La quadripartizione del Catechismo della Chiesa Cattolica e l'ispirazione catecumenale dell'iniziazione cristiana: file audio di una lezione di Andrea Lonardo
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Mettiamo a disposizione ad experimentum per valutare l'utilizzo in futuro di files audio le registrazioni ed i testi commentati di un incontro tenuto da Andrea Lonardo il 7/11/2011 sulla struttura del Catechismo della Chiesa Cattolica e l'ispirazione catecumenale della catechesi.
Il Centro culturale Gli scritti (9/11/2011)
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TRACCIA DELLA LEZIONE DISTRIBUITA AI PARTECIPANTI AL CORSO
Andrea Lonardo (www.ucroma.it www.gliscritti.it )
1/ La quadripartizione del Catechismo della Chiesa Cattolica e l’ispirazione catecumenale dell’iniziazione cristiana oggi
da J. Ratzinger, Il Catechismo della Chiesa cattolica e l’ottimismo dei redenti, in J. Ratzinger - Ch. Schönborn, Breve introduzione al Catechismo della Chiesa Cattolica, Città Nuova, Roma, 1994, p. 20
Il Catechismo non procede [...] in maniera semplicemente deduttiva, perché la storia della fede è una realtà di questo mondo e ha creato la propria esperienza. Il Catechismo parte da essa e quindi ascolta il Signore e la sua Chiesa, trasmettendo la parola così udita nella sua logica intrinseca e nella sua forza interna.
da J. Ratzinger, Il Catechismo della Chiesa cattolica e l’ottimismo dei redenti, in J. Ratzinger - Ch. Schönborn, Breve introduzione al Catechismo della Chiesa Cattolica, Città Nuova, Roma, 1994, pp. 26- 27
Alcuni erano dell’opinione che il Catechismo dovesse svilupparsi in una concezione cristocentrica, altri ritenevano che il cristocentrismo dovesse essere superato dal teocentrismo. Finalmente si offrì alla nostra riflessione il concetto del Regno di Dio come principio unificatore. Dopo una discussione serrata, arrivammo alla convinzione che il Catechismo non doveva rappresentare la fede come un sistema o come un qualcosa da derivare da un unico concetto centrale [...] Dovevamo fare qualcosa di più semplice: predisporre gli elementi essenziali che possono essere considerati come le condizioni per l’ammissione al battesimo, alla vita comunionale dei cristiani. [...] Che cosa fa di un uomo un cristiano? Il catecumenato della Chiesa primitiva ha raccolto gli elementi fondamentali a partire dalla Scrittura: sono la fede, i sacramenti, i comandamenti, il Padre Nostro. In modo corrispondente esisteva la redditio symboli – la consegna della professione di fede e la sua “redditio”, la memorizzazione da parte del battezzando-; l’apprendimento del Padre Nostro, l’insegnamento morale e la catechesi mistagogica, vale a dire l’introduzione alla vita sacramentale. Tutto ciò appare forse un po’ superficiale, ma invece conduce alla profondità dell’essenziale: per essere cristiani, si deve credere; si deve apprendere il modo di vivere cristiano, per così dire lo stile di vita cristiano; si deve essere in grado di pregare da cristiani e si deve infine accedere ai misteri e alla liturgia della Chiesa. Tutti e quattro questi elementi appartengono intimamente l’uno all’altro: l’introduzione alla fede non è la trasmissione di una teoria, quasi che la fede fosse una specie di filosofia, “un platonismo per il popolo”, come è stato affermato in modo sprezzante: la professione di fede è nient’altro che il dispiegarsi della formula battesimale. L’introduzione alla fede é essa mistagogia: introduzione al battesimo, al processo di conversione, in cui non agiamo solo da noi stessi, ma lasciamo che Dio agisca in noi.
