Le stanze di San Filippo Neri alla Chiesa Nuova (Santa Maria in Vallicella)
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Riprendiamo per gentile concessione dal sito dell'Oratorio di San Filippo Neri il testo scritto a presentazione delle Stanze di San Filippo Neri. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per altri testi su San Filippo Neri vedi su questo stesso sito la sezione Roma e le sue basiliche.
Il Centro culturale Gli scritti (1/4/2011)
Indice
- Introduzione
- S. Filippo Neri a Roma
- La storia delle stanze di Filippo alla Chiesa Nuova
- Le stanze di S. Filippo oggi
- Le stanze al piano terreno
- Le stanze superiori
- Fonti bibliografiche
Introduzione
Vi diamo il benvenuto a questa visita guidata alle stanze di S. Filippo Neri. Esse da un lato custodiscono quanto rimasto, dopo l’incendio del 1620, delle originarie stanze del santo situate nel primo vecchio convento della Congregazione e qui ricostruite con amore. Dall’altro, col passare del tempo, sono diventate luogo della memoria dove sono state conservate tantissime reliquie del santo, oggetti a lui appartenuti e doni della devozione popolare nei secoli.
La visita ci permette di avvicinarci a S. Filippo nella sua umanità fatta di cose semplici di tutti i giorni, ma anche nella sua santità fatta d’instancabile cura delle anime, continua ed assidua preghiera ed alti momenti d’estasi mistica.
Dopo quattro secoli, la devozione dei fedeli ha arricchito questi ambienti di cose preziose forse nascondendo un poco quella che era la semplicità e la povertà delle originarie stanze. Ma basta guardare bene agli oggetti che gli sono appartenuti, al mobilio, alle pareti, ai soffitti ed al pavimento delle parti originali per veder bene quale era il vero modello di semplicità e povertà evangelica che ha ispirato tutta la vita di S. Filippo.
Ci sono oggetti semplici che parlano della sua vita e degli atti del quotidiano vivere (il suo lettuccio, i suoi occhiali, i suoi vestiti, le sue scarpe, ecc.).
Ma ci sono oggetti che parlano della sua preghiera instancabile, del suo amore infinito per l’Eucaristia, delle sue estasi mistiche, e del tempo passato nella cura delle anime (il crocefisso a lui cosi caro, il calice che porta i segni dell’estasi vissute nella S. Messa, il piccolo confessionale). Ci sono quadri ed immagini sacre a lui appartenute che hanno ispirato e accompagnato i suoi momenti di meditazione e preghiera.
Ma c’è anche il segno e la testimonianza della devozione dei suoi fedeli che hanno voluto donare oggetti d’arte e testimonianze del loro affetto e della stima e venerazione dei Papi del suo tempo Ci sono oggetti che ci parlano della cura con la quale i Padri dell’Oratorio attraverso i secoli ne hanno protetto le sue spoglie mortali.
V’invitiamo a questo piccolo viaggio a ritroso nel tempo alla scoperta di S. Filippo Neri. Queste camere sono accessibili normalmente ai visitatori solo in alcuni giorni dell’anno, in particolare in occasione della Festa del Santo, che cade il 26 maggio. In altri momenti dell’anno Visite guidate per gruppi possono essere realizzate su richiesta rivolgendosi alla Sagrestia al numero +39 06 6875289 o inviando una e-mail a vallicella@tiscali.it.
S. Filippo Neri a Roma
S. Filippo, partito dalla natia Firenze, dopo un breve periodo a S. Germano (l’attuale Cassino) presso un suo zio, arriva a Roma intorno al 1535, spinto dal desiderio di servire il Signore. Nella Città Eterna, Galeotto Caccia, un fiorentino come lui, gestore della dogana pontificia, gli da lavoro come precettore dei suoi due figli. Filippo è pagato con sacchi di farina che gli permettono di avere il pane per il sostentamento quotidiano e con l’alloggio in una stanza semplice dove una cordicella gli fa d’armadio per appendere le sue cose.
