Dall’autunno del 1943 al luglio 1944 i capolavori della Pinacoteca di Brera e del Castello Sforzesco, dell'Accademia di Venezia, della Galleria di Urbino, dell'Accademia Carrara di Bergamo, insieme ai dipinti dei Musei romani e ad opere d'arte provenienti da chiese, come il Tesoro di San Marco o le tele di Caravaggio furono custodite in Vaticano (da Micol Forti)
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Riprendiamo sul nostro sito alcuni brani da Pontificio Comitato di Scienze storiche (ed.), Pio XII. L’uomo e il suo pontificato, LEV, Città del Vaticano, 2008. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (6/4/2014)
1/ Pannelli della mostra, in Pontificio Comitato di Scienze storiche (ed.), Pio XII. L’uomo e il suo pontificato, LEV, Città del Vaticano, 2008, p. 159
L'arrivo in Vaticano delle opere d'arte da custodire
negli anni dell'occupazione nazista dell'Italia
Dall'autunno del 1943 fin quasi all'arrivo degli Alleati a Roma un gruppo di volenterosi funzionari italiani delle Belle Arti, in unione con altri funzionari e prelati vaticani, fu protagonista di una impresa che non è esagerata definire eccezionale, rimasta anche poco conosciuta dal grande pubblico: il salvataggio del prezioso patrimonio storico-artistico italiano. Con mezzi di fortuna, e non senza esporsi a gravi pericoli personali, furono trasportati in Vaticano, talora in maniera davvero avventurosa, il fior fiore delle raccolte d'arte italiane, come i capolavori della Pinacoteca di Brera, dell'Accademia di Venezia, della Galleria di Urbino, del Museo Poldi Pezzoli e del Castello Sforzesco di Milano, dell'Accademia Carrara di Bergamo, insieme ai dipinti dei Musei romani e ad opere d'arte provenienti da chiese e luoghi di culto, come il Tesoro di San Marco o le tele di Caravaggio delle chiese romane di San Luigi dei Francesi e di Santa Maria del Popolo.
2/ Da M. Forti, Pio XII e le arti: dalla tutela del patrimonio artistico italiano all’ingresso dell’arte contemporanea nei Musei Vaticani, in Pontificio Comitato di Scienze storiche (ed.), Pio XII. L’uomo e il suo pontificato, LEV, Città del Vaticano, 2008, pp. 70-73
Verbali di restituzione allo Stato Italiano delle opere tenute
in deposito nei Musei Vaticani durante l'occupazione nazista
Sono note le vicende che dalla legge n. 1041 del 6 luglio 1940, voluta dal Ministero per l'Educazione Nazionale, sulla Protezione delle cose d'interesse artistico, storico, bibliografico e culturale della Nazione in caso di guerra, portano ad individuare prima nella Rocca quattrocentesca di Sassocorvaro nelle Marche, messa a disposizione dal Soprintendente Rotondi dall'ottobre del 1940, e successivamente nel seicentesco palazzo dei Principi di Carpegna [N. de Gli scritti: in provincia di Pesaro-Urbino], dal febbraio 1943, i luoghi più adatti al ricovero di gran parte del patrimonio artistico nazionale[1].
È tuttavia a seguito dell'Armistizio e della perdita di sicurezza del territorio italiano, con le milizie allo sbando, compresi i carabinieri a cui era stato affidato il compito di custodire i preziosi depositi, che si tenta di individuare una sistemazione più sicura. Parallelamente all'ipotesi di trasferire all'estero, in territorio neutrale, le opere italiane, si apre la possibilità di un accordo tra la Santa Sede, lo Stato Italiano - rappresentato dal governo Badoglio riconosciuto dalla Santa Sede - e il Comando Tedesco[2]. È proprio grazie alla collaborazione del Kunstschutz, organo tedesco preposto alla difesa delle opere d'arte in grado di garantire i mezzi e le scorte necessarie, che si ottenne il buon esito degli spostamenti[3].
Il Vaticano non era più luogo inviolato dal 5 novembre 1943, quando «alle ore 20,10 circa da un aereo di nazionalità sconosciuta, sono state sganciate sulla Città del Vaticano n. 5 bombe»[4]. Non ci sono vittime, ma vengono colpiti il palazzo del Governatorato, anche se in modo non grave, la cisterna d'acqua, il laboratorio del mosaico e soprattutto vengono distrutti i vetri di gran parte dei Musei e della Basilica di S. Pietro che il giorno successivo rimane chiusa: il papa dovrà affacciarsi più volte per rassicurare la popolazione romana raccolta in Piazza S. Pietro.
Tuttavia, sulla base di quanto stabilito dal Concordato del 1929, la Città del Vaticano è territorio neutrale e inviolabile che gode dell'extraterritorialità e dell'immunità diplomatica, rimanendo di fatto una delle collocazioni più sicure e facilmente raggiungibili.