da J. Ratzinger, La trasmissione della fede ed il problema delle fonti. Due conferenze sulla crisi della catechesi tenute a Lione ed a Parigi nel 1983 (on-line su www.gliscritti.it )
[La struttura della catechesi] è prodotta degli atti vitali fondamentali della Chiesa, che corrispondono alle dimensioni essenziali dell’esistenza cristiana. Così è sorta nei tempi remoti una struttura catechetica che nella sostanza risale al sorgere della Chiesa, che è, cioè, altrettanto e persino più antica del Canone degli scritti biblici. Lutero ha adoperato questa struttura per i suoi catechismi altrettanto naturalmente quanto l’autore del Catechismus Romanus. Questo è stato possibile perché non si tratta di una sistematica artificiosa, ma semplicemente del compendio del materiale di cui la fede necessariamente fa memoria, e che riflette, insieme, gli elementi vitali della Chiesa: la professione di fede apostolica, i sacramenti, il Decalogo e la Preghiera del Signore.
da L. Pacomio, Storia e struttura del Catechismo
[Il cardinal J. Ratzinger scrisse] a proposito del Catechismo Romano: “Vi si legge, in effetti, che era enormemente importante sapere che un certo insegnamento doveva essere impartito in questo o in quel modo. Perché la catechesi per essere veramente adatta a tutti, deve essere esattamente al corrente dell’età, delle capacità di comprensione, delle abitudini della vita e della situazione sociale degli uditori. Il catechista doveva sapere chi aveva bisogno di latte e chi di alimenti solidi, al fine di adattare i suoi insegnamenti alla capacità di ciascuno... Sono dell’avviso che la distinzione fatta dal Catechismo Romano tra il testo base (il contenuto della fede della Chiesa) e i testi parlati o scritti della trasmissione, non sia una possibile strada tra le altre: essa appartiene all’essenza stessa della catechesi. Da una parte, è al servizio della necessaria libertà del catechismo nel trattamento delle situazioni particolari; dall’altra, essa è indispensabile per garantire l’identità del contenuto della fede”.
1.1/ La confessione della fede
da Agostino d’Ippona, Confessioni, VIII, 2.3-5 (sul retore Mario Vittorino, ca. 290-364; si fece cristiano in tarda età e dovette chiudere la sua scuola al tempo di Giuliano l’Apostata)
Per esortarmi [...] all'umiltà di Cristo, celata ai sapienti e rivelata ai piccoli, evocò i suoi ricordi di Vittorino, appunto, da lui conosciuto intimamente durante il suo soggiorno a Roma. Quanto mi narrò dell'amico non tacerò, poiché offre l'occasione di rendere grande lode alla tua grazia. Quel vecchio possedeva vasta dottrina ed esperienza di tutte le discipline liberali, aveva letto e ponderato un numero straordinario di filosofi, era stato maestro di moltissimi nobili senatori; così meritò e ottenne, per lo splendore del suo altissimo insegnamento, un onore ritenuto insigne dai cittadini di questo mondo: una statua nel Foro romano. Fino a quell'età aveva venerato gli idoli e partecipato ai sacrifici sacrileghi, da cui la nobiltà romana di allora quasi tutta invasata, delirava per la dea del popolino di Pelusio e per mostri divini di ogni genere e per Anubi l'abbaiatore, i quali un giorno contro Nettuno e Venere e Minerva presero le armi. Roma supplicava ora questi dèi dopo averli vinti, e il vecchio Vittorino li aveva difesi per lunghi anni con eloquenza terrificante. Eppure non arrossì di farsi garzone del tuo Cristo e infante alla tua fonte, di sottoporre il collo al giogo dell'umiltà, di chinare la fronte al disonore della croce.
