Brani di difficile interpretazione della Bibbia: il Libro di Giosuè (da J.-L.Ska, J.L. Sicre, Origene, A. Lonardo)

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 17 /07 /2012 - 13:39 pm | Permalink | Homepage
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Introduzione

Come interpretare il Libro di Giosuè, con i suoi richiami alla guerra ed alla guerra santa? I brani che seguono sono stati raccolti per fornire alcune chiavi di lettura per comprendere come sia da rigettare un interpretazione letterale del Libro di Giosuè che sarebbe fomentatrice di violenza, ma, allo stesso tempo, come il suo messaggio non debba essere sottovalutato, bensì accolto come Parola di Dio. In effetti, proprio un'analisi storico-critica attenta alla lettera del libro in questione mostra come esso debba essere letto in un senso allegorico. Per approfondimenti biblici, vedi la sezione Sacra Scrittura.

Il Centro culturale Gli scritti (17/7/2012) 

Indice

1/ Da Jean-Louis Ska, Come leggere l’Antico Testamento?, in Il Libro sigillato e il Libro aperto, EDB, Bologna, 2005, pp. 24-27

[...] La difficoltà diminuisce molto quando il lettore prende coscienza che quei racconti sono vicini al mondo idealizzato dell’epopea. Ora, in tale mondo, non possono esserci mezze vittorie: o esse sono complete o non ci sono.

Questo tratto si capisce partendo dal contesto nel quale il libro è stato scritto e nel quale vivevano i suoi primi destinatari. La data del libro di Giosuè non può ovviamente essere fissata con certezza. Gli esegeti concordano tuttavia nel datare l’ultima redazione dall’esilio o anche dall’immediato postesilio. Il popolo d’Israele ha dunque composto questo affresco epico e si è dato un passato glorioso nel momento in cui ha sentito che stava perdendo la propria terra. Ha voluto così esorcizzare il presente con l’aiuto del passato, pur dandosi ragioni di sperare che Dio avrebbe rinnovato le gesta di un tempo e restituito al suo popolo la terra avita. Per questo motivo gli israeliti hanno voluto offrire una descrizione ideale della conquista, adottando uno stile che ha tra le sue principali caratteristiche la volontà di abbellire.

Indizi vari confermano come il racconto abbia inteso idealizzare il passato. Giosuè è uno dei pochi eroi irreprensibili della Bibbia. Dio non gli rifiuta mai il suo aiuto. Così, è lui a rivelare a Giosuè la causa dello smacco davanti ad Ai e il modo di scoprire il colpevole (Gs 7,10-15); è ancora lui a fermare il sole e la luna per permettere all’eroe di raggiungere la vittoria totale contro gli amorrei e il narratore nota a tale proposito che, fatto inaudito, è l’unico caso di tutta la storia sacra in cui Dio abbia obbedito a un uomo (10,12-15; cf. v. 14). La conquista è totale (11,12-15.23; 12,16.20; 21,43-45) e Giosuè subisce una sola disfatta, del resto presto riscattata (7,2-5). Il tempo di Giosuè è una delle poche epoche in cui Israele si sia mostrato di una fedeltà senza incrinature al suo Dio (24,31; cf. Gdc 2,7). Il libro termina con una scena impressionante in cui il popolo, unanime, conclude un’alleanza con Giosuè e promette di servire solo YHWH. Questo è davvero un periodo aureo della storia d’Israele ed è bene leggere tutto il libro con tale spirito. Accanto a questa descrizione ideale, però, il libro contiene altre affermazioni che vanno in senso opposto. Ciò si nota in maniera più particolare in quattro campi.

