Ti ricordi quando il cinema era il miglior amico dell’uomo? Se fossi capo del mondo obbligherei tutti a vedere “Umberto D”, di Giacomo Poretti
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Riprendiamo da La stampa del 20/7/2014 un articolo di Giacomo Poretti. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (21/9/2014)
Neorealista. «Umberto D», uscito nel 1952,
fu scritto da Cesare Zavattini e diretto da Vittorio De Sica;
il protagonista era Carlo Battisti, glottologo e bibliotecario
Questo è un articolo ispirato dalla nostalgia. E al bianco e nero. Anche se quasi tutti sostengono che è un sentimento, la nostalgia, perché «tratterrebbe l’uomo verso il suo passato, lo imbriglierebbe nei ricordi, e gli impedirebbe quella tensione verso il futuro, il necessario futuro, perché l’uomo è ciò che diventerà tramite il futuro che vorrà costruirsi».
Io questa domenica ho deciso di fregarmene di queste stupidate, e per un giorno voglio patologicamente voltare le spalle al futuro, e alle sue sentinelle: al bluetooth, allo streaming, alla Rete, al web, al selfie, e agli unici maître-à-penser che ci sono rimasti: quelli che insegnano a impiattare nei vari master chef.
La settimana scorsa ho ricevuto la ferale notizia che un cinema all’aperto di quelli che ce ne erano tanti in tutte le località marine, questa estate non avrebbe riaperto i battenti. Per qualche minuto mi sono sentito antimoderno, reazionario, nostalgico, ho persino pensato che si stava meglio quando si stava peggio, e quel che è peggio, non me ne sono vergognato di quei pensieri. Questa è la cronaca di tutta la nostalgia che ho provato in quei tre minuti di incazzatura.
Nel 1976 abitavo a Villa Cortese, un paesino di 5.000 anime alle porte di Legnano, che di anime ne conteneva 60 mila. I miei compaesani erano persone inclini soprattutto a lavorare, quasi tutti ex contadini che all’epoca lavoravano in fabbrica e per far questo dovevano andare a Legnano.
Gente che fonda la propria Weltanschauung nel lavoro e per di più vi si applica ostinatamente 12 ore al giorno, lasciatemelo dire, ha poca voglia di divertirsi; anzi considera il divertimento una corruzione del carattere. Ma anche il Superlavoratore dell’Alto Milanese, ogni tanto, con un vago senso di colpa, si lasciava corrompere. E allora via, in auto, in motorino, in autobus a Legnano verso un cinema (quasi sempre) o un teatro (quasi mai).
Insomma, per necessità o perché spinti dai sensi di colpa, eravamo totalmente dipendenti dalla città, Legnano, che ci accoglieva minacciosa al suo ingresso con il monumento dell’Alberto da Giussano, con la spada sguainata che indicava proprio la direzione da dove si veniva come se volesse dirci: «Cosa cazzo ci fate sempre qui ?»
Io avevo altri motivi per recarmi a Legnano (le donne no, quella era una questione irrisolvibile a Villa Cortese come a Canegrate, a Milano, Benevento, Monluè, ma soprattutto a Legnano). Il motivo era che a Legnano si faceva il Cineforum.
Si era sparsa la voce da noi in paese che «i cittadini», così venivano chiamati sarcasticamente i legnanesi, andavano al cinema e poi si fermavano anche un paio d’ore a discutere del film appena visto. Francamente ci sembrava una bizzarria perché a noi di Villa Cortese dopo aver visto un film potevamo al massimo esprimerci con una frase: «Che cagata», nel caso il film fosse stato giudicato negativamente; oppure applicavamo il silenzio, il quale poteva significare sia indifferenza o apprezzamento. Non possedendo il vocaboli necessari per esprimere sentimenti di soddisfazione, stavamo semplicemente zitti.
Il primo film che ho visto a Legnano è stato un film in bianco e nero che aveva uno strano titolo: «Umberto D» del regista Vittorio De Sica. Per colpa di quel film, non ho più smesso di andare al Cineforum ogni mercoledì sera.
Se fossi il capo del mondo per un giorno, renderei obbligatoria la frequenza a un Cineforum. Se fossi capo del mondo almeno per mezza giornata, renderei obbligatorio la visione di tutti i film in bianco e nero di De Sica. Se io fossi il capo del mondo anche solo per trenta secondi, renderei obbligatoria la visione di «Umberto D».
Quando venne proiettato la prima volta (nel 1952), tutta l’Italia pianse. Tutti tranne qualcuno: l’allora sottosegretario allo spettacolo Giulio Andreotti disse che con quel film, «il regista aveva reso un pessimo servigio alla sua patria». Non sempre i politici ci azzeccano sugli spettacoli, così come i comici non sempre ci azzeccano in politica.
A ogni modo, «Umberto D» è un film dove si scopre che il cane non è il miglior amico dell’uomo ma l’unico amico del protagonista. Infatti, il protagonista è solo con un cane. È un film dove lo stesso cane avrebbe dovuto vincere l’Oscar come attore non protagonista. È un film dove si scopre che ognuno, una volta nella vita, può diventare vecchio. È un film dove non capisci se vuoi più bene al vecchio o al cane. Il vecchio di sicuro vuol più bene al cane. Anche noi saremmo tentati di voler più bene al cane, perché è grazie a lui che il vecchio può finire il film. Mah...
Di certo «Umberto D» è un film a cui vuoi molto bene. Se fossi il capo del mondo per un centesimo di secondo obbligherei tutto il mondo a venire a Legnano una sera del 1976. Poi, per carità, ognuno farà quello che vorrà, ma dopo la proiezione del film e dopo il dibattito sento che potrei convincervi che il passato non è solo da rottamare. Anzi.