È in questi stessi giorni[5] che Pio XII accoglie la richiesta dello Stato Italiano e delega il Segretario di Stato, cardinale Luigi Maglione, e il prof. Bartolomeo Nogara, Direttore dei Musei Vaticani, di supervisionare l'imponente operazione. Di fatto, dopo la scomparsa nel 1944 del Segretario di Stato, la cui carica rimane vacante fino alla morte di Pio XII, sarà Mons. Giovanni Battista Montini, futuro papa Paolo VI, il referente ufficiale della Santa Sede, come si evince dalla ricca documentazione archivistica e dallo scambio quasi quotidiano con il Direttore Nogara[6].
Pur destinando ad altra sede un'analisi dettagliata e critica di questo materiale, è utile sottolineare i momenti principali di questo avvenimento per chiarire il clima civile del periodo e la portata dell'operazione di tutela.
L'arrivo delle opere del Ministero dell'Educazione Nazionale inizia il 27 novembre 1943[7], seguendo una procedura standard: le casse sostano a Palazzo Venezia, più raramente a Castel Sant'Angelo, per la verifica dei sigilli e della loro integrità. Insieme alle opere di competenza del Ministero italiano e delle istituzioni statali, come il Quirinale ela Camera dei Deputati, trova posto nello Stato vaticano anche il patrimonio conservato nelle Ambasciate, negli Istituti di cultura, in quelli religiosi, nelle Biblioteche e negli Archivi, come nelle case dei privati.
L'imponente mole di materiale - insieme a quello archivistico e documentario che viene trasportato negli ambienti della Biblioteca Apostolica e dell'Archivio Segreto entra a ritmo serrato in pochi mesi fino al luglio 1944. Ovviamente i Magazzini della Pinacoteca dei Musei possono contenere solo una minima parte delle casse, che vengono quindi distribuite nelle sale della Pinacoteca e nel Museo Egizio. Altri spazi dei Musei erano, come noto, adibiti alla raccolta di derrate alimentari o a dormitorio, compresi i padiglioni presenti nel Cortile della Pigna che, realizzati nel 1937 per ospitare l'Esposizione della Stampa Cattolica, non erano ancora stati demoliti.
Nel corso di questi mesi sono molte le richieste a cui far fronte: la preoccupazione del Soprintendente Salvatore Aurigemma per le opere conservate nel Museo di Nepi, per la cui salvaguardia auspicava un intervento radiofonico del pontefice[8]; il controllo da parte delle Autorità Alleate del contenuto di alcune casse[9]; la situazione di molti palazzi storici romani, tra cui quella di palazzo Ruspoli, occupato nel 1945 dagli Alleati, per la cui tutela e integrità Montini scrive al comando americano e riferisce al Direttore Nogara[10]. Ovviamente non mancarono anche richieste di visite a questo insolito "museo universale", come quella dei corrispondenti di guerra dei giornali alleati che, sotto la supervisione di Vannutelli e Lavagnino, poterono ammirare lo Sposalizio della Vergine di Raffaello e la Via Crucis di Tiepolo[11].
Le operazioni di recupero - che si svolsero senza successive contestazioni - iniziano nell'agosto del 1944 sulla base di un accordo con il Ministero della Pubblica Istruzione che si impegnò ad un ritiro graduale, il cui coordinamento venne affidato al Soprintendente ai Beni Storico-artistici di Roma, Rinaldo De Rinaldis, e al Soprintendente ai Beni Archeologici, Salvatore Aurigemma, in collaborazione con soprintendenti e funzionari delle altre regioni italiane interessate. Tra le prime opere ad uscire dal Vaticano sono quelle destinate alla Mostra dei Capolavori della Pittura Europea organizzata a Palazzo Venezia, allo scopo di dare alla popolazione un segnale di ripresa delle attività civili e culturali[12].
Tale attività proseguì fino al mese di febbraio del 1947, seguendo una prassi analoga alle procedure di deposito: tutte le opere transitano a Palazzo Venezia per essere poi riconsegnate alle Istituzioni di competenza, già indicate nei verbali di restituzione[13]. La perfetta riuscita delle operazioni è resa ancor più eccezionale dal fatto che non tutte le opere provenivano dalle loro sedi d'origine come, ad esempio, il materiale che si trovava in esposizione alla Mostra d'Oltremare a Napoli nel 1941[14], che fu prima ricoverato a Montecassino, poi trasportato in Vaticano e successivamente riconsegnato ai diversi Musei proprietari delle singole opere.
Note al testo
[1] Cfr. i vari saggi e la bibliografia aggiornata contenuti in Venezia: la tutela per immagini, a cura di P. Callegari e V. Curzi, Bonomia University Press, Bologna, 2005.
[2] Archivio Centrale dello Stato (= ACS), Roma, M.P.I., Dir. Gen. AA.BB.AA., Div. III, 1929-60, busta n. 257, fasc. Rapporti con le autorità germaniche per la tutela delle opere d’arte; busta 258, fasc. Patrimonio artistico dell’Italia settentrionale.
