Il miracolo del 16 marzo. Palazzo Massimo si apre in omaggio a San Filippo Neri, di Pietro Lanzara
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Riprendiamo dal Corriere della sera del 14/3/2011 un articolo scritto da Pietro Lanzara. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (18/11/2012)
Anche Joseph Ratzinger, allora cardinale, si recò un 16 marzo a celebrare la messa a Palazzo Massimo. In quel giorno, ogni anno, il portone di corso Vittorio Emanuele si apre eccezionalmente e i fedeli, attraverso le sei colonne in travertino del portico, possono accedere fino al secondo piano per ricordare il miracolo di San Filippo Neri.
«Avvenne il 16 marzo 1583», racconta Giovanni di Carpegna Falconieri, "quando l'attuale cappella gentilizia era la stanza del quattordicenne Paolo Massimo, uno dei venti figli del principe Fabrizio Massimo e di Lavinia de' Rustici. Dopo due mesi di febbri, il giovinetto entrò in agonia.
Fu mandato a chiamare Filippo Neri, amico della famiglia, che stava dicendo messa a San Girolamo della Carità. Il frate giunse al capezzale quando il ragazzo era già spirato, allora lo abbracciò, lo asperse di acqua benedetta e pregò chiamandolo per nome. Paolo riaprì gli occhi, parlò alcuni minuti e si confessò; disse che il trapasso non gli era stato doloroso perché era contento di raggiungere in Paradiso la madre e la sorella Elena, morta pochi giorni prima. Allora il santo gli rispose: «Va' e che sii benedetto et prega Dio per me». E Paolo «subito tornò di novo a morire».
Il padre di Giovanni è il principe poeta Francesco Maria, la madre è la principessa Isabella Massimo, figlia del musicista Leone Massimo d'Arsoli e di Maria Adelaide di Savoia. [...] «Il Palazzo», spiega [Giovanni di Carpegna Falconieri], «fu costruito da Baldassarre Peruzzi fra il 1532 e il 1536 sui resti dell'edificio distrutto dai lanzichenecchi nel Sacco di Roma del 1527; la facciata è curvilinea come la cavea del preesistente Odeon di Domiziano e segue la linea della via papale dal Quirinale al Vaticano».
I saloni sono decorati dagli affreschi di Daniele da Volterra sulla vita di Quinto Fabio Massimo il temporeggiatore, leggendario antenato della famiglia, dal fregio dell'Eneide di Perin del Vaga e da quello sulla «Fondazione di Roma» di Giulio Romano. La cappella, a pianta rettangolare, ha una volta a botte e le pareti scandite da otto colonne di marmo, mentre il pavimento in maiolica risale al 1883, ai restauri per il terzo centenario del miracolo: «I tre altari», prosegue Giovanni di Carpegna Falconieri, «sono in marmi policromi e l'altare maggiore custodisce gli occhiali e la corona del Rosario di San Filippo; il dipinto ottocentesco con il "Miracolo di Paolo Massimo" è ripreso da una stampa del 1737; la "Madonna e Santi" di Antonio di Nicola, sull' altare di sinistra, apparteneva a Santa Francesca Romana».
In tardissima età, nel settembre 1595, il principe Fabrizio Massimo ebbe la gioia di testimoniare al processo di canonizzazione di Filippo Neri, morto il 26 maggio di quell'anno. Nel 1602 le spoglie furono collocate a Santa Maria in Vallicella, in un'urna, il viso coperto da una maschera d' argento. Filippo fu canonizzato il 12 marzo 1622 da Gregorio XV insieme a Teresa di Avila, Ignazio di Loyola, Francisco Javier e Isidro di Madrid. Il popolino romano commentò, in atavica semplicità, che erano saliti agli altari quattro spagnoli e il santo Pippo Bono.