Maurits Cornelius Escher, bello e freddo, affascinante e agghiacciante: nel maestro olandese non la novità della storia, bensì il continuum della natura. Breve nota di Andrea Lonardo
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Il Centro culturale Gli scritti (6/1/2014)
Le tavole di M.C. Escher sono affascinanti, curiose, eleganti, ma aleggia in esse la latitanza della vita.
Ciò appare evidente dove l’artista giunge a rappresentare la morte stessa, all’interno di una pupilla: ciò che l’uomo ha nello sguardo è un teschio.
Ma, a ben vedere, è tutta la sua poetica ad indicare la stessa prospettiva.
Nelle opere che potremmo definire “ evolutive” si passa dalla geometria alle diverse forme di vita, ma si ritorna poi alla geometria. Come se l’apparire delle forme viventi fosse una parentesi, per quanto interessante. E le forme di vita sono, comunque, incastrate le une alle altre, ma sempre uguali a se stesse.
Si potrebbe dire che si tratta di opere non “storiche”: nella “storia” umana ciò che è decisivo, bello, appassionante è la novità di un fatto, di un accadimento, di un amore che nasce, di una vita che sboccia, di un Dio che si rivela. No, in Escher emerge un “continuum” impersonale, dove né dèi, né uomini parlano ed agiscono: è un continuum che si potrebbe definire “naturalistico”, ma certamente non storico-umano.
Così è significativa la quasi totale assenza di volti e di volti determinati – poiché non si danno volti che non siano determinati. Anche dove Escher rappresenta l’originalità del volto umano, essa è comunque poi dissolta e ricomposta ad indicare un continuum senza fine. Non perché si sfoci nell’eterno, che è l’altra faccia dell’assolutamente unico: piuttosto per associarlo mentalmente ad una curva matematica.
Ben si collocano in questa prospettiva le tavole di Genesi, dove Escher non descrive niente che abbracci dal cielo l’umano (cfr. su questo I giorni della Creazione e Il peccato originale in Maurits Cornelius Escher. Breve nota di Andrea Lonardo): solo la presenza del serpente sembra superare l’umano. Si tratta di tavole di creazione, eppure mai il creatore è rappresentato. Nella prima tavola il caos, quasi cerebralmente rappresentato - ma che niente ha a che vedere con la spiritualità di Solaris di A. Tarkovskij – con un volatile enorme che lo sovrasta: niente annuncia la “libertà” dello Spirito e, conseguentemente, dell’uomo.
Terrificante è la presentazione di Cristo e del Male rappresentati in un’altra tavola in posizione simmetrica. Dio sembra avere come alter ego il Maligno, senza soluzione di continuità.