Non siamo padroni dei doni del Signore. Intervista sulla grazia del Battesimo con il cardinale Jorge Mario Bergoglio di Gianni Valente
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Riprendiamo dal sito della rivista 30giorni un’intervista con l’allora cardinale Jorge Mario Bergoglio di Gianni Valente pubblicata sul numero 8/2009. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (16/3/2013)
Il cardinale Jorge Mario Bergoglio saluta i fedeli presso il santuario di San Cayetano, nel quartiere di Liniers, a Buenos Aires, il 7 agosto 2009
A Buenos Aires, alcuni parroci hanno preso iniziative per facilitare e incentivare in ogni modo la celebrazione di nuovi battesimi. Cosa li spinge?
JORGE MARIO BERGOGLIO: La Conferenza dell’episcopato latinoamericano svoltasi nel 2007 ad Aparecida ci ha richiamato ad annunciare il Vangelo andando a trovare la gente, senza rimanere seduti in Curia o in canonica ad aspettare che la gente venga da noi. Nel terz’ultimo paragrafo, il documento di Aparecida fa un salto indietro di trent’anni e ritorna all’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi di Paolo VI, che descriveva il «fervore apostolico» come «la dolce e confortante gioia d’evangelizzare», di «proclamare nella gioia una Buona novella che si è appresa per misericordia del Signore». Ma questo non si esprime tanto programmando iniziative o eventi straordinari. Proprio l’Evangelii nuntiandi ripeteva che «se il Figlio è venuto, ciò è stato precisamente per rivelarci, mediante la sua parola e la sua vita, i sentieri ordinari della salvezza». È l’ordinario che si può fare in chiave missionaria. E il battesimo, in questo, è paradigmatico. Credo che i parroci di Buenos Aires si siano mossi in questo spirito.
Ritiene che la premura di facilitare il battesimo sia legata a situazioni particolari e locali, o è un criterio che può essere suggerito a tutti?
BERGOGLIO: La sollecitudine per favorire in tutti i modi l’amministrazione del battesimo e degli altri sacramenti riguarda tutta la Chiesa. Se la Chiesa segue il suo Signore, esce da sé stessa, con coraggio e misericordia: non rimane chiusa nella propria autoreferenzialità. Il Signore opera un cambiamento in colui che gli è fedele, gli fa alzare lo sguardo da sé stesso. Questa è la missione, questa è la testimonianza.
Nel sussidio sul battesimo preparato e distribuito dalla diocesi di Buenos Aires si risponde alle possibili critiche di chi dice che i sacramenti non vanno “svenduti” e che occorre mantener fermi i requisiti richiesti di preparazione e disposizione. Sono critiche legittime?
BERGOGLIO: Non c’è nessuna svendita, nessun baratto. I parroci si attengono alle indicazioni date dai vescovi della regione pastorale di Buenos Aires, che rispettano tutte le condizioni richiamate dal Codice di diritto canonico, secondo il criterio-base espresso nell’ultimo canone: la legge suprema è la salvezza delle anime.
Secondo lei si giustificano in qualche modo i casi in cui viene negato il battesimo ai figli perché i genitori non vivono una situazione matrimoniale canonicamente in regola?
BERGOGLIO: Da noi questo sarebbe come chiudere le porte della Chiesa. Il bambino non ha alcuna responsabilità dello stato del matrimonio dei suoi genitori. E poi, spesso il battesimo dei bambini diventa anche per i genitori un nuovo inizio. Di solito si fa una piccola catechesi prima del battesimo, di un’ora circa; poi una catechesi mistagogica durante la liturgia. In seguito, i sacerdoti e i laici vanno a fare le visite a queste famiglie, per continuare con loro la pastorale postbattesimale. E spesso capita che i genitori, che non erano sposati in chiesa, magari chiedono di venire davanti all’altare per celebrare il sacramento del matrimonio.
Talvolta succede che i ministri e gli operatori pastorali assumono quasi un atteggiamento “padronale”, come se fosse nelle loro mani l’arbitrio di concedere o no i sacramenti.
BERGOGLIO: I sacramenti sono gesti del Signore. Non sono prestazioni o territori di conquista di preti o vescovi. Nella nostra nazione, così vasta, ci sono tanti piccoli paesi o villaggi che è difficile raggiungere, in cui il prete arriva una o due volte all’anno. Ma la pietà popolare sente che i bambini devono essere battezzati il prima possibile, e allora in quei posti c’è sempre un laico o una laica conosciuti da tutti come bautizadores, che battezzano i bambini quando nascono, in attesa che venga il prete. Quando viene il prete, gli portano i bambini perché lui li segni con l’olio santo, terminando la cerimonia. Quando ci penso, mi sorprende sempre la storia di quelle comunità cristiane del Giappone che erano rimaste senza sacerdoti per più di duecento anni. Quando tornarono i missionari li ritrovarono tutti battezzati, tutti validamente sposati per la Chiesa e tutti i loro defunti erano stati sepolti cristianamente. Quei laici avevano ricevuto solamente il battesimo, e in virtù del loro battesimo avevano vissuto anche la loro missione apostolica.
Secondo alcuni, senza adeguata consapevolezza e preparazione il rito sacramentale rischia di diventare una cosa “magica” o meccanica. Lei che ne pensa?
BERGOGLIO: Nessuno pensa che non si debba fare catechesi, preparare bambini per la cresima e la comunione. Ma occorre sempre guardare la nostra gente così com’è, e vedere cosa è più necessario. I sacramenti sono per la vita degli uomini e delle donne così come sono. Che magari non fanno tanti discorsi, eppure il loro sensus fidei coglie la realtà dei sacramenti con più chiarezza di quanto succede a tanti specialisti.
Nella sua esperienza pastorale, può raccontare qualche episodio che evidenzia questo sensus fidei?
BERGOGLIO: Proprio qualche giorno fa ho battezzato sette figli di una donna sola, una vedova povera, che fa la donna di servizio e li aveva avuti da due uomini differenti. Lei l’avevo incontrata l’anno scorso alla festa di San Cayetano. Mi aveva detto: padre, sono in peccato mortale, ho sette figli e non li ho mai fatti battezzare. Era successo perché non aveva i soldi per far venire i padrini da lontano, o per pagare la festa, perché doveva sempre lavorare… Le ho proposto di vederci, per parlare di questa cosa. Ci siamo sentiti per telefono, è venuta a trovarmi, mi diceva che non riusciva mai a trovare tutti i padrini e a radunarli insieme… Alla fine le ho detto: facciamo tutto con due padrini soli, in rappresentanza degli altri. Sono venuti tutti qui e dopo una piccola catechesi li ho battezzati nella cappella dell’arcivescovado. Dopo la cerimonia abbiamo fatto un piccolo rinfresco. Una coca cola e dei panini. Lei mi ha detto: padre, non posso crederlo, lei mi fa sentire importante… Le ho risposto: ma signora, che c’entro io?, è Gesù che a lei la fa importante.