[3] M.M. Boi, Guerra e beni culturali. 1940-45, Giardini Editori e Stampatori, Pisa, 1986. Archivio Storico dei Musei Vaticani (= ASMV), 1921-1955. Singoli Dossier – faldone 87a: lettera di Bartolomeo Nogara del 13 giugno 1946, nella quale si ricorda il prof. Hans Gerhard Evers, già Consigliere dell’Amministrazione Militare Tedesca, il quale «si è comportato lealmente e preoccupato soltanto del pensiero di dover salvare da ogni pericolo i monumenti storici ed artistici che sono documento insostituibile della nostra civiltà».
[4] ASMV, Rapporti, 1943, dicembre.
[5] Nei mesi precedenti Pio XII si interessa anche di fornire la protezione della Santa Sede agli Istituti di Cultura germanici, rumeni e ungheresi. A tale scopo fa richiedere dal Segretario di Stato a Bartolomeo Nogara una relazione tecnica dalla quale emerge l’assoluta positività dell’operazione per permettere agli Istituti di essere mantenuti nella loro integrità materiale e scientifica e per consentire agli studiosi di proseguire la loro attività. Di fatto il Vaticano offrì la sua protezione solo all’Accademia di Romania, che fu l’unica a richiederlo, dal 1 marzo 1944 al 22 febbraio 1945. Cfr. ASMV, Movimenti – Busta 91B.
[6] Per le attività dei Musei Vaticani di quegli anni cfr. F. Magi, I Musei e le Gallerie Pontificie, in Triplice omaggio a Sua Santità Pio XII offerto dalle Pontificie Accademie di S. Tommaso e di Religione Cattolica di Archeologia e dei Virtuosi del Pantheon, 2 voll., Tipografia Poliglotta Vaticana, Città del Vaticano, 1958, pp. 117-216; C. Pietrangeli, I Musei vaticani, Edizioni Quadar, Roma, 1985, pp. 213-225.
[7] ASMV, 1921-1955. Singoli Dossier - faldone 87a: i funzionari del Ministero che seguono le prime operazioni sono: Michele de Tomasso, Direttore Capo Divisione del Ministero dell'Educazione Nazionale; Giulio Carlo Argan, Ispettore Centrale del Ministero dell'Educazione Nazionale; Pietro Romanelli, Ispettore Centrale del Ministero dell'Educazione Nazionale; Guglielmo De Angelis d'Ossat, Ispettore Centrale del Ministero dell'Educazione Nazionale. Entrano nei mesi seguenti: Emilio Lavagnino, Ispettore Centrale del Ministero dell'Educazione Nazionale, l'Arch. Giorgio Rosi e il dott. Giuseppe Gregorietti.
[8] ASMV, Movimenti, busta 91B, aprile 1944.
[9] ASMV, Movimenti, busta 91B: i controlli avvengono il 3 e l’11 luglio 1944, rispettivamente di 12 e di 14 casse, alla presenza del prof. Silvio Grossi, restauratore del laboratorio Arazzi che sovrintese a tutte le operazioni, ed ai dottori Vannutelli e De Angelis d’Ossat in qualità di rappresentanti del Ministero. Tutte le opere furono ricollocare nelle loro casse tranne, il 3 luglio, il Ritratto di Andrea Doria in aspetto di Nettuno di Bronzino che rimase fuori dalla cassa 512 per danni causati dall'umidità, in attesa di inviarlo all'Istituto Centrale del Restauro.
[10] ASMV, Movimenti, busta 91B, marzo 1945.
[11] ASMV, Movimenti, busta 91B, 8 luglio 1944.
[12] Capolavori della pittura europea, secoli 15.-17., catalogo della mostra organizzata ed allestita dalla Divisione per i monumenti, belle arti e archivi, Regione 4. governo militare alleato, Palazzo Venezia, Roma, 1944. Una bella ricostruzione di quel periodo è nel volume di A. Lavagnino, Un inverno: 1943-1944. Testimonianze e ricordi sulle operazioni per la salvaguardia delle opere d'arte italiane durante la Seconda Guerra Mondiale, Sellerio, Palermo, 2006.
[13] Per i verbali di restituzione cfr. anche il materiale conservato ACS, Roma, M.P.I., Dir. Gen. AA.BB.AA., Div. III, 1929-60, busta 78, fasc. Opere d’arte messe in salvo presso il Vaticano. Restituzione agli istituti.
[14] La Mostra d’Arte retrospettiva alla Triennale d’Oltremare, catalogo della mostra a cura di B. Molajoli, Edizioni della mostra d’Oltremare, Napoli, 1941. Il volume comprendeva le due sezioni espositive: Catalogo della mostra d’arte dei secoli XV-XVIII, a cura di B. Molajoli, ospitata nelle dieci sale di un padiglione annesso al settore delle Repubbliche Marinare; Catalogo della mostra d’arte dell’Ottocento, a cura di F. De Filippis, ordinata nei tre piani nell’ala destra del Palazzo dell’Arte, e collegata alla Mostra d’Arte contemporanea. Cfr. anche Arte a Napoli del 1920 al 1945. Gli anni difficili, catalogo della mostra a cura di M. Picone Petrusa, Napoli, Maschio Angioino 28 ottobre-3 dicembre 2000, Electa, Napoli 2000.