Il Gesù totalmente Figlio di Dio e non vero uomo degli apocrifi. Appunti di Andrea Lonardo
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Questi appunti sono stati scritti per presentare alcuni brani degli apocrifi, tratti da M. Erbetta (a cura di), Gli apocrifi del Nuovo Testamento. Vangeli. Infanzia. Passione. Assunzione di Maria, vol. I/2, Marietti, Casale Monferrato, 1981. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti sugli apocrifi, vedi la sezione Sacra Scrittura.
Il Centro culturale Gli scritti (29/9/2013)
Indice
- La comprovazione della verginità di Maria
- La natura sottomessa
- I giochi miracolosi - e violenti - di Gesù Bambino
- La prodigiosa istruzione di Gesù scolaro
- Note al testo
La comprovazione della verginità di Maria
Nel Protoevangelo di Giacomo la divinità di Gesù è provata fin dal suo concepimento – secondo Erbetta, curatore del volume, il cosiddetto Protoevangelo di Giacomo sarebbe un testo scritto intorno all’anno 200 d.C., il suo redattore vorrebbe auto-presentarsi come legato alla figura di Giacomo il Minore, per vantare una conoscenza diretta dei fatti come figlio delle prime nozze di Giuseppe, ed il titolo originario potrebbe essere piuttosto Natività di Maria.
Nel Protoevangelo, alla nascita di Gesù, una donna di nome Salome non crede alla verginità di Maria con parole che sono riprese dall’episodio dell’incredulità di Tommaso apostolo e pretende di verificare tale miracolo. Avendo “toccato” la verginità di Maria, viene punita con la caduta della mano . Ecco il testo del racconto[1]:
«XIX 3. La levatrice uscì dalla spelonca e Salome s'imbatté con lei. Ella disse: «Salome, Salome, devo raccontarti uno spettacolo nuovo: una vergine ha dato alla luce, cosa che la sua natura non permette». Salome rispose: Vive il Signore, mio Dio: se non pongo il mio dito e non scruto la sua natura, non crederò che una vergine abbia dato alla luce!».
XX 1. La levatrice entrò e disse a Maria: «Mettiti in posizione: non lieve contrasto si presenta a tuo riguardo!». Salome mise il suo dito nella natura di lei. Allora gettò un grido: «Guai al mio peccato e alla mia incredulità! Ho tentato il Dio vivo; perciò la mia mano mi si stacca, consumata dal fuoco».
2. Allora piegò le sue ginocchia innanzi all'Onnipotente e pregò: «Dio dei miei padri, ricordati che io sono discendenza d'Abramo, Isacco e Giacobbe. Non fare di me esempio pubblico per i figli di Israele, ma restituiscimi ai poveri. Tu sai difatti, o Onnipotente, che per amor del tuo nome prodigavo le mie cure e ricevevo la mia mercede da te».
3. Ed ecco, un angelo del Signore le si presentò e le disse: «Salome, Salome: il Signore t'ha esaudita. Accosta la tua mano al bambino; prendilo su e sarà per te salvezza e gioia».
4. Ella si accostò con gioia e lo prese su, dicendo: «Voglio adorarlo, perché è nato un gran re per Israele». Salome guarì immediatamente ed uscì dalla grotta, giustificata. Ed ecco una voce disse: «Salome, Salome non divulgare le cose meravigliose che hai viste prima che il bimbo arrivi a Gerusalemme».
In tutto il testo sono evidenti le citazioni implicite dei Vangeli canonici che sono ovviamente dati per conosciuti.
La natura sottomessa
Nel Vangelo dello pseudo Matteo – un testo che Erbetta ritiene sia stato redatto nel VII o VIII secolo d.C. - la divinità di Cristo appare dal fatto che l’intera natura si sottomette al suo passaggio. Durante la fuga in Egitto, la Santa Famiglia ha fame ed i frutti delle palme sono troppo in alto. Il Bambino, allora, con un miracolo, le fa piegare[2]:
«XX 2. Il bambinello Gesù, seduto con lieto volto in grembo alla madre, ordinò alla palma: «Piegati, o albero, e da' forza a mia madre con i tuoi frutti». A quella voce la palma piegò subito la cima, fino ai piedi di Maria. Quelli raccolsero frutti sufficienti per saziare tutti. I datteri erano stati tutti raccolti e quella rimaneva china, in attesa dell'ordine di levarsi da parte di chi l'aveva fatta piegare. Allora Gesù le ordinò: «Levati, o palma, riprendi il tuo vigore e sii compagna dei miei alberi che sono nel paradiso di mio padre. Dalle tue radici quindi schiudi la vena nascosta sotto terra, perché fluiscano di lì acque che ci dissetino». Subito la palma si levò e dalle sue radici cominciarono a sgorgare rivoli di acqua limpidissimi, freschi dolci assai. Alla vista di quelle fonti d'acqua, si rallegrarono grandemente e tutti, giumenti e uomini, si ristorarono rendendo grazie a Dio».
