«L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri». Da dove viene e cosa significa questa espressione? Il discorso di Paolo VI durante l’Udienza al Pontificio Consiglio per i laici del 2 ottobre 1974 (con una breve nota di Andrea Lonardo)
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Riprendiamo sul nostro sito la traduzione curata da Giulia Balzerani del discorso tenuto da Paolo VI durante l’Udienza al Pontificio Consiglio per i laici del 2 ottobre 1974. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. La traduzione è preceduta da una breve introduzione di Andrea Lonardo.
Il Centro culturale Gli scritti (9/7/2012)
«L'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni».
Questo famoso passaggio dell’Esortazione apostolica di Paolo VI Evangelii nuntiandi, n. 41, è, in realtà, una citazione di un precedente discorso pontificio - come ricorda il documento stesso in nota - tenuto durante l’Udienza al Pontificio Consiglio per i laici del 2 ottobre 1974[1].
Merita rileggere il discorso e meditarlo nella sua interezza, innanzitutto perché richiama non solo alla testimonianza personale ma anche a quella dell’unità della Chiesa.
Ma, soprattutto, perché propone una testimonianza che non è semplice coerenza, bensì, piuttosto, rimando al “mistero di Dio[2]. Il “testimone”, infatti, non indica se stesso, bensì attesta l’evento che “ha visto” e di cui è stato “reso partecipe”.
Come quando si chiama qualcuno a testimoniare in un processo a proposito di un fatto: il “testimone” deve attestare ciò che veramente è avvenuto. Certo egli deve essere credibile, ma l’evento di cui egli parla è ciò che realmente interessa ai suoi ascoltatori.
È ben per questo che l’Evangelii nuntiandi sottolinea poi, a fianco della testimonianza della vita, l’importanza della parola e della cultura come dimensioni costitutive dell’annunzio del Vangelo[3].
Ecco il discorso:
«[...] Ci è sembrato opportuno parlarvi di due aspetti fondamentali dell’apostolato dei laici, che nello spirito dei cristiani di questo tempo sono spesso sbiaditi: l’importanza della testimonianza personale e l’unità dei vari testimoni del Vangelo tra loro e con i loro Vescovi. L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri o, se ascolta i maestri, è perché sono dei testimoni. Egli prova in effetti una istintiva avversione per tutto ciò che può apparire come inganno, facciata, compromesso. In questo contesto si comprende l’importanza di una vita che risuona veramente del Vangelo!
I motivi di questa attrazione che il mondo attuale prova per il vero testimone del Cristo si possono ricondurre a quattro.
[1][4] L’uomo moderno, impegnato nella conquista e nell’utilizzazione della materia, ha fame di qualcos’altro, prova una strana solitudine. Il cristiano che si dona completamente a Gesù Cristo conosce un altro mistero che è più insondabile della materia: il mistero di Dio che invita l’uomo a una condivisione di vita in una comunione senza fine con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Mistero di trascendenza e di prossimità! In verità, l’uomo del ventesimo secolo aspira a questa pienezza di dialogo personale che la materia gli rifiuta. Occorrono oggi più che mai dei testimoni dell’invisibile.
[2] Gli uomini di questo tempo sono degli esseri fragili che conoscono facilmente l’insicurezza, la paura, l’angoscia. Tanti si chiedono se sono accettati da coloro che li circondano. I nostri fratelli umani hanno bisogno di incontrare altri fratelli che irradino la serenità, la gioia, la speranza, la carità, malgrado le prove e le contraddizioni che toccano anche loro.
[3] Essere il testimone della potenza di Dio che opera nella sorprendente e sempre nuova fragilità umana, non vuol dire alienare l’uomo, ma proporgli dei percorsi di libertà. Le nuove generazioni hanno particolarmente sete di sincerità, di verità, di autenticità. Esse hanno orrore del fariseismo in tutte le sue forme. Si capisce perciò come esse si attacchino alla testimonianza di esistenze pienamente impegnate al servizio di Cristo. Percorrono tutti gli angoli della Terra per trovare dei discepoli del Vangelo, trasparenti a Dio e agli uomini, che rimangono giovani della giovinezza della grazia di Dio. Le nuove generazioni vorrebbero incontrare più testimoni dell’Assoluto. Il mondo attende il passaggio dei santi[5].
[4] L’uomo moderno si pone anche, e spesso dolorosamente, il problema del senso dell’esistenza umana. Perché la libertà, il lavoro, la sofferenza, la morte, la presenza degli altri? Ora, ecco che nelle tenebre, colui che tenta di vivere il Vangelo appare come colui che ha trovato un senso, una realizzazione alla sua vita, lontano dai sistemi antropocentrici e oppressivi.