La casa del Caccia è vicino alla Chiesa di S. Eustachio, tra Piazza Navona ed il Pantheon. Siamo nel cuore della Città eterna: è qui nel centro di Roma si svolgerà tutto l’apostolato di Filippo. Egli non la lascerà mai più, neppure per brevi periodi, Roma.
Nel 1551, Filippo, divenuto sacerdote è accolto nella comunità della Chiesa di S. Girolamo della Carità tra Piazza Farnese e Via Giulia. Qui a S. Girolamo passerà ben 32 anni della sua vita. In queste stanze e poi nella soffitta della casa, il nuovo apostolato di Filippo darà i suoi frutti con la nascita della nuova esperienza dell’Oratorio Secolare e di una nuova comunità religiosa che prenderà il nome di Congregazione dell’Oratorio.
Questa nuova realtà si consoliderà nel 1575 con l’approvazione della nuova Congregazione da parte di Gregorio XIII. [...] I lavori di costruzione iniziano nel 1575 e già nel 1577 la navata principale della Chiesa Nuova è finita ed è possibile celebrare la prima messa. La chiesa sta venendo su velocemente con il suo grande perimetro. Tra il 1577 ed il 1578, tutti i Padri, fino allora ospiti di S. Giovanni dei Fiorentini, altra chiesa che ha visto crescere l’esperienza oratoriana, si spostano alla Chiesa Nuova: ma qui non c’è ancora una casa, un convento per loro.
La chiesa si appoggia sul lato destro ad un complesso di case, cortili e ad un convento di suore del Rione Parione e qui essi prendono in affitto alcune case per gli alloggi, per la sacrestia e per quanto necessario alla vita della congregazione nascente.
Filippo non li segue ancora, è così attaccato al suo S. Girolamo che pur amando e curando i suoi, non se la sente di abbandonare quelle amate stanze. Nel 1581 Il Card. Donato Cesi, benefattore di Filippo, compra il convento della Clarisse, ormai in stato d’abbandono, e l’annessa chiesa dedicata a S. Elisabetta situate nell’area dell’attuale Via della Chiesa Nuova e le dona al Neri per creare una casa adeguata alle crescenti esigenze della sua congregazione.
Con questa donazione e con l’acquisto di un’altra casa nelle vicinanze, lo spazio ormai è sufficiente per ospitare tutti ed è giunto il momento per S. Filippo di riunirsi ai suoi Oratoriani. Di fronte alle ultime resistenze di Filippo, i confratelli fanno scendere in campo, attraverso il Card. Cesi, lo stesso Papa Gregorio XIII. All’invito del Papa a trasferirsi, Filippo alla fine obbedisce.
La storia delle stanze di Filippo alla Chiesa Nuova
Il 22 novembre 1583, giorno di S. Cecilia, chi fosse passato per questa zona avrebbe assistito ad una singolare processione: un gruppo di preti che portano povere suppellettili e mobilio da S. Girolamo a Chiesa Nuova con in testa Filippo con una grande padella in mano. I romani del rione, compresi alcuni carcerati dalle finestre delle loro celle di Via Giulia, certo non mancarono di cogliere l’occasione per ridere alle spalle e farsi beffe di questo strano gruppo.
Non c‘era in Filippo il desiderio di farsi notare per le sue bizzarrie, quanto quello di umiliarsi di fronte a tutti, anche a costo di passare per uno non troppo sano di mente Questo suo comportamento si potrà riscontrare in tantissime occasioni nel corso della sua vita. Nel convento Filippo si sceglie una zona appartata: due stanzette in alto, accessibili attraverso una ripida e buia scala che ha per corrimano una cordicella.
Due “stantiole”, come lui stesso le chiama, una per dormire e ricevere la gente ed una cappelletta privata per la celebrazione della S. Messa in privato. Le stanze sono disadorne ed il mobilio molto semplice e spartano.