I giochi miracolosi - e violenti - di Gesù Bambino
Nello stesso Vangelo dello pseudo Matteo Gesù fin da bambino opera giochi prodigiosi come far scaturire l’acqua e poi farla tornare indietro, e come uccidere l’amichetto che ha distrutto la sua costruzione e poi farlo resuscitare quando Giuseppe e Maria, preoccupati del fatto che i genitori del bambino sono in collera con loro, lo pregano di ridare la vita al morto[3]:
«XXVI 1. Dopo il ritorno dall'Egitto, trovandosi Gesù in Galilea, capitò all'inizio del quarto anno di età che un giorno di sabato giocasse con i bambini presso il letto del Giordano. Egli si sedette e fece sette laghetti di fango, provvisti di un canaletto per ciascuno, dove con un ordine faceva scorrere l'acqua proveniente dalla corrente per poi farla scorrere di nuovo indietro. In quel mentre uno dei bambini, figlio del diavolo, chiuse invidioso gli ingressi, per cui passavan le acque nei laghetti, e distrusse ciò che Gesù aveva costruito. Gesù gli disse: «Guai a te, figlio della morte, figlio di Satana! Tu rovini ciò che ho costruito». Sull'istante l'autore morì.
2. I parenti del morto cominciarono a gridare con voce tumultuante contro Maria e Giuseppe. «Vostro figlio - dissero loro - ha maledetto nostro figlio e questi è morto». Giuseppe e Maria, udita la cosa, si recarono subito da Gesù, spinti dal tumulto dei genitori del ragazzo e dall'assembramento dei giudei. Giuseppe disse in segreto a Maria: «Io non oso dirgli niente; ammoniscilo tu e digli: perché hai eccitato contro di noi l'odio popolare e dobbiamo sopportare l'odio molesto degli altri?». La madre lo accostò e lo pregò così: «Signore mio, che ha fatto costui per morire?». Ed egli: «Era degno di morte - rispose - per aver rovinato ciò che avevo costruito».
3. Ma la madre lo supplicava: «Lascia stare, Signor mio: tutti insorgono contro di noi». Gesù non volendo addolorare sua madre, percotendo con il piede destro il sedere del morto, gli disse: «Levati, figlio iniquo; tu non sei degno di entrare nella requie di mio Padre, perché hai distrutto ciò che avevo costruito». Il morto si alzò subito e se ne andò e Gesù intanto continuava a far scorrere col suo comando le acque nei laghetti attraverso il fossatello».
Il miracolo della maledizione di Gesù che fa morire e della sua benedizione che resuscita si ripete poi altre due volte, a distanza di pochi versetti. Nel terzo episodio il bambino viene fatto morire perché ha urtato Gesù. L’insistenza di Giuseppe e Maria fanno sì che, infine, Gesù lo resusciti[4]:
«XXVIII. Per la seconda volta, il figlio di Anna, sacerdote del tempio, il quale era arrivato sul posto con Giuseppe, prese una verga e, montato in collera, chiuse, di fronte a tutti, le condutture dei laghetti, che Gesù aveva costruiti con le sue mani, e fece uscire fuori l'acqua, che quegli vi aveva raccolta prendendola dalla corrente. Distrusse pure la conduttura di ciascuno, per cui passava l'acqua. Gesù, a quella vista, disse al bambino che aveva guastato i suoi laghi: «O pessimo germe di iniquità, o figlio della morte, officina di Satana, il frutto del tuo seme sarà sicuramente senza vigore, le tue radici senza umore, i tuoi rami aridi, infruttuosi». Sull'istante il fanciullo si inaridì e morì.
