Genesi 1 e 2. La creazione nella teologia, fra fede e scienza, di Giulio Maspero
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Riprendiamo sul nostro sito la trascrizione, curata da Giulia Balzerani (che ha organizzato l’evento insieme a Tommaso Spinelli per Gli Scritti), della relazione tenuta dal prof. Giulio Maspero il 14 novembre 2013, nel corso della due giorni La Bibbia: un libro da “mangiare”, I edizione. Creazione: Genesi 1 e 2. Due capitoli capitali. Il testo non è stato rivisto dal relatore stesso: è stato da noi adattato in alcuni passaggi per rendere in forma scritta più scorrevole la relazione stessa. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Sulla nascita dell'ipotesi dell'universo in evoluzione e sul termine Big Bang, cfr. Big Bang: origine del termine e Il sacerdote che per primo ipotizzò il Big Bang e quello che per primo scoprì i buchi neri: le storie di Georges Édouard Lemaître e di John Michell oltre alla sezione Scienza e fede.
Per i files audio della I edizione de “La Bibbia: un libro da “mangiare”, vai a La Bibbia: un libro da “mangiare” (I edizione). Creazione: Genesi 1 e 2. Due capitoli capitali: tutti i file audio dei due giorni di incontro e per la trascrizioni relative, cfr.
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Il Centro culturale Gli scritti (29/12/2013)
1/ Introduzione di mons. Andrea Lonardo
Vi presento l’ultima relazione di questa sera. Don Giulio Maspero, professore, ha la capacità di unire la preparazione dogmatica con l’esperienza, perché è interessato a come il dogma parla all’uomo di oggi e quindi ci farà fare un percorso diverso, complementare, rispetto a quello che abbiamo fatto con il prof. Romano Penna. Don Giulio Maspero viene da studi di fisica teorica ed era destinato all’università di Yale, ma poi il Signore lo ha chiamato e ha cominciato a studiare teologia dogmatica. Unisce quindi in sé, come il rabbino Di Segni che abbiamo ascoltato prima, l’essere uomo di scienza e l’essere appassionato della problematica teologica. Per mostrare come queste due realtà siano correlate nella storia della scienza basta una battuta: Georges Edouard Lemaître, la prima persona che ha ipotizzato che l’universo non è stazionario, ma viene da un nucleo originario concentrato che si è poi espanso, era un prete cattolico belga e l’espressione Big Bang è stato coniato proprio per ionizzare sulla sua ipotesi di lavoro che a quel tempo sembrava ancora inaccettabile. I suoi colleghi scienziati gli dissero che aveva ipotizzato come un Big Bang, una grande esplosione originaria, e che questo era insostenibile: saranno solo le ricerche successive a dargli ragione. Fu precisamente Fred Hoyle, durante una trasmissione radiofonica della BBC, ad usare l’espressione Big Bang in modo ironico per denominare l’ipotesi di Lemaître. Il fatto che sia stato un prete a teorizzare il Big Bang, fa capire anche a un bambino che non c’è opposizione tra scienza e fede: Lemaître era un gesuita, ma anche un fisico. Il prof. Maspero da teologo ha studiato in particolare Gregorio di Nissa e la sua antropologia e ha scritto due libri sul tema della creazione e della Trinità, le materie che insegna all’Accademia della Santa Croce, due testi che io vi consiglio: Creatore perché padre. Introduzione all'ontologia del dono, editore Cantagalli, e Uno perché trino. Breve introduzione al trattato su Dio, Cantagalli. In conclusione di questa serata vorrei spiegare perché abbiamo presentato insieme due esegeti e un teologo, perché l’esegesi ha bisogno della teologia. Noi non possiamo limitarci, nella catechesi, a raccontare cosa dice il libro della Genesi, ma dobbiamo arrivare a dire cosa è la creazione, chi è il Creatore, perché affermiamo che l’uomo è creato da Dio. Sono due realtà interconnesse e se io non le metto insieme chi mi ascolta può concludere che uno può leggere la Bibbia, ma non considerare vera la fede. Abbiamo ascoltato un esegeta puro come Romano Penna, ora ascoltiamo cosa dice un teologo sulla creazione.
