«Quando parlate di laicità, voi parlate di teologia»: il messaggio inviato dal filosofo Fabrice Hadjadj al neo-eletto presidente della Repubblica Francese François Hollande

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 12 /05 /2012 - 22:28 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito il messaggio inviato dal filosofo Fabrice Hadjadj al neo-eletto presidente della Repubblica Francese François Hollande. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la loro presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Di e su Fabrice Hadjadj vedi, su questo stesso sito, anche:

Il Centro culturale Gli scritti (12/5/2012)

Monsieur le Président de la République française, c’est à juste titre que dans votre programme vous avez insisté sur la nécessité de "défendre et promouvoir la laïcité"

Or, vous n’êtes pas sans savoir que ce mot de "laïcité" est un signe ostensible dans notre langue. Il vient de la théologie catholique.

Comme monsieur Jourdain qui faisait de la prose sans le savoir, quand vous parlez de laïcité, vous faites de la théologie, et vous renvoyez à la parole du Christ : "Rendez à César ce qui est à César, et à Dieu ce qui est à Dieu" (Mt 22, 21). 

La condition de possibilité historique de votre exigence de laïcité repose sur le judéo-christianisme et sur la distinction catholique entre clercs et laïcs. 

S’il n’y avait pas l’Evangile, mais seulement le paganisme ou le Coran, l’Eglise et l’Etat se confondraient, et nous subirions l’emprise totalitaire d’un calife ou d’un président qui se prend pour Dieu.

Ces remarques ont pour vous deux conséquences :

1) Si vous vous mettez à promouvoir la laïcité pour elle-même, c’est-à-dire sans relation distinctive par rapport aux clergés, vous tombez dans le laïcisme, c’est-à-dire dans une religion de la laïcité, avec son "clergé" brun ou rouge, ses chapelles, ses excommunications.

Pour que la laïcité reste elle-même, il faut qu’elle se distingue d’un clergé dont elle reconnaît la valeur, mais avec lequel elle ne veut pas de confusion.

2) Si vous faites de la laïcité un concept détaché de son fondement judéo-chrétien, vous tomberez dans une amnésie qui ne pourra que faire le lit des fondamentalismes

Une laïcité "à la française" ne saurait ignorer le caractère prééminent du christianisme dans la formation historique de la France actuelle. Nous ne pourrons nous mentir longtemps à ce sujet: avec un islam majoritaire, par exemple, la France ne saurait rester laïque. 

C’est pourquoi parler sans distinguo entre les religions, ce serait non seulement faire preuve d’ingratitude - comme on parlerait sans distinction de sa mère et de n’importe quelle femme - mais surtout détruire la laïcité elle-même.

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N.B. Quando F. Hadjadj afferma Comme monsieur Jourdain qui faisait de la prose sans le savoir, quand vous parlez de laïcité, vous faites de la théologie, fa riferimento ad una famosa battuta di Molière. Così la spiega Wikipedia:
Il signor Jourdain è un borghese che si è arricchito e vorrebbe entrare nella bella società, nel gran mondo: eccolo a casa sua, di mattina, circondato dal maestro di musica, di ballo, di scherma, di filosofia, ed eccolo vestito come di mattino veste la nobiltà, così almeno gli ha fatto credere il suo sarto, facendo scoppiare di risa le platee al suo ingresso sul palcoscenico, complici i costumisti teatrali che possiamo immaginare di quali pennacchi, di quali nastri, di quali sgargianti e chiassosi colori sappiano agghindarlo per la scena. C’è rivalità tra i diversi maestri che scroccano denaro al nostro Jourdain e ciascuno di loro ritiene e predica che la propria arte, la propria scienza, è il fondamento primo dell’esser un gentiluomo. Qualche canzonetta e qualche nota musicale gli insegna il maestro di musica, qualche passo di minuetto o “come si fa una riverenza quando si saluta una marchesa”(II,1) gli insegna il maestro di ballo, qualche mossa di spada e a “tirare di terza e di quarta” e come “si ammazza un uomo col solo metodo dimostrativo…”(II,3) gli insegna il maestro di scherma. Ma chi fa la parte del leone, tra i buffissimi maestri, è quello di filosofia, il cui menu didattico spazia disinvoltamente dalla logica alla fisica, all’ortografia, alla fonetica. “Sono innamorato d’una persona del gran mondo - chiede Jourdain all’astuto filosofo - e vorrei che mi aiutaste a scrivere qualcosa in un bigliettino che voglio lasciarle cadere ai piedi…”(II,6). Lo vuole in versi o in prosa, il signor Jourdain, questo bigliettino, si informa il maestro: “No, non voglio né prosa né versi” risponde il nostro povero borghese, che viene così a sapere, invece, che “per esprimerci non abbiamo che i versi o la prosa… e tutto quello che non è prosa è versi e tutto quello che non è versi è prosa…”. E scopre, Jourdain, di parlare in prosa, senza saperlo: “Come? Quando dico a Nicoletta: portami le pantofole e dammi il berretto da notte, questa è prosa?… Ah! Straordinario! Da più di quarant’anni parlavo in prosa e non lo sapevo…” (II,6). È una battuta celebre, una delle più celebri battute di Molière.