Questa testimonianza personale deve essere data da ogni battezzato, da ogni confermato, laico, religioso o prete. Ma i laici sono invitati a viverla in modo particolare, nel mondo, operando secondo la loro fede negli affari temporali delle loro famiglie, delle loro città, del mondo internazionale, per costruire insieme a tutti gli uomini, credenti o non credenti, un mondo più degno dei figli di Dio. È lavorando con gli altri che essi scoprono spesso tutte le dimensioni dell’apostolato. Staranno attenti a non dimenticare che sono anche chiamati a favorire l’incontro diretto dei loro fratelli con Gesù Cristo. La loro non è una testimonianza muta.
Noi sappiamo bene d’altronde tutto ciò che i laici hanno fatto per la Chiesa di Cristo nei secoli passati e dopo i vigorosi appelli dei Papi a favore dell’Azione Cattolica. Tuttavia, malgrado la nascita e lo sviluppo di nuove forme di apostolato e l’uso di tecniche sempre più precise, la testimonianza del Vangelo non si impone allo sguardo dei contemporanei con sufficiente evidenza.
Ora, la Chiesa renderebbe sterile il Vangelo e se stessa se proclamasse solo un ideale astratto, per quanto ben presentato, senza che i laici concretizzassero questo ideale, come lievito nascosto nella pasta. Ci auguriamo che le nostre convinzioni su questo tema fondamentale della testimonianza personale troverà molta eco nei vostri cuori.
Ma è diventata una necessità, ed è una possibilità del nostro tempo, cercare anche una testimonianza collettiva dei cristiani, adeguata all’età, alla vicinanza, agli ambienti sociali e professionali, insomma alle molteplici realtà della vita. Di qui la nascita di molti movimenti che sostengono l’apostolato dei loro membri, grazie a degli scambi, a una revisione di vita comune, a degli obiettivi maturati e realizzati insieme. Inoltre questi movimenti hanno assunto, più recentemente, una connotazione universale che appartiene alla Chiesa cattolica e risponde ai bisogni di un mondo sempre più unificato: sono divenuti internazionali. Il nostro Consiglio dei Laici è precisamente in sintonia con tutta questa vitalità personale e comunitaria.
In questo immenso corpo di Cristo che è la Chiesa, i doni e i bisogni sono molto diversi, e diverse sono le tendenze dell’apostolato. Deve esserci tuttavia una unità nell’ispirazione e una convergenza nello scopo. Non si tratta soltanto di una necessità per l’efficienza dell’apostolato, ma di un criterio della sua autenticità: Cristo ha pregato perché i suoi discepoli fossero uno.
Tutti questi movimenti devono dunque testimoniare senza equivoci una volontà di incontrarsi, di lavorare insieme per gli obiettivi fondamentali, di pregare insieme, di celebrare insieme l’eucarestia, di fare loro i principali orientamenti della Chiesa, in questo periodo di attuazione del Concilio Vaticano II. A livello della Santa Sede, che è quello della Chiesa universale, il Consiglio dei Laici costituisce un luogo privilegiato di questo confronto e di questa collaborazione. E l’Anno Santo deve essere un momento provvidenziale per realizzare, a tutti i livelli, questo riavvicinamento necessario e per vivere questa comunione.
L’apostolato dei battezzati avrà questa autenticità e questa unità se sarà svolto in comunione con i Pastori responsabili del Popolo di Dio, a prescindere dalla diversità delle opinioni concernenti le modalità di collaborazione con la gerarchia. Ci tornano in mente le famose parole di Sant’Ignazio di Antiochia, a proposito della celebrazione dell’Eucarestia: “Nulla al di fuori del Vescovo”. Noi l’applichiamo senza esitazioni all’apostolato dei laici.
Noi sappiamo come i nostri fratelli cercano di vivere l’autorità che è stata loro affidata: in un desiderio di servire! Noi sappiamo anche quanti sono i laici cristiani che danno ai loro Vescovi testimonianze esemplari di fiducia, di lealtà, di sostegno e di cooperazione. In questo stesso momento, più di duecento Vescovi sono riuniti per il quarto Sinodo del nostro Pontificato. Se fossero qui, ci sembra che potrebbero dirvi, in tutta sincerità, riprendendo le parole di Sant’Agostino: “Fratelli, con voi sono cristiano, per voi sono vescovo”.
