Appunti inattuali sedimentati nel tempo. Blog dei redattori de Gli scritti (agosto-novembre 2011)
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Mettiamo a disposizione alcuni post che i redattori de Gli scritti si sono scambiati dall'agosto 2011 ad oggi.
Il centro culturale Gli scritti 5/11/2011
Evoluzione della pubblicità ed annunzio del vangelo oggi, di A.L.
Un pubblicitario spiega in un volume che la storia della pubblicità ha conosciuto un evoluzione a tre tappe – la sua riflessione può insegnare qualcosa all'annunzio del Vangelo!
Esiste una prima fase nella quale la pubblicità si preoccupava di rendere noto un certo prodotto. In questa fase si sottolineava semplicemente che il prodotto esisteva, si dichiarava il suo nome e lo si mostrava.
In una seconda fase, aumentata la concorrenza, la pubblicità ha cercato di utilizzare un nuovo registro, quello comparativo: il nostro prodotto è migliore degli altri, ha un prezzo inferiore rispetto a quello degli altri, ha determinate qualità che gli altri non hanno, ecc. Qui bisognava cominciare ad entrare nel merito del prodotto stesso e non era più sufficiente semplicemente affermarne l'esistenza.
Nella terza fase, l'attuale, la pubblicità ha scelto un'ulteriore via: il nostro prodotto è ciò che hai sempre desiderato senza nemmeno saperlo, solo il nostro prodotto risponde al tuo desiderio di felicità, al tuo desiderio più profondo ed inconfessato, questo prodotto è la chiave della vita stessa, questo prodotto rende unici.
P.S. Il testo – chiaramente improntato in chiave ideologica – cui si fa riferimento è B. Ballardini, Gesù e i saldi di fine stagione, Piemme, Milano, 2011.
Buone notizie dalla catechesi 2, di A.L.
In un precedente post era stato sottolineato come la quadripartzione di origine catecumenale – confessione della fede, celebrazione della fede, vita in Cristo, preghiera cristiana - passata poi al Catechismo della Chiesa cattolica, cominciasse ad emergere nei documenti di alcune diocesi. E come proprio questo sia una delle prospettive più feconde per un dialogo fra l'ispirazione catecumenale dell'iniziazione cristiana e la fede della chiesa espressa nel CCC.
La quadripartizione emerge ora anche nel recente lavoro di E. Biemmi, Il secondo annunzio, EDB, Bologna, 2011. L'autore ne espone positivamente il valore in due punti del testo, dandole ampio spazio, alle pp. 74-76 ed ancora 80-85.
È una buona notizia.
Resto convinto che la questione è uno dei passaggi chiave per un reale rinnovamento della catechesi. Se il decennio sull'educazione consolidasse nella mentalità dei catechisti la centralità di questa quadripartizione un grande risultato sarebbe già raggiunto.
Sul valore della quadripartizione nella catechesi e nell'iniziazione cristiana vedi l'ultima parte della relazione “Il cantiere dell’educazione cristiana”: annuncio – celebrazione – testimonianza e ambiti della vita quotidiana. Relazione al XLV Convegno nazionale dei direttori UCD “Adulti testimoni della fede, desiderosi di trasmettere speranza”, di Andrea Lonardo
Un re che passeggia di notte in Cittadella di Antoine de Saint-Exupéry, il sacerdozio ed il celibato, di G.M.
Nella notte, mentre tutti dormono o sono al caldo del loro focolare, con le luci che dalle finestre rivelano la vita nelle case, il re di Cittadella – l'ultima opera rimasta incompiuta di Antoine de Saint-Exupéry – cammina in silenzio, osservando la sua città e domandandosi cos'è che renderà felice il suo popolo. Egli cammina solo, eppure è in ansia per il suo popolo e lo porta nel suo pensiero. Vi si può riconoscere chi è sacerdote perché, anche se si allontana ogni tanto per cercare la solitudine, la cerca non come fuga, bensì come momento per comprendere meglio come amare, come portare tutti, come non dimenticare nessuno, come discernere la via giusta per condurre chi gli è affidato – e anche chi non è ancora “appartenente a quel gregge” - ai pascoli della vita.
«Così alla sera io cammino a passi lenti tra il mio popolo e lo circondo del mio amore […] Durante le mie lunghe passeggiate ho capito che il valore della civiltà del mio impero non riposa sulla qualità dei cibi ma […] Così ogni notte osservavo il mio esercito» (Antoine de Saint-Exupéry, Cittadella, Borla, Torino-Leumann, 1965, pp, 37, 38, 43, ecc).
