suoi coetanei. Ha fatto riferimento al "vilipendio” della mamma, che in castillano è una cosa estremamente pesante. Per altro dal punto di vista cattolico, guardando al comportamento di Gesù, non è una cosa così strana. La cacciata dei mercanti dal tempio lo fa prendendoli a pedate e bastonate. E il motivo era proprio la mancanza di rispetto per la fede. Gesù non fu tenero e mostrò molto vigore. In ogni caso ritengo che quella battuta sia stato un seme sapiente di lungimiranza.
Lungimiranza? Perché?
Quella battuta dice in una sola volta tre cose a tre mondi diversi. La prima è rivolta ai cristiani e dimostra come il Papa difenda la fede da chi la attacca. La seconda è rivolta al mondo occidentale e cattolico e tende a sdrammatizzare e stemperare la grande tensione. Infine la terza è rivolta ai musulmani comunicandogli che i cristiani non sono indifferenti alle questioni delle offese alla fede, ma chiarendo che non si può uccidere in nome di Dio. C'è poi un messaggio universale che potrebbe essere il quarto aspetto. Tutto il mondo capisce la differenza tra i terroristi che uccidono e il Papa che, pur con fermezza, fa una battuta di spirito.
A me ha ricordato Don Camillo di Guareschi...
Si è molto doncamillesco ma, ribadisco, anche molto lungimirante. Perché questa battuta in sostanza mira ad evitare la contrapposizione tra cristiani e musulmani. Credo sia stato un atteggiamento molto intelligente per stemperare la violenza. Altro che alimentarla. Comunque sono convinto che il problema, nella comprensione di quello che succede è che siamo diventati tutti troppo frettolosi. Arrivano le cose e noi le giudichiamo al volo. Bisognerebbe cercare di ragionare di più, confrontarsi. Riattivare l'uso del cervello e lasciare da parte le budella.