Cari figli, questo discorso manifesta tutta la fiducia che noi riponiamo in voi. Invitiamo la comunità intera a implorare dal Signore gli apostoli di cui la Chiesa e il mondo di oggi hanno bisogno.
Con la nostra Benedizione Apostolica».
Note al testo
[1] Il discorso è pubblicato in AAS LXVI (1974), p. 567-570 e disponibile on-line sul sito della Santa Sede nell’originale francese.
[2] Questo il testo originale francese del discorso: «[...] il Nous a paru très opportun de Nous entretenir avec vous de deux aspects fondamentaux de l’apostolat des laïcs, qui s’estompent plus ou moins dans l’esprit des chrétiens de ce temps: l’importance du témoignage personnel et l’unité des divers témoins de l’Evangile entre eux et avec leurs Evêques.
L’homme contemporain écoute plus volontiers les témoins que les maîtres, ou s’il écoute les maîtres, c’est parce qu’ils sont des témoins. Il éprouve en effet une répulsion instinctive pour tout ce qui peut apparaître mystification, façade, compromis. Dans un tel contexte, on comprend l’importance d’une vie qui résonne vraiment de l’Evangile!
On pourrait ramener à quatre les motifs de cet attrait du monde actuel pour le vrai témoin du Christ.
L’homme moderne, engagé dans la conquête et l’utilisation de la matière, éprouve une faim d’autre chose, une solitude étrange. Le chrétien tout donné à Jésus-Christ connaît un autre mystère plus insondable que la matière: le mystère de Dieu qui invite l’homme à un partage de vie dans une communion sans fin avec le Père, le Fils et l’Esprit Saint. Mystère de transcendance et de proximité! En vérité, l’homme du vingtième siècle aspire à cette plénitude de dialogue personnel que lui refuse la matière. II faut aujourd’hui plus que jamais des témoins de l’invisible.
Les hommes de ce temps sont des êtres fragiles qui connaissent facilement l’insécurité, la peur, l’angoisse. Combien se demandent s’ils sont acceptés par leur entourage. Nos frères humains ont besoin de rencontrer d’autres frères qui rayonnent la sérénité, la joie, l’espérance, la charité, malgré les épreuves et les contradictions qui les atteignent eux aussi. Etre le témoin de la Force de Dieu opérant dans l’étonnante et renaissante fragilité humaine, ce n’est pas aliéner l’homme, mais lui proposer des chemins de liberté.
Les générations montantes sont spécialement assoiffées de sincérité, de vérité, d’authenticité. Elles ont horreur du pharisaïsme sous toutes ses formes. Dès lors on conçoit qu’elles s’attachent au témoignage d’existences pleinement engagées au service du Christ. Elles courent le monde pour trouver des disciples de l’Evangile, transparents à Dieu et aux hommes, demeurés jeunes de la jeunesse de la grâce divine. Les jeunes générations voudraient rencontrer advantage de témoins de l’Absolu. Le monde attend le passage des saints.
L’homme moderne se pose aussi, et souvent douloureusement, le problème du sens de l’existence humaine. Pourquoi la liberté, le travail, la souffrance, la mort, la présence des autres? Or voici que dans les ténèbres celui qui essaye de vivre l’Evangile apparaît comme celui qui a trouvé un sens, un achèvement à sa vie, bien loin des systèmes anthropocentriques et oppressants.
Ce témoignage personnel doit être celui de tout baptisé, de tout confirmé, laïc, religieux ou prêtre. Mais les laïcs sont invités à le vivre de façon particulière, au sein même du monde, en œuvrant selon leur foi dans les affaires temporelles de leurs familles, de leur cité, du monde international, pour bâtir avec tous les hommes, croyants ou incroyants, un monde plus digne de fils de Dieu. C’est en travaillant avec les autres qu’ils découvrent souvent toutes les dimensions de l’apostolat. Ils se garderont d’oublier qu’ils sont aussi appelés à favoriser chez leurs frères la rencontre directe de Jésus-Christ. Leur témoignage n’est pas un témoignage muet.
Nous savons bien d’ailleurs tout ce que les laïcs ont fait pour l’Eglise du Christ dans les siècles passés et depuis les vigoureux appels des Papes en faveur de l’Action catholique. Cependant, malgré l’apparition et le développement de nouvelles formes d’apostolat et l’usage de techniques de plus en plus précises, le témoignage de l’Evangile ne s’impose pas au regard contemporain avec l’éclat suffisant.