2/ Relazione del prof. Giulio Maspero
Io ho tratto grandi vantaggi nell’avvicinarmi allo studio della teologia provenendo da studi e ricerche scientifici, perché vedi le cose con occhi nuovi, ti rendi conto che la creazione ha un senso meraviglioso, che in fondo parla di Cristo anche se uno non lo sa, se un fisico non se ne accorge. Studiare dogmatica per me è stato importante perché la dogmatica non è un’altra cosa dalla Scrittura, perché non è che i dogmatici fanno filosofia astratta, gli esegeti studiano la Scrittura e non si parlano tra loro. La dogmatica in fondo è proprio lo studio della Scrittura, si avvale di tutto quello che hanno fatto gli esegeti e però ne guarda il senso di insieme.
Per usare un’immagine semplice: l’esegeta guarda la scena del film, il dogmatico guarda tutto il film e cerca di capire cosa vuol dire. Quando uno vede un film, alla fine dice se è un brutto o un bel film, si interroga sul messaggio che ha ricevuto e questo è ciò che fa il teologo. Se uno legge l’Antico Testamento con Dio che incita al male, poi prende Gesù che parla del figliol prodigo e vede il papà del figliol prodigo che è Dio, deve mettere insieme queste due cose e non è operazione banale. Sono due scene del film, se uno le prende separatamente vede la loro bellezza, gli influssi che le hanno determinate, ma poi uno deve capire cosa è successo nel passare da una scena all’altra. Dobbiamo far fuori i nemici o perdonarli? Che senso ha la croce?
In un film la fine di solito è quello che dà senso a tutto, per questo noi dobbiamo leggere l’AT a partire dalla croce e dalla Resurrezione, dobbiamo arrivare in fondo e tornare indietro per capire quello che è successo. Si può dire che il dogmatico cerca il senso della Scrittura. I dogmi, la Trinità, tre persone e una sola natura, le due nature di Cristo, sono realtà che vengono fuori dalla Scrittura, non è che si sia deciso a tavolino di attribuire due nature a Cristo. Tutte queste cose vengono fuori dal Vangelo, leggendolo infatti si vede che Gesù si comporta da uomo: mangia, piange, muore, quindi è un uomo. Gesù però fa cose che fa solo Dio: perdona i peccati, fa resuscitare le persone, risorge, quindi è Dio. Tutto questo lo definiamo dicendo che Gesù ha due nature.
Una volta che abbiamo il senso della Scrittura, la cosa bella è che, visto che Cristo ci rivela il senso della creazione - e questo è il punto di arrivo di questa sera - e ci rivela il senso dell’uomo, noi possiamo trovare il senso della nostra vita. Ogni uomo cerca Cristo anche se non lo sa, cerca di essere amato, di amare, ogni uomo vuole essere libero, perché senza libertà non c’è amore e togliendo Dio dalla società, allontanandoci da una cultura impregnata dalla Sacra Scrittura, quello che succede è che scompare la libertà e scompare l’amore, abbiamo persone che non riescono più ad amare, famiglie che non stanno più insieme, persone disperate.
