Morale sessuale, di C.S. Lewis
Riprendiamo da C.S. Lewis, Il cristianesimo così com'è, Adelphi, Milano, 1997, pp. 126-136, il capitolo dedicato dall'autore alla morale sessuale ed alla castità. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la loro presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Su C.S. Lewis vedi su questo stesso sito:
- Il sacrificio di Cristo ed il suo significato nella narrazione allegorica di C.S.Lewis, Le cronache di Narnia: il Leone, la Strega e l´Armadio, di d.Andrea Lonardo
- La creazione dal nulla ed il peccato originale. Dalla Genesi alle Cronache di Narnia: la straordinaria trasposizione di C. S. Lewis, di Andrea Lonardo
- Chiavi per la lettura delle Cronache di Narnia ed, particolare, de Il viaggio del veliero, di Andrea Lonardo
- Letture da Diario di un dolore, a cura di Andrea Lonardo
- Appunti sull'amicizia in C.S. Lewis, di A.L.
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Il Centro culturale Gli scritti (9/9/2012)
Dobbiamo adesso considerare la morale cristiana riguardo al sesso, quella che i cristiani chiamano virtù della castità. La regola cristiana della castità non va confusa con la regola sociale della «modestia» (in una delle accezioni del termine), ossia con la convenienza o la decenza.
La regola sociale della decenza stabilisce quanto del corpo umano è lecito mettere in mostra, e di che cosa è lecito parlare e in quali termini, a seconda dei costumi di un determinato ambiente sociale. Quindi, mentre la regola della castità è la stessa per tutti i cristiani di ogni tempo, la regola della decenza cambia. Una ragazza delle isole del Pacifico che gira senza quasi niente addosso, e una dama vittoriana coperta di indumenti dalla testa ai piedi, sono egualmente «modeste» o decenti secondo i canoni delle rispettive società; ed entrambe, per quanto ci è dato dedurre dal vestito, possono essere altrettanto caste (o non caste).
Certe espressioni usate da donne castissime al tempo di Shakespeare, nell'Ottocento sarebbero uscite soltanto dalla bocca di una donna perduta. Chi viola le norme di decenza in uso nel suo tempo e luogo pecca contro la castità se agisce così per eccitare lussuria in sé o in altri; ma se lo fa per ignoranza o trascuratezza, pecca soltanto contro le buone maniere. Quando, come spesso accade, queste vengono trasgredite con intento di sfida, per scandalizzare o imbarazzare gli altri, non è detto che chi lo fa sia poco casto: semmai è poco caritatevole, perché non è caritatevole trarre piacere dal mettere altri a disagio. Io non penso che canoni molto severi e puntigliosi di decenza siano una prova di castità, o aiutino a essere casti; e perciò considero una buona cosa il grande allentamento e semplificazione della norma avvenuto nel tempo della mia vita.
Nella fase attuale, però, c'è questo inconveniente: che persone di età e di tipo diverso non riconoscono tutte la stessa norma, e non si sa bene come regolarsi. Finché durerà questa confusione, penso che le persone anziane o di idee vecchio stile debbano guardarsi dal presumere che i giovani o gli «emancipati» siano corrotti ogni volta che paiono (secondo i vecchi canoni) scorretti o indecenti; e che i giovani, dal canto loro, non debbano dare del moralista o del puritano a chi, più anziano, stenta ad adottare i nuovi criteri. Un desiderio genuino di credere tutto il bene possibile del prossimo e di mettere il prossimo il più possibile a suo agio risolverà gran parte dei problemi.
La castità è, tra le virtù cristiane, la più impopolare. Non c'è modo di svicolare: la regola cristiana è «o il matrimonio, con assoluta fedeltà al coniuge, o l'astinenza totale». Questo è tanto difficile e tanto contrario ai nostri istinti, che evidentemente delle due l'una: o il cristianesimo sbaglia, oppure è sbagliato il nostro istinto sessuale, quale è attualmente. Essendo cristiano, io naturalmente penso che a sbagliare sia l'istinto.
Ma ho altre ragioni per pensarlo. Lo scopo biologico del sesso è la procreazione, come lo scopo biologico dell'assumere cibo è ristorare il corpo. Ora, se noi mangiamo ogni volta che ce ne vien voglia e quanto vogliamo, è ben vero che molti di noi mangeranno troppo: ma non un troppo spropositato. Si può mangiare per due, ma non per dieci. L'appetito travalica un poco il suo scopo biologico, ma non enormemente.