2. 4. O Signore, Signore, che hai abbassato i cieli e sei disceso, hai toccato i monti e hanno emesso fumo, con quali mezzi ti insinuasti in quel cuore? A detta di Simpliciano, leggeva la Sacra Scrittura, e tutti i testi cristiani ricercava con la massima diligenza e studiava. Diceva a Simpliciano, non in pubblico, ma in gran segreto e confidenzialmente: "Devi sapere che sono ormai cristiano". L'altro replicava: "Non lo crederò né ti considererò nel numero dei cristiani finché non ti avrò visto nella chiesa di Cristo". Egli chiedeva sorridendo: "Sono dunque i muri a fare i cristiani?". E lo affermava sovente, di essere ormai cristiano, e Simpliciano replicava sempre a quel modo, ed egli sempre ripeteva quel suo motto sui muri della chiesa. In realtà si peritava di spiacere ai suoi amici, superbi adoratori del demonio, temendo che dall'alto della loro babilonica maestà e da quei cedri, direi, del Libano, che il Signore non aveva ancora stritolato, pesanti si sarebbero abbattute su di lui le ostilità. Ma poi dalle avide letture attinse una ferma risoluzione; temette di essere rinnegato da Cristo davanti agli angeli santi, se avesse temuto di riconoscerlo davanti agli uomini, e si sentì reo di un grave delitto ad arrossire dei sacri misteri del tuo umile Verbo, quando non arrossiva dei sacrilegi di demòni superbi, da lui superbamente accettati e imitati. Perso il rispetto verso il suo errore, e preso da rossore verso la verità, all'improvviso e di sorpresa, come narrava Simpliciano, disse all'amico: "Andiamo in chiesa, voglio divenire cristiano". Simpliciano, che non capiva più in sé per la gioia, ve lo accompagnò senz'altro. Là ricevette i primi rudimenti dei sacri misteri; non molto dopo diede anche il suo nome per ottenere la rigenerazione del battesimo, tra lo stupore di Roma e il gaudio della Chiesa. Se i superbi s'irritavano a quella vista, digrignavano i denti e si maceravano, il tuo servo aveva il Signore Dio sua speranza e non volgeva lo sguardo alle vanità e ai fallaci furori.
2. 5. Infine venne il momento della professione di fede. A Roma chi si accosta alla tua grazia recita da un luogo elevato, al cospetto della massa dei fedeli una formula fissa imparata a memoria. Però i preti, narrava l'amico, proposero a Vittorino di emettere la sua professione in forma privata, licenza che si usava accordare a chi faceva pensare che si sarebbe emozionato per la vergogna. Ma Vittorino amò meglio di professare la sua salvezza al cospetto della santa moltitudine. Da retore non insegnava la salvezza, eppure aveva professato la retorica pubblicamente; dunque tanto meno doveva vergognarsi del tuo gregge mansueto pronunciando la tua parola chi proferiva le sue parole senza vergognarsi delle turbe insane. Così, quando salì a recitare la formula, tutti gli astanti scandirono fragorosamente in segno di approvazione il suo nome, facendo eco gli uni agli altri, secondo che lo conoscevano. Ma chi era là, che non lo conosceva? Risuonò dunque di bocca in bocca nella letizia generale un grido contenuto: "Vittorino, Vittorino"; e come subito gridarono festosi al vederlo, così tosto tacquero sospesi per udirlo. Egli recitò la sua professione della vera fede con sicurezza straordinaria. Tutti avrebbero voluto portarselo via dentro al proprio cuore, e ognuno invero se lo portò via con le mani rapaci dell'amore e del gaudio.
1.2/ La celebrazione della fede
dall’articolo Per l'inizio dell'anno liturgico. La corona che plasma il tempo, di Inos Biffi (Osservatore Romano 24/11/2010)
L'anno liturgico è tra le più originali e preziose creazioni della Chiesa, "un poema - come diceva il cardinale Ildefonso Schuster di tutta la liturgia - al quale veramente hanno posto mano e cielo e terra".
Esso è la trama dei misteri di Gesù nell'ordito del tempo. Così, lungo il corso di ogni anno, la Chiesa rievoca gli eventi della sua nascita, della sua morte e della sua risurrezione, così che il susseguirsi dei giorni sia tutto improntato e sostenuto dalla memoria di lui. Una memoria d'altronde che, se fa volgere lo sguardo a quando quegli eventi si sono compiuti, subito fa tendere lo sguardo sul Presente, cioè sul Cristo vivente, che sovrasta e include in se stesso tutta la storia.