Più in alto, si fa realizzare anche una loggetta per pregare in solitudine. Da lì può vedere il cielo di Roma, i tetti, le cupole ed il suo Gianicolo. Quante volte è andato da solo, o ha portato i ragazzi a passare liete ore piene di svaghi e della sua cura amorevole lassù a S. Onofrio, vicino alla quercia che lui ama tanto.
Filippo vuole stare in alto, più vicino al cielo per pregare più intensamente per la salvezza di tanti uomini. Forse cerca di perpetuare quello che lui ha vissuto per tanti anni a S. Girolamo. Certo ha 68 anni, la salute certo non l’aiuta, quante volte sembra sul punto di morire ma si riprende per la protezione di Maria S.ma e di Gesù. Qui mangia da solo le poche cose che si concede: una zuppa, un poco di pane, due uova ed un poco d’insalata, acqua e pochissimo vino annacquato. Scende in chiesa solo per celebrare e confessare. Ma la sua stanza è sempre aperta per chiunque abbia bisogno della sua guida spirituale, anche fino a tarda notte; lui dorme pochissimo.
Celebra la S. Messa nel suo piccolo oratorio, e qui, egli vive esperienze mistiche di altissima intensità. L’Eucaristia può durare diverse ore: al “Domine non sum dignus”, prima di comunicarsi al Corpo ed al Sangue di Cristo, fa spegnere le candele dell’altare e chiudere la finestra. Rimane così da solo, per ore, in adorazione, alla luce fioca di una candela. Per proteggere questi momenti, un cartello viene affisso sulla porticina con la scritta: ”Silenzio! Il padre dice messa”.
In queste occasioni, ma anche in pubblico, molti fedeli (vedi le numerose testimonianze registrate nel Processo di Canonizzazione) hanno visto Filippo sospeso in aria per rapimento estatico. Alti prelati, povera gente, nobili, fratelli dell’Oratorio salgono e scendono con fatica quelle scalette, ma a nulla al mondo rinuncerebbero ad un incontro con padre Filippo.
Filippo vive a Chiesa Nuova in queste stanze per 12 anni ed esse vedono la sua nascita al cielo il 26 maggio 1595. Subito dopo la sua morte, la camera, trasformata in cappella, diventa meta di visite continue di fedeli. Ancor prima della canonizzazione del santo, viene data l’autorizzazione ai sacerdoti di celebrare la S. Messa in questa cappella.
Purtroppo, nel 1620, un fuoco d’artificio lanciato da Castel S. Angelo, durante una festa, entra dalla finestra e produce un grave incendio. Nessuno se ne accorge in tempo e questo devasta le stanze. Si cerca di salvare il salvabile: una parte delle suppellettili non toccate dell’incendio sono portate in un luogo sicuro. Ma l’incendio ha ormai gravemente danneggiato la struttura delle mura, del pavimento e dei soffitti.
Intorno al 1634, sotto le crescenti esigenze della vita dell’Oratorio e della chiesa, la Congregazione da incarico al Borromini di sviluppare un articolato progetto d’espansione sul lato verso Monte Giordano. Il progetto elaborato prevede, tra l’altro, l’abbattimento delle vecchie costruzioni che hanno servito da convento fino a quel momento. Così si pone il problema di cosa fare per salvare la memoria delle stanze di s. Filippo, ormai bruciate.
Dopo un lungo dibattito sul destino di quest’antica parte del convento, la Congregazione decide di abbattere la parte vecchia ma di salvaguardare quello che era rimasto delle stanze, spostandolo nella nuova costruzione.
Per la nuova collocazione, sono individuati alcuni ambienti sul lato sinistro dell’abside proprio a fianco e sopra la Cappella del Santo. Al primo piano si decide di spostare e ricostruire il piccolo oratorio del santo; al pianterreno si porta una parte del muro della sua stanza. Per completare ed integrare questi luoghi di devozione si creano due anticamere. Il pianterreno ed il primo piano poi sono raccordati da una scala a chiocciola; due nuovi corridoi permettono di accedere, al coperto, a questi ambienti.