Or l’Eglise rendrait stérile l’Evangile et se rendrait ellemême stérile si elle proclamait seulement un idéal abstrait, si bien présenté fût-il, sans que les laïcs ne concrétisent cet idéal, comme un levain enfoui dans la pâte. Nous espérons que nos convictions sur ce point fondamental du témoignage personnel trouveront beaucoup d’écho en vos cœurs.
Mais c’est devenu une nécessité, et c’est une chance de notre temps, de rechercher aussi un témoignage collectif des chrétiens, adapté à l’âge, au voisinage, aux milieux sociaux, aux milieux professionnels, bref aux multiples réalités de la vie. De là sont nés de nombreux mouvements qui soutiennent l’apostolat de leurs membres, grâce à des échanges, à une révision de vie commune, à des objectifs mûris et réalisés ensemble.
Bien plus, ces mouvements ont pris, plus récemment, la note universelle qui sied à l’Eglise catholique et répond aux besoins d’un monde de plus en plus unifié: ils sont devenus internationaux. Notre Conseil des Laïcs est précisément à l’écoute de toute cette vitalité personnelle et communautaire.
Dans cet immense corps du Christ qu’est l’Eglise, les dons et les besoins sont très variés, très diverses les tendances de l’apostolat. Il doit cependant y avoir une unité dans l’inspiration et une convergence dans le but. C’est non seulement une nécessité pour l’efficience de l’apostolat; c’est un critère de son authenticité: le Christ a prié pour que ses disciples soient un.
Tous ces mouvements doivent donc témoigner d’une volonté sans équivoque de se rencontrer, de coopérer ensemble sur les objectifs fondamentaux, de prier ensemble, de célébrer ensemble l’eucharistie, de faire leurs les orientations majeures de l’Eglise, dans cette période de mise en œuvre du Concile Vatican II. Au niveau du Saint-Siège, qui est celui de l’Eglise universelle, le Conseil des Laïcs constitue un lieu privilégié de cette confrontation et de cette collaboration. Et l’Année Sainte doit être une heure providentielle pour effectuer, à tous les échelons, ce rapprochement nécessaire et vivre cette communion.
L’apostolat des baptisés aura cette authenticité et cette unité s’il est accompli en communion avec les Pasteurs responsables du Peuple de Dieu, quelle que soit la diversité des opinions concernant le mode de coopération avec la hiérarchie. Le mot célèbre de Saint Ignace d’Antioche, au sujet de la célébration de l’Eucharistie, Nous revient en mémoire: «Rien en dehors de l’Evêque». Nous l’appliquons sans hésitation à l’apostolat des laïcs.
Nous savons comment nos Frères dans l’épiscopat essayent de vivre l’autorité qui leur a été confiée: dans un souci de servir! Nous savons aussi combine sont nombreux les laïcs chrétiens qui donnent à leurs Evêques des témoignages exemplaires de confiance, de loyauté, de soutien, de coopération. En ce moment même, plus de deux cent Evêques sont réunis pour le quatrième Synode de notre Pontificat.
S’ils étaient ici même, il Nous semble qu’ils vous diraient, en toute sincérité, en reprenant le mot de Saint Augustin: «Frères, avec vous je suis chrétien, pour vous je suis évêque».
Chers Fils, cet entretien vous dit assez la confiance que Nous mettons en vous. Nous invitons toute l’assemblée à implorer du Seigneur les apôtres dont L’Eglise et le monde d’aujourd’hui ont besoin. Avec notre Bénédiction Apostolique».
[3] Si pensi anche solo ad Evangelii nuntiandi 22: «[...] Anche la più bella testimonianza si rivelerà a lungo impotente, se non è illuminata, giustificata - ciò che Pietro chiamava «dare le ragioni della propria speranza» - esplicitata da un annuncio chiaro e inequivocabile del Signore Gesù. La Buona Novella, proclamata dalla testimonianza di vita, dovrà dunque essere presto o tardi annunziata dalla parola di vita. Non c'è vera evangelizzazione se il nome, l'insegnamento, la vita, le promesse, il Regno, il mistero di Gesù di Nazareth, Figlio di Dio, non siano proclamati». O ad Evangelii nuntiandi 20: «La rottura tra Vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca, come lo fu anche di altre. Occorre quindi fare tutti gli sforzi in vista di una generosa evangelizzazione della cultura, più esattamente delle culture. Esse devono essere rigenerate mediante l'incontro con la Buona Novella. Ma questo incontro non si produrrà, se la Buona Novella non è proclamata».
[4] I numeri sono stati da noi inseriti e non compaiono nel testo originale.
[5] Si noti che l'espressione «Le monde attend le passage des saints» è divenuta il testo di uno dei canti della comunità di Taizé».