La categoria dei segni dei tempi in Gaudium et spes, di Paolo Selvadagi
Riprendiamo da “Orientamenti pastorali” 2014, un articolo scritto da mons. Paolo Selvadagi, vescovo ausiliare della Diocesi di Roma per il settore Ovest. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (25/5/2014)
Se c’è un messaggio permanente della Gaudium et spes, che risuona ancora oggi come un appello ed una chiamata, è che i credenti cristiani vivano nel proprio tempo, e così dovrebbe fare tutta la Chiesa nel suo complesso, perché: “si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia” (Gaudium et spes, 1).
Le vicende umane si susseguono nel tempo con caratteristiche sempre diverse nell’avanzare dei processi sociali e culturali.
L’impegno della Chiesa e dei cristiani per l’identificazione delle particolarità del mondo e della società, in cui si vive, cammina di pari passo con l’attento ascolto dell’annuncio evangelico per trovare, di volta in volta, le forme di essere Chiesa nell’oggi e di vivere da cristiani nel mondo nella maniera più appropriata, sempre in sostanziale fedeltà al messaggio rivelato dal Cristo, Signore della storia (Cf. Gaudium et spes, 45).
Si tratta di scrutare i ‘segni dei tempi’, categoria di chiaro rimando biblico (cf. Matteo 16, 3), che è entrata nei testi pontifici e nei documenti del Vaticano II come un’indicazione generale per orientare la presenza della Chiesa nella società.
L’espressione è stata introdotta nel linguaggio magisteriale già nella enciclica Pacem in terris di Giovanni XXIII ed è stata usata anche da Paolo VI nella enciclica programmatica del suo pontificato Ecclesiam suam, pubblicata a Concilio ancora aperto nel 1964 e, quindi, prima della promulgazione della Gaudium et spes (1965).
È un invito evangelico a leggere il proprio tempo per cogliere l’inedito e il nuovo, che appare all’orizzonte della storia, e per valutarlo con sano spirito critico alla luce del Vangelo.
Esistono nella società fattori positivi, legati al progresso della scienza e della cultura, all’incontro tra i popoli, tra le tradizioni e tra le civiltà per secoli rimaste per secoli lontane e distaccate.
Ma si affermano anche inquietanti fenomeni sociali e culturali, che favoriscono l’incertezza personale, la precarietà lavorativa, la stabilità dell’istituto della famiglia, l’emarginazione sociale, la minaccia alla libertà personale, davanti ai quali si misura ed è messo alla prova lo spessore della validità della proposta cristiana.
I Padri Conciliari nella Gaudium et spes hanno voluto affermare che la Chiesa ha lo scopo di: “continuare, sotto la guida dello Spirito Paraclito, l’opera stessa di Cristo, il quale è venuto nel mondo a rendere testimonianza alla verità, a salvare e non a condannare, a servire e non ad essere servito. Per svolgere questo compito, è dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo, così che, in un modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sul reciproco rapporto. Bisogna infatti conoscere e comprendere il mondo in cui viviamo nonché le sue attese, le sue aspirazioni e la sua indole spesso drammatica” ( nn. 3-4).
Un originale orientamento per l’agire della Chiesa
Nella indicazione sul necessario riferimento (“dovere permanente”) al proprio tempo è suggerito un nuovo e chiaro orientamento per la presenza e per l’azione della Chiesa nella società.
Il richiamo ai “segni dei tempi” costituisce lo sguardo prospettico impresso a tutta la Costituzione pastorale. Rappresenta la chiave di lettura delle sue diverse parti, in particolare la prima, dedicata alla visione della Chiesa riguardo all’uomo.
È un cambio di passo nella considerazione del rapporto Chiesa-mondo, visto in termini di interazione, più che di contrapposizione o reciproca indifferenza.
Da una concezione del cristianesimo, che realizza la sua missione con l’applicazione dei contenuti del deposito della rivelazione nelle varie situazioni storiche e sociali, che ne dovrebbero essere plasmate e determinate, si va verso un confronto sempre rinnovato tra il messaggio del Vangelo e la situazione attuale della società per approdare ad un annuncio della salvezza in Cristo attagliata ai tempi ed alle diverse generazioni.
Infatti, con gli interrogativi fondamentali dell’uomo di sempre si intrecciano inedite problematiche legate a vasti fenomeni sociali ed a straordinari progressi scientifici che esigono appropriate letture interpretative e adeguate risposte cristiane.
Alla base di questa nuova visione c’è un principio fondativo di natura teologica, rappresentato dalla categoria di storia della salvezza, secondo la quale Dio si rivela nella storia.
Sicché negli eventi Egli manifesta la sua presenza, seppur spesso velata e deturpata dalla malvagità degli uomini.
Sempre nella Gaudium et spes si legge: “Il Popolo di Dio, mosso dalla fede, per cui crede di essere condotto dallo Spirito del Signore, che riempie l’universo, cerca di discernere negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni, cui prende parte insieme con gli altri uomini del nostro tempo, quali siano i veri segni della presenza e del disegno di Dio” (n. 11).
Il modello pastorale emergente
A questo punto il compito della Chiesa stà nel valutare ogni situazione ed ogni avvenimento con intelligente discernimento per portare all’evidenza gli effetti dell’azione di Dio nella storia e per identificare, denunciare e contrastare ciò che deturpa la dignità dell’uomo e l’integrità della natura.