Primo: Dio concede la vittoria a Israele su tutti i suoi nemici. Basterà, sembra, che egli compaia per fare fuggire i suoi avversari (1,5-9). Tuttavia Giosuè manda alcune spie a Gerico prima di attaccare (2,1); ricorre all’astuzia per impadronirsi di Ai, subito dopo aver ricevuto da Dio la conferma che la città veniva consegnata nelle sue mani (8,1-2 e 3-9). Nella guerra contro i cinque re, Dio rassicura di nuovo Giosuè prima della battaglia, ma ciò non impedisce a quest’ultimo di avvalersi di uno stratagemma per assicurarsi la vittoria: egli attacca all’improvviso, all’alba, prima che il nemico sia disposto per la battaglia (10,8-9). Vi è ovviamente tensione tra queste due prospettive; il testo, tuttavia, vuole chiaramente mostrare che vi sono due livelli e che l’assicurazione divina non esclude l’impiego di ogni risorsa a disposizione di un abile capo.

Secondo: la vittoria è totale e più volte il racconto ripeterà che il territorio è stato conquistato. Accanto a queste visioni trionfalistiche, però, il lettore rimane sorpreso di trovarne altre molto più sobrie. A diverse riprese, il testo afferma apertamente che Giosuè non ha conquistato tutta la terra promessa. Tali menzioni dei territori ancora da conquistare abbondano. Una tale descrizione meno esaltante corrisponde del resto a quella che sarà offerta dal libro dei Giudici (c. 1). Nel libro di Giosuè, le due serie di affermazioni procedono fianco a fianco e riesce difficile sapere come reagire di fronte a questa contraddizione flagrante che non è certo sfuggita agli autori o redattori del libro.

Terzo: la legge dell’interdetto doveva essere rispettata in tutto il suo rigore. La prima infrazione è stata severamente punita con la lapidazione del colpevole (7,1-26). Ma, alcuni versetti dopo, Dio mitiga la legge e permette a Israele d’impadronirsi delle spoglie e del bestiame della città di Ai (8,2). Gs 11,13-14 riferisce di altre infrazioni a tale legge senza giustificarle in nessuna maniera. Già al tempo della conquista di Gerico, Giosuè aveva risparmiato Raab e la sua famiglia (2,9-13 e 6,22-23.25) perché quest’ultima aveva confessato la propria fede in YHWH. Come si vede, la rigidità della Legge non esclude la possibilità di un suo adattamento in funzione delle circostanze.

Quarto: si dice che Giosuè si sia conformato in tutto alla Legge che Mosè gli aveva affidato (11,15; cf. 1,7-8). Il lettore si stupirà allora che Giosuè si sia lasciato indurre a concludere un’alleanza con i gabaoniti (Gs 9), cosa vietata da tale Legge (Dt 7,17; soprattutto 7,2) e in patente conflitto con le istruzioni sulla guerra di Dt 20,10-18. I gabaoniti hanno ottenuto quell’alleanza con l’astuzia, facendo credere che essi venivano da lontano (Gs 9,3-6). Rimane però vero che l’alleanza come tale non poteva essere prevista. Questo racconto non è di una sola redazione e gli ultimi compilatori lo hanno probabilmente rimaneggiato. Ciò vale soprattutto per il finale (9,19-27), dove Israele e Giosuè decidono di utilizzare i gabaoniti come spaccalegna e portatori d’acqua. Così, l’affare termina in sintonia con le norme di Dt 20,11, dove si dice che le città «lontane» che faranno pace con Israele saranno soggette a tributo. Ancora una volta il racconto attuale testimonia la preoccupazione di far concordare una situazione concreta con la Legge, ma senza eliminare completamente il divario che continua a separarle.

