Bibbia, teologia e dogma nella catechesi: appunti sparsi (di A.L.)
La bellezza del dogma e la catechesi
Talvolta, quando in un incontro di catecheti viene sollevata la questione del dogma, qualcuno si alza stizzito come se si sentisse richiamato alla fedeltà al papa.
Ma il problema è tutt’altro! È scontato, infatti, che la catechesi debba essere fedele alla tradizione della chiesa ed al magistero; non è questo ad essere in discussione.
Piuttosto il dogma è ciò che enuncia cose grandi. Una catechesi che non giungesse al dogma, alla teologia, resterebbe una catechesi che si occupa di minuzie e non riuscirebbe a toccare le grandi questioni che l’uomo da sempre pone. La domanda che la catechesi si deve porre è piuttosto qual è il posto del dogma e della teologia per una maturazione della fede che si veramente tale.
Leggere le omelie dei padri, così come le loro catechesi, è istruttivo in merito: essi parlano sempre di cose grandi, essenziali. Enormi, verrebbe da dire. Non si limitano a definire il significato di una singola parola della Scrittura, ma giungono a dire cos’è bene e cos’è male, cosa è vita e cosa è morte, cosa è verità e cosa è menzogna, chi è l’uomo e chi è Dio, chi è il Cristo e perché Dio è Trinità, cosa è il peccato originale e cosa è la grazia, cosa è la creazione e cosa è l’eternità. Una catechesi che non parlasse di queste realtà meriterebbe ancora il titolo di catechesi?
A null’altro servirebbe che ad essere gettata via e calpestata dagli uomini!
Simbolo di fede e Sacra Scrittura
«La catechesi trasmette il contenuto della Parola di Dio secondo le due modalità con cui la Chiesa lo possiede, lo interiorizza e lo vive: come narrazione della Storia della Salvezza e come esplicitazione del Simbolo della fede. La Sacra Scrittura e il Catechismo della Chiesa Cattolica debbono ispirare tanto la catechesi biblica quanto la catechesi dottrinale, che veicolano questo contenuto della parola di Dio».
Queste parole del Direttorio generale per la catechesi (n. 128), sintetizzano una delle questioni più importanti della catechesi e dell’annuncio della fede. Alcune proposte catechetiche oscillano, talvolta paurosamente, tra un biblicismo assoluto ed un altrettanto unilaterale dogmatismo. Se la catechesi scegliesse una sola delle due vie, oltre ad allontanarsi dal cattolicesimo, diverrebbe sterile e noiosa.
La storia della salvezza raccontata dalla Sacra Scrittura ha tutta la freschezza e la vivezza dei passi che si compiono nella storia e che si illuminano progressivamente l’uno con l’altro; la sintesi che è propria del Simbolo di fede permette di contemplare l’armonia della fede, la ‘gerarchia’ delle verità, il rapporto vivo che esiste fra le verità che la Scrittura annuncia.
Se si dimenticasse la Scrittura, la catechesi perderebbe la ricchezza degli infiniti particolari della rivelazione di Dio; se si dimenticasse il Credo tutto risulterebbe episodico e l’uomo resterebbe in quella confusione congenita, nella quale si cerca disperatamente un ordine della vita e del mondo senza trovarlo.
Scrittura e Simbolo, Bibbia e teologia non potranno mai costituire un aut aut, ma saranno sempre l’et et di cui si sostanzia la comprensione della fede nell’annuncio e nella catechesi.
La Bibbia è narrazione, ma non è solo narrazione
L’uomo comunica con la ricchezza di tutti i ‘generi letterari’ che ha scoperto: con il registro narrativo, con quello poetico, con quello riflessivo, con quello parenetico, con quello dossologico, ecc. Se si scegliesse solo il registro narrativo sarebbero da scartare testi come i Libri Sapienziali o come la Lettera ai Romani o come il Prologo di Giovanni. È fondamentale, invece, proprio in una vera fedeltà all’uomo (esiste la persona che ama la narrazione e quella che preferisce la poesia o la riflessione concettuale o la preghiera) e in una vera fedeltà a Dio (nella Scrittura e nella tradizione troviamo i registri più diversi) non escludere, ma nemmeno privilegiare la narrazione. Essa non è inutile e non è la chiave di tutto.
Dogma e Sacra Scrittura
La Bibbia è Scrittura e dogma insieme. Infatti, la Bibbia è una unità; la Sacra Scrittura è “un solo libro”. Questa unità le proviene certo dal suo interno, dall’unica storia della salvezza di cui parla, dall’intimo legame che unisce i diversi libri che rileggono continuamente quella storia come unitaria. Ma l’unità le deriva anche dall’unico popolo di Dio che ha vissuto e scritto quella storia. Quell’unità nasce ultimamente dalla fede stessa che comprende che Gesù è il Figlio di quel Padre che si è rivelato già nell’AT.
In negativo, anche la teologia di Marcione che voleva dividere l’uno dall’altro testamento mostra che teologia e Bibbia sono in un rapporto strettissimo.
