Il sacerdote che per primo ipotizzò il Big Bang e quello che per primo scoprì i buchi neri: le storie di Georges Édouard Lemaître e di John Michell
Riprendiamo due voci dall’Enciclopedia di Astronomia e Cosmologia, Garzanti, Milano, 1998, pp.259-260 e pp. 314-315. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la loro presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti vedi su questo stesso sito la sezione Scienza e fede ed, in particolare, Big Bang: origine del termine (da Dominique Lambert).
Il Centro culturale Gli scritti (17/9/2012)
1/ Georges Édouard Lemaître (1894-1966) sacerdote, astrofisico e cosmologo belga. Sviluppò la prima versione di quella che divenne la descrizione dell’universo del big bang
Lemaître Georges Édouard (1894-1966) astrofisico e cosmologo belga. Sviluppò la prima versione di quella che divenne la descrizione dell’universo del big bang. Lemaître nacque il 17 luglio a Charleroi, in Belgio. Dopo avere studiato ingegneria civile all'Università di Lovanio, durantela Prima guerra mondiale si arruolò come volontario nell'esercito belga, prestando servizio come ufficiale di artiglieria e guadagnandosila Croce di ferro belga.
Dopo la guerra tornò alla vita accademica conseguendo il dottorato in fisica a Lovanio nel 1920. Entrò in seminario e fu ordinato sacerdote nel 1923, ma continuò i suoi studi. Grazie a una borsa di studio del governo belga poté recarsi a Cambridge in Inghilterra, a Harvard e al MIT. In quel periodo Edwin Hubble e i suoi collaboratori cominciarono a trovare le prove dell'espansione dell'universo, e quando nel 1927 Lemaître rientrò in Belgio era abbastanza al corrente dei nuovi sviluppi, così fu in grado di occupare la cattedra di professore di astrofisica all'Università di Lovanio, che mantenne per il resto della sua carriera accademica.
Nel 1927 Lemaître pubblicò una soluzione delle equazioni della teoria della relatività generale di Einstein che descrivevano l'espansione dell'universo. Era essenzialmente la stessa scoperta fatta qualche anno prima da Aleksandr Aleksandrovič Fridman, ma allora Lemaître non ne era al corrente: a differenza di Fridman, suggerì specificamente che i moti delle galassie potevano fornire una prova dell'espansione dell'universo.
L'articolo attrasse allora poca attenzione (fu pubblicato in Belgio da una rivista a scarsa diffusione); acquistò però rapida notorietà, almeno fra gli specialisti, nel 1931, quando - dopo l’annuncio della scoperta della relazione fra spostamento verso il rosso e distanza delle galassie da parte di Hubble - Arthur Eddington ne fece pubblicare una traduzione inglese nelle «Monthly Notices of the Royal Astronomical Society». Negli anni seguenti Lemaître sviluppò l'idea, che culminò poi nell'Hypothèse de l’atome primitif del 1946, che l'universo avesse avuto origine da una sorta di atomo primordiale, una sfera di raggio solo una trentina di volte maggiore del Sole, contenente però tutta la materia che vediamo nell'universo oggi; tale atomo primordiale sarebbe esploso (in epoca imprecisata fra 20 e 60 miliardi di anni fa), dando origine, attraverso una sorta di fissione di un nucleo instabile, all'universo in espansione.
Questo fu il primo tentativo scientifico di descrivere un evento della creazione associato all'inizio dell'espansione dell'universo, e benché le idee di Lemaître non abbiano influito drasticamente sul pensiero della maggior parte degli astronomi negli anni Trenta, egli riuscì a divulgare l'idea dell'atomo primitivo (o «uovo cosmico») fra un vasto pubblico. Quando, negli anni Quaranta, George Gamow e i suoi colleghi svilupparono l’idea del big bang, operano più nella tradizione di Fridman (che era stato fra i docenti di Gamow) che non in quella di Lemaître, ma questi rimase un fermo sostenitore dell’idea di big bang per il resto della sua vita, e visse abbastanza per vederla accettata come modello standard della cosmologia. Morì a Lovanio il 20 giugno 1966, dopo l’annuncio della scoperta della radiazione di fondo, che viene interpretata come residuo del globo di fuoco del big bang.
2/ John Michell (1724-93) geologo, astronomo e sacerdote inglese. Escogitò per primo la nozione di buco nero
Michell John (1724-93) geologo, astronomo e sacerdote inglese. Escogitò per primo la nozione di buco nero.
Alcune fonti parlano del reverendo Michell come di un parroco di campagna interessato alla scienza solo per diletto e imbattutosi nell'idea dei buchi neri quasi per caso. La verità è ben diversa: Michell era uno scienziato che fu eletto membro della Royal Society nel 1760, prima di diventare sacerdote. Egli era noto per avere studiato il disastroso terremoto che distrusse Lisbona nel 1755. Michell stabili che il sisma era stato causato da una perturbazione della crosta terrestre sotto l'Oceano Atlantico, e oggi è considerato il padre della scienza della sismologia.