Oggi spesso ci troviamo di fronte a una persona che ha cercato di soddisfare tutti i suoi desideri e ha il cuore ancora vuoto. Finché è un desiderio interiore va ancora bene, perché è un vuoto che puoi riempire con un’altra cosa, ma quando le hai provate tutte è disperante. Mi ricordo una ragazza di 23 anni, con un lavoro sicuro, era infermiera, fidanzata con un bellissimo ragazzo, che venne da me quando sembrava che avesse conquistato tutto ciò che desiderava per dirmi: “Don Giulio, io non sono felice, e mi sento in colpa perché ho tutto”. Solo Dio può riempire il cuore dell’uomo e noi oggi ci ritroviamo a vivere in una società che è disperata, proprio perché non c’è Dio, non c’è il senso. Parlare di creazione non è quindi solo raccontare una storia importante, è cambiare la vita di un bambino, di un ragazzo, di un adulto. La catechesi non è una cosa per “fare i bravi ragazzi”, è una cosa che ti cambia l’esistenza, che cambia il mondo, è una cosa meravigliosa, perché Dio sta cambiando il mondo, perché quello che Dio ci ha donato è qualcosa che cambia il mondo.
Questo approccio contemporaneo che ci fa perdere il valore della libertà io l’ho visto ritratto in un episodio che ha per protagonista un fisico, uno dei padri della quantistica, Paul Dirac, inglese, morto nel 1984, che quando gli nacque il primo figlio mandò un telegramma al suocero per informarlo del lieto evento e, essendo una persona abile con i numeri e forse un po’ impacciata con le parole, usò una formula: 1+1=3. È un modo bellissimo per dire che è nato un bambino, è geniale.
Questa formula mi ha illuminato perché è vera, ma in realtà 1+1=2, se io vado dal macellaio e spendo trenta euro non posso dire: “ecco una banconota da dieci, una seconda banconota da dieci, e sono trenta!”. Questa formula non funziona dal tabaccaio, alla macchinetta delle bevande, perché 1+1=2 è vero, non è uno scherzo, la logica della necessità è vera, se io faccio cadere un libro quello cade seguendo una legge fisica definita.
Nella natura, nella creazione, c’è un logos, un senso che è necessità. 1+1=2 è vero, ma non è l’unico logos, non è l’unico senso, c’è un senso più grande che è quello che veramente riempie il cuore dell’uomo, che è chiamato a generare, ad amare, a fare comunione. 1+1=3 regge il senso della comunione, penso all’amicizia, quando due persone cominciano a volersi bene succede qualcosa, c’è un di più, quando in una comunità ci si vuole bene c’è un di più.
Anche a restare a un livello banale di osservazione, una comunità in cui ci si ama cresce, attira altri, perché l’uomo cerca l’amore, vuole essere amato. Quest’altra logica è legata al fatto che l’uomo è immagine di Dio. La pietra segue le leggi dell’1+1=2, l’uomo no, a meno che non ci interessi studiare come una persona cade dal terzo piano, oppure come funziona il fegato, allora dobbiamo seguire la stessa logica che seguiamo per la pietra.
A volte le due logiche collidono, penso a un chirurgo che non vuole operare suo figlio, perché troppo coinvolto. Il chirurgo deve vedere un fegato, una cistifellea, non suo figlio. Queste logiche servono entrambe ma, mentre la pietra, o un nostro organo, seguono la logica dell’1+1=2, l’uomo immagine di Dio segue quest’altra logica legata al fatto che Dio, creando, ha lasciato l’impronta di se stesso nella creazione e Dio Creatore è trino, lo sappiamo alla fine della storia e la storia è complicata.
Ora non c’è più il rav Di Segni e posso parlare, perché ho fatto una gaffe pazzesca con lui una volta. Ho parlato al festival della cultura ebraica dove era anche lui sul tema del sabato. Io ho lavorato come fisico con tanti ebrei e ho imparato che per parlare con loro ti devi preparare perché sono molto seri e spesso sono persone molto argute. Io ho lavorato con un moldavo che era stato anche deportato in Siberia che mi diceva che in Russia quando le cose vanno male se la prendono o con gli ebrei o con i ciclisti. Io gli ho chiesto: “perché con i ciclisti?” E lui: “perché con gli ebrei?”. Ho raccontato questo episodio per recuperare una gaffe pazzesca fatta al minuto zero di quell’incontro. Il rav Di Segni dopo aver parlato, aveva passato la parola a me e io esordisco dicendo: “No, perché Yahweh…”. Volevo morire, riassorbire la parola appena detto e ho chiesto subito perdono.
