Una sola razza: umana
Riprendiamo i testi seguenti dal supplemento Popotus di Avvenire del 10/9/2013, pubblicati senza indicazioni di autore. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (6/10/2013)
Una sola razza: umana
Quando arrivò negli Stati Uniti, anche al grande scienziato Albert Einstein gli impiegati dell'ufficio immigrazione chiesero di indicare su un modulo a quale razza appartenesse. E Einstein (pronuncia: àinstain) spiazzò tutti scrivendo: «umana». Allora sembrò una provocazione: era il 1933 e lo scienziato, fuggiva dalla sua Germania proprio perché erano iniziate le persecuzioni contro gli ebrei come lui.
Eppure aveva perfettamente ragione: gli uomini non hanno razze. O, meglio, la razza umana è una sola, con infinite variazioni al suo interno. Anche quando esprimiamo nobili e sacrosanti propositi, come nelle solenni dichiarazioni «Rifiuto ogni discriminazione per religione, genere, razza...», in realtà stiamo commettendo un errore.
Tra gli individui e i popoli ci sono differenze, anche fisiche: ma non sono razze. Le scienze che studiano l'uomo, come l'antropologia o la biologia, hanno a lungo cercato di individuare in modo chiaro i confini che separerebbero una razza dall' altra, ma alla fine hanno dovuto rinunciare: questi confini non esistono.
Certo, ci sono aree del mondo dove di solito le persone hanno la pelle più scura, altre dove i capelli sono spesso biondi, altre ancora dove domina il taglio degli occhi detto "a mandorla". Ma non sono insiemi ben definiti, che possano cioè indicare una razza. Tra un gruppo e l'altro non c'è un confine ma una vasta area di passaggio, con caratteri misti. Ed è proprio questo a rendere sbagliata l'idea di razza, che per essere applicabile dovrebbe essere ben riconoscibile.
Ma c'è anche un'altra osservazione che mostra come parlare di razze abbia poco senso. Siamo abituati a sentir parlare di "bianchi", "neri" e "gialli": tre gruppi ("razze") contraddistinti da un diverso colore della pelle. Ma perché proprio il colore della pelle? Si sarebbe potuto scegliere quello degli occhi, o magari l'altezza, o il gruppo sanguigno... Potrebbe diventare addirittura un gioco: proviamo a parlare di "razza alta un metro e trenta", di "razza con i piedi numero 35", di "razza con i capelli castano chiaro". Ci accorgeremmo subito di quanto parlare di "razze" sia senza senso.
E ciascuno dice le sue
Una prova che le razze non esistono viene anche dal fatto che ogni popolo le divide a modo suo. Guardando film e telefilm americani, specie polizieschi, capita spesso di sentire il protagonista annunciare, con il fiatone, che sta inseguendo un «maschio afroamericano», oppure «caucasico», «ispanico», «asiatico», «nativo». Sono queste le cinque "razze" ufficialmente riconosciute negli Usa, che corrispondono a chi ha antenati africani, europei, sudamericani, asiatici e "pellerossa".
Anche la polizia inglese divide l'umanità in cinque "razze": solo che non coincidono con quelle americane. Non hanno cioè i "nativi", mettono assieme gli africani con gli abitanti delle isole centroamericane nella "razza afrocaraibica", distinguono una "razza europea" da una "mediorientale" (riunite dagli americani nei "caucasici"), dividono gli asiatici in "indiani" (dell'India) e in "indocinesi". Non è ben chiaro dove finiscano, in questo schema, i sudamericani: ma basta per confermarci che le distinzioni in razze umane non stanno in piedi.
Se esistessero, dovrebbero essere basate su fattori oggettivi, che tutti possono riconoscere e individuare. Allora tanto vale scegliere la distinzione dei Bribri, un popolo del Costa Rica. Secondo loro gli uomini si dividono in due razze; i Bribri e gli Ña (pronuncia: gna). Cioè tutti gli altri.
Più che il fisico conta la cultura
L'idea che esistono "razze umane" ha iniziato a diffondersi nell'Ottocento. Fin dall'antichità, naturalmente, gli uomini si erano accorti delle differenze tra loro: ma le indicavano parlando di "popoli", cioè di gruppi culturali identificati da una lingua, una religione, un'arte comune - magari accompagnate anche da qualche somiglianza fisica.
Nell'Ottocento invece è cambiato qualcosa: perché anziché di popoli si è iniziato a parlare di razze. Gli scienziati, cioè, si misero a cercare di individuare alcune caratteristiche fisiche (andava molto di moda la misurazione e la descrizione dei crani) capaci di individuare insiemi ben definiti: le razze, appunto. Ma baravano parecchio con i dati: escludevano dai loro conteggi, per esempio, tutti quegli individui che non facevano tornare i conti (finlandesi con i capelli scuri, indiani con gli occhi azzurri, eccetera).
Dalla scienza queste classificazioni razziali passarono, all'inizio del Novecento, alla politica: e diventarono un vero e proprio dramma quando in Germania un partito, quello nazista di Adolf Hitler, decise di sterminare le "razze inferiori", che identificava con gli slavi e soprattutto con gli ebrei e gli zingari. Le vittime di questa follia furono un'enormità, sei milioni.
Nel frattempo, per fortuna, la scienza si è resa conto che dividere gli uomini in razze è semplicemente un errore. Quello che si può fare è individuare "popoli" o "etnie", cioè gruppi caratterizzati da un insieme di caratteristiche che, tutte assieme, li rendono unici. Ma non (o almeno non solo) caratteristiche fisiche, come il colore della pelle o dei capelli: decisivo, per identificare un popolo, è riconoscere una cultura comune. Come c'insegnavano gli antichi.
La Francia cancella la parola
Se le razze non esistono, perché ripetere che non si devono fare discriminazioni in base alle razze? Se l'è chiesto il Parlamento francese, che è arrivato alla conclusione che no, non si deve ripeterlo. E così ha stabilito che d'ora in poi nessuna legge francese potrà contenere questa parola, "razza". L'iniziativa è corretta, ma alcuni temono che non servirà a molto, contro il razzismo. Perché purtroppo non basta cancellare la parola per cancellare l'atteggiamento di chi insulta le persone che ritiene "diverse" da sé. Lo stesso Parlamento francese ha modificato il testo della legge che aveva proposto inizialmente: anziché limitarsi a espellere la parola "razza" ha ampliato il concetto, decidendo che «la Repubblica non riconosce l'esistenza di alcuna cosiddetta razza». Meglio essere chiari, insomma.