Silenzio sulle persecuzioni anticristiane, dall'India al Sudan (di Pierluigi Battista, dalla rassegna stampa)
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Mettiamo a disposizione on-line sul anche sul nostro sito l’editoriale che Pierluigi Battista ha scritto per il Corriere della Sera dell’1 settembre 2008. Per approfondimenti, cfr. la sotto-sezione La libertà religiosa e le persecuzioni delle minoranze, nella sezione Carità, giustizia e annunzio.
Ma quante pretese, e che tormento con questa storia dei cristiani perseguitati nel mondo, delle suore arse vive dai fondamentalisti indù, con la Chiesa che implora addirittura un intervento dell'Onu perché metta un freno a quegli sporadici episodi di discriminazione religiosa che esageratamente i cattolici definiscono «cristianofobia».
Ma davvero, con tutti i guai che infestano il Pianeta, dovremmo preoccuparci dei villaggi cristiani in India rasi al suolo, degli orfanotrofi incendiati, dei bambini inseguiti fin dentro la giungla da branchi di fanatici armati di coltelli? Dovremmo dare credito ai rapporti sulla Chiesa oppressa nel mondo dettagliatamente illustrati sul Giornale da Gian Micalessin e Rolla Scolari?
Come se davvero potessero smuovere la coscienza mondiale i vescovi cinesi spariti per non aver accettato la sottomissione del silenzio patteggiata con il regime, i 300 mila cristiani inghiottiti nel nulla nella Corea del Nord, i sacerdoti sterminati e le suore eliminate, le decine e decine di missionari (cattolici e protestanti) massacrati negli agguati che insanguinano il Sud delle Filippine, gli attentati in Indonesia contro le comunità cristiane colpevoli soltanto di aver esibito un crocefisso. In Arabia Saudita i cristiani non possono costruire chiese, se vengono trovati in possesso di una croce rischiano la morte, sono sottoposti all'attenzione asfissiante di un corpo speciale di aguzzini, la polizia religiosa, e accusati (e sommariamente condannati) per un niente se solo si azzardano a fare «proselitismo».
Dovranno forse turbare la quiete religiosa del mondo con simili inezie? E chi chiede un rudimentale principio di reciprocità nell'espressione della libertà di culto (libere chiese e libere moschee in liberi Stati) non si fa forse paladino di una deleteria campagna di avvelenamento dello scontro tra religioni?
Nel Sud del Sudan i cristiani uccisi dalle bande schiaviste che hanno agito nel nome dell'islam più radicale ammontano a due milioni (sì, due milioni): non fa più notizia. Nemmeno nel Darfur, dove la carneficina continua, milioni di persone perdono la vita per via della loro religione e della loro razza, ma l'Onu saggiamente e prudentemente si ostina a non chiamare genocidio il genocidio. In Nigeria i fondamentalisti, con apposite spedizioni punitive su cui sarebbe il caso che la comunità internazionale continuasse a non intervenire per non guastare con ingiustificato sdegno la pacifica coesistenza tra popoli e religioni, hanno annientato 20 mila cristiani e distrutto non meno di 500 chiese. Ma sarebbe assurdo, e pericoloso per la serenità del mondo, avvalorare la stolta tesi della «cristianofobia».
In Somalia, una suora di oltre 60 anni troppo temeraria e fanaticamente convinta che fosse il caso di aprire a Mogadiscio un centro di raccolta per bambini dispersi e senza famiglia, Suor Leonella, è stata uccisa davanti al cancello dell' ospedale. I cristiani sono sottoposti a persecuzione, ridotti al silenzio, messi nell'impossibilità di conservare sia pur nascosti e non esibiti i simboli della loro fede, in Egitto, Pakistan, Afghanistan, Iran, Yemen ma non si dovrebbe generalizzare per non dare spazio ai nemici della pace religiosa. E per non intasare gli uffici dell'Onu, già oberato di lavoro per dover affrontare anche queste quisquilie. O no?