Paul Dirac, uno dei fondatori della meccanica quantistica, dette l’annuncio della nascita del proprio figlio scrivendo "1+1=3": la creazione similmente è un atto di libertà e di amore (da Giulio Maspero)

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 24 /11 /2013 - 15:17 pm | Permalink | Homepage
- Tag usati: , ,
- Segnala questo articolo:
These icons link to social bookmarking sites where readers can share and discover new web pages.
  • email
  • Facebook
  • Google
  • Twitter

Riprendiamo sul nostro sito due brani dal volume di G. Maspero – P. O’Callaghan, Creatore perché Padre. Introduzione all’ontologia del dono, Cantagalli, Siena, 2012. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.

Il Centro culturale Gli scritti (24/11/2013)

pp. 7-9

Un episodio della vita di un famoso fisico-matematico britannico, considerato uno dei fondatori della meccanica quantistica, Paul Dirac (1902-1984), può risultare utile per illustrare l’impostazione del presente libro. Si racconta che egli fosse ovviamente molto abile con i numeri, ma piuttosto impacciato con le parole, per cui, quando nacque il suo primo figlio e dovette inviare un telegramma al suocero per comunicare la bella notizia, scrisse semplicemente il testo 1+1=3. Il paradosso di questa formula è espressivo di uno scarto logico, di un salto che si produce quando entrano in gioco paternità e filiazione. La necessità della somma elementare 1+1=2 viene scardinata dalla libertà di chi può generare: da un pensiero al finito, si passa a pensare a partire da una sorgente.

Uno dei rischi del momento culturale attuale, è intendere la creazione solamente a partire dal limite imposto dalla necessità, cercando di liberarsi da questo vincolo percepito come imposizione. Si dimentica, invece, che la logica più profonda insita nel creato è proprio quella della vita ricevuta e donata, in modo tale che il senso del mondo non è la necessità, ma la libertà del dono.

Ciò è connesso a come viene percepita l’immagine di Dio: se l’unica logica della creazione è quella necessaria, allora il Creatore non può essere che qualcuno che mi impone una legge, mi chiude nel limite, mi getta nell’esistenza. Invece la logica del dono, ciò cui rimanda la formula 1+1=3, è legata alla verità della Paternità di Dio, dalla quale sgorga la creazione stessa. Perciò è importante leggere il mondo e la storia a partire da questa verità, perché il Creatore è Padre. Come Dio non è uno nonostante sia trino, ma è uno proprio perché è trino, così Dio è creatore proprio perché è Padre. Chi crea è la Trinità stessa, che agisce come è, lasciando impressa nel creato la traccia del suo essere Padre, Figlio e il loro eterno Amore. E la fonte e l’origine di tutto, della Trinità stessa come della creazione, è la Prima Persona divina.

Quando Dante scrive, alla fine della Divina Commedia, il magnifico verso «L’amor che move il sole e l’altre stelle» (Paradiso XXXIII,145) sta dicendo che il senso del creato è l’amore stesso, la libertà. Questa libertà che può portare alla condanna eterna contemplata nell’attraversare l’inferno e che implica la responsabilità di cui è conseguenza il purgatorio, ma soprattutto quella libertà che si identifica con il paradiso. Nei vespri del lunedì della II settimana del tempo ordinario, l’antifona del terzo salmo nell’Ufficio divino recita «Ora si compie il disegno del Padre: fare di Cristo il cuore del mondo». Per comprendere la creazione, per coglierne il valore, bisogna dunque guardare al Figlio incarnato, che ne è il senso. Lui, che ne è il cuore, rivela come la creazione abbia origine dal Cuore del Padre e tenda ad Esso. [...]

pp. 9-10

Ma questa attrazione [con la quale la Trinità ci invita] non è da fuori, non è estrinseca, ma piuttosto siamo attratti da dentro, nel nostro stesso cuore. Il ritorno non è imposto e non si realizza in modo necessario, ma è dono e compito per la nostra libertà.

Nel semplice agire quotidiano, quanto detto si traduce nella connessione tra cause e fini. L’uomo non agisce solo per cause deterministiche; la libertà per definizione fa saltare la dinamica deterministica; per essere felice l’uomo ha bisogno di ragioni per vivere, di fini, di motivi. La libertà è intrinsecamente connessa ai fini, la libertà è lo spazio tra cause e fini. Non basta, quindi, l’intelletto ma ci vuole anche la volontà, cioè l’amore.