Negozianti, ambienti, centri commerciali e la vita di una parrocchia, di A.L.
Un sacerdote racconta che ritiene parte essenziale del suo ministero andare a presentarsi ad ogni nuovo negoziante che apre un'attività nel territorio parrocchiale. E che per questo, quando ha aperto nel territorio della parrocchia un centro commerciale, si è presentato al direttore ed ai diversi responsabili. Perché – continua – le persone vivono non solo nella comunità cristiana, ma anche e soprattutto dove ferve l'attività dell'uomo, dove sono impegnate le energie e la creatività di ognuno. Questo stile semplice e cordiale – racconta – quasi sempre apre tutte le porte, ben al di là di quello che si potrebbe pensare. È diventata tradizione al centro commerciale che il parroco incontri tutti i lavoratori delle grandi ditte che lo desiderino prima di Natale e Pasqua, alcuni minuti prima dell'apertura dei negozi. E molti, anche non credenti o appartenenti ad altre religioni, apprezzano che il sacerdote venga ad incontrarli, a fare loro gli auguri, a benedire la loro attività.
Perché il lavoro non è una parentesi della vita umana, ma è responsabilità costitutiva dell’essere umano.
I seminaristi di Parigi e la formazione biblica, di A.L.
Incontro in Israele il responsabile della BST (la Bibbia sul terreno) francese. Mi racconta che è ormai tradizione che tutti i seminaristi della diocesi di Parigi abbiano nel loro itinerario formativo un periodo di 21 giorni di pellegrinaggio in Terra Santa con i loro superiori, nei quali si coniuga conoscenza della Scrittura e conoscenza della terra della Bibbia. Non 7 giorni, non 10 giorni... 3 settimane!
Il papa è la cosa più bella che la chiesa possiede oggi, di A.L.
«Il papa è la cosa più bella che la chiesa possiede oggi». Così mi dice un amico sacerdote. Ne discutiamo a lungo. È proprio vero. Benedetto XVI è la cosa più bella che abbiamo. Nella mediocrità dei tempi è luce nella chiesa e al di fuori di essa.
È proprio vero che esiste una grazia del pontificato. Che esiste un'assistenza particolare dello Spirito Santo. I testi precedenti dell'allora cardinal J. Ratzinger erano interessantissimi, ma egli non parlava allora nello stesso modo in cui fa pronuncia da papa un'omelia. È cresciuto e maturato ancora. Per ulteriore grazia dello Spirito.
La dimenticanza della confessione, di L.d.Q.
Si continua a ripetere giustamente che il cristianesimo è la religione del perdono, che il perdono la caratterizza in maniera unica. Eppure talvolta i sacerdoti non dedicano tempo alla confessione, dimenticano che proprio il ministero del perdono è uno dei doni più grandi che solo essi possono conferire agli uomini. Che paradosso. Il dono più grande, un dono che può essere trascurato.
Rom ed omosessuali ad Auschwitz: non li dimentichiamo e non dimentichiamo i cattolici polacchi anch'essi lì sterminati, di G.A.
Leggo su “Il sole24 ore” un articolo sul memoriale dei Rom e su quello degli omosessuali ad Auschwitz ed in Germania. Sono d'accordo, è fondamentale: non debbono essere dimenticati gli altri “olocausti” nazisti.
Ma, proprio per questo, non deve essere dimenticato che esiste anche un “olocausto” polacco, cioè cattolico. Chi non si accorge di questo non può capire la situazione drammatico che visse allora la chiesa - e Pio XII con essa. Il papa comprese che i cattolici polacchi - non solo gli ebrei – erano votati, in qualche modo, alla scomparsa. Il nazismo era anti-cattolico ed anti-slavo – il razzismo hitleriano poneva comunque gli slavi ad un grado inferiore di umanità. I progetti di occupazione a lungo termine della Polonia prevedevano una germanizzazione di essa, con la soppressione di 2/3 della popolazione, a partire dal clero, dagli intellettuali e dalla borghesia, e la riduzione del restante terzo in schiavitù, a servizio della “razza” ariana.
Anche dei cristiani polacchi il papa doveva preoccuparsi e venne loro in soccorso con lo stesso atteggiamento con cui protesse gli ebrei.