Se, però, un giovane in buona salute indulgesse al suo appetito sessuale ogni volta che vi si sente incline, e se ogni atto producesse un bambino, in dieci anni costui potrebbe facilmente popolare un piccolo villaggio. Questo appetito esorbita in modo grottescamente assurdo dalla sua funzione.
Oppure, vediamola in un altro modo. Gli spettacoli di spogliarello richiamano molto pubblico: la gente, cioè, va a vedere una ragazza che si spoglia sulla scena. Be', supponiamo di capitare in un paese dove si può riempire un teatro portando in scena un piatto coperto, e poi alzando lentamente il coperchio in modo che tutti vedano, un attimo prima dello spegnersi dei riflettori, che il piatto contiene una bistecca di manzo o una costoletta d'agnello: non pensereste che in questo paese l'appetito per il cibo ha preso una strana piega? E una persona cresciuta in un mondo diverso non penserebbe che c'è qualcosa di altrettanto bizzarro nello stato in cui si trova fra noi l'istinto sessuale?
Qualcuno ha obiettato che capitando in un paese dove sono in voga questi numeri di spogliarello alimentare, concluderebbe che la gente di quel paese soffre la fame. E sottintendeva, ovviamente, che cose come lo spogliarello non derivano da corruzione sessuale, ma da fame sessuale. Io convengo che se in qualche strana terra fossero popolari spettacoli simili con le bistecche di manzo, una delle spiegazioni possibili che mi verrebbe in mente sarebbe la carestia. Ma il passo successivo sarebbe di verificare l'ipotesi, appurando se effettivamente in quel paese si consumi molto o poco cibo. Se risultasse che gli abitanti mangiano in abbondanza, dovremmo, è chiaro, scartare l'ipotesi della fame e formularne un'altra.
Allo stesso modo, prima di accettare la fame sessuale come causa degli spogliarelli, occorre cercare le prove che l'astinenza sessuale sia maggiore oggi rispetto a età in cui cose come lo spogliarello erano ignote. Inutile dire che queste prove non esistono. I contraccettivi hanno reso l'indulgere al sesso molto meno costoso in seno al matrimonio, e molto più sicuro al di fuori, di quanto fosse in passato, e l'opinione pubblica è meno ostile alle unioni irregolari, e anche alla perversione, di quanto sia mai stata dai tempi del paganesimo in qua. D'altronde, l'ipotesi della fame non è la sola immaginabile. Tutti sanno che l'appetito sessuale, come i nostri altri appetiti, cresce col dargli spago. L'affamato pensa molto al cibo, ma il goloso fa altrettanto; chi è satollo, come chi è famelico, ama essere solleticato.
Una terza osservazione. Troverete di rado persone che desiderano mangiare cose in realtà non commestibili, o che usano il cibo altrimenti che per mangiarlo. In altre parole, le perversioni dell'appetito alimentare sono rare. Ma le perversioni dell'istinto sessuale sono numerose, difficili da curare, e spaventevoli. Mi duole entrare in questi particolari, ma devo farlo. E devo farlo perché da vent'anni in qua a voi e a me sono state ammannite quotidianamente, sul sesso, delle grandi bugie. Ci hanno detto e ripetuto fino alla nausea che il desiderio sessuale è tale e quale a tutti gli altri nostri desideri naturali, e che se abbandonassimo le stolide inibizioni e reticenze vittoriane tutto andrebbe a meraviglia. Non è vero. Se stiamo ai fatti, e lasciamo da parte la propaganda, è facile constatarlo.
Ci dicono che il sesso è diventato un problema perché è stato «messo a tacere». Ma negli ultimi vent'anni le cose sono cambiate, e se ne è parlato in lungo e in largo: eppure continua a essere un problema. Se causa delle difficoltà fosse stata la reticenza inibitoria, parlarne apertamente avrebbe risolto tutto. Ma non ha risolto niente.
Io penso che le cose stiano alla rovescia. Penso che il genere umano abbia originariamente «messo a tacere» il sesso perché era diventato un problema. La gente oggi dice: «Del sesso non c'è da vergognarsi». Può intendere due cose. Può intendere che non c'è da vergognarsi del fatto che il genere umano si riproduca in un certo modo, né che esso dia piacere. Se intende questo, ha ragione. Il cristianesimo dice lo stesso.