Questi esempi inducono a concludere che i racconti del libro di Giosuè sono percorsi da una tensione tra la descrizione utopica dell’ideale e la realtà dei fatti. A sua volta, il lettore ha il dovere di percorrere il medesimo cammino per scoprire il «senso» del libro che vive tale tensione. Egli deve rivivere il contrasto permanente tra la promessa di Dio che non può mancare di realizzarsi e l’incapacità umana di potervi corrispondere in tutto, tra il fatto che il paese sia stato donato da Dio nella sua interezza e che esso non sia stato completamente conquistato da Israele. Egli vedrà che la fiducia in Dio non esclude, ma piuttosto incoraggia, il ricorso all’intelligenza. Da un lato, imparerà a conoscere l’intransigenza di una Legge che non conosce eccezioni e non tollera infrazioni; dall’altro, assisterà a necessarie concessioni e ad applicazioni ispirate al principio dell’epikeia. Il libro di Giosuè ci insegna non solo che Dio è presente nell’ideale, nell’utopia e nella Legge; ma che esiste anche una via diversa da quella della rassegnazione e degli inevitabili compromessi con una realtà deludente. Tale cammino non è stato tracciato prima, va tracciato a ogni tappa, come hanno fatto Giosuè e il popolo d’Israele. E l’ultimo messaggio del libro è che l’impresa non solo è possibile, ma che è riuscita, nonostante tutto.

2/ Dalle "Omelie sul libro di Giosué" di Origene, sacerdote (Om. 6, 4; PG 12, 855-856)

Gerico viene circondata, è necessario che sia espugnata. Come dunque viene espugnata Gerico? Non si usa la spada contro di essa, non viene spinto l'ariete, né vengono lanciati i giavellotti, si usano soltanto le trombe sacerdotali e da queste sono atterrate le mura di Gerico. Nelle Scritture troviamo frequentemente che Gerico viene portata come immagine del mondo del male e dell'errore.

Infatti anche nel vangelo, dove si dice che un uomo era disceso da Gerusalemme a Gerico ed era incappato nei ladri, senza dubbio vi era contenuta l'immagine di quell'Adamo che dal paradiso era stato cacciato nell'esilio di questo mondo. E anche i ciechi che si trovavano a Gerico, ai quali si accostò Gesù per dar loro la vista, rappresentavano l'immagine di coloro che in questo mondo erano colpiti dalla cecità dell'ignoranza e ai quali venne incontro il Figlio di Dio.

Perciò questa Gerico, cioè questo mondo, dovrà finire. E difatti la consumazione del mondo è già stata da tempo rivelata nei libri santi. In che modo sarà distrutto? Con quali strumenti? "Con le voci delle trombe", dice. Di quali trombe? Paolo ti svela il segreto di questo mistero. Ascolta quello che egli dice: Suonerà, esclama, la tromba, e coloro che sono morti in Cristo, risorgeranno intatti, e il Signore stesso al comando, alla voce dell'arcangelo e al suono della tromba discenderà dal cielo (cfr. 1 Cor 15, 52; 1 Ts 4, 16).

Gesù nostro Signore vincerà quindi Gerico con il suono delle trombe e la annienterà a tal punto che di essa si salverà soltanto la donna peccatrice e tutta la sua casa. "Verrà", dice, "il Signore nostro Gesù e verrà al suono della tromba". E salverà quella sola che accolse i suoi esploratori, quella che, dopo aver ricevuto gli apostoli nella fede e nell'obbedienza, li ha collocati nei posti più alti, e unirà e congiungerà questa donna peccatrice con la casa di Israele. Ma non richiamiamo più alla memoria e non attribuiamo a lei la vecchia colpa, non imputiamogliela più.

Un tempo fu una peccatrice, ora invece, come vergine casta, è stata unita ad un solo uomo casto, Cristo. Da lei discendeva anche colui stesso che diceva: Anche noi un tempo eravamo stolti, increduli, erranti, soggetti a ogni sorta di passioni e voluttà (cfr. Tt 3, 3). Vuoi apprendere, ancora più per esteso in che modo la peccatrice non è ormai più peccatrice? Ascolta allora Paolo che dice: Anche voi certo foste tutto questo, ma siete stati purificati, siete stati santificati nel nome del Signore nostro Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio (cfr. 1 Cor 6, 11).

Perché dunque potesse salvarsi per non perire con Gerico, ricevette dagli esploratori un efficacissimo contrassegno di salvezza: una cordicella di color scarlatto: segno che per mezzo del sangue di Cristo è salvata la Chiesa universale nello stesso Gesù Cristo nostro Signore, al quale appartiene la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen.