Ne sono evidente testimonianza le Relazioni di don Pirro Scavizzi a Pio XII, uno dei testi chiave per la comprensione dell’atteggiamento pontificio in difesa dei perseguitati nel corso della II guerra mondiale – non si capisce perché quasi sempre ignorato anche da studiosi di fama internazionale.
In Italia si ignora anche che nel dopoguerra si è svolta una battaglia culturale sulla memoria di Auschwitz, come ha giustamente notato nel suo studio Jean-Charles Szurek, Il campo di concentramento museo di Auschwitz, in A est, la memoria ritrovata, Einaudi, Torino, 1991, pp. 195-224. Sotto il regime comunista, ad Auschwitz non era riconosciuto il titolo di luogo dello sterminio ebraico. Auschwitz era piuttosto il memoriale della resistenza anti-nazista dei polacchi e gli ebrei polacchi sterminati erano presentati dal governo comunista oltrecortina come polacchi tout court. Non si poneva in evidenza lo specifico sterminio degli ebrei. Si sottolineava piuttosto che Hitler voleva liquidare i polacchi, così come i russi, così come i francesi e gli altri cittadini liberi che gli opponevano resistenza.
Poi, al crollo del Muro di Berlino, è emersa nel Museo di Auschwitz la sua natura peculiare e prioritaria, ma non unica: quella dell'annientamento degli ebrei.
Il fatto che Auschwitz, insieme agli altri campi della morte, servisse allo sterminio degli ebrei non deve far dimenticare che esso serviva anche allo sterminio del popolo polacco, degli zingari e degli omosessuali.
Innanzitutto, quindi, un memoriale degli ebrei. Poi dei polacchi (cioè dei cattolici). Poi degli zingari e degli omosessuali.
Per approfondimenti, vedi la sezione Voci dalla Shoah ed, in particolare, la scheda su Pirro Scavizzi.
Einaudi rifiutò originariamente Se questo è un uomo, di G.A.
Il manoscritto di Se questo è un uomo di Primo Levi venne rifiutato nel 1947 da Einaudi, casa editrice legata allora a filo doppio con il PCI, con una motivazione generica. Anche altre case editrici si dichiararono non interessate alla pubblicazione. Solo una piccola casa editrice torinese, la De Silva, diretta da Franco Antonicelli, accettò di stamparlo.
Evidentemente la memoria della Shoah non era allora, tragicamente, una delle preoccupazioni principali dell’intellighenzia uscita dalla II guerra mondiale.
Fu invece Italo Calvino ad apprezzare Se questo è un uomo ed ha impegnare la propria firma per farlo conoscere, con una recensione molto positiva.
Solo nel 1955, 10 anni dopo la pubblicazione, Einaudi si decise infine ad acquistare i diritti del volume di Primo Levi per realizzarne una ristampa che uscità infine nel 1958.
Nel breve testo a firma di Giulio Einaudi, Primo Levi e la Casa Editrice Einaudi (in Primo Levi: un’antologia della critica, a cura di E. Ferrero, Einaudi, Torino, 1997, pp. 393-399) non si fa cenno al rifiuto originario, come invece si aspetterebbe.
Lo scatenarsi del male contro Gesù, l'anticristo, di G.M.
Mi appare sempre più evidente che lo scatenarsi dell'anticristo contro Gesù ed i cristiani è segno che proprio Gesù è il Cristo e che proprio i cristiani sono i suoi. Non c'è dubbio che il maligno, per quanto si agiti, non riesce a celare che esiste il Cristo e che anche il suo agitarsi lo rivela.
Tornare dopo 33 anni ad Ollomont, di A.L.
Ritorno ad Ollomont. Campo della comunità giovanile dei Protomartiri in Val d'Aosta. Con d. Rino. Avevo 17 anni. Torno ad Ollomont e salgo a piedi al lago By, come 33 anni fa.
È una passeggiata di ringraziamento.
A 17 anni – tanti ne avevo allora – ero appena diventato cristiano. Non che non fossi battezzato. Non che non avessi ricevuto un'educazione cristiana. Ma nella primavera era avvenuta la mia conversione.
Ci si può convertire a 17 anni! Ad Ollomont già pregavo da mesi mezz'ora al giorno. Mezz'ora di meditazione sulla Scrittura. Quando Paolo si sentì male – aveva mangiato non so quanta insalata di riso che gli altri non volevano – d. Rino mandò due di noi a portargli la comunione ed a proclamare per lui le letture della messa in albergo dove era stato portato per il febbrone. Lungo quella strada Patrizia portava la comunione e a me fu chiesto di portare la Parola di Dio. Un ministro straordinario della comunione di 20 anni – tanti ne aveva forse – ed un lettore di 17 anni! La strada è sempre quella. La ricordo benissimo, con l'emozione di quel momento.