Il problema non è la cosa, né il piacere. Gli antichi maestri cristiani dicevano che se l'uomo non fosse caduto, il piacere sessuale sarebbe maggiore, non già minore di quello che è adesso. So che certi cristiani confusionari parlano come se per il cristianesimo il sesso, il corpo, il piacere, fossero malvagi in sé e per sé. Ma hanno torto.
Il cristianesimo è quasi la sola delle grandi religioni ad apprezzare pienamente il corpo, a credere nella bontà della materia, nel fatto che Dio stesso ha assunto una volta un corpo umano, che un corpo di qualche genere ci sarà dato anche in Cielo, e sarà parte essenziale della nostra felicità, bellezza ed energia.
Il cristianesimo ha glorificato il matrimonio più di ogni altra religione; e quasi tutta la più grande poesia d'amore del mondo è stata scritta da cristiani. Se qualcuno dice che il sesso è cattivo in sé, il cristianesimo lo contraddice subito.
Ma dicendo che «del sesso non c'è da vergognarsi», si può intendere: «non c'è da vergognarsi dello stato in cui si trova oggi l'istinto sessuale». Chi la intende così, penso si sbagli. Penso che ci sia molto da vergognarsi. Non c'è niente di vergognoso nel godere del cibo: ma sarebbe vergognoso che mezzo mondo facesse del cibo l'interesse precipuo della propria vita, e passasse il tempo a guardare immagini di cibo e a leccarsi i baffi.
Non dico che voi e io siamo individualmente responsabili della situazione presente. I nostri antenati ci hanno tramandato organismi viziati a questo riguardo; e noi cresciamo circondati da una propaganda che favorisce la lussuria. C'è gente che vuole eccitare di continuo il nostro istinto sessuale per guadagnarci sopra. Perché, naturalmente, un uomo con un'ossessione è un uomo che ha pochissima resistenza alle proposte d'acquisto. Dio conosce la nostra situazione; non ci giudicherà come se non avessimo difficoltà da superare. Ciò che conta è la nostra sincera e perseverante volontà di superarle.
Prima di poter guarire dobbiamo volere la guarigione. Chi desidera realmente aiuto lo avrà; ma per molti, oggi, anche desiderarlo è difficile. E facile credere che vogliamo una cosa quando in realtà non la vogliamo. Un famoso cristiano di molto tempo fa racconta che in gioventù pregava continuamente di giungere alla castità; ma anni dopo si rese conto che mentre le sue labbra dicevano: «Signore, rendimi casto», il suo cuore aggiungeva segretamente: «Ma, Ti prego, non subito». Ciò può accadere anche invocando altre virtù; ma ci sono tre ragioni per cui oggi è per noi particolarmente difficile desiderare - non diciamo raggiungere - la perfetta castità.
In primo luogo, la nostra natura viziata, i demoni che ci tentano e tutta la propaganda odierna a favore della lussuria congiurano nell'indurci a pensare che i desideri ai quali resistiamo sono così «naturali», così «sani» e così ragionevoli che è quasi anormale e perverso resistervi. Manifesti, film, romanzi, a getto continuo, associano l'idea dell'indulgere al sesso con le idee di salute, normalità, giovinezza, schiettezza, buonumore. È un'associazione menzognera.
Come tutte le menzogne efficaci, essa si basa su una verità: la verità, già dichiarata, che il sesso in sé (a parte gli eccessi e le ossessioni che gli sono cresciute intorno) è «normale», «sano» e quant'altro. La menzogna consiste nel suggerire che ogni atto sessuale a cui siamo tentati sia anch'esso sano e normale. Questo, da qualsiasi punto di vista, e prescindendo dal cristianesimo, è ovviamente assurdo. Cedere a ogni nostro desiderio produce impotenza, malattie, gelosie, menzogne, sotterfugi, e tutto ciò che è il contrario della salute, del buon umore e della schiettezza.
Per qualsiasi felicità, anche in questo mondo, è necessaria una buona dose di ritegno; quindi la pretesa accampata da ogni desiderio, quando è forte, di essere sano e ragionevole, non ha alcun valore. Tutte le persone civili e assennate non possono fare a meno di certi princìpi in base ai quali decidono di respingere alcuni loro desideri e di lasciare via libera ad altri. Chi lo fa in nome di princìpi cristiani, chi di princìpi igienici, chi di princìpi sociologici. Il vero conflitto non è tra cristianesimo e «natura», ma tra princìpi cristiani e altri princìpi di controllo della «natura». Infatti la «natura» (nel senso di desiderio naturale) va controllata comunque, se non vogliamo rovinarci la vita. I princìpi cristiani sono, innegabilmente, più rigorosi degli altri; ma noi pensiamo che per osservarli avremo un aiuto che non avremo negli altri casi.