XXIX. Giuseppe allora tremò e, tenendo Gesù, andava a casa con lui. Anche la madre era insieme. Ed ecco che un altro bambino, lui pure artefice iniquo, correndo dalla parte opposta, andò a sbattere sulla spalla di Gesù, intendendo schernirlo o fargli del male, se fosse possibile. Gesù gli disse: «Tu non devi tornare indietro sano per la strada che percorri». Quello cadde subito a terra morto. I parenti del defunto, testimoni del fatto, alzarono la voce dicendo: «Ma da dove è venuto fuori questo ragazzo? È evidente che tutto ciò che proferisce è vero e spesso si adempie prima che finisca di parlare». Essi dunque si accostarono a Giuseppe e gli dissero: «Parta via questo Gesù di qui. Egli non può abitare con noi in questo municipio. Altrimenti, insegnagli almeno a benedire e non a maledire». Giuseppe, accostandosi a Gesù, cominciò ad ammonirlo in questo modo: «Perché fai questo? Sono già parecchi quelli che si rammaricano a tuo riguardo, ci odiano a causa tua e per te siamo molestati». Gesù rispose a Giuseppe: «Non c'è figlio saggio se non quegli che è stato ammaestrato da suo padre conforme alla scienza di questo tempo e la maledizione del proprio padre non nuoce ad alcuno, ma solo a chi fa male». Si radunarono allora (gli abitanti) contro Gesù e lo accusavano presso Giuseppe. Questi, a tale vista, si spaventò assai, temendo la violenza e il tumulto del popolo d'Israele. Ma in quel momento Gesù, afferrando il bambino morto per l'orecchio, lo sollevò da terra davanti a tutti. Videro che Gesù parlava con lui come padre con il figlio. Quegli riebbe dunque il suo spirito e rivisse. Tutti ne furono meravigliati».
Sempre nel Vangelo dello pseudo Matteo Gesù compie il miracolo di creare dal fango 12 passeri. La chiamata dei 12 è come anticipata in questo episodio miracoloso e, dinanzi alla rabbia di molti perché il prodigio è avvenuto in giorno di sabato, il Bambino invia i 12 passeri alle 12 tribù di Israele[5]:
«XXVII. Poi, alla presenza di tutti, prese fango dai laghetti, che egli stesso aveva costruiti, e plasmò dodici passeri. Il giorno in cui Gesù fece questo era di sabato e c'erano con lui moltissimi bambini. Uno dei giudei l'aveva visto compiere la cosa e perciò disse a Giuseppe: «Giuseppe, non vedi che il bambino Gesù fa di sabato ciò che non gli è permesso? Ha fatto dodici passeri con il fango!». A quella nuova Giuseppe lo riprese, dicendo: «Perché fai di sabato cose che non ci è lecito?. Ma Gesù udì Giuseppe e quindi, percotendo una mano contro l'altra, ordinò ai suoi passeri: «Volate». Al suo comando quelli cominciarono a volare. Mentre eran tutti là che vedevano e sentivano, continuò rivolto agli uccelli: «Andate, volate per la terra e per il mondo tutto e vivete». Gli astanti, osservando i prodigi, furono presi da grande stupore. Alcuni lo lodavano e lo ammiravano; altri invece lo biasimavano. Ci fu pure chi si recò dai principi dei sacerdoti e dai capi dei farisei per raccontare loro che Gesù, figlio di Giuseppe, aveva compiuto grandi segni e prodigi, dinanzi a tutto il popolo d'Israele. La cosa fu risaputa in mezzo alle dodici tribù».
Il nuovo popolo di Dio è come creato da Gesù con lo stesso procedimento con cui Dio Padre aveva fatto esistere Adamo.
L’episodio dello scontro con un bambino che viene subito fulminato si ripete anche nell’apocrifo Ta paidika tou Kyriou – “Le meraviglie del Signore”, un vangelo apocrifo con tratti gnostici[6]:
«IV 1. Un'altra volta Gesù attraversava il villaggio ed un fanciullo, correndo, lo urtò alla spalla. Stizzito, Gesù gli disse: «Tu non finirai di correre!». E subito quegli cadde a terra, morto. Alcuni testimoni di ciò che era successo, esclamarono: «Donde viene questo bambino? Ogni sua parola è fatto compiuto!.
2. I genitori del morto, andati da Giuseppe, lo riprendevano così: «Tu con questo fanciullo non puoi abitare con noi nel villaggio, altrimenti insegnagli a benedire e non a maledire! Costui fa morire i nostri bimbi!».
V 1. Giuseppe chiamò il fanciulletto a parte e lo ammonì, dicendo: «Perché compi queste azioni? Costoro ne soffrono, ci odiano e ci perseguitano». Gesù rispose: «Io so che queste tue parole non sono tue; tuttavia per tuo riguardo me ne starò zitto. Quelli però dovranno soffrire il loro castigo». Gli accusatori furono colpiti subito da cecità.
2. I testimoni del fatto ne furono scossi ed eran perplessi, constatando che ogni parola da lui proferita, sia buona che cattiva, era una realtà e si era trasformata in prodigio. Visto che Gesù aveva compiuto una cosa simile, Giuseppe si alzò e, prendendolo per un orecchio, glielo tirò per bene.
