«Auguri babbo e grazie per quella canzone che mi hai scritto», di Martino Chieffo
Riprendiamo dal sito della rivista Tempi un articolo pubblicato il 9/3/2012. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (9/3/2012)
Riceviamo e pubblichiamo l'articolo scritto da Martino Chieffo, figlio del cantautore Claudio, venuto a mancare nel 2007 e nato il 9 marzo 1945.
Che dolcezza, che tenerezza, che coraggio un padre che scrive a suo figlio una canzone (Martino e l’Imperatore) in cui dice "tienti stretto alla mia mano anche se non ci sarà" e poi "la la la la la la la la" come a non dire parole che ancora non si conoscono, come a descrivere sensazioni che non si possono conoscere a priori, come a descrivere dolori che non si possono descrivere. Però "tienti stretto alla mia mano". Che pretesa grande, che promessa grande, è la promessa più grande che un padre possa fare a suo figlio perché va oltre il suo limite, va oltre le sue umane possibilità, va dritta in mezzo al mistero e ne svela una parte infinitesimale, una intuizione geniale.
Oggi è il compleanno di Claudio ma lui non c’è più (qui). Chissà cosa pensava quando ha scritto quel testo? Chissà cosa pensava quando suo figlio ormai grande si allontanava da quella mano ("Adesso che sei diventato grande, adesso che te ne vai..." - Canzone del Destino) per poi rifugiarvisi all'ultimo istante, nell'ultimo respiro tenendola stretta, cercando di trattenere ancora per un attimo quella mano al mistero ("Una mano più grande ti solleverà, abbandonati a quella, non temere perché, c'è qualcuno con te..." - Favola) per poi lasciarlo andare e accettare il mistero buono. È bello cantare, è bello scoprire parole nuove in queste parole sentite e risentite tante volte. Sono nuove le parole e sono nuove le emozioni che suscitano.
Emozioni forti, di gioia per avere ricevuto una canzone, di meraviglia nel sentire tante persone che le cantano con te (tanto da interrompere il tuo canto e lasciar cantare solo loro a volte), di stupore che vince l'egoismo nello scoprire che delle stesse parole si sono appropriati tanti padri e tanti figli e non essere più geloso ma libero. Libero di cantare anche quel "la la la" in cui chi parla è il mistero, è tuo padre che è già di là e allora le sue stesse parole ti sembrano un mormorio indistinto, un semplice "la la la". Parole nuove. Buon compleanno babbo e grazie per continuare ad aiutarmi a diventare libero di cercare cosa vogliano dirmi queste parole nuove, come dici tu "è ancora molto lunga questa strada e ho ancora tanta voglia di cantare".