3/ Da José Luis Sicre, Giosuè, Borla, Roma, 2004, pp. 15-20

Se volessimo fare un serial televisivo con il libro di Giosuè sarebbe facile scrivere il copione di magnifici capitoli: l'invio delle spie a Gèrico, salvate da una prostituta; il passaggio del fiume Giordano; la caduta delle mura di Gèrico dopo sette giorni di tensione; la campagna di Ai, con la sconfitta determinata dal peccato di Acan e la vittoria, frutto di uno stratagemma; l'inganno dei gabaoniti; la campagna del sud accompagnata dal sorprendente miracolo del sole e da una splendida grandinata o pioggia di meteoriti; i re nascosti in una grotta e più tardi giustiziati; la costruzione di un altare vicino al Giordano e la disputa che provoca. Sono scene che si prestano a essere immortalate dal cinema, esattamente come lo sono state alcune di loro da pittori e incisori. Solo la pesantissima ed estesa sezione sulla distribuzione del paese rifiuta qualsiasi drammaticità. Per quanto concerne il capitolo finale, più che al cinema ci proietta al dramma greco, dove un corifeo potrebbe parlare in nome del popolo nel teso dialogo con Giosuè.

Ma quello che potrebbe facilmente fare il cinema non concorda con i meriti letterari del libro. Tutti i suoi racconti sono stati ritoccati, in misura maggiore o minore, da autori posteriori. E a volte, come nel celebre passaggio del Giordano o nella campagna di Ai, il risultato letterario è assai povero e sconcertante.

Risulta strano il ritmo del racconto. In parte è colpa dell'autore, che c'inganna con l'invio delle spie a Gèrico. Aspettiamo da allora un'azione trepidante. Troviamo un ritmo lento, un'azione che ritarda, in particolare con la pratica della circoncisione e la celebrazione della Pasqua.

Pure strana è l'azione. In questo caso, la colpa può essere del lettore e di una cattiva formazione ricevuta. La caduta delle mura di Gèrico forse lo induce a pensare di trovarsi di fronte a un libro di guerra e conquista. Nulla di più falso. La conquista vera e propria comprende due capitoli (10 e 11), relativi alle campagne del sud e del nord. Nel resto del libro troviamo soltanto una processione vittoriosa e una campagna con disfatta e vittoria (Ai). In compenso, quella più minuziosa è la distribuzione del paese, raccontata in certi casi nei minimi particolari.

Strani sono pure i personaggi. Giosuè [...] è uno dei personaggi più irreali della Bibbia ebraica, e risulta curioso che questo aspetto non sia stato sottolineato. Sono pure irreali i personaggi che lo circondano. Gli unici con parvenza di realtà, di persone in carne e ossa, sono gli stranieri (Raab, i gabaoniti) e la curiosa famiglia di Caleb. Anche in questo caso ci troviamo più vicini alla fantasia che alla realtà, con quel padre ottuagenario desideroso di gettarsi alla conquista.

Nei racconti di Giudici, Samuele e Re è facile trovare grandi figure femminili, trattate rapidamente ma con somma maestria: Debora, Giaele, Dalila, Anna, la madre di Samuele, Mikal, Abigail, ecc. Nel libro di Giosuè troviamo soltanto Raab. Oltre lei c'è Acsa, la figlia di Caleb (15,16-19). Per il resto, le donne sono menzionate molto raramente. Si potrebbe obiettare che un libro di guerra e di conquista non si presta a parlare molto delle donne. Ma abbiamo già detto che il libro di Giosuè non fa parte di questo genere. E preferisco interpretare questo dato non in chiave di maschilismo o femminismo, ma come semplice conferma dell'irrealtà e stranezza dell'opera.