Bene, a parte gli scherzi! Se uno, da brianzolo come me, fa la storia del popolo ebraico, nota che all’inizio non è neanche un popolo, ma un clan di tribù nomadi, non hanno una terra. Nell’epoca pagana gli dei erano legati al territorio, gli dei pagani sono personificazioni di forze naturali. Io nasco e muoio, mentre la montagna resta lì. Le cose grandi della natura: le stelle, i fiumi, le montagne, il mare, rimangono, noi passiamo. L’uomo pagano che è molto sensato, anche se noi abbiamo l’idea che i pagani siano stupidi, noi abbiamo il modello del cow boy a confronto con i pellerossa che adorano Manitù.
Noi siamo europei progrediti, moderni, noi sappiamo come va il mondo. Il mondo è più complicato di così perché invece dovremmo renderci conto che le persone che sono a contatto con la natura sanno molte più cose di noi. Per i pagani territorio voleva dire forze naturali, voleva dire divinità locali. Penso a quando Gesù parla con la samaritana. Il problema dei samaritani è che erano stati “corrotti” a seguito di deportazioni. Erano di tradizione ebraica quindi adoravano Yahweh, ma lo facevano sulle alture, quindi laddove tradizionalmente i pagani adoravano le loro divinità.
Ultimamente sono stato a Domodossola a un congresso su un sacro monte lì vicino dove c’è anche una bellissima casa dei rosminiani e questa altura è molto bella perché si vede che era un insediamento molto antico dove c’è un altare pagano e accanto un battistero romanico e lì si vede come il cristianesimo ha preso dei luoghi pagani per cambiarne il senso. Nell’antichità l’altura, pensate all’Olimpo, era il luogo delle divinità. L’ebreo non aveva un territorio e quindi non aveva suoi Dei, portava al pascolo le sue capre e quando entrava nei territori altrui doveva pagare il fio agli Dei locali.
A un certo punto gli ebrei si trovano davanti qualcuno che non è umano, che è molto potente, che parla, che è Persona e che dà un messaggio di potenza. All’inizio non può dire: guarda che io sono il Dio dell’amore, ci vogliamo tutti bene, io morirò in croce… Si presenta come il capo di tutti gli altri Dei perché li ha creati. La creazione è affermazione di potenza, l’ebreo è concreto, non ha elaborato teorie, ma si è imbattuto in Dio.
Esiste una serie televisiva che si chiama Joan of Arcadia che racconta di una ragazzina che incontra Dio e Dio le va assegnando delle missioni manifestandosi di volta in volta con l’aspetto di una ragazzina piccola, di una cuoca nera, di un ragazzo, assumendo diversi aspetti. È solo una serie televisiva, non è la Bibbia, ma pone un problema teologico interessantissimo perché nella prima puntata lei incontra Dio che si presenta come un bellissimo ragazzo che le dice di essere Dio. Lei risponde che tutti i bei ragazzi si sentono Dio, non è una novità e lui ribatte che è veramente Dio.
Io penso agli ebrei, pastori abituati alla concretezza, che incontrano Dio e vogliono la dimostrazione che si tratti veramente di Dio. La ragazza chiede un miracolo come prova e Dio la porta davanti a un bellissimo albero autunnale. Lei chiede: “E questo sarebbe un miracolo? È un albero!” E lui: “Fallo tu, se sei capace!”. È una bellissima risposta perché noi diamo la creazione per scontata. La ragazza si convince solo quando Dio le dice: “Io ho salvato tuo fratello dall’incidente, anche se tu non stai andando a messa come avevi promesso!”. Lei sa di aver rivolto questa preghiera a Dio e gli crede.