In secondo luogo, molti rinunciano al tentativo di praticare seriamente la castità cristiana perché ritengono (prima di provare) che sia impossibile. Ma quando una cosa dev'essere tentata, non bisogna mai pensare alla sua possibilità o impossibilità. Davanti a un quesito facoltativo di un questionario d'esame, uno considera se può farcela o no; ma davanti a un quesito obbligatorio, deve fare il meglio che può. Per una risposta molto imperfetta otterremo forse qualche punto; certo non ne otterremo nessuno se rinunciamo a rispondere. Non solo agli esami, ma in guerra, nell'alpinismo, imparando a pattinare o a nuotare o ad andare in bicicletta, perfino nell'abbottonarsi un colletto duro con le dita intirizzite, molto spesso si fanno cose che prima di provarci parevano impossibili. È straordinario quel che si riesce a fare quando si è costretti.
Certo, sappiamo che la perfetta castità - come la perfetta carità - non è raggiungibile con nessuno sforzo puramente umano. Dobbiamo chiedere l'aiuto di Dio. E anche chiedendo questo aiuto, per lungo tempo può sembrarci che non ci venga dato, o che sia minore di quanto ci occorre. Non importa. Dopo ogni insuccesso, chiedi perdono, riprenditi, e tenta di nuovo.
Molto spesso Dio ci aiuta dapprima non tanto a conseguire la virtù stessa, ma ad avere appunto questa capacità di ritentare sempre. Perché, per importante che sia la castità (o il coraggio, la sincerità, o qualunque altra virtù), tale processo ci educa ad abitudini dell'animo che sono ancora più importanti. Guarisce le nostre illusioni su noi stessi e ci insegna a fare affidamento in Dio. Impariamo, da un lato, che non possiamo fidarci di noi stessi neanche nei nostri momenti migliori, e, dall'altro, che non dobbiamo disperare neanche nei momenti peggiori, perché i nostri fallimenti vengono perdonati. La sola cosa letale è accontentarsi passivamente di meno della perfezione.
In terzo luogo, la gente spesso fraintende ciò che la psicologia insegna sulle «repressioni». La psicologia ci dice che il sesso «represso» è pericoloso. Ma qui «represso» è un termine tecnico: non significa «soffocato» nel senso di «negato» o «respinto». Un desiderio o pensiero represso è tale in quanto è stato spinto nell'inconscio (di solito nei primi anni di vita), e adesso può manifestarsi alla mente solo in forma mascherata e irriconoscibile.
La sessualità repressa non appare affatto al paziente come sessualità. Quando un adolescente o un adulto si sforzano di resistere a un desiderio cosciente, essi non hanno a che fare con una repressione, né rischiano minimamente di crearla. Al contrario, chi tenta seriamente di praticare la castità è più consapevole, e presto ne saprà molto di più di chiunque altro sulla propria sessualità. Arriverà a conoscere i propri desideri come Wellington conosceva Napoleone, o come Sherlock Holmes conosceva Moriarty; come un acchiappatopi conosce i topi, o un idraulico le tubature difettose. La virtù - anche la virtù tentata - è fonte di luce; lasciarsi andare è fonte di nebbia.
Infine, anche se ho dovuto parlare piuttosto a lungo del sesso, voglio dire nel modo più chiaro possibile che il centro della morale cristiana non è qui. Se qualcuno pensa che i cristiani considerino la lussuria come il vizio supremo, si sbaglia di grosso. I peccati della carne sono certo gravi, ma meno di tutti gli altri. Tutti i piaceri peggiori sono puramente spirituali: il piacere di mettere il prossimo dalla parte del torto, di tiranneggiare e di guardare dall'alto in basso, di fare il guastafeste e di calunniare; i piaceri del potere e dell'odio. Perché dentro di me ci sono due cose, in gara con l'io umano che devo cercare di diventare: l'io animale e l'io diabolico. L'io diabolico è il peggiore dei due. Ragion per cui un freddo e borioso perbenista che va regolarmente in chiesa può essere molto più vicino all'inferno di una prostituta. Ma è meglio, si capisce, non essere né l'uno né l'altra.