Per quanto concerne il destino dei personaggi umani, risulta strano pure il tema della morte. Il lettore della «storia della successione al trono di Davide» vede come i suoi protagonisti muoiano uno dopo l'altro nella forma più diversa. Reale come la vita stessa. Nel libro di Giosuè, se scartiamo le notizie finali, oltre ai 36 morti anonimi di Ai, l'unico israelita che muore è Acan. Chi conosce i racconti greci di guerre e conquiste percepisce immediatamente l'enorme differenza.

Da ultimo, sorprende pure che un libro soggetto a tante aggiunte, persino a grandi blocchi, offra una struttura così limpida e perfetta. [...]

D'altra parte, il libro non finisce di stupire per la sua concezione e sviluppo. Prescindendo dal valore storico di ciò che racconta, è mirabile come l'autore abbozzi la conquista con sobrietà e logica perfette. Sobrietà che la distingue dall'epopea, Basta, infatti, leggere qualsiasi opera di guerra e di conquista (dall'Iliade fino al poema del Mio Cid), per sapere con che gusto i loro autori si perdono a descrivere battaglie e azioni eroiche. E logica perfetta perché né Giulio Cesare né Napoleone potrebbero aver concepito una strategia migliore: conquista del centro, campagna del sud, campagna del nord. Al lettore rimane l'unica incognita di sapere perché viene quasi omesso il centro e non sembra necessario conquistarlo.

[… I protagonisti del libro di Giosuè]

La tradizione dà al libro il nome del suo principale protagonista umano, Giosuè. Insisto su quello di «umano», perché il grande protagonista del libro è Dio. Darò alcuni cenni dei protagonisti principali.

Dio

Il suo protagonismo rimane chiaro perché è il primo a prendere la parola (1,2-9) e a pronunciare anche l'ultimo discorso (24,2b-13). Parola che ordina, annuncia e promette (discorso iniziale) e parola che fa il bilancio dei benefici divini che risalgono a un passato remoto (discorso finale). Tra questi due importanti interventi, Dio non cessa di parlare segnando il ritmo dei fatti (cfr. 3,7-8; 4,2-3.16; 5,2.9; 6,2-5; 7,10-15; 8,1-2.18; 10,8; 11,6; 13,1-7; 20,1-6), in particolare con i suoi ordini o promesse (13,6). [...]

Giosuè

Giosuè è forse il personaggio più strano di tutta la Bibbia ebraica, anche solo per il fatto di non avere moglie e figli. Nemmeno Geremia si sposò, ma ciò fu dovuto a un'esperienza personale, giustificata in nome di Dio. Di Giosuè non si racconta nulla che somigli.

Se ci atteniamo al libro che prende il suo nome, il personaggio subisce un'impressionante trasformazione. Inizia quale semplice «aiutante» di Mosè (1,1) e termina trasformato, come Mosè, in «servo del Signore». In alcuni aspetti supera persino Mosè. Di lui si dice che è l'unico uomo al quale Dio ubbidì (10,14), e in un altro caso viene presentato legiferante. Come i patriarchi e altri grandi personaggi, muore in età mitica, in questo caso di centodieci anni.
Il carattere privilegiato del personaggio si nota nel fatto che Dio gli parla. Nella Storia dtr la formula «disse il Signore a ... » si trova 68 volte: 15 volte nel Dt; 12 in Gs; 9 in Gdc; 11 in 1 Sam; 4 in 2 Sam; 7 in 1 Re; 2 in 2 Re. A cominciare da Giosuè, Dio parla soltanto a un giudice, Gedeone; ai profeti (Samuele, Ieu, Elia, Eliseo...), e a due re (Davide, di solito rispondendo alle sue domande, e Salomone). A ragione la tradizione ebraica colloca Giosuè tra i «primi profeti». [...]