L’ebreo quindi incontra Dio e l’essere creatore è essenziale perché in qualche modo il potere sulla creazione è ciò che fa riconoscere Dio come Dio. L’ebreo deve iniziare a pensare questo e a capire che quello è Dio e che tutti gli altri non sono Dei, ma idoli morti e si crea una bellissima opposizione tra il Dio vivente e gli idoli morti, ci sono dei salmi stupendi su questo. A poco a poco questo clan, grazie al suo rapporto con Dio, diventa un popolo, un popolo che a un certo punto riceva la promessa di una terra che sarà la sua terra, dove ci sarà un tempio unico, in un’unica città, su un’unica altura, e Dio potrà essere adorato soltanto lì.
Noi siamo cattolici, abbiamo le chiese, abbiamo la messa, il culto è ovunque. Io una volta ho celebrato una messa su un tronco d’albero in Grecia, davanti al mare e una chiesa così bella non l’avevo mai avuta. Quando viene spazzato via il Tempio e viene distrutta Gerusalemme, gli ebrei non hanno più un posto dove adorare. Nella sinagoga si legge la Scrittura, ma non c’è il sacrificio che poteva essere fatto solo a Gerusalemme, è una tragedia immane. Gli ebrei cominciano a capire che questo Dio è unico e che ha scelto loro come suo popolo e poi capiscono che la salvezza è per tutti, non solo per loro, perché se Dio è Creatore, è Creatore di tutti. Ci mettono secoli a capire questo e si preparano ad aprirsi al messaggio evangelico.
Se uno prende i primi capitoli di Genesi, deve sapere innanzitutto che non sono i primi testi della Bibbia che sono stati scritti. Non è che, deciso di scrivere la Bibbia si sia iniziato con: Caro uomo ti scrivo… Non funziona così, la Bibbia è composta da pezzi che poi man mano sono stati ordinati con un senso teologico. La Scrittura inizia così con il racconto di Dio che crea. Come inizia il Vangelo di Giovanni? Non è un caso, il Vangelo è la nuova creazione, è il senso di tutto. Il logos di cui si parla in Giovanni è il logos nel quale è stato creato il mondo all’inizio, per questo è necessaria la teologia, per leggere l’insieme, per vedere le connessioni, per cogliere e trasmettere il senso di quei testi.
Spero che tutti voi abbiate letto la Bibbia, è un best seller, il libro più venduto in assoluto, spesso i miei studenti mi confessano di non averla mai letta tutta, tranne un mio studente protestante che l’aveva letta 47 volte! Se uno legge Genesi trova subito diversi punti che lo lasciano perplesso, cos anche un po’ sconce, in altri tempi nei monasteri non si leggeva l’AT per sicurezza! Se uno legge l’inizio della Scrittura si rende subito conto che alcune cose sono comprensibili, altre molto meno, troviamo figli degli dei che si sposano con figlie degli uomini, giganti, cose strane. Questo ha anche reso facile il gioco di chi ha affermato, penso all’illuminismo, che la Bibbia sia un insieme di miti.
Io consiglio sempre di leggere il testo comunque, noi non abbiamo paura di nulla. A volte le persone mi chiedono: “Ma lei ha letto i vangeli apocrifi?” e mi raccontano rivelazioni sorprendenti. Ora, io gli apocrifi li ho letti, non tutti chiaramente, ma ne ho letti diversi e basta un’occhiata per capire che non c’entrano nulla con quanto conosciamo. In un vangelo apocrifo troviamo Gesù che gioca con i suoi amichetti e, quando perde, fa il miracolo per sottometterli e pretende che lo adorino, mentre nei vangeli canonici Gesù non vuole essere adorato, nel Nuovo Testamento il miracolo ha un’altra funzione, lo scopo del miracolo non è neanche curare, ma rivelare l’amore del Padre. I miracoli di Gesù sono parole efficaci.
Genesi è un testo antico, proviamo a guardarlo dal punto di vista letterario, a situarlo nel contesto dell’epoca. Ratzinger diceva che dobbiamo stare attenti a dire che siccome Genesi non è un testo scientifico non dobbiamo pretendere di trovarci cose scientifiche, perché allora poi potremmo dire che non è un testo di morale e così via e alla fine non rimane più niente.