3. Il bambino allora, adiratosi, gli disse: «Ti basta chiedere, senza trovare. Non ti sei davvero comportato da saggio! Non sai che sono tuo? Cessa dunque dal tormentarmi!».
La domanda «Donde viene questo bambino? Ogni sua parola è fatto compiuto!» richiama ovviamente i sinottici, ma ben diverso è il motivo della meraviglia della gente che la fa esclamare!
Negli apocrifi troviamo anche alcuni motivi che hanno dato vita a tutta l’iconografia successiva, come l’ipotesi che i fratelli di Gesù non siano cugini di Gesù - secondo la terminologia veterotestamentaria e l’esegesi cattolica tradizionale -, bensì figli di un primo matrimonio di Giuseppe, divenuto poi vedovo prima di sposare Maria. Così afferma il Vangelo dello pseudo-Matteo[7]:
«XLII 1. Quando Giuseppe si recava a un pranzo con i suoi figli: Giacomo, Giuseppe, Giuda e Simeone e le sue due figlie, c'eran sempre anche Gesù e la madre con la sorella di questa, Maria di Cleofa, che il Signore Dio aveva donato a suo padre Cleofa e ad Anna sua madre in cambio dell'offerta al Signore di Maria, madre di Gesù. Anche questa fu chiamata con lo stesso nome di Maria, a consolazione dei genitori».
La prodigiosa istruzione di Gesù scolaro
Nell’apocrifo Ta paidikia tou Kuriou, l’umanità di Gesù scompare dinanzi alla sua divinità, anche nella presentazione delle sue prodigiose capacità intellettuali. Egli non ha bisogno di apprendere alcunché, poiché, essendo Dio, conosce già tutto meglio del suo maestro[8]:
«VI 1. Ora capitò che un certo maestro, di nome Zaccheo, si trovasse là vicino. Udendo le parole rivolte da Gesù a suo padre, si meravigliò grandemente che, tuttora così piccolo, parlasse così.
2. Pochi giorni dopo si accostò a Giuseppe e gli disse: «Tu hai un bambino saggio e intelligente. Su, dallo a me, perché impari le lettere. Con le lettere gli insegnerò ogni scienza, come pure gli insegnerò il dovere di salutare ogni anziano, di onorarlo come maggiore e padre e di amare i coetanei».
Giuseppe si stizzì a causa del bambino e disse al maestro: «Chi lo può istruire? Pensi che ciò sia una piccola croce?». Il bambino Gesù, sentendo queste parole dal padre, scoppiò a ridere e disse a Zaccheo: «Maestro, ciò che mio padre ti ha detto è tutto vero. Io sono qui il Signore, ma voi siete stranieri. A me solo è stato dato il potere, ché io sono esistito prima, tuttora esisto e sono con voi. Voi non sapete chi sono. Io so donde voi venite, chi siete, quando siete nati e quanti anni durerà la vostra vita. In verità ti dico, maestro: io c'ero quando tu nascevi ed esistevo prima che nascessi. Se vuoi essere maestro perfetto, ascoltami e t'insegnerò saggezze, che nessuno conosce tranne me e chi mi ha inviato per istruirvi. Io sono in realtà il tuo precettore, benché tu sia chiamato mio maestro. Conosco la tua età; quanto durerà la tua vita, lo so esattamente. Quando vedrai la mia croce, a cui mio padre ha accennato, allora crederai che tutto ciò che ho detto è verità. Io sono qui il Signore; voi siete stranieri, ché io sono sempre lo stesso».
I giudei presenti, che ascoltavan, si stupirono e gridarono: «O prodigio raro e inaudito: questo fanciullo non ha cinque anni e pronuncia parole tali che non abbiamo mai inteso da pontefice, scriba o fariseo!». Gesù rispose: «Voi vi meravigliate, ma non credete ciò che vi ho detto. Io so però esattamente quando voi e i vostri padri sono nati. Vi annuncio ancora qualcosa di inaudito: conosco così bene quando il mondo fu creato, come colui che mi ha inviato». I giudei, sentendolo parlare così, paventarono e non gli poteron rispondere. Allora il fanciullo, accostatosi, giocava e saltava, ridendosi di loro. Diceva: «Io so che voi siete poco capaci di meravigliarvi e siete corti di intelligenza, ché la gloria è stata aggiudicata a me, a consolazione del bambino».