Mosè

Il libro comincia parlando della sua morte, ma è il morto più onnipresente che si possa immaginare. Il libro lo menziona 58 volte, in 18 delle quali con il titolo onorifico di «servo di Yahvé» e in una con quello di «uomo di Dio» (14,6). Continua a essere presente attraverso la sua legge (1,7; 8,31.32; 23,6), le sue azioni (1,14; 12,6; 13,8.12.15.21.24.29.32.33; 18,7; 22,7) e i suoi ordini (1,13; 4,10.12; 8,31.33.35; 11,12.15) che vengono da Dio (11,15[bis].20; 14,2.5; 22,9). È il punto di riferimento per Dio (1,5; 3,7; 20,2), per gli uomini (1,17; 17,4; 21,2) e per il narratore (4,14; Il,20.23; 21,8).

Quest'onnipotenza sembra traumatizzare il suo successore. Nel suo primo intervento, alle tribù della Transgiordania, Giosuè menziona Mosè in tre occasioni (1,13.14.15), come se non si sentisse sicuro della propria autorità. E altre tre quando licenzia queste stesse tribù alla fine del libro (22,2.4.5).
Ciononostante, bisogna armonizzare questa preminenza di Mosè, come abbiamo detto prima, con i testi che parlano di un ruolo sempre più preponderante di Giosuè.

Il popolo

È il grande protagonista in quanto beneficiario della promessa. Appare continuamente nel libro, con designazioni molto diverse. Se i miei calcoli non sbagliano (è facile sbagliare usando programmi informatici), il titolo più frequente, 35 volte, è quello di «israeliti» (benê yiśrā'ēl). In 26 volte viene chiamato semplicemente «popolo» (‘m). Segue «Israele» (22 volte). Come riferimenti anomali possiamo registrare «il popolo d'Israele» (hā'ām yisrā'ēl: 8,33), «l'assemblea d'Israele» (qehal yiśrā'ēl: 8,35) e «la nazione» (haggôy: 3,17; 4,1; 5,8).
Nonostante la sua onnipresenza, il popolo non compare di norma come personaggio letterario o come «attore». Si limita a obbedire agli ordini più diversi: approvvigionarsi di viveri, attraversare il fiume, fermarsi o continuare, scegliere persone, farsi circoncidere, celebrare la Pasqua, accerchiare Gèrico, combattere, ecc. La sua passività è tanto grande che Giosuè deve esortare le tribù del Nord a cercarsi un territorio.

4/ Appunti su Giosuè, di Andrea Lonardo

Si potrebbe paragonare il Libro di Giosuè - e con esso tutti i libri che la Bibbia cristiana chiama Libri storici – con il Libro degli Atti degli Apostoli. Gli Atti mostrano che l'opera di Dio non termina con l'Ascensione di Gesù, bensì prosegue con la vita della Chiesa. L'“oggi” su cui tanto insiste l'evangelista Luca non diventa mai “ieri”, bensì prosegue nel tempo della Chiesa, che è tempo dell'annunzio e della presenza sacramentale del Cristo, poiché Egli è con i suoi “fino alla fine del mondo”.

Similmente Giosuè prosegue le grandi gesta del Pentateuco-Torah. Certo è nella creazione, nell'esodo e nell'alleanza che Dio si rivela in maestà - così come è nei Vangeli che Dio si rivela nell'incarnazione – ma l'azione e la rivelazione di Dio non si interrompe e prosegue nel tempo, ai giorni di Giosuè, poi dei Giudici, poi dei Re, fino alla nuova alleanza.

Giosuè mostra chiaramente che Mosè è morto, che un periodo è ormai terminato. Ma quel periodo non deve essere guardato con rimpianto, perché ormai Giosuè ha preso il posto di Mosè. E Dio vuole che si segua ormai Giosuè, ricordando Mosè, eppure non rimpiangendolo come uno scomparso: amare Mosè vuol dire seguire il suo successore, Giosuè. 

Il Libro di Giosuè sottolinea questo fin dal primo capitolo, quando, con una ripetizione di termini impressionante, invita Giosuè stesso a prendere atto che Mosè è morto e che come Dio non lo ha mai abbandonato, ora non abbandonerà Giosuè. Dio esorta quindi Giosuè ad essere ora lui forte e coraggioso come Mosè per guidare il popolo.