Poi l'estate la lettera che mi invitava a pensare se il Signore mi voleva sacerdote. Accolta con serenità – anche se la meditazione durò poi fino ai miei 21 anni.
Fu un campo difficile. D. Rino sciolse la comunità giovanile. Ma per me un campo semplicissimo nella sua bellezza, nonostante le tensioni di quei giorni. Perché la fede rendeva tutto bello.
Sono 33 anni che il Signore mi è stato fedele. Lo posso confermare ora. Allora sapevo che il Signore era fedele, ma senza prove. Il sapere di oggi ha acquisito la certezza della prova della vita: la fede è vera. Seguire il Signore vuol dire perdere la vita per trovarla. Non mi ha ingannato. Tutto ciò che conosco, tutto ciò che so fare, più ancora tutto ciò che sono, lo devo a Lui.
Mi fermo a riflettere su questo. Sì, tutto è venuto da Lui. Tutto è avvenuto a partire da quei mesi. Non tristezza, ma pienezza di vita. Veramente nel Signore c'è il “grande sì” di Dio alla vita. Non ho alcun dubbio su questo. Per me è un'assoluta certezza.
Tutto è venuto da Lui. Non solo ciò che so fare e dire, ma me stesso. Il Signore mi vuol bene. Mi torna in mente un'omelia di quegli anni, in cui si diceva: «Il Signore ha fatto le montagne per noi. Ha pensato a noi prima delle montagne» - era un commento in alta quota a Efesini 1, «Dio ci ha predestinati prima della creazione del mondo».
Ma si potrebbe dire che anche io – nonostante i peccati – da 33 anni gli sono fedele. E la fedeltà nasce dall'amore.
Come scrive Osea 11: Dio è un padre che insegna a camminare ad un figlio. Questo è il nostro rapporto.
Il luogo dove avevamo piantato le tende è stato livellato. Il ruscello incanalato su pietre. Il luogo dove era stato posto il Santissimo per chi voleva pregare, appena sopra il campo, non esiste più. Solo qualcosa è ancora come allora. Il lago By, invece, è sempre lo stesso, anche se appena lo ricordo. Ma ciò che è nato lì non è morto lì.
Sui luoghi e i testi di quegli anni, vedi la Gallery fotografica I campi della mia vita.
Dio vuol bene a noi più che alle montagne!, di A.L.
Si sale sulle montagne talvolta per dimenticare gli uomini. A volte anche se stessi. Ma le montagne sono state fatte da Dio per dire che gli uomini sono importanti e che per loro le ha fatte. È bene allora lodarlo per le montagne. Purché non si dimentichi che ci ha fatto “come un prodigio”. Per questo si sale sulle montagne: per amare di più gli uomini. E per imparare ad amare anche se stessi.
Montagna, di A.L.
Ogni volta alcune sensazioni che si ripetono.
Su di un sentiero come la Grande balconata sopra Breuil-Cervinia e Valtournanche pensi che vorresti portare con te tutte le persone che conosci per far loro ammirare quei posti. Vorresti che potessero essere lì con te.
Salendo, man mano che le specie vegetali ed animali aumentano – fiori di ogni tipo e colore, migliaia di grilli, tanti che bisogna fare attenzione a non calpestarli, nugoli di farfalle che si levano ad ogni passo che si compie, marmotte e dappertutto verde – si percepisce di essere immersi nella vita. Ed essere immersi nella vita fa bene. Sentirsi circondati dalla vita, in tutta la sua semplicità e bellezza. Così come stare bene in mezzo alle vite umane.
L'estate e la libertà da Internet che pure amiamo, di A.L.
Ritengo importante almeno un mese l'anno staccarsi da Internet, che pure è uno straordinario modo di comunicare e di essere umani. Poterlo utilizzare solo ogni tanto e per breve tempo, in una biblioteca di un paese di montagna, senza avere accesso continuo alla rete come nel resto dell'anno, è un'esperienza da ripetere ogni anno. Restituisce altri modi di pensarsi e di comunicare con la vita.