Se leggiamo invece Genesi e vediamo che si dice che Dio crea il sole e la luna che sono chiamati lumi, lampade. Due secoli prima di Platone e Aristotele, che credevano che il sole e la luna fossero Dei, come tutti i popoli antichi, qui dei pastori, dei beduini, dicono che il sole e la luna sono “lumi”. Questa gente così semplice riesce a vedere la natura non come una divinità, ma come una cosa che si può toccare, maneggiare, perché Dio l’ha affidata all’uomo. La scienza diventa possibile in questo momento. Le montagne, i fiumi, il mare, le stelle, non sono sacri, non sono cose che non puoi avvicinare perché fanno paura, e non lo sono perché sono create dallo stesso Dio che ha creato me, hanno dentro un senso che io posso capire.
C’è un famoso fisico di origine ebraica, che si chiama Richard Feynman che inizia il testo con le sue lezioni di fisica dicendo che la fisica è come se un extraterrestre dopo essere caduto sulla terra vede da dietro a un cespuglio due esseri umani che giocano a scacchi e li guarda e pian piano vede che ogni singolo pezzo si muove solo in un certo modo e a furia di veder giocare impara le regole e diventa capace di fare una partita. Questa immagine molto semplice è profondissima dal punto di vista teologico, perché vuol dire che se io guardo la natura mi rendo conto che, come il gioco degli scacchi, ha delle regole che io posso capire, ma questo vuol dire che chi ha fatto quella scacchiera ed io abbiamo un logos in comune, possiamo comunicare, almeno giocando a scacchi. L’atto scientifico presuppone che ciò che hai davanti non è Dio, lo puoi toccare, e ha dentro una logica, altrimenti non inizi a fare fisica perché non pensi che ci siano delle leggi. Il presupposto è che le cose accadano sempre nello stesso modo, che ci sia un comportamento armonico, altrimenti non ci mettiamo nemmeno a cercare, a studiare.
La cosa meravigliosa è che in qualche modo la Genesi fonda tutta la scienza e questo è sconvolgente perché è il contrario di quello che ci dicono abitualmente. Il messaggio che di solito ci passano è che la Chiesa sia contro la scienza, poi basta dare un’occhiata al portale di Tanzella Nitti, www.disf.org, Centro di Documentazione Interdisciplinare di Scienza e Fede, e si scopre quanti scienziati erano sacerdoti o credenti. Se si comincia a guardare la storia del mondo si scopre che l’ateismo è una posizione che esiste solo negli ultimi due secoli ed è concentrato in Europa. Negli USA nessuno ti guarda strano se sei cattolico, mentre in Europa devi chiedere scusa se ti fai il segno della croce, o la giornalista del TG norvegese non può indossare un ciondolo con la croce. C’è un grande problema e noi dobbiamo prepararci per essere in grado di difenderci da questi condizionamenti e non c’è miglior difesa della verità, verità che è umile ma invincibile proprio nella sua umiltà.
Questo appare evidente ancor più se confrontiamo la Genesi con i miti originari di altri popoli. Nell’Enûma Eliš, un testo di creazione della tradizione mitologica mesopotamica, esisteva un dio che era il dio della luce, Marduk, che si scontra con un drago cattivo. Marduk vince, taglia a metà il drago, la metà superiore diventa il cielo, la metà inferiore diventa la terra e gli uomini nascono dal sangue del drago.
