Ascoltando Benedetto XVI si respira. La teologia del Papa, di Andrea Lonardo
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Riprendiamo da Romasette di Avvenire del 24/2/2013 un articolo scritto da Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per altri testi dell'autore, vedi la sezione Testi di Andrea Lonardo.
Il Centro culturale Gli scritti (24/2/2013)
Benedetto XVI ha mostrato che la teologia della Chiesa non è riservata agli accademici, bensì è ciò di cui ha bisogno la gente semplice. È stato un dottore della Chiesa, come Agostino, come Tommaso: ha parlato ai colti, ma ha anche toccato i cuori di tutti, predicando nelle chiese e nelle piazze. È stato il migliore catechista del nostro tempo, mostrando che la fede ci è necessaria ed è la nostra ricchezza più grande.
Nella prima enciclica ha voluto andare subito al nucleo pulsante. Non dopo estenuanti preamboli, ma fin dall’inizio. È questo che deve essere sempre di nuovo proposto e mai presupposto: Dio è amore - Deus caritas est - perché «all’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva». In queste parole risuona la novità conciliare: la Parola di Dio eccede la Scrittura, perché il Verbum Dei è Gesù stesso che manifesta il volto del Padre. La fede cristiana, amante delle Scritture, non è però una religione del Libro. Siamo piuttosto gli amici di Gesù.
Poi la Spe salvi. Cristo ci ha rivelato che «il cielo non è vuoto. La vita non è un semplice prodotto delle leggi e della casualità della materia, ma in tutto e al di sopra di tutto c'è una volontà personale». Senza Dio e la sua speranza, tutta la fatica umana sarebbe in fondo inutile. Proprio questa fede non aliena l’uomo, anzi lo spinge all’impegno nel mondo, perché manifesti già ora la possibilità del Paradiso.
Nella terza enciclica, Caritas in veritate, il Papa ha insegnato che «l’amore è una forza straordinaria, che spinge le persone a impegnarsi con coraggio e generosità», ma che ha bisogno della verità, perché «la verità è luce che dà senso e valore alla carità». La fede illumina allora l’impegno nel mondo, ricordando che «l’uomo non può mai essere redento semplicemente dall’esterno», dalla scienza o dalla politica.
Nelle catechesi del mercoledì il Papa ha voluto rendere evidente la bellezza della Chiesa. Nei Padri della Chiesa come nei Santi di ogni epoca la Parola di Dio risuona nel tempo. Benedetto XVI ha mostrato così che il “noi” della Chiesa non ha semplicemente un’estensione geografica. Alla comunione della Chiesa appartengono le generazioni che ci hanno preceduto. Mai Benedetto XVI ha commentato la Scrittura senza mostrare che i Padri ne hanno colto in profondità il significato, indicando una via agli esegeti ed ai predicatori, perché abbiano sempre cura di allargare lo sguardo al di là della loro personale ricerca.
Nei tre volumi su Gesù di Nazaret il Papa ha sottolineato come i Simboli di fede e la Sacra Scrittura non siano portatrici di due diverse cristologie. Il Concilio di Nicea ha introdotto in riferimento a Cristo il termine homooúsios (“della stessa sostanza” del Padre), l’unico termine filosofico del Credo, per «proteggere l’affidabilità della parola biblica: se i testimoni di Gesù ci mostrano che Egli è “il Figlio”, non lo intendono in senso mitologico o politico. Questa affermazione va intesa letteralmente: sì, in Dio stesso vi è dall’eternità il dialogo tra Padre e Figlio».
Già da cardinale Ratzinger aveva spiegato che la crisi odierna della catechesi ha le sue radici non in questioni di metodo, ma nella separazione creatasi fra Scrittura e fede della Chiesa. Se esse affermassero verità diverse l’annuncio della fede sarebbe impossibile e senza senso.
Benedetto XVI non si è mai limitato a presentare la perenne novità della fede, ma lo ha fatto in dialogo continuo con posizioni diverse da quelle cristiane: è straordinario e assolutamente nuovo vedere citati nelle sue encicliche Socrate, Platone, Nietzsche, Marx, Adorno, Horkheimer, ma anche pensatori cristiani come Kant, Dostoevskij, de Lubac.
Ascoltando Benedetto XVI si respira. Egli ci ha insegnato a pensare in grande, a non perderci in rivoli secondari. Egli ci ha insegnato che si deve credere ed annunciare la fede perché essa è il grande tesoro.