Il tradimento dei diritti umani. Maternità surrogata e altre ingiustizie, di Carlo Cardia
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Riprendiamo sul nostro sito un articolo di Carlo Cardia pubblicato da Avvenire il 21 agosto 2013. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (1/9/2013)
L'inchiesta che Avvenire ha dedicato al mercato dei figli e alla "maternità surrogata" [nell’agosto 2013], oltre a illuminare quel grumo di angosce e ingiustizie che tale pratica porta con sé, spinge a riflettere sull’erosione e sulle violazioni dei diritti umani che essa provoca. Nel 2005 un importante giurista interpretò la surrogazione di maternità in ottica altruistica perché, «una volta scongiurato il pericolo della commercializzazione, si ripropone la prospettiva del dono che si manifesta più precisamente come "solidarietà" tra donne, in una dimensione procreativa che conserva la piena specificità femminile e che trasferisce il corpo dalla logica egoistica a quella altruistica».
L’inchiesta di Avvenire azzera la prima affermazione, residua remora etica del pensiero relativista, e richiama l’attenzione sui mercati della maternità attivi in aree sottosviluppate per rispondere a richieste che vengono da Paesi più ricchi: dimostra come il concetto di solidarietà sfumi del tutto tra persone che neanche si conoscono, agiscono su base di contratti giuridicamente calibrati, in condizioni economiche vantaggiose per la concessione del corpo che affronta la maternità per conto terzi. Non è la prima volta che cadono illusioni fuorvianti, anche altre forme di fecondazione artificiale, ammesse purché formalmente prive di intenti lucrativi, hanno favorito donatori abituali (per fecondazioni eterologhe) che ne traggono un profitto più o meno cospicuo.
La realtà presenta il conto in tanti modi, magari attraverso la coscienza di un donatore il quale, secondo una recente confessione, ha dichiarato di provare rimorso per il fatto che può essere padre di numerosi figli sparsi nella regione dove vive, e ha deciso di fermarsi. Stanno, poi, nascendo delle piccole anagrafi private che associano persone nate per fecondazione assistita e non conoscono le proprie origini, ma si uniscono per andare alla ricerca dei veri genitori. E sono stati registrati e denunciati – anche se queste realtà, secondo qualcuno, dovrebbero essere incredibilmente censurate – problemi psichici per coloro cui è stato negato il diritto alla paternità e maternità naturali, perché affidati a coppie gay, con una sola figura genitoriale raddoppiata.
La maternità surrogata, per il carattere mercantile che ha assunto e gli intrecci che consente nell’affidamento dei figli, è quella che più nettamente testimonia il tradimento di diritti umani codificati dal 1948 in poi. A cominciare dal diritto alla verità che spetta a chiunque voglia sapere quali sono le proprie origini, e che emerge dalla Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989. Il diritto alla verità è negato a chi non può conoscere la propria ascendenza genitoriale e parentale, e se la conosce può essere lacerato nei sentimenti.
Ma qual è la verità degli altri soggetti nella maternità surrogata? Della madre che ha sostenuto e vissuto la gravidanza con piena partecipazione di corpo e spirito, ma rifiuta di consegnare il figlio che nasce, secondo le clausole di contratto? O dei genitori che hanno commissionato la gravidanza e si trovano consegnato il figlio come prodotto finito da altri, e potrebbero in casi particolari, rifiutarlo perché non lo sentono come vero oggetto d’amore? O di altri ancora, coinvolti in modo meccanico per la donazione di ovociti e seme, che sarebbero i genitori originari di chi sta per nascere?
Quando si legge nella Convenzione contro la discriminazione della donna del 1981 che «la maternità è una funzione sociale e uomini e donne hanno responsabilità comuni nella cura di allevare i figli e di assicurare il loro sviluppo», ci si chiede come possano dei minori essere affidati in adozione a coppie in cui la madre neppure esiste, o vivere con una madre biologica e una sociale. Si creano situazioni del tutto artificiose nelle quali vengono meno i diritti del minore, dichiarati preminenti dalla legislazione di tutto il mondo, mentre nascono conflitti tra interessi che non sono illuminati dalla giustizia.
Si aggira il divieto di commercializzazione del corpo, non solo per il corrispettivo oneroso (consistente o meno) di prestazioni fecondative o procreative, quanto perché si afferma la convinzione che la filiazione può essere oggetto di una contrattualistica che si affina nel tempo e riduce il minore a oggetto di diritti altrui, invece che soggetto di diritti propri. In questo modo, si apre un altro doloroso capitolo, che offusca e nega la tutela dei soggetti più deboli, e provoca una inedita "guerra dei diritti contro altri diritti", in contrasto con la prescrizione della Dichiarazione universale del 1948 per cui nessuno «può esercitare un’attività o compiere un atto mirante alla distruzione dei diritti» altrui.
Le Convenzioni internazionali che tutelano la dignità delle persone rischiano di diventare un alibi della coscienza specie per l’Occidente, e un libro di sogni traditi per quelle aree più povere che vanno all’indietro nel tempo, e nelle quali si affermano nuove forme di sfruttamento e mercificazione di donne e bambini.