Errore di prospettiva nel valutare perché dopo la comunione o la cresima in tanti luoghi gli adolescenti non continuano il cammino (di A.L.)
A me appare assolutamente evidente. Al punto che mi è difficile capire perché sia così problematico convincere altri di questo. Gli adolescenti ed i giovani desiderano continuare il loro cammino se c’è qualcuno che continua a camminare con loro.
Il bandolo della matassa non sta nel trovare – come spesso di dice – un “nuovo paradigma” dell’iniziazione cristiana! Non sta nel “prima”. Sta nel “poi”.
E' certamente importante migliorare costantemente il cammino dei primi anni della catechesi, nei suoi contenuti, nel suo metodo. Ma, ad un certo punto, questo non basta più! Gli adolescenti, i giovani, chiedono altro.
Non è solo una affermazione teorica; è la realtà che convince di questo. Ricordo un esperienza da vice-parroco dove la catechesi delle comunioni e dei ragazzi, affidata ad altri, aveva le sue difficoltà. Al giovane sacerdote era chiesto semplicemente non di guidarla, ma di inserirsi in essa per conoscere i ragazzi nel cammino delle cresime e per divenirne responsabile solo dopo. E restavano a centinaia. Solo perché un vice-parroco camminava con loro.
Ricordo il video di un vice-parroco che presentava on-line il post-cresima della sua parrocchia: immagini di alcuni campi estivi, con la preghiera intorno al falò la notte, con le passeggiate in montagna, con i ragazzi che cantavano insieme ai loro animatori e catechisti, con le riunioni formative, l’educazione al servizio, la passione condivisa nel voler capire i problemi della vita e della cultura. Chi ha vissuto queste cose, si ritrova immediatamente in immagini simili.
Si tratta di amare il Signore e la vita di quei ragazzi così come essi sono e decidere di dar loro la vita. Bisogna scegliere di stare con i giovani.
Perché altrimenti parrocchie che hanno gli stessi itinerari di preparazione alla comunione o alla cresima sarebbero così diverse, come di fatto sono, negli esiti della continuità del cammino? Ve ne sono alcune con centinaia di adolescenti e di giovani ed altre nelle quali non si vede l’ombra di un ragazzo. Si incontrano celebrazioni domenicali nelle quali la presenza e la testimonianza di giovani è evidentissima ed altre nelle quali essi sono marginali. Eppure l’iniziazione cristiana è spesso molto simile in esse.
Certo è che la presenza di una comunità giovanile cambia il volto all’iniziazione cristiana, perché i bambini ed i ragazzi vedono chiaramente davanti a sé come continuerà il loro cammino. Perché cominciano a desiderare di partecipare della vita dei giovani più grandi che sono loro animatori nei campi estivi, nei GREST o che diventano i loro stessi catechisti.
La vera difficoltà è 'solamente' quella di far nascer la prima generazione di adolescenti e giovani che diventino educatori e testimoni dei piccoli. Da quel momento in poi le generazioni si aiutano una con l’altra.
Ma, perché questo nasca, bisogna dare la vita.
Il bandolo della matassa non sta nel trovare – come spesso di dice – un “nuovo paradigma” dell’iniziazione cristiana! Non sta nel “prima”. Sta nel “poi”.
E' certamente importante migliorare costantemente il cammino dei primi anni della catechesi, nei suoi contenuti, nel suo metodo. Ma, ad un certo punto, questo non basta più! Gli adolescenti, i giovani, chiedono altro.
Non è solo una affermazione teorica; è la realtà che convince di questo. Ricordo un esperienza da vice-parroco dove la catechesi delle comunioni e dei ragazzi, affidata ad altri, aveva le sue difficoltà. Al giovane sacerdote era chiesto semplicemente non di guidarla, ma di inserirsi in essa per conoscere i ragazzi nel cammino delle cresime e per divenirne responsabile solo dopo. E restavano a centinaia. Solo perché un vice-parroco camminava con loro.
Ricordo il video di un vice-parroco che presentava on-line il post-cresima della sua parrocchia: immagini di alcuni campi estivi, con la preghiera intorno al falò la notte, con le passeggiate in montagna, con i ragazzi che cantavano insieme ai loro animatori e catechisti, con le riunioni formative, l’educazione al servizio, la passione condivisa nel voler capire i problemi della vita e della cultura. Chi ha vissuto queste cose, si ritrova immediatamente in immagini simili.
Si tratta di amare il Signore e la vita di quei ragazzi così come essi sono e decidere di dar loro la vita. Bisogna scegliere di stare con i giovani.
Perché altrimenti parrocchie che hanno gli stessi itinerari di preparazione alla comunione o alla cresima sarebbero così diverse, come di fatto sono, negli esiti della continuità del cammino? Ve ne sono alcune con centinaia di adolescenti e di giovani ed altre nelle quali non si vede l’ombra di un ragazzo. Si incontrano celebrazioni domenicali nelle quali la presenza e la testimonianza di giovani è evidentissima ed altre nelle quali essi sono marginali. Eppure l’iniziazione cristiana è spesso molto simile in esse.
Certo è che la presenza di una comunità giovanile cambia il volto all’iniziazione cristiana, perché i bambini ed i ragazzi vedono chiaramente davanti a sé come continuerà il loro cammino. Perché cominciano a desiderare di partecipare della vita dei giovani più grandi che sono loro animatori nei campi estivi, nei GREST o che diventano i loro stessi catechisti.
La vera difficoltà è 'solamente' quella di far nascer la prima generazione di adolescenti e giovani che diventino educatori e testimoni dei piccoli. Da quel momento in poi le generazioni si aiutano una con l’altra.
Ma, perché questo nasca, bisogna dare la vita.