Con questi lavori il nuovo assetto delle stanze di S. Filippo è completato cosi come lo possiamo vedere oggi.
Le stanze di S. Filippo oggi
Sul grande e luminoso corridoio che dalla Sagrestia va al Giardino degli Aranci, si apre l’accesso alle Camere private di S. Filippo. Come abbiamo detto, queste stanze sono situate su due piani distinti raccordati tra loro da un’elegante scala a chiocciola progettata da Francesco Borromini.
Le stanze al piano terreno
Il corridoio d’accesso
Al piano terra, prendiamo a sinistra il corridoio decorato da prospettive architettoniche affrescate da ignoto del XVIII secolo che ci porta alla Camera Rossa e alla Cappella Interna. Questo corridoio fu costruito nel 1638 da Borromini per creare un passaggio coperto tra la zona della Sagrestia e la nuova ala. Dalle finestre nel piccolo cortile, si vedono le cupolette delle cappelle del Santo. Sulla porta d’ingresso è posta l'iscrizione "Introite In Atria Eius", Entrate nei suoi atri (dal Salmo 96,8).
La "Sala rossa"
Il primo ambiente che incontriamo è la "Sala Rossa". Oggi, questa stanza è un piccolo museo dove sono raccolte preziose reliquie e ricordi legati alla vita del Santo che serve anche come anticamera per la cappella interna del santo. Il colore rosso della tappezzeria è motivato dal fatto che, sin dai primi tempi, l’ambiente venne utilizzato come luogo dove i papi in visita si potevano cambiare e vestire dei paramenti sacri quando venivano a celebrare alla Chiesa Nuova. L’attuale rivestimento è stato rinnovato nel 1945, a spese dell’allora Mons. Giovanni Battista Montini, il futuro Paolo VI, in occasione della propria Messa d’Argento.
Gli affreschi
Sulla volta, inseriti in una ricca trabeazione architettonica adorna di cariatidi e putti, vediamo una serie di affreschi con scene della vita di s. Filippo Neri, realizzate in gran parte da Niccolò Tornioli da Siena, nel 1643 e solo in parte completati nel 1652 da allievi di Pietro da Cortona. Al centro della volta è l’affresco che narra l’Apparizione della Madonna a s. Filippo malato.
Dentro un medaglione ovale inquadrato da corone di alloro, è rappresentata la visione che S. Filippo ebbe di Maria S.ma nell'aprile 1594, durante una delle sue più gravi ricadute, che lo aveva portato sul punto di morte. Nella sua stanza, Filippo è a letto, separato da una tenda dai suoi e da alcuni medici che lo vegliano. All’improvviso i presenti lo sentono gridare: «Ah, Madonna benedetta! Madonna mia santissima! O Vergine santa! Chi sono io per avere una Vostra Visita?». I discepoli allarmati accostano le cortine e vedono Filippo sollevato in aria con le mani verso l’alto e il volto trasfigurato.
Al tentativo dei suoi di soccorrerlo, egli dice: “Lasciatemi stare, non volete che io abbracci la Madonna che mi viene a visitare”. E passata l’estasi, dice: “Ora non ho più bisogno di voi, la Madonna mi ha guarito”. In effetti, egli si alza dal letto e riprende le sue occupazioni normali tra lo sbalordimento dei presenti.
Nei medaglioni ai lati, dipinti a chiaroscuro monocromatico, troviamo narrati quattro episodi della Vita del santo: Filippo vede la Madonna sorreggere la trave della chiesa in costruzione; S. Filippo esorcizza una donna; S. Filippo appare ad una monaca predicendone la morte; La Pentecoste di Filippo nelle catacombe di S. Sebastiano, eseguita da allievi di Pietro da Cortona.