Ed è anche un modo educativo di impedire agli altri di raggiungerti sempre. Bisogna educare ad essere sobri con i messaggi, con le parole. A non cercare gli altri sempre, ad ogni momento, a meno che non si sia marito e moglie o padre e figlio. A cercare l'altro a voce o almeno per telefono e non con mezzi facili, troppo facili, come un clic.
Omofobia e nuove inquisizioni, di G.A.
L'attuale discussione sull'omofobia aiuta a vedere come l'idea di un'“inquisizione” non è così lontana dal pensiero umano, come talvolta si pretende. È abbastanza evidente che vi sono correnti di pensiero che, se avessero la maggioranza democratica, condannerebbero con legge statale da loro emanata chiunque sostiene che è bene che l’uomo si astenga da atti omosessuali o chiunque ritiene che siano peccaminosi – giova ricordare fra l’altro che, nella riflessione morale, essere omosessuali ed avere rapporti omosessuali sono due realtà non identiche fra loro – ma anche chi sostiene che l’omosessualità non è una libera scelta , ma deriva da condizionamenti genitoriali in età infantile.
Molti fautori di posizioni simili, volendo tacciare di omofobia altri, ritengono che anche il mezzo legale debba essere utilizzato contro i loro avversari, per impedire loro di manifestare in pubblico le loro convinzioni morali o psicologiche perché le ritengono omofobe, cioè lesive della dignità omosessuale. È la stessa posizione che aveva nel cinquecento e nel seicento l'Inquisizione cattolica (ma la prassi del mondo protestante di allora era similare): vietare il pensiero e il libero dibattito su posizioni che non si ritenevano confacenti ad un punto di vista dato e che venivano etichettate come dannose per la convivenza comune.
Ora delle due l'una: o riabilitare anche la vecchia Inquisizione, o affermare che, pur nella diversità delle opinioni, è lecito non solo filosoficamente ma anche legalmente che esistano visioni opposte sulla valutazione dell'esercizio dell'omosessualità e che tali opinioni possono essere pubblicamente espresse.
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Sul tema dell'omofobia, vedi anche un precedente intervento dello stesso autore: Pacate domande intorno all’omosessualità ed all’omofobia, di Giovanni Amico.
In una pasticceria/panetteria, di G.M.
Il pane, fatto come si faceva un tempo. Secondo l'antica tradizione. Ma arricchito dalla curiosità del pasticcere. Continuità nella novità, si potrebbe dire!
Manca il pane, manca la pasta asciutta!, di G.M.
Un prete mi fa sorridere. Mi spiega perché secondo lui alcune proposte ecclesiali hanno tanto successo. Spiega: «Alcune parrocchie offrono raffinatissimi dessert spirituali, ma manca nella loro proposta la pasta asciutta, mancano gli spaghetti alla carbonara, manca il pane, cioè le portate principali, il cibo sostanzioso. Manca l'essenziale. Non si accorgono che le persone vogliono della fede anzitutto il pane, non il dessert. A tanti che bussano alle nostre porte manca l'abc, manca la sostanza della fede, non il dolcetto!».
La vocazione della donna non avviene come quella dell'uomo, di A.L.
Una monaca osserva a ragione che nella Scrittura la vocazione della donna non avviene mai come quella dell'uomo. Mosè è chiamato, Davide è scelto, Isaia sente l'appello di Dio... non così le donne. Nella Scrittura, sono esse a comprendere che il popolo in cui vivono ha bisogno del loro aiuto, che una situazione di pericolo grava sulle loro famiglie, che la storia è ad una svolta e serve il loro intervento. Così Ester, così Giuditta, ecc. Tutte comprendono che in quella situazione è Dio che le chiama.
Il crocifisso e la minigonna... in difesa del rispetto dei nuovi immigrati, di G.M.
Il crocifisso non ha mai fatto problema ad un credente di un'altra religione, ad un immigrato da terre lontane. Quello che percepisce come un'offesa alla sua fede è piuttosto la licenziosità, il portare minigonne o scollature in sua presenza, l'affiggere manifesti in cui non è la famiglia costituita da un uomo ed una donna ad essere proposta.
Se si desidera rispettare la sensibilità degli immigrati che bussano alle nostre scuole, che si vietino allora abiti succinti ed effusioni in pubblico. Di qualsiasi tipo.
Porterete in grembo un bambino, di A.L.
Don Daniele presenta durante una veglia ai ragazzi aspiranti catechisti la storia della salvezza. E, commentando la creazione in Genesi, li tocca su temi quasi sempre taciuti e, perciò, ancor più coinvolgenti nella loro semplicità.
