Cardia sulla presa di Roma. Oltre ogni timore. Dal 1870 cammino provvidenziale, di Carlo Cardia
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Riprendiamo da Avvenire del 20/9/2011 un articolo scritto da Carlo Cardia. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti sull'unità d'Italia vedi su questo stesso sito la sezione Storia e filosofia.
Il Centro culturale Gli scritti (20/9/2011)
Il 20 settembre 1870 è un anniversario ricco di significato anche per gli eventi successivi che dal conflitto hanno portato all’armonia tra Roma italiana e Roma cattolica, confermata dalla Costituzione del 1948. Oggi siamo privilegiati per poter guardare al 1870 con gli occhi della storia, ammirando quel complesso disegno provvidenziale che l’allora cardinal Giovanni Battista Montini indicò in Campidoglio nel 1962, che si è dispiegato dall’Ottocento e ha inciso sul papato e sull’Italia, prima incrinando poi riannodando i fili di un rapporto secolare che ha plasmato la nostra identità.
La ricca vicenda risorgimentale doveva conciliare il diritto storico dell’Italia ad avere Roma capitale e il diritto del papa a fruire di una sovranità capace di garantire la libertà di svolgere la sua missione nel mondo. Il 20 settembre porta al primo traguardo con un episodio bellico assai ridotto, e apre un contrasto con la Chiesa perché troppe cose si oppongono per l’altro risultato.
Se ne può ricordare una, spesso sottovalutata: il timore della classe dirigente liberale che si perpetuasse a livello internazionale il ruolo svolto dal papato per secoli, che va oltre la dimensione strettamente religiosa, perché è un ruolo etico, di stimolo per le nazioni e gli Stati affinché agiscano secondo i dettami della legge divina, di vicinanza ai popoli del mondo intero.
Di qui, il tentativo di ricondurre le funzioni pontificie nel perimetro territoriale italiano, con il riconoscimento di guarentigie certamente intelligenti ma concepite solo all’interno dell’ordinamento italiano. Si radica il timore che il Vaticano riesca con la sua forza di attrazione ad oscurare il Quirinale, simbolo del nuovo Regno. Dopo il 1870 per molti politici di prima grandezza in Italia c’è una sola autorità, non può essercene un’altra, ancor più se universale come quella del papa.
La storia ha dimostrato l’infondatezza di questi timori, e ha fatto emergere come il ridurre il Vaticano ad una entità intra-italiana fosse in contrasto con la realtà, e con gli stessi interessi nazionali. Sempre più la figura del papa si ingigantisce a livello internazionale, con Leone XIII che affronta i grandi temi dello Stato moderno, con Benedetto XV, il papa che parla chiaro e forte contro la «inutile strage» e che nella grande guerra viene ammirato e ascoltato da tutti i belligeranti, con i pontefici del Novecento che svolgono un ruolo strategico nell’impegno contro il totalitarismo, per la difesa dei diritti delle persone e della libertà dei popoli.
Nella crescita del ruolo del papato si consuma il timore che il Vaticano possa offuscare il Quirinale, si afferma una consapevolezza diversa. Col suo respiro universale il Vaticano può illuminare il Quirinale e l’Italia, e l’Italia può trarre solo vanto e benefici da un rapporto con la Chiesa che il 1870 aveva concepito in senso unilaterale.
Il cammino che si compie ricompone progressivamente i rapporti tra Italia e Santa Sede, distingue l’eredità positiva dell’Ottocento dai miti statocratici che si dissolvono presto. Il mito del nazionalismo esasperato si consuma nella deriva imperialistica, poi nella follia totalitaria, mentre l’umanità, secondo le parole di Hanna Arendt scopre di aver bisogno di una «nuova legge sulla terra», cioè di un Nuovo Sinai in cui si riconoscano gli uomini e i popoli del pianeta.
Nell’impegno contro il totalitarismo tante cose si consumano, il potere assoluto dello Stato, il suo rapporto altero con le religioni che diviene inclusivo e accogliente, l’attenzione ai cittadini e alle loro aggregazioni naturali. I processi di maturazione della Chiesa culminano nel Concilio Vaticano II, fanno emergere un rinnovato universalismo, fondato sulla difesa dei diritti umani, sulla diffusione della parola di Dio in tutti gli Stati e sistemi politici e sociali. Roma cattolica diviene sempre più universale, la sovranità riconosciuta al Vaticano è talmente lillipuziana da evitare ogni temporalismo, e così solida da risultare connaturata alle esigenze di libertà della Chiesa.
La Costituzione del 1948 porta a nuovi traguardi, perché l’Italia torna a essere terra amica della religione, nel rispetto della libertà per tutti i culti, coltiva una nuova amicizia con la Santa Sede riconoscendone il ruolo nella formazione della propria identità. Con la nuova amicizia tra Chiesa e Italia democratica, Roma diviene il crocevia di una storia politica, diplomatica, spirituale, unica nel suo genere.