Allora il precettore disse a suo padre Giuseppe: «Su, portami a scuola questo bambino e gli insegnerò le lettere». Giuseppe, preso Gesù per mano, lo condusse a scuola. Il maestro cominciò l'istruzione con parole persuasive. Gli scrisse l'alfabeto. Quindi insisteva con cura, ripetendo sovente ciò che aveva scritto. Ma il ragazzo taceva e non lo ascoltò per parecchio tempo. Il maestro, stizzito, lo percosse in testa. Il bambino rispose: «Non agisci bene: non devo io forse insegnare a te - app. correggere te -, in luogo di essere istruito - app. corretto - da te? Io conosco le lettere che insegni. Molti ti giudicheranno, ché queste (lettere) sono in me bronzo sonante o cembalo squillante: non danno né voce udibile né la gloria della sapienza né la forza dell'anima della mente».
Il bambino si tacque per un po'; quindi ripeté le lettere con molto acume...»-
Il cosiddetto Vangelo arabo dell’infanzia –un Vangelo che si ritiene abbia origine nel VI o VII secolo in area siriaca - presenta l’onniscienza di Gesù bambino. Egli conosce tutte le questioni della fisica, dell’astronomia, poiché, essendo Dio, Egli è all’origine di tutto lo scibile[9]:
«LI 1. C'era là un sapiente, dotto in astronomia. Questi chiese al Signore Gesù se conoscesse quella scienza.
2. Gesù rispose esponendo il numero delle sfere e dei corpi celesti, la loro natura e le loro proprietà, la loro opposizione, la loro posizione per tre, quattro, sei, il loro moto progressivo e regressivo, la durata di esso in minuti, secondi e altre cose inaccessibili alla ragione.
LII 1. C'era pure tra i presenti un sapiente, molto versato nella medicina. Questi chiese al Signore Gesù: «Mio caro, conosci la medicina?».
2. Gesù gli rispose spiegandogli la fisica, le metafisica, l'iperfisica, l'estensione della fisica, l'ipofisica e quindi le forze del corpo e i temperamenti con i loro influssi, le membra, le ossa, le vene, le arterie e i nervi, l'azione del calore e della siccità, del freddo e dell'umidità e gli effetti che ne derivano. Gli spiegò l'attività dell'anima, le sue percezioni e le sue facoltà, in che consiste l'atto della favella, dell'ira e dell'appetito, l'articolazione e la dissoluzione e così molte e altre cose, irraggiungibili a intelligenza creata».
Note al testo
[1] Da M. Erbetta (a cura di), Gli apocrifi del Nuovo Testamento. Vangeli. Infanzia. Passione. Assunzione di Maria, vol. I/2, Marietti, Casale Monferrato, 1981, p. 26.
[2] Da M. Erbetta (a cura di), Gli apocrifi del Nuovo Testamento. Vangeli. Infanzia. Passione. Assunzione di Maria, vol. I/2, Marietti, Casale Monferrato, 1981, p. 56.
[3] Da M. Erbetta (a cura di), Gli apocrifi del Nuovo Testamento. Vangeli. Infanzia. Passione. Assunzione di Maria, vol. I/2, Marietti, Casale Monferrato, 1981, pp. 57-58.
[4] Da M. Erbetta (a cura di), Gli apocrifi del Nuovo Testamento. Vangeli. Infanzia. Passione. Assunzione di Maria, vol. I/2, Marietti, Casale Monferrato, 1981, p. 58.
[5] Da M. Erbetta (a cura di), Gli apocrifi del Nuovo Testamento. Vangeli. Infanzia. Passione. Assunzione di Maria, vol. I/2, Marietti, Casale Monferrato, 1981, p. 58.
[6] Da M. Erbetta (a cura di), Gli apocrifi del Nuovo Testamento. Vangeli. Infanzia. Passione. Assunzione di Maria, vol. I/2, Marietti, Casale Monferrato, 1981, pp. 84-85.
[7] Da M. Erbetta (a cura di), Gli apocrifi del Nuovo Testamento. Vangeli. Infanzia. Passione. Assunzione di Maria, vol. I/2, Marietti, Casale Monferrato, 1981, p. 62.
[8] Da M. Erbetta (a cura di), Gli apocrifi del Nuovo Testamento. Vangeli. Infanzia. Passione. Assunzione di Maria, vol. I/2, Marietti, Casale Monferrato, 1981, pp. 84-85.
[9] Da M. Erbetta (a cura di), Gli apocrifi del Nuovo Testamento. Vangeli. Infanzia. Passione. Assunzione di Maria, vol. I/2, Marietti, Casale Monferrato, 1981, p. 115.