La Scrittura è come l’anima della teologia, ma anche la teologia è come l’anima della Scrittura!
Talvolta, quando in un incontro di catecheti viene sollevata la questione del dogma, qualcuno si alza stizzito come se si sentisse richiamato alla fedeltà al papa.
Ma il problema è tutt’altro! È scontato, infatti, che la catechesi debba essere fedele alla tradizione della chiesa ed al magistero; non è questo ad essere in discussione.
Piuttosto il dogma è ciò che enuncia cose grandi. Una catechesi che non giungesse al dogma, alla teologia, resterebbe una catechesi che si occupa di minuzie e non riuscirebbe a toccare le grandi questioni che l’uomo da sempre pone. La domanda che la catechesi si deve porre è piuttosto qual è il posto del dogma e della teologia per una maturazione della fede che si veramente tale.
Leggere le omelie dei padri, così come le loro catechesi, è istruttivo in merito: essi parlano sempre di cose grandi, essenziali. Enormi, verrebbe da dire. Non si limitano a definire il significato di una singola parola della Scrittura, ma giungono a dire cos’è bene e cos’è male, cosa è vita e cosa è morte, cosa è verità e cosa è menzogna, chi è l’uomo e chi è Dio, chi è il Cristo e perché Dio è Trinità, cosa è il peccato originale e cosa è la grazia, cosa è la creazione e cosa è l’eternità. Una catechesi che non parlasse di queste realtà meriterebbe ancora il titolo di catechesi?
A null’altro servirebbe che ad essere gettata via e calpestata dagli uomini!
Simbolo di fede e Sacra Scrittura
«La catechesi trasmette il contenuto della Parola di Dio secondo le due modalità con cui la Chiesa lo possiede, lo interiorizza e lo vive: come narrazione della Storia della Salvezza e come esplicitazione del Simbolo della fede. La Sacra Scrittura e il Catechismo della Chiesa Cattolica debbono ispirare tanto la catechesi biblica quanto la catechesi dottrinale, che veicolano questo contenuto della parola di Dio».
Queste parole del Direttorio generale per la catechesi (n. 128), sintetizzano una delle questioni più importanti della catechesi e dell’annuncio della fede. Alcune proposte catechetiche oscillano, talvolta paurosamente, tra un biblicismo assoluto ed un altrettanto unilaterale dogmatismo. Se la catechesi scegliesse una sola delle due vie, oltre ad allontanarsi dal cattolicesimo, diverrebbe sterile e noiosa.
La storia della salvezza raccontata dalla Sacra Scrittura ha tutta la freschezza e la vivezza dei passi che si compiono nella storia e che si illuminano progressivamente l’uno con l’altro; la sintesi che è propria del Simbolo di fede permette di contemplare l’armonia della fede, la ‘gerarchia’ delle verità, il rapporto vivo che esiste fra le verità che la Scrittura annuncia.
Se si dimenticasse la Scrittura, la catechesi perderebbe la ricchezza degli infiniti particolari della rivelazione di Dio; se si dimenticasse il Credo tutto risulterebbe episodico e l’uomo resterebbe in quella confusione congenita, nella quale si cerca disperatamente un ordine della vita e del mondo senza trovarlo.
Scrittura e Simbolo, Bibbia e teologia non potranno mai costituire un aut aut, ma saranno sempre l’et et di cui si sostanzia la comprensione della fede nell’annuncio e nella catechesi.
La Bibbia è narrazione, ma non è solo narrazione
L’uomo comunica con la ricchezza di tutti i ‘generi letterari’ che ha scoperto: con il registro narrativo, con quello poetico, con quello riflessivo, con quello parenetico, con quello dossologico, ecc. Se si scegliesse solo il registro narrativo sarebbero da scartare testi come i Libri Sapienziali o come la Lettera ai Romani o come il Prologo di Giovanni. È fondamentale, invece, proprio in una vera fedeltà all’uomo (esiste la persona che ama la narrazione e quella che preferisce la poesia o la riflessione concettuale o la preghiera) e in una vera fedeltà a Dio (nella Scrittura e nella tradizione troviamo i registri più diversi) non escludere, ma nemmeno privilegiare la narrazione. Essa non è inutile e non è la chiave di tutto.
Dogma e Sacra Scrittura
La Bibbia è Scrittura e dogma insieme. Infatti, la Bibbia è una unità; la Sacra Scrittura è “un solo libro”. Questa unità le proviene certo dal suo interno, dall’unica storia della salvezza di cui parla, dall’intimo legame che unisce i diversi libri che rileggono continuamente quella storia come unitaria. Ma l’unità le deriva anche dall’unico popolo di Dio che ha vissuto e scritto quella storia. Quell’unità nasce ultimamente dalla fede stessa che comprende che Gesù è il Figlio di quel Padre che si è rivelato già nell’AT.
In negativo, anche la teologia di Marcione che voleva dividere l’uno dall’altro testamento mostra che teologia e Bibbia sono in un rapporto strettissimo.
La Scrittura è come l’anima della teologia, ma anche la teologia è come l’anima della Scrittura!