L’Enûma Eliš ha un senso, rende ragione del peccato originale - noi siamo a volte cattivi perché nasciamo dal sangue del drago cattivo. Il problema è che come in molte di queste mitologie ci sono un principio buono e uno cattivo che si scontrano. Penso anche ai miti greci, bellissimi, ma che sono una sorta di storia di mafia: Urano genera dei figli con Gaia (la Terra), ma non li fa venire alla luce perché mostruosi e li tiene nascosti. Uno dei figli, appartenente ai Titani, Crono, evira suo padre e prende il potere. A sua volta Crono genera dei figli, ma, avvertito dai genitori che uno dei suoi figli lo avrebbe spodestato, li ingoia tutti. Queste sono guerre di mafia, qui abbiamo dei padrini, non dei padri: gli dèi lottano per il potere!
È evidente che sono favole, quando leggiamo Genesi non abbiamo l’impressione di stare davanti a una favola, dentro c’è il tempo, c’è l’adorazione, ci sono cose vere, non c’è Dio di fronte a un'altra divinità, c’è Dio e intorno il nulla e Dio trae dal nulla tutto quello che c’è.
E tutto viene dichiarato buono e questo è sconvolgente. Oggi se si parla con le persone si avverte che tutti pensano che il mondo sia cattivo. G.K. Chesterton diceva che l’unico dogma per cui non aveva bisogno della fede era il peccato originale. Dire che il mondo è solo buono, che l’origine di tutto è bontà, non è cosa che possa venire dall’interno dell’uomo, richiede un punto di osservazione esterno rispetto al sistema.
I pagani sono dentro al sistema, sono dentro la natura e se gli ebrei fossero stati dentro la natura e basta avrebbero avuto concezioni pagane, ma hanno incontrato qualcuno che era fuori dalla natura, qualcuno che sulla natura sapeva più di loro perché l’aveva fatta, qualcuno che gli ha affidato la natura, qualcuno che gli dice che tutto è stato fatto per amore, che il senso più profondo non è 1+1=2, ma questo è la conseguenza dell’1+1=3. In principio c’era 1+1=3, un atto d’amore.
Per questo il mondo va avanti, per questo si fanno i figli, perché ci si ama, perché ci si aiuta, perché l’amore è creativo e noi siamo capaci di amare così perché siamo a immagine del Creatore. Una pietra non può scegliere di riprodursi, di sacrificarsi per qualcuno. Gli animali possono essere carini, ma non hanno la nostra capacità di amare. Il problema oggi è che noi siamo lontani dalla natura, dovremmo far vedere gli animali da vicino ai bambini. Quando ero in seminario in una struttura che si trovava in campagna, avevamo tanti cani da guardia. Nel periodo in cui andavano in calore il figlio massacrava la madre e un mio compagno di studi, veterinario, doveva ricucire le ferite alle orecchie della madre, perché gli animali non distinguono i loro parenti quando si accoppiano. Per noi è aberrante, ma sono animali. Noi non capiamo più tante cose della natura perché altrimenti cominciamo a vivere come animali, agendo secondo necessità.
Invece, proprio la lettura di Genesi ci libera, ci spiega chi siamo veramente, da dove veniamo, ci dice cose meravigliose. Per esempio, se leggiamo l’inizio di Genesi, Dio dice dieci volte “Sia”, queste sono Dieci parole. Se leggiamo i dieci comandamenti scopriamo che si chiamano le Dieci parole, perché l’Alleanza non è un’altra cosa, non è che Dio decide di darci la legge morale. I dieci comandamenti sono soltanto la continuazione della creazione, corrispondono alla realtà, a ciò che è la natura.
Le persone a volte mi dicono che questo in cui viviamo è un mondo brutto, perché le persone uccidono, rubano la moglie agli altri ecc. E io rispondo che mi stanno facendo l’elenco dei comandamenti, il mondo è brutto perché non viviamo più i comandamenti!