Sono ragazzi e ragazze di 16, 18, 20 anni. Dice: «Voi ragazze, fra qualche anno diventerete madri. Nel vostro grembo porterete dei bambini che nasceranno. Avranno bisogno della vostra pazienza, della vostra tenerezza, della vostra dedizione. Dovete prepararvi a questo!».
«E voi ragazzi, sarete i padri di quei figli. Dovrete essere forti per loro. Dovete prepararvi a guidarli, per saper spiegare loro un giorno cos'è il bene e il male. Dovrete proteggere le loro madri, che avrete amato. Dovete prepararvi ad essere padri».
Straordinario tutto questo, nella sua verità. Nei ragazzi e nelle ragazze un grande silenzio, una grande attenzione. Comprendevano che si stava dicendo loro la verità della vita.
Padri e figli ad un funerale, di A.L.
Per la seconda volta. Durante un funerale di una madre, il padre che abbraccia i figli ai suoi lati. Un'immagine vera e semplice. Il sostegno di un padre, dinanzi al dramma. Così deve essere.
Un grande popolo che non sa distinguere la destra dalla sinistra, di A.L.
Cammino per la città. Veramente è un grande popolo in cui tanti non sanno distinguere la mano destra dalla mano sinistra (cfr. Gn 4,11), il bene dal male. Glielo leggi negli occhi, nei modi di comportarsi, di vestire. Tanti sono allo sbando. Poveri di una luce, di una chiarezza, di un be ne verso cui camminare. Lì deve andare Giona.
Pregare per la città, pregare nella città, pregare senza aver paura di essere visti, di G.A.
Un prete racconta che ha compreso quanto è importante passeggiare per il paese pregando il rosario o il breviario. Incontrando le persone dove vivono. E non nascondendo che prega. Quella preghiera manca al paese, manca alla città. Quella preghiera che si vede. Di cui sei certo, perché hai visto il tuo prete pregare. Di cui sei certo, perché lui prega. Perché non solo dice che si deve pregare. Ma hai la certezza che lui è un uomo di preghiera.
Questo fa veramente la differenza nel ministero. Perché pregare non basta, ma pregare fa veramente la differenza quando c'è dell'altro oltre alla preghiera.
Camperisti, camperisti... di G.M.
A volte puoi trovare camper sui tornanti di montagna che hanno dietro di sé 30 macchine. Le antiche regole non scritte del passato prevederebbero che ogni tot chilometri il camper si facesse un po' da parte, fermandosi, e lasciasse passare gli altri che vanno più veloci. Mio padre faceva sempre così in montagna. Lui che non amava correre, quando in salita o in discesa sui tornanti di un passo si rendeva conto della coda che aveva creato, si fermava qualche istante, rendendo la “libertà” e la gioia a chi seguiva. E, invece, spesso trovi camper - e camion - che hanno completamente dimenticato attenzioni come questa. La verità è che la differenza del modo di vivere - anche di vivere le vacanze ed il turismo - non la fornisce un mezzo considerato più o meno proletario, bensì quell'organo addetto a rendersi conto dell'esistenza di altri, ma anche capace di tirare diritto senza pensare a nessuno: il cuore.
Leonardo da Vinci a servizio di Cesare Borgia, il Valentino: la storia è diversa dal moralismo con cui abitualmente la si legge!, di A.L.
Leonardo da Vinci venne più volte a Roma, alla corte pontificia. Forse già nel 1495. Certamente nel 1501, visitando anche Tivoli. Nel 1502 entro a servizio di Cesare Borgia per il quale progettò fortificazioni.
Venne ancora nel 1505.
Venne infine per un lungo soggiorno, che durò dal 1513 al 1516. In quest’ultima circostanza abitò in Vaticano, presso il Belvedere. Da Roma partì poi per la Francia, ultima sua dimora.
Il rapporto fra Leonardo e Roma ed, in particolare, fra Leonardo ed i Borgia aiuta a mettere in risalto come la storia sia ben diversa dalle moralistiche letture cui i moderni sono abituati.
Un gigante come Leonardo era di casa in Vaticano ed, anche, presso la famiglia Borgia e presso il famoso Cesare.
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Su Leonardo da Vinci, vedi su questo stesso sito, vedi anche Il Giovanni Battista di Leonardo da Vinci dal Louvre a Roma per la mostra Il potere e la grazia (di A.L.)