Risé: «La Cannabis causa enormi danni psichici alle persone ed economici all’Italia». Un’intervista a Claudio Risè di Chiara Sirianni
Riprendiamo dal sito della rivista Tempi un’intervista a Claudio Risè di Chiara Sirianni pubblicata il 30/8/2012. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (17/9/2012)
Nel 2011, in Europa, il consumo di alcolici e sostanze psicotrope tra i 16enni rimane costante, crescono invece i fumatori e gli assuntori di sostanze inalanti, come solventi e colle. I giovani italiani, invece, registrano consumi sopra la media europea per quasi tutte le sostanze. A rilevarlo è la ricerca europea Espad, diffusa dal Cnr alla vigilia di un provvedimento del governo su gioco d’azzardo, tassazione per la vendita di alcol e bibite gassate e multe per chi vende sigarette ai minori. Il Rapporto Espad rivela che i giovani italiani registrano consumi sopra la media europea. In particolare, l’Italia è tra le prime dieci nazioni per consumo giovanile di Cannabis, con il 21% di giovani che ne fanno uso, contro il 17% di media. «Siamo un paese brillantemente irresponsabile» commenta a tempi.it Claudio Risè, psicoterapeuta e autore di “Cannabis, come perdere la testa e a volte la vita” (San Paolo Edizioni).
La cannabis è una droga leggera?
No. Da questo punto di vista, siamo un paese brillantemente irresponsabile, in cui persiste il falso mito della droga del “pace e amore”, nonostante tutti gli studi recenti dicano il contrario. Se n’è accorto a suo tempo anche il quotidiano britannico The Independent, dopo anni di campagne proibizioniste: in pochi anni la concentrazione di tetracannabinolo (THC) è passato dal 2 al 20%. i trafficanti hanno progressivamente aumentato la potenza per rendere la sostanza più attrattiva sul mercato e i danni che la cannabis può causare sono gravissimi.
Ad esempio?
Dalla disfunzione della memoria breve alla caduta dei freni inibitori fino alla disorganizzazione motoria. Per non parlare delle nevrosi. In questo senso i dati sul consumo dei giovani sono particolarmente tragici, perché tutte le ricerche di settore (di cui in Italia si parla pochissimo, ma che a livello internazionale sono molto consolidate, da decenni) dimostrano che più cala l’età in cui si inizia a consumare cannabis più alto è il pericolo di danni psichici, anche molto rilevanti. Si creano premesse per problemi notevoli: depressione e schizofrenia, per dirne alcune.
Secondo Fenascop, la Federazione nazionale delle comunità che si occupano della cura e del disagio psichico, nel 2015 un italiano su quattro sarà colpito da un disagio nel corso della propria vita, e i soggetti più a rischio sono i giovani fino ai 25 anni, fascia d’età in cui si manifesta l’80% degli esordi di patologia. C’è una correlazione?
Certamente. Anche l’Organizzazione mondiale della sanità per il 2020 prevede che il 20% della popolazione europea avrà gravi problemi psichiatrici. La cannabis, in questo senso, rimane la droga di iniziazione per eccellenza, spesso in casi di poli-assunzione, ad esempio con alcool, potenzialmente molto pericolosi.
Anche per quanto riguarda l’uso di cocaina, in una parte della popolazione giovanile, 16-17enni, non si sono registrati decrementi. Il clima di incertezza che stiamo vivendo in che modo influisce sul consumo di sostanze?
Si tratta sempre dell’espressione di un dato di malessere. Un quarto della popolazione giovanile non studia e non lavora. Si assiste anche a una ripresa dei consumi di stimolanti, come ecstasy e anfetamine. In questi casi l’assunzione è meno sistematica, spesso contenuta nel tempo. In generale si tratta di una vera e propria emergenza sanitaria: sono sempre di più le famiglie che si rivolgono ai medici perché i loro ragazzi, oltre ad avere una dipendenza da sostanze, presentano patologie psichiatriche di notevole gravità. E lo ripeto, nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di ragazzi che hanno iniziato a usare cannabis prima dei quindici anni.
È un caso che gli Stati europei dove il consumo di droghe è in crescita siano anche quelli in cui la situazione economica è più dura?
Tutte le ricerche sulla cannabis hanno dimostrato che a venire intaccata dal consumo di queste sostanze è innanzitutto la capacità produttiva: in un recente rapporto Onu si è cercato di quantificare quanto pesi il consumo di droghe illegali sull’economia dei Paesi dove vengono smerciate. Assumere queste sostanze è all’origine di un numero enorme di incidenti e malattie, dalle infertilità ai tumori al polmone, ad alcune forme degenerative. Secondo l’Onu per fronteggiare i costi sanitari del consumo di droghe sarebbe necessario lo 0,4% del prodotto lordo globale, qualcosa come 250 miliardi di dollari. Naturalmente i fondi finora spesi, per quanto elevatissimi, sono del tutto insufficienti, e ciò fa sì che solo una persona sulle cinque che ne avrebbero bisogno venga oggi effettivamente curata. I costi complessivi sul sistema produttivo sono ancora più ampi. Gli Stati Uniti li considerano equivalenti allo 0,9% del Pnl. Ad essi vanno aggiunti quelli delle conseguenze legali delle droghe (furti, truffe, attività criminali), che in Inghilterra sono considerati equivalenti all’1,6 del Pml. Inoltre, si legge nel rapporto, più è facile procurarsi la droga, più aumenta il consumo.
A questo proposito, il ministro per la Cooperazione Andrea Riccardi ha dichiarato di non volersi sottrarre al dibattito sulla liberalizzazione portato avanti dai radicali. Sarebbe utile?
Trovo insensato discutere su questo punto fino a quando non se ne risolve un altro, che è assolutamente propedeutico: quello legato all’informazione, e che quindi riguarda tutti. Genitori, insegnanti, istituzioni e media. Il dibattito è arretratissimo e non tiene conto dell’ottimo lavoro svolto nell’ultimo decennio sia dall’osservatorio sulla droga della Presidenza del Consiglio, sia dalle ricerche internazionali. Finché non si conosce dettagliatamente l’argomento, e intendo a livello di cittadinanza, non solo di operatori del settore, che dibattito pretendiamo di imbastire?