A ridere del Profeta, fin dalle origini dell’islam si rischiava la pelle, di Maurizio Stefanini
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Riprendiamo da Il Foglio del 12/1/2015 un articolo di Maurizio Stefanini. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (14/1/2015)
Non si sa se Maometto ridesse. “Non ho mai visto il Messaggero di Allah ridere pienamente fino al punto da potergli vedere l’ugola. Si limitava a sorridere”, ricordava, secondo un hadith (racconto), la sua moglie diletta Aisha. Ma un altro hadith riporta il ricordo di Abu Dharr al-Ghifari, “quarto o quinto convertito dell’islam”, che una volta lo aveva invece visto ridere fino a mostrare i denti. E se ne riporta un terzo che riferisce la testimonianza di Jabir ibn Samurah, secondo il quale anche se Maometto personalmente si limitava a sorridere, non si scandalizzava se i suoi compagni invece si abbandonavano a risate più sostanziose.
Quel che è certo, è che il Profeta dell’islam gradiva poco che si ridesse di lui, e il Corano riporta addirittura quali erano le sfottiture che lo riguardavano. Per esempio, che parlava come quello che oggi si definirebbe un registratore. Sura del Pentimento: “Tra loro ci sono quelli che dileggiano il Profeta e dicono: ‘E’ tutto orecchi’”. Oppure lo accusavano di scopiazzare senza ritegno le scritture ebraiche e cristiane. Sura del Discrimine: “I miscredenti dicono: ‘Tutto questo non è altro che menzogna che costui ha inventato con l’aiuto di un altro popolo’. E dicono: ‘Favole degli antichi che si è fatto scrivere’”. O si prendevano gioco dei costumi, dei riti e delle leggi che aveva introdotto. Sura dei Frodatori: “Invero i malvagi schernivano i credenti / quando passavano nei loro pressi si davano occhiate / ritornando dalla loro gente, si burlavano di loro”. La stessa Sura dei Frodatori nel registrare che “oggi invece sono i credenti a ridere dei miscredenti” potrebbe forse suggerire che il Corano la pensa come il povero Charb: alla satira si risponde con altra satira. Altrove, lo stesso Corano assicura invece che è compito del solo Allah fare giustizia dei motteggiatori. Sura del Discrimine: “Per coloro che tacciano di menzogna l’Ora, abbiamo preparato la Fiamma”. Sura del Pentimento: “Schernite pure! Allah paleserà quello che temete”.
Il problema dei jihadisti di oggi è però che, più ancora che al Corano, si ispirano all’esempio di Maometto come machiavellico “profeta armato”. E se nell’Arabia dell’epoca del Profeta non c’era una satira disegnata, c’era però una fiorentissima tradizione di satira poetica contro le cui star il fondatore dell’islam infierì in stile fratelli Kouachi, in particolare nei mesi che precedettero e seguirono la battaglia di Badr del marzo 624, tappa decisiva della sua affermazione. Lì furono catturati e poi decapitati Nadr ibn al Harith e Uqba ibn Abu Muayt. L’uno, avendo viaggiato in Persia ed avendone imparato le leggende, aveva sfidato Maometto a chi raccontava storie migliori. L’altro aveva scritto contro di lui versi satirici. Un po’ prima o un po’ dopo la battaglia fu uccisa Asma bint Marwan: una poetessa ebrea madre di cinque figli, che in versi aveva rimproverato i suoi concittadini medinesi per non essersi liberati dello straniero Maometto fin quando erano in tempo. Un jihadista entrò di notte nella casa di lei, tolse con delicatezza un poppante dal seno della madre addormentata, e la infilzò nel sonno. La mattina dopo se ne vantò e sfidò chiunque volesse prendersi vendetta, secondo l’uso tribale. Ma neanche il vedovo ebbe il coraggio di fiatare.
A febbraio o a settembre fu il turno di Abu Afak: un ultracentenario forse ebreo, che in un poema aveva esortato gli avi dei medinesi a scuotere le montagne addosso allo straniero Maometto. Non solo fu ucciso, ma un musulmano scrisse un contro-poema satirico irridendo la sua morte. Poi toccò all’ebreo Kab bin al Ashraf, autore sia di un famoso lamento sulla sorte della Mecca, sia di versi salaci sulle donne musulmane. Nel settembre del 624 fu contattato da un gruppo di cinque uomini che si presentarono a lui come ex musulmani stanchi del Profeta. Malgrado gli avvertimenti della moglie, che non si fidava, accettò di incontrarli, e quello che si rivelò un commando omicida gli tagliò la testa e la portò a Maometto. Quell’anno si concluse a dicembre con l’uccisione di Abu Rafi’ ibn Abi Al Huqaiq; anche lui autore di versi anti Maometto.