Sulla base di un tale orientamento teologico si delinea un vero e proprio modello di azione ecclesiale con un suo specifico metodo e un corrispondente vasto panorama di contenuti.
Il metodo è dato dalla esigenza di far precedere ogni indicazione da una approfondita, accurata analisi della situazione per la conoscenza della realtà alla quale è rivolto il kerygma e la testimonianza della fede cristiana.
Si opera così secondo un nuovo paradigma.
In passato si prediligeva impostare la presenza della Chiesa nella società a partire dai principi generali e stabili, ricavati dal patrimonio dottrinale, dal deposito rivelato e dalla tradizione della Chiesa e per lo più astratti, perché disancorati dalla situazione concreta.
Ora si procede metodologicamente secondo l’ottica della inculturazione della fede.
Di qui l’esigenza di far precedere ogni indicazione pastorale da attente analisi, da precise descrizioni della società e della cultura. Come è stato ben spiegato si tratta di: “Non discendere dai principi alle realtà umane per valutarle e giudicarle quasi dall’alto e dall’esterno, ma a partire proprio da queste realtà per riscoprire, come per induzione, la necessità dei principi in seno alle contraddizioni e alle esigenze che le affliggono”[1].
Ovviamente l’attenzione alla realtà va compiuta alla luce della Parola di Dio, che guida il credente cristiano a interpretare e valutare gli eventi dell’esistenza personale e sociale.
Il Vangelo diventa lo strumento di discernimento delle complesse vicende umane, mentre a loro volta le problematiche antiche e nuove della vita degli uomini sollecitano delle risposte da parte del messaggio rivelato.
Anche Papa Francesco nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium invita a seguire questa linea di pensiero: “Esorto tutte le comunità ad avere una «sempre vigile capacità di studiare i segni dei tempi» ( Paolo VI, Ecclesiam suam, 19). Si tratta di una responsabilità grave, giacché alcune realtà del presente, se non trovano buone soluzioni, possono innescare processi di disumanizzazione da cui è poi difficile tornare indietro. È opportuno chiarire ciò che può essere un frutto del Regno e anche ciò che nuoce al progetto di Dio. Questo implica non solo riconoscere e interpretare le mozioni dello spirito buono e dello spirito cattivo, ma – e qui sta la cosa decisiva – scegliere quelle dello spirito buono e respingere quelle dello spirito cattivo” ( Evangelii gaudium, 51).
I segni dei tempi
A questo punto si tratta di indicare l’oggetto della lettura cristiana del tempo presente, cioè evidenziare ‘i segni’, che marcano in maniera forte e specifica il nostro tempo secondo la duplice constatazione della loro positività o della loro negatività.
Si riesce così a comporre un quadro composito fatto di luci e di ombre, che varia ovviamente col passare del tempo e si ridefinisce a causa delle rapide trasformazioni sociali, mantenendo alcuni aspetti e perdendone altri, con l’affiorare di problematiche recenti.
Nell’immediato dopo-Concilio B. Haring[2] ricordava tra i segni incoraggianti: la solidarietà e l’unità, il dialogo planetario, l’apertura verso il Terzo Mondo: Asia, America Latina, Africa, la democrazia, la capacità critica e la dinamica dei processi sociali.
Mentre segnalava come segni allarmanti: l’ateismo, l’idolatria del successo, del potere e del sesso, la conflittualità nelle città e all’interno della Chiesa.
Oggi possiamo affidarci al quadro delle sfide del mondo attuale che troviamo nella Evangelii gaudium: “L’umanità vive in questo momento una svolta storica che possiamo vedere nei progressi che si producono in diversi campi. Si devono lodare i successi che contribuiscono al benessere delle persone, per esempio nell’ambito della salute, dell’educazione e della comunicazione. Non possiamo tuttavia dimenticare che la maggior parte degli uomini e delle donne del nostro tempo vivono una quotidiana precarietà, con conseguenze funeste. Aumentano alcune patologie. Il timore e la disperazione si impadroniscono del cuore di numerose persone, persino nei cosiddetti paesi ricchi. La gioia di vivere frequentemente si spegne, crescono la mancanza di rispetto e la violenza, l’inequità diventa sempre più evidente. Bisogna lottare per vivere e, spesso, per vivere con poca dignità. Questo cambiamento epocale è stato causato dai balzi enormi che, per qualità, quantità, velocità e accumulazione, si verificano nel progresso scientifico, nelle innovazioni tecnologiche e nelle loro rapide applicazioni in diversi ambiti della natura e della vita. Siamo nell’era della conoscenza e dell’informazione, fonte di nuove forme di un potere molto spesso anonimo” (n. 52).
Gli aspetti luminosi e promettenti della situazione attuale vanno accolti con entusiasmo; impegnano i cristiani per la loro implementazione ed il loro sviluppo allo scopo di migliorare le condizioni sociali e culturali.
Gli aspetti oscuri e preoccupanti vanno affrontati con coraggio; sfidano i cristiani a lottare per affrontarli e superarli con l’impegno solidale di chiunque è interessato al perseguimento del bene comune.
Note al testo
[1] J. Folliet, La condizione dell’uomo nel mondo contemporaneo, in Aa.Vv, La Chiesa nel mondo di oggi, G. Barauna ( a cura), Vallecchi Editore, Firenze 1966, 254.
[2] Cf. B. Haring, Liberi e fedeli in Cristo. Teologia morale per preti e laici, II, Edizioni Paoline, Roma 1980, 301-303.