1.3/ La vita in Cristo
in G. Cavallotto, Catecumenato antico. Diventare cristiani secondo i Padri, EDB, Bologna, 2005, pp. 36-40; i testi citati sono una rielaborazione del saggio di ricostruzione della Tradizione apostolica di S. Ippolito operata da Bernard Botte - ora B. Botte, La Tradition apostolique de Saint Hippolyte. Essai de reconstitution, Münster, 1989; della Tradizione apostolica, in realtà, non si sa quasi nulla e la maggioranza dei critici diffida ormai del lavoro del Botte; ciò non toglie che i diversi testi che egli raccoglie nella sua ipotesi di ricostruzione hanno un loro valore in sé, indipendentemente dal fatto che probabilmente non hanno mai fatto parte della Tradizione apostolica; i testi sulla conversione richiesta ai catecumeni, in particolare, provengono in massima parte dalle Costituzioni apostoliche, datate da P. Nautin alla fine del IV secolo, in particolare da VIII, 32ss.; il Nautin ritiene che ne sia compilatore un certo Giuliano, forse vescovo di Neapolis presso Anazarbo, di tendenze ariane; il testo rivela anche, a nostro avviso, dei tratti che lo riconducono ad una corrente rigorista
15. «Coloro che si presentano per la prima volta per ascoltare la parola saranno subito condotti davanti ai dottori, prima che arrivi tutto il popolo, e si chiederà loro il motivo per cui si accostano alla fede. Coloro che li hanno condotti testimonieranno a loro riguardo se sono capaci di ascoltare [la Parola].
Saranno interrogati sulla condizione della loro vita: Sono sposati? Sono schiavi? Se uno è schiavo di un fedele e il suo padrone glielo permette, ascolterà la parola. Ma sarà rimandato, se il suo padrone non potrà testimoniare che egli è buono. Se il suo padrone è un pagano, gli si insegnerà a piacere al suo padrone, perché non nasca calunnia. Se un uomo ha moglie o una donna ha marito, verrà loro insegnato ad accontentarsi, il marito della moglie, la moglie del marito. Se uno non ha moglie, gli verrà insegnato a non fornicare ma a contrarre matrimonio secondo la legge, oppure a rimanere com'è. Se uno è posseduto dal demonio, non ascolterà la parola dell'insegnamento fino a che non sia purificato».
16.«Si esamineranno i mestieri e le occupazioni di coloro che sono condotti per ricevere l'istruzione.
Se uno gestisce una casa di prostituzione, smetterà o verrà respinto.
Se uno è scultore o pittore, gli si dirà di non rappresentare idoli smetterà o sarà respinto.
Se uno è attore o dà spettacoli in teatro, smetterà o sarà respinto.
Chi fa il maestro dei fanciulli è bene che smetta. Se non ha altro mestiere, gli si permetterà di continuare.
L'auriga che gareggia o colui che prende parte ai giochi pubblici smetterà o sarà respinto.
Il gladiatore o colui che addestra i gladiatori al combattimento, il bestiario che combatte nel circo contro le fiere, o il funzionario addetto ai giochi dei gladiatori, smetterà o sarà respinto.
Chi è sacerdote o guardiano di idoli, smetterà o sarà respinto. Il soldato subalterno non ucciderà nessuno. Se riceverà un ordine del genere, non lo eseguirà e non presterà giuramento. Se non accetterà tali condizioni, sarà respinto.
Chi ha potere di vita e di morte o il magistrato supremo di una città, smetterà o sarà respinto.
Il catecumeno o il fedele che vogliono dedicarsi alla vita militare saranno respinti, perché hanno disprezzato Dio.
La prostituta, il lussurioso, il dissoluto e chiunque altro faccia cose di cui non sta bene parlare, saranno respinti, perché sono impuri.
Il mago non sia ammesso all'esame. L'incantatore, l'astrologo, l'indovino, l'interprete dei sogni, il ciarlatano, il falsificatore di monete, il fabbricante di amuleti, smetteranno o saranno respinti.
La concubina di un uomo, di cui è schiava, se ha allevato i suoi figli e si è unita a lui solo, sarà ammessa, altrimenti sarà respinta. L'uomo che ha una concubina smetterà e prenderà moglie secondo la legge: se rifiuterà, sarà respinto».
