I doni dello Spirito, i vizi e le virtù, nel pellegrinaggio alle sette chiese di San Filippo Neri: indicazioni per un cammino verso la Cresima. Breve nota di Andrea Lonardo
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- I vizi capitali. Accidia: il demone della notte, di Pierangelo Sequeri
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- Vizi, da S. Agostino
Il Centro culturale Gli scritti (26/12/2012)
Nel pellegrinaggio alle sette chiese San Filippo Neri utilizzava gli antichi settenari dei doni dello Spirito Santo, dei vizi e delle virtù per la catechesi che si svolgeva durante l’itinerario. Questi settenari sono stati ripresi con sapienza oggi nello stesso itinerario (si vedano, ad esempi, gli itinerari guidati da d. Fabio Rosini e da p. Maurizio Botta dell’Oratorio di San Filippo). Ne forniamo alcuni tratti, perché possono essere utili anche per strutturare il cammino di catechesi in preparazione alla Cresima.
1/ Dalla Chiesa Nuova (Santa Maria in Vallicella) a San Pietro. Il timor di Dio, la gola e l’astinenza
L’astinenza è la capacità di porsi dei confini. Senza confini, in realtà, non sei libero. Una nazione è libera solo quando sa difendere i propri confini. L’aver paura di uscire dai limiti è una cosa sana. Esiste, cioè , una valenza positiva della paura. Così la gola è l’incapacità di porsi dei confini, mentre l’astinenza è la capacità di essere liberi, sapendoli porre.
Soprattutto è da sottolineare che chi era veramente dotato del timor di Dio era Cristo. Cristo aveva il timore di non fare la volontà di Dio. Perciò nella sua vita sapeva godere delle cose, ma anche rinunciare ad esse, a seconda della volontà di Dio.
2/ Verso San Paolo fuori le Mura. La pietà, l’ira e la pazienza
Il vizio è tutto nostro. Nell’ira bestemmiamo ciò che ci manca. Ci sono persone che si lamentano sempre. La virtù della pazienza, invece, è la capacità di benedire l’esistente, attendendo la pienezza che Dio darà. La virtù della pazienza è un nostro reale desiderio e nessuna cultura approva, in realtà, l’ira.
Cristo ha il dono della pietà, ha una vita intrisa di pietà, benedice tutto ciò che esiste. Lo vediamo, per esempio, nella moltiplicazione dei pani. Non si adira, bensì pazientemente trasforma ciò che esiste in bene. Così la pietà corrobora la virtù della pazienza.
3/ Verso San Sebastiano. La scienza, la lussuria e la castità
Il dono della scienza è la capacità di conoscere e guardare l’altro come Cristo lo guarda.
Nella lussuria noi facciamo dell’altro un oggetto, una nostra proiezione.
Nella castità, invece, lo amiamo realmente. Comprendiamo il valore della castità non appena diventiamo padri di una ragazza: un padre non può tollerare che sua figlia sia solo un oggetto da ciucciare da parte di qualcuno. L’amore guarda l’altro così come lo guarda Dio. La scienza, così, corrobora la virtù e ci insegna a guardare le donne e gli uomini così come Cristo li guardava.
4/ Verso San Giovanni in Laterano. Il Consiglio, l’avarizia e la prodigalità
Dinanzi ad un bivio serve un consiglio per decidersi. Chi ha avuto questo dono del consiglio? Cristo a Cafarnao, quando gli dicono di tornare in città, risponde che bisogna andare a predicare altrove. Egli ha il dono del consiglio che guida le decisioni.
Noi siamo spesso nell’avarizia: non prendiamo una decisione, perché prenderla vuol dire rinunciare a qualcosa. Nel momento vocazionale, molti sono paralizzati dalla rinuncia.
Invece la prodigalità è la virtù del saper rinunciare a qualcosa, quando si è stati ben consigliati, quando si è compreso che qualcosa è la volontà di Dio.
5/ Verso Santa Croce in Gerusalemme. La fortezza, l’accidia e il fervore
Cristo ha il dono della fortezza. Ha il dono di essere “quercia”, di reggere il colpo.
Il vizio dell’accidia si manifesta nelle disavventure: quando arrivano, non gioco più, mi ritiro dal gioco.
Il fervore è un desiderio, ma a volte viene a mancare, se non ci viene fatto da Cristo il dono della fortezza.
6/ Verso San Lorenzo fuori le Mura. L’intelletto, l’invidia e la carità fraterna
Il dono dell’intelletto consiste nell’accorgermi della presenza dell’altro, nel saper vedere che egli c’è.
Nell’invidia lo vedo sempre come un nemico.
Nell’amore fraterno riesco, invece, a vederlo come fratello.
Cristo ha il dono dell’intelletto e ci dona di amarci gli uni gli altri. “Come io vi ho amati”.
7/ Verso Santa Maria Maggiore. La sapienza, la superbia e l’umiltà
Cristo è la sapienza: «Imparate da me che sono umile e mite di cuore». Cristo è umile.
Noi, invece, siamo superbi. Ed è il nostro desiderio sconfiggere la superbia: non appena uno ha una venatura di superbia ci appare repellente.
L’umiltà è già teologica, ma il dono della sapienza la porta a compimento.
Sintesi
In sintesi, ogni tappa sottolinea, da un lato, che il nostro cuore è inclinato al vizio – si potrebbe quasi dire che noi “siamo” il vizio.
Ma, dall’altro, si sottolinea ogni volta che noi abbiamo un desiderio di virtù. Tutti, senza esclusione, desiderano la virtù – si potrebbe dire che noi “siamo” questo desiderio di virtù.
Cristo è colui che possiede il dono dello Spirito di cui ci fa poi dono.
Nel riferimento del vizio alla virtù e della virtù al dono dello Spirito, emerge con più evidenza il significato di ognuno di essi.