Non si conoscono il luogo e la data di nascita esatti di Michell, ma sappiamo che proveniva dal Nottinghamshire, dove nacque probabilmente nel 1724. Studiò all'Università di Cambridge e si laureò nel 1752, diventando prima fellow al Queen's College e poi, nel 1762, Woodward professor di geologia. A quel tempo era comune fra gli accademici dell'università (che aveva origini ecclesiastiche) prendere gli ordini sacri, non necessariamente con l'intenzione di lavorare nella Chiesa; ma nel 1764, un anno dopo aver conseguito il titolo di Bachelor in teologia, Michell lasciò l'università per diventare parroco a Thornhill, nello Yorkshire.
Ciò non gli impedì di continuare a nutrire un vivo interesse per la scienza, e la sua canonica fu frequentata regolarmente da Wilhelm Herschel. Nel 1767 Michell pubblicò un saggio in cui sosteneva che in cielo ci sono troppe stelle binarie per considerarle come semplici giustapposizioni di stelle lontane fra loro lungo la linea visuale, e che alcune di tali stelle doppie dovevano essere associate fisicamente. Fu anche il primo a compiere una stima realistica della distanza di una stella. Basandosi su un ragionamento fondato sulla luminosità apparente di Vega, calcolò che la stella dista da noi circa 460.000 volte più del Sole, distanza che corrisponde al 25% circa del valore attualmente accettato.
Michell fece ricerche importanti anche sul magnetismo (prima di lasciare Cambridge), e a Thornhill inventò uno strumento noto come bilancia di torsione che poteva essere usato per misurare la grandezza esatta di forze molto piccole. Egli intendeva usarlo per misurare la grandezza della gravità attraverso la forza esercitata da una grande massa su un bastoncino, ma morì prima di poter eseguire questo esperimento. Esso fu compiuto, usando la tecnica di Michell, dal suo amico Henry Cavendish (1731-1810), brillante scienziato enciclopedico inglese, e i risultati furono pubblicati nel 1798. Il Cavendish Laboratory di Cambridge, fondato nel 1871, è stato intitolato a lui.
Ma quella che oggi sembra l'idea più geniale e lungimirante di Michell non è spesso neppure menzionata nelle opere più importanti. Il primo accenno a quelle che egli chiamò dark stars (stelle buie) è contenuto in una relazione alla Royal Society del 1783, letta per suo conto da Cavendish. Era una discussione sorprendentemente dettagliata sui modi per determinare le proprietà delle stelle, comprese la loro distanza, grandezza e massa, attraverso una misurazione dell'effetto gravitazionale esercitato sulla luce emessa dalla loro superficie. Tutto si fondava sull'idea di Newton che la luce fosse composta da piccole particelle (note talvolta come corpuscoli), e sulla supposizione che «le particelle della luce» fossero attratte dalla gravità «nello stesso modo di tutti gli altri corpi noti».
Michell si rese conto che, se una stella fosse abbastanza grande, quella che noi chiamiamo la velocità di fuga dalla sua superficie supererebbe la velocità della luce. Fra i molti ragionamenti dettagliati esposti nel suo saggio, per molto tempo dimenticato ma oggi diventato famoso, egli sottolineò che, di conseguenza:
Se in natura dovessero esistere corpi di densità non minore di quella del Sole, il cui diametro fosse più di 500 volte maggiore, non potremmo averne alcuna informazione visiva ... dato che la loro luce non potrebbe pervenire fino a noi; e tuttavia, se un qualche altro corpo luminifero dovesse compiere le sue rivoluzioni intorno a un tale corpo, noi potremmo forse inferire con qualche probabilità, dal moto di rivoluzione di tali corpi orbitanti, l'esistenza dei corpi centrali, poiché questa potrebbe fornire indizi su irregolarità apparenti dei corpi orbitanti che non sarebbero facilmente spiegabili con alcun'altra ipotesi.
Una sfera 500 volte maggiore del Sole sarebbe grande pressappoco come il sistema solare, cosicché il tipo di stella buia considerata da Michell è molto simile al tipo di buco nero che si pensa si trovi al centro dei quasar. L’idea di Michell di identificare la presenza dei buchi neri in sistemi binari attraverso la loro influenza gravitazionale sulle orbite delle loro campagne corrisponde esattamente al modo in cui fu identificato, nel 1972, il primo buco nero nella Galassia, il Cygnus X-1, 189 anni dopo la relazione di Michell alla Royal Society. Michell morì a Thornhill il 9 aprile 1793.