20. «Dopo aver scelto coloro che dovranno ricevere il battesimo, si esamini la loro vita: se hanno vissuto in onestà quando erano catecumeni, se hanno onorato le vedove, se hanno visitato gli infermi, se hanno praticato le opere buone. Se coloro che li hanno condotti testimoniano che si sono comportati in questo modo, ascoltino il Vangelo».
1.4/ La preghiera cristiana
da Cromazio di Aquileia, Catechesi al popolo. Sermoni, Città nuova, Roma, 1979, pp. 233-235
Fra tutti i salutari insegnamenti il Signore e Salvatore nostro Gesù Cristo ha dato ai suoi discepoli, che gli chiedevano come dovessero pregare, questa forma di preghiera, di cui anche voi avete avuto più esatta conoscenza [...]
Ascoltate ora, o miei cari, come [egli] insegni ai suoi discepoli a pregare Dio Padre onnipotente: "Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, serratone l'uscio, prega il Padre tuo" [Mt 6,6]. La camera cui accenna non indica una parte nascosta della casa, ma vuol ricordare che i segreti del nostro cuore si rivelano solo a lui.
Il fatto di dover pregare Dio a porta chiusa significa che dobbiamo misticamente chiudere a chiave il nostro cuore per ogni pensiero cattivo e parlare con Dio a bocca chiusa e in spirito di purezza: il nostro Dio ascolta la voce della fede e non il suono delle parole. Chiudiamo dunque con la chiave della fede il nostro cuore alle insidie dell'avversario e spalanchiamolo solo a Dio di cui, come si sa, è il tempio, affinché, mentre abita nei nostri cuori, sia lui ad assisterci nelle nostre preghiere. Cristo nostro Signore, parola di Dio e sapienza di Dio, ci ha dunque insegnato questa orazione, in modo che preghiamo così.
Padre nostro che sei nei cieli. Sono parole, queste, di uomini liberi e piene di confidenza. Voi dovete, dunque, comportarvi in modo da poter essere figli di Dio e fratelli di Cristo. Chi traligna dalla sua volontà con quale temeraria presunzione può chiamare Dio suo Padre? Perciò voi, o carissimi, mostratevi degni dell'adozione divina, poiché è scritto: "A quanti credettero in lui diede il potere di diventare figli di Dio" [Gv 1,12].
Sia santificato il tuo nome. Ciò non significa che le nostre preghiere santificano il Signore, che è sempre santo, ma chiediamo che il suo nome sia santificato in noi, affinché, santificati nel suo battesimo, perseveriamo in ciò che abbiamo cominciato a essere.
Venga il tuo regno. E quando non regna sovranamente il nostro Dio, il cui regno è immortale? Ma quando diciamo: Venga il tuo regno chiediamo che venga il nostro regno, quello che ci è stato promesso da Dio e che la passione e il sangue di Cristo ci ha ottenuto.
Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra, cioè la tua volontà si compia in modo che noi facciamo irreprensibilmente sulla terra ciò che tu comandi in cielo.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Qui dobbiamo capire che si tratta di un cibo spirituale, perché il nostro pane è Cristo che ha detto: "lo sono il pane vivo disceso dal cielo" [Gv 6,51]; e questo pane lo diciamo 'quotidiano', perché dobbiamo sempre chiedere di evitare il peccato in modo da essere degni dell'alimento del cielo.
E rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori. Questo precetto significa che noi non possiamo ottenere altrimenti il perdono dei nostri peccati se prima non perdoniamo a quanti hanno peccato contro di noi, secondo la parola del vangelo: "Se non perdonate agli uomini le loro colpe, neanche il Padre vostro perdonerà i vostri peccati" [Mt 6,15].
E non c'indurre in tentazione, cioè: non lasciarci in potere del tentatore, artefice del male. Infatti, dice la Scrittura: "Dio non è tentatore di male" [Gc 1,13]. Il diavolo è tentatore e per vincerlo il Signore suggerisce: "Vegliate e pregate per non cadere in tentazione" [Mt 26,41; Mc 14,38].