Gs 1,1-3.5
Dopo la morte di Mosè, servo del Signore, il Signore disse a Giosuè, figlio di Nun, aiutante di Mosè: «Mosè, mio servo, è morto. Ora, dunque, attraversa questo Giordano tu e tutto questo popolo, verso la terra che io do loro, agli Israeliti. Ogni luogo su cui si poserà la pianta dei vostri piedi, ve l’ho assegnato, come ho promesso a Mosè. [...] Nessuno potrà resistere a te per tutti i giorni della tua vita; come sono stato con Mosè, così sarò con te: non ti lascerò né ti abbandonerò».

Gs 1,6
«Sii coraggioso e forte, poiché tu dovrai assegnare a questo popolo la terra che ho giurato ai loro padri di dare loro».

Gs 1,7
«Tu dunque sii forte e molto coraggioso, per osservare e mettere in pratica tutta la legge che ti ha prescritto Mosè, mio servo. Non deviare da essa né a destra né a sinistra, e così avrai successo in ogni tua impresa».

Gs 1,8-9
«Non si allontani dalla tua bocca il libro di questa legge, ma meditalo giorno e notte, per osservare e mettere in pratica tutto quanto vi è scritto; così porterai a buon fine il tuo cammino e avrai successo. Non ti ho forse comandato: “Sii forte e coraggioso”? Non aver paura e non spaventarti, perché il Signore, tuo Dio, è con te, dovunque tu vada».

Gs 1,16-18
Essi risposero a Giosuè: «Faremo quanto ci ordini e andremo dovunque ci mandi. Come abbiamo obbedito in tutto a Mosè, così obbediremo a te; purché il Signore, tuo Dio, sia con te com’è stato con Mosè. Chiunque si ribellerà contro di te e non obbedirà a tutti gli ordini che ci darai, sarà messo a morte. Tu dunque sii forte e coraggioso».

È un invito perché ogni generazione sappia che Dio continua ad agire. Ed è un invito perché chi è investito di responsabilità da parte di Dio le assuma pienamente, così come fece Mosè in antico. La storia continua e Dio non l'ha abbandonata: Egli è presente nei suoi ministri e nei suoi santi.

La continuità dell'esodo con la storia successiva di Israele è attestata anche dal passaggio del Giordano, che è come un nuovo attraversamento del Mar Rosso. La Pasqua continua e non è mai solo passata.

Al termine del Libro è Giosuè che muore come Mosè. E prima di morire attesta che la storia di salvezza continua ancora e che ora dovrà essere la nuova generazione ad essere fedele e forte come lo è stato lui e come lo è stato Mosè:

Gs 23, 6-8
«Siate forti nell’osservare e mettere in pratica quanto è scritto nel libro della legge di Mosè, senza deviare da esso né a destra né a sinistra, senza mescolarvi con queste nazioni che rimangono fra voi. Non invocate i loro dèi. Non giurate su di loro. Non serviteli e non prostratevi davanti a loro. Restate invece fedeli al Signore, vostro Dio, come avete fatto fino ad oggi». 

Gs 23,14-16
«Ecco, io oggi me ne vado per la via di ogni abitante della terra; riconoscete con tutto il vostro cuore e con tutta la vostra anima che non è caduta neppure una parola di tutte le promesse che il Signore, vostro Dio, aveva fatto per voi. Tutte si sono compiute per voi: neppure una parola è caduta. Ma, come è giunta a compimento per voi ogni promessa che il Signore, vostro Dio, vi aveva fatto, così il Signore porterà a compimento contro di voi tutte le minacce, finché vi abbia eliminato da questo terreno buono che il Signore, vostro Dio, vi ha dato. Se trasgredirete l’alleanza che il Signore, vostro Dio, vi ha imposto, andando a servire altri dèi e prostrandovi davanti a loro, l’ira del Signore si accenderà contro di voi e voi sarete spazzati via dalla terra buona che egli vi ha dato».