Leon Battista Alberti, architetto ma anche priore (cioè "parroco") di San Martino a Gangalandi e romano di adozione, probabilmente sepolto nella Basilica di Sant’Agostino in Campo Marzio. Breve nota di Andrea Lonardo

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 18 /02 /2014 - 22:33 pm | Permalink | Homepage
- Tag usati: ,
- Segnala questo articolo:
These icons link to social bookmarking sites where readers can share and discover new web pages.
  • email
  • Facebook
  • Google
  • Twitter

Questa breve nota intende solo ricordare alcuni dati spesso messi in ombra dell’attività del grande architetto Leon Battista Alberti, senza ovviamente pretendere di indagare appieno la sua figura. Sul Quattrocento a Roma, vedi la sotto-sezione Umanesimo e Rinascimento nella sezione Roma e le sue basiliche ed, in particolare, Il Quattrocento a Roma e la grande rinascita culturale nella città dei papi, di Antonio Paolucci.

Il Centro culturale Gli scritti (23/2/2014)

«L'Alberti divenne […] priore di S. Martino a Gangalandi, diocesi di Firenze, e, più tardi (1448), pievano del Borgo S. Lorenzo nel Mugello, ma è incerto se giungesse al sacerdozio. Questi impieghi romani [precedentemente illustrati] e benefici ecclesiastici misero fine alle strettezze economiche dell'Alberti e lo introdussero a Roma in una illustre compagnia di umanisti della corte papale».

Così afferma Cecil Grayson[1]. Diversi elementi lasciano però presumere che egli effettivamente sia stato ordinato sacerdote ed, innanzitutto, il fatto che ottenne la dispensa per ricevere gli ordini sacri, come ricorda la stessa Grayson:

«Tra il 1428 e il 1432, [l’Alberti] si trovò […] a Roma (e forse già dal '31) come segretario di Biagio Molin, patriarca di Grado e reggente della cancelleria pontificia, che lo fece nominare anche abbreviatore apostolico. Già prima dell'ottobre 1432 Eugenio IV aveva annullato con bolla l'impedimento che vietava all'Alberti, figlio illegittimo, di assumere gli ordini sacri e di godere i benefici ecclesiastici»[2].

Certo è che egli fu comunque "chierico", cioè ebbe i capelli tagliati con la tonsura in quanto ammesso agli ordini minori, per poter entrare nel "clero" anche senza essere ordinato prete e poter così godere dei benefici legati alla pieve di Gangalandi.

Un secondo dato è altrettanto significativo. Nel testamento che l’Alberti redasse in data 19 aprile 1472, immediatamente prima della sua morte, egli chiese che fossero terminati a sue spese i lavori di sistemazione della chiesa di San Martino a Gangalandi[3] (i lavori riguardarono in particolare l’abside della chiesa stessa che l’Alberti doveva aver progettato e già iniziato): si tratta dell’unica opera di cui egli fu allo stesso tempo progettista e committente. I lavori vennero terminati fra il 1472 ed il 1748.

Ovviamente negli anni precedenti l’Alberti, una volta ricevute le nomine a priore di Gangalandi ed a pievano del Borgo S. Lorenzo nel Mugello, doveva aver nominato un sacerdote impegnato alla cura delle anime del territorio delle due chiese, cosa che è confermata dal fatto che immediatamente dopo il suo decesso, già in data 25 aprile 1472, un nuovo sacerdote era stato assegnato a Gangalandi.

Era prassi del tempo risiedere in luoghi diversi da quelli per i quali si era stati nominati: i sacerdoti che ricevevano un beneficio ecclesiastico potevano in quel tempo curarlo per interposta persona. Così dovette avvenire nel caso dell’Alberti che visse non a Gangalandi, bensì nelle diverse città nelle quali venne chiamato come letterato ed architetto.

«L'Alberti morì a Roma nell'aprile 1472. Nel suo testamento datato 19 apr. 1472 alla vigilia della morte (già il 25 aprile fu presentato il nuovo pievano di Gangalandi, vacante per la morte dell'Alberti) espresse il desiderio di essere sotterrato prima nella chiesa di S. Agostino, e volle che la sua salma fosse poi deposta nella tomba di suo padre nella chiesa di S. Antonio a Padova. Non rimane traccia della tomba a Roma (la chiesa di S. Agostino fu ricostruita nel 1479) e non risulta da nessun documento che la salma fosse trasportata a Padova».

Così ricorda ancora la Grayson. Tutto lascia pensare che il corpo dell’Alberti riposi da qualche parte nella basilica di Sant’Agostino in Campo Marzio.

Note al testo

[1] Cecil Grayson, ALBERTI, Leon Battista, in Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 1 (1960), Treccani. La voce è disponibile on-line.

[2] Cecil Grayson, ALBERTI, Leon Battista, in Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 1 (1960), Treccani. La voce è disponibile on-line.

[3] Cfr. Marco Spallanzani, L'abside dell'Alberti a San Martino a Gangalandi. Nota di storia economica, in “Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz”, 19. Bd., H. 2 (1975), pp. 241-250, disponibile on-line.