Ma liberaci dal male. Egli si esprime così perché l'apostolo ha detto: "Non sapete ciò che vi conviene chiedere" [Rm 8,26]. Dobbiamo dunque chiedere a Dio onnipotente che quanto la fragilità umana non è capace di preavvertire e di evitare, si degni di farcene capaci, nella sua bontà, Gesù Cristo nostro Signore che vive e regna, Dio, nell'unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.
2/ La novità del Catechismo della Chiesa Cattolica: l’insegnamento conciliare
2.1/ Il Credo e la rivelazione (la Dei Verbum)
2.2/ I Sacramenti e il “mistero” della liturgia che prosegue la storia della salvezza (la Sacrosanctum Concilium)
da Salvatore Marsili, Presentazione, in B. Neunheuser, S. Marsili, M. Augé, R. Civil, Anàmnesis 1. La liturgia, momento della storia della salvezza, Marietti, Casale Monferrato, 1974, pp. 5-6
Il Vaticano II ha riportato in modo veramente nuovo la Liturgia alla coscienza della Chiesa, riscoprendola come “il termine più alto (culmen) cui tende tutta l’azione della Chiesa e insieme come la sorgente (fons) donde a questa derivano tutte le sue energie” (SC 10).
Con questa affermazione, che supera d’un colpo ogni visione tanto di ordine puramente esterno-rubricale, quanto di valore prevalentemente giuridico-giurisdizionale, la Liturgia viene situata, insieme con Cristo e – com’è chiaro – dipendentemente da lui (Ap 1,8; 22,13), come “l’alfa e l’omega, il principio e la fine” di tutta la vita della Chiesa. Siamo infatti di fronte a un’elevazione della Liturgia al rango di componente essenziale dell’opera di salvezza, e precisamente sulla linea “cristologica”.
Questo significa che una conoscenza vera della Liturgia non si può avere arrestandosi alla pura ricerca scientifica sul piano storico delle origini, delle fonti, dell’evoluzione o dell’involuzione delle formule e dei riti, ma che al contrario è necessario, al fine di una comprensione autentica della Liturgia in se stessa e in riferimento alla sua funzione nella Chiesa, inquadrarla e approfondirla nella sua dimensione “teologica-economica” e cioè nella “teologia del mistero di Cristo”.
2.3/ I 10 Comandamenti e l’antropologia cristiana (la Gaudium et spes)
da Andrea Lonardo, Il cantiere dell’educazione cristiana”: annuncio – celebrazione – testimonianza e ambiti della vita quotidiana. Relazione al XLV Convegno nazionale dei direttori UCD “Adulti testimoni della fede, desiderosi di trasmettere speranza” (su www.gliscritti.it )
W. Kasper (W. Kasper, L’antropologia teologica della Gaudium et spes, “Laici oggi”, 39 (1996), pp. 44-54) ha sottolineato che la Gaudium et spes procede a partire dall’uomo, ma non a partire dall’uomo così come viene visto dalle scienze umane, pure preziosissime, e nemmeno a partire da una antropologia filosofica. Il punto di partenza scelto dal Concilio fu quello dell’antropologia teologica e cioè dall’uomo “come immagine di Dio”. Se si scorre il testo della Costituzione conciliare ci si accorge che un certo spazio viene riservato alle condizioni storiche peculiare del tempo, ma, non appena il discorso entra nel suo momento fondativo, ecco comparire subito l’affermazione della dignità umana, data dal suo peculiare rapporto con Dio. Il Concilio pensa l’uomo a partire dalla relazione ineliminabile che egli intrattiene con Dio, almeno come orizzonte del suo interrogare, e con gli altri uomini dei quali è costitutivamente responsabile. In questo senso il Concilio afferma conseguentemente con grande acutezza che l’uomo, se da un lato è un essere storico, che muta continuamente al mutare dei contesti culturali nei quali è inserito e dai quali è forgiato e che contribuisce a forgiare, da un altro punto di vista è un essere che «non cambia» (Gaudium et spes 10)! Tutta l’antropologia del Vaticano II è in equilibrio fra la storicità dell’uomo e la sua permanenza e identità stabile attraverso i secoli.