Castità, cioè amore. Breve nota di Andrea Lonardo su di un testo di X. Thévenot
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Presentiamo sul nostro sito una breve nota scritta da Andrea Lonardo a commento di un testo di X. Thévenot.
Il Centro culturale Gli scritti (24/12/2011)
Si ritiene abitualmente che castità equivalga a mancanza di amore. Chi è casto, lo sarebbe perché non ama, perché non desidera, perché è anaffettivo, perché non si interessa.
La castità è invece una condizione essenziale per amare. La castità vera, anzi, è amore. Essa non è innanzitutto il rifiuto di un contatto fisico, ma molto più profondamente la creazione di uno spazio che permette all’altro di maturare e di poter amare a sua volta. Ogni relazione non casta impedisce all’altro di poter nascere all’amore.
Lo spiega in maniera straordinaria X. Thévenot, facendo riferimento all’etimologia della parola castità:
«Il termine casto proviene dal latino castus. Ora, in latino, il contrario di castus è incastus, tradotto in italiano con incestuoso. In altre parole, stando all’etimologia, è casta una persona che non è incestuosa. Questo richiamo etimologico non sembra molto interessante se al termine incesto diamo soltanto il significato ristretto che gli dà il linguaggio abituale, e cioè il fatto di avere una relazione sessuale con un parente prossimo. L’etimologia invece assume un significato ben più forte se si dà al termine “incestuoso” un significato più ampio. [...] Chiamerò “incestuosa” ogni condotta che, in un modo o nell’altro, cerchi di prolungare o di riprodurre lo stato di indifferenziazione che, all’inizio della vita, esisteva tra il bimbo e l’esigenza materna. Di conseguenza sarà casta una condotta che cercherà di far uscire la persona dallo stato di indifferenziazione (“incestuoso”) in cui si trovava agli inizi dell’esistenza»[1].
Se si riflette sul rapporto madre-figlio appare evidente che una madre che non vive un rapporto casto con il proprio figlio, gli impedisce di imparare ad amare. Se lo volesse interamente per sé, il figlio non amerebbe mai nessun altro oltre lei. Così una madre, dopo essersi donata interamente a lui, deve accettare il duro periodo in cui il figlio ha bisogno di staccarsi da lei, anzi lo deve favorire. Se essa non accettasse di perdere in qualche modo l’affetto che il bambino nutre per lei, lo renderebbe incapace di amare altre donne. Solo il suo sacrificio di affetto permette al figlio di crescere. Non è per quel sacrifico che il figlio ama altre persone. Il figlio è in grado di amare altre persone. Ma essa deve permettere al figlio di vivere l’amore. Se essa glielo impedisse, diverrebbe la sua rovina.
Questo doloroso distacco che la madre deve vivere ed anzi favorire non è semplicemente fisico e non è soprattutto fisico. È soprattutto mentale e spirituale. Essa deve accettare che il proprio figlio ami altre persone, senza coinvolgerla in quelle relazioni. È un taglio doloroso. È un taglio che la vita impone. È un taglio che la madre può compiere per amore. La madre vive la gioia del figlio che impara ad amare. E per questo accetta di non essere più la protagonista prima della maturazione del figlio che ama.
Così è della castità di ogni rapporto. Se è vera, essa non nasce dal rifiuto dell’altro, bensì piuttosto dalla necessità di creare quello spazio mentale e spirituale per cui l’altro possa amare. Voler tenere l’altro semplicemente vicino a sé vorrebbe dire condannarlo a non amare altri.
Perché questa separazione mentale e spirituale avvenga è necessario anche un “rispetto” fisico. Perché non esiste niente nell’uomo che sia semplicemente mentale e spirituale, senza essere anche fisico e carnale. Talvolta bisogna incidere nella carne propria e dell’altro per creare quello spazio senza il quale l’altro non scoprirebbe pienamente l’esigenza, che porta dentro il cuore, di amare e di essere amato.
Sarà l’altro a scoprire che può e vuole amare. Ma non si è mai esonerati dalla responsabilità di creare le condizioni perché questo possa avvenire. Questa è castità. Castità che tocca il cuore e la mente, prima che il corpo. Castità che è amore, perché vuole che l’altro ami e sia amato. Perché non vuole che l’altro perda l’appuntamento dell’amore.
Note al testo
[1] X. Thévenot, Principi etici di riferimento per un mondo nuovo, LDC, Leumann, 1984, p. 32.