La sfida della catechesi è far gustare la bellezza della dottrina cristiana, della Genesi, di quello che ha fatto Gesù. Quando Gesù parla del divorzio e dice che non si può divorziare gli apostoli dicono che allora non conviene sposarsi, visto che non si può mandare via la moglie se si comporta male e se se ne va bisogna restare fedeli. Il cristianesimo è la proclamazione dell’amore che però ti dà anche la forza per amare. Perché uno deve andare in chiesa? Per mangiare il cibo dell’anima, quel cibo che ti dà la vera vita. Oggi la gente è sensibile al mangiare, diete a parte, per cui noi dobbiamo riuscire a parlare in questi termini: Se tu non preghi, non vai a messa, non riesci ad amare. Poi abbiamo le ragazzine che si prostituiscono, come ci racconta la cronaca di questi giorni a Roma. Perché una ragazzina ferita così giovane ha dentro degli squarci pazzeschi, fa molta fatica a riamare. Io come cappellano universitario conosco ragazze dai 19 anni in su e vedo che a volte hanno dei dolori pazzeschi. Perché se una ragazza a 14 anni ha dato tutta se stessa e poi scopre che non era amore, sta malissimo, ha bisogno di essere curata, ha bisogno di Gesù che le faccia capire che è nuova, che l’amore vince ogni cosa, di questo dobbiamo parlare.
Quando Gesù dice che noi siamo fatti per amare per sempre parla del principio, dice: In principio non era così. Una volta ero in aereo per andare a un congresso, viaggiavo con una compagnia svizzera e ho visto la hostess, una donna non giovanissima, che mi guardava. Ero ordinato da poco, due o tre anni, e pensavo lei avesse bisogno di parlarmi di qualcosa. Poi mi ha chiesto: “Ma lei è un prete cattolico?”, “Sì”. E lei: “Allora lei non si sposa?”. Era preoccupata, da mamma, del fatto che nessuno si prendesse cura di me. Era curiosa di sapere perché noi non ci sposiamo e io le ho spiegato che è per lo stesso motivo per cui non si può divorziare per la chiesa cattolica, perché l’amore è per sempre, noi siamo testimoni che esiste un amore così grande che riempie completamente e questo amore è per tutti e può riempire la vita di tutti. Per questo il matrimonio può durare per sempre, perché c’è Dio. Un sacerdote che non si sposa testimonia di più l’amore.
La cultura greca gira intorno ad Omero e Omero parla delle donne. In fondo il concetto base è che non bisogna desiderare troppo. L’Iliade è stata scritta per dire che per una donna si è finiti in guerra, la guerra si è anche vinta, ma con un prezzo talmente alto che non si deve più fare. (Simone Weil fa questa osservazione molto bella). Penso a Prometeo che ruba il fuoco agli dei e viene condannato a una pena terribile, un’aquila ogni giorno gli mangia il fegato. Il desiderio per sempre è una cosa cristiana.
Osea, uno dei libri della Bibbia che amo di più, parla di un profeta che all’improvviso viene chiamato da Dio che gli ordina di sposare una prostituta! Osea avrà pensato di aver capito male… In realtà il messaggio che deve arrivare al popolo è che Dio lo ha creato e lo ha amato di amore eterno e anche se lui si prostituisce con gli idoli non smette di amarlo. La croce di Cristo è questo all’infinito, Dio manda suo Figlio che si fa ammazzare per noi, la croce l’abbiamo voluta noi uomini, non Dio. È Caifa che dice che è meglio che muoia un uomo solo. Dio sta al nostro gioco fino alla fine e è fedele a se stesso, cioè al fatto che Dio è amore fino alla fine.
Per parlare della Genesi è importante far leggere il testo, far leggere testi simili per far capire la differenza, ovviamente non a bambini piccoli, ma già dalle medie in poi. Far innamorare dei testi e poi far innamorare della creazione. Io sono un po’ fissato con l’esperienza estetica, perché oggi c’è una forma di estetismo, ma i ragazzi hanno bisogno di vedere la bellezza del reale, non di superficie. Sulla Genesi ci giochiamo molto, il mondo è bello, la creazione è bella, dobbiamo far vedere che questi testi parlano di noi, di quello che abbiamo nel cuore e diventa una meraviglia.