Il Simbolo di fede, preghiera liturgica nella riflessione di Adrien Nocent (di A.L.)
Il Simbolo di fede, il Credo, è “non più solamente un insegnamento catechetico, una sorta di ‘enchiridion’ della fede, ma soprattutto un’occasione per lodare il Signore per la storia della salvezza che egli dirige nella sua saggezza e nella quale anche noi siamo coinvolti, noi che, nella celebrazione liturgica, celebriamo un momento che è dentro questa storia della salvezza del mondo”. Così scriveva A.Nocent al termine del suo studio Il ‘Credo’ nel suo contesto liturgico, in AA VV, Il Credo niceno-costantinopolitano, Quaderni dell’Istituto di scienze religiose della Diocesi di Conversano-Monopoli, Edizioni La Scala, Noci, 1994, pp.181-193.
Nocent esordiva nello stesso testo, affermando a pag.181: “Tutta la liturgia è necessariamente una professione di fede. È dunque normale che siano stati specificamente creati dei formulari per le celebrazioni. Come concepire infatti l’iniziazione cristiana senza l’affermazione solenne della fede, senza che il rituale stesso si faccia carico d’inculcare al candidato ciò che, d’ora in avanti, darà pienezza di senso alla propria vita? E come celebrare l’eucarestia, sacramento dell’alleanza, mistero della fede, senza un’acclamazione almeno implicita della fede?”
Il breve studio si sofferma poi ad evidenziare il nesso presente fin dai primordi del cristianesimo fra il battesimo ed il Simbolo di fede, ben prima di giungere alla Traditio Symboli nel catecumenato (che prevede anche la consegna del Padre nostro e talvolta anche dei vangeli). La formula interrogativa del Simbolo appartiene essenzialmente da sempre al battesimo stesso.
Nella liturgia eucaristica la presenza del Credo è inizialmente caratteristica dell’oriente dove sembra sia stata inserita dal patriarca monofisita Timoteo (511-517). L’usanza si è poi diffusa in Spagna, poi in Irlanda, successivamente in Inghilterra. Sembra che sia stata introdotta ad Aix-la-Chapelle da Alcuino ed autorizzata poi da Leone III, su richiesta di Carlo Magno. Fu probabilmente papa Benedetto VIII (1012-1014) ad introdurre il Credo in forma stabile nella liturgia domenicale della Messa romana.
Nocent così commenta questa evoluzione: “Non bisogna ritenere che l’introduzione del Credo, per quanto tardiva, come risposta di fede alla proclamazione della Parola, sia stato un male. D’altra parte, se si vuole che questa professione di fede conservi la sua ricchezza primitiva, non bisogna innanzitutto considerarla un elenco dogmatico. Al contrario, occorre unire questa professione di fede alla liturgia nella quale essa riceve la sua vitalità e, diremmo noi, la sua sacramentalità, e dove testimonia l’esperienza della fede del popolo cristiano nei misteri della salvezza, proprio dopo aver ascoltato la Parola e prima di entrare nella celebrazione del mistero eucaristico”.
La recita del Credo è, insomma, realmente un’azione dossologica, una preghiera di ringraziamento rivolta a Dio ed al suo Cristo nello Spirito.
Nocent esordiva nello stesso testo, affermando a pag.181: “Tutta la liturgia è necessariamente una professione di fede. È dunque normale che siano stati specificamente creati dei formulari per le celebrazioni. Come concepire infatti l’iniziazione cristiana senza l’affermazione solenne della fede, senza che il rituale stesso si faccia carico d’inculcare al candidato ciò che, d’ora in avanti, darà pienezza di senso alla propria vita? E come celebrare l’eucarestia, sacramento dell’alleanza, mistero della fede, senza un’acclamazione almeno implicita della fede?”
Il breve studio si sofferma poi ad evidenziare il nesso presente fin dai primordi del cristianesimo fra il battesimo ed il Simbolo di fede, ben prima di giungere alla Traditio Symboli nel catecumenato (che prevede anche la consegna del Padre nostro e talvolta anche dei vangeli). La formula interrogativa del Simbolo appartiene essenzialmente da sempre al battesimo stesso.
Nella liturgia eucaristica la presenza del Credo è inizialmente caratteristica dell’oriente dove sembra sia stata inserita dal patriarca monofisita Timoteo (511-517). L’usanza si è poi diffusa in Spagna, poi in Irlanda, successivamente in Inghilterra. Sembra che sia stata introdotta ad Aix-la-Chapelle da Alcuino ed autorizzata poi da Leone III, su richiesta di Carlo Magno. Fu probabilmente papa Benedetto VIII (1012-1014) ad introdurre il Credo in forma stabile nella liturgia domenicale della Messa romana.
Nocent così commenta questa evoluzione: “Non bisogna ritenere che l’introduzione del Credo, per quanto tardiva, come risposta di fede alla proclamazione della Parola, sia stato un male. D’altra parte, se si vuole che questa professione di fede conservi la sua ricchezza primitiva, non bisogna innanzitutto considerarla un elenco dogmatico. Al contrario, occorre unire questa professione di fede alla liturgia nella quale essa riceve la sua vitalità e, diremmo noi, la sua sacramentalità, e dove testimonia l’esperienza della fede del popolo cristiano nei misteri della salvezza, proprio dopo aver ascoltato la Parola e prima di entrare nella celebrazione del mistero eucaristico”.
La recita del Credo è, insomma, realmente un’azione dossologica, una preghiera di ringraziamento rivolta a Dio ed al suo Cristo nello Spirito.