I ritratti dei pontefici nella Sala rossa
San Filippo nel corso di circa sessanta anni della sua presenza a Roma (1535-1595) ha visto passare sul soglio pontificio ben 12 papi. Altri quattro Papi, dopo la morte di Filippo, si sono certamente occupati della sua canonizzazione avvenuta nel 1622. Altri pontefici nei secoli successivi hanno avuto particolare devozione per il nostro Santo.
Non è questo certo il luogo in cui approfondire il vasto tema delle relazioni di Filippo con i Pontefici del suo tempo. Quello che possiamo dire brevemente è che alcuni di questi hanno avuto con lui un rapporto di grande venerazione, stima e rispetto; altri hanno avuto un poco difficoltà a comprendere il valore veramente innovativo del suo apostolato e non ne hanno favorito l’operato. Ad alcuni, egli ha addirittura profetizzato l’elezione al soglio. Altri lo hanno aiutato e sostenuto nella nascita della Congregazione e nel suo sviluppo o hanno contribuito alla sua canonizzazione.
Con tutti, dato il suo carattere, Filippo ha avuto sempre rapporti molto diretti e sinceri e questo emerge sia dalle sue biografie sia da alcuni cimeli epistolari qui conservati. In questa stanza, sono conservati parecchi ritratti di papi, alcuni dei quali, conosciuti in vita, altri che ne sono stati devoti e fedeli ammiratori. Sopra la porta d'ingresso: Clemente IX, (1667-1669). Sulla parete di fronte: Paolo V (1605-1621) e Gregorio XV (1621-1623), due papi che hanno operato per la sua canonizzazione.
Sulla parete destra: Gregorio XIII (1572-1585), il papa che ha approvato la Congregazione ed ha affidato S. Maria in Vallicella alla stessa; Benedetto XIII (1724-1730), il papa che ha reso festa di precetto il giorno di S. Filippo e Sisto V Peretti; (1585-1590). Sotto la finestra ovale: Leone XI (1605), il già Cardinale Alessandro de’Medici , discepolo e ammiratore di S.Filippo, che regnò solo 26 giorni uno dei più brevi pontificati della storia. Sopra la teca-armadio: Innocenzo X Pamphili (1644-1655) in un quadro che ricorda il più famoso ritratto del Velazquez, oggi conservato alla Galleria Doria Pamphilj. Con alcuni Papi, Filippo ha avuto rapporti di tale dimestichezza e familiarità, da sorprendere.
Un esempio: la lettera scritta da Filippo a papa Clemente VIII esposta sopra una delle vetrine. Filippo si rivolge al Papa rimproverandolo di non essere mai venuto alla Chiesa Nuova a trovarlo, lui che invece ha visite frequenti di Gesù stesso nell’Eucaristia e di molti alti prelati. E con fare deciso, gli comanda di fare ammettere una giovane, figlia di un suo fedele, in un convento di Roma. Il Papa di suo pugno gli risponde sulla stessa lettera, facendogli notare che Filippo gli sembra un poco troppo pieno di sé, vantando queste amicizie. Il papa ritiene di non doverlo venire a trovare, avendo Filippo, più volte, rifiutato la sua nomina a cardinale e, per la giovane, consiglia il nostro di rivolgersi alla superiora. Dopo questa curiosa schermaglia, il papa però con tono molto serio chiede a Filippo di pregare per lui e per la Chiesa.
L’iscrizione
Sulla parete di fronte all’ingresso, un’iscrizione marmorea ricorda l'introduzione della festa di precetto nella diocesi di Roma, il 26 maggio, giorno di s. Filippo Neri, stabilito da Benedetto XIII nel 1725. Sul sarcofago ligneo è collocato il busto in argento del Neri, eseguito dall'orefice bolognese Pietro Zagnoni (1689).
Le reliquie
Varie reliquie ed oggetti appartenuti a S. Filippo, sono conservate nella nicchia e nelle teche della stanza. La nicchia contornata da una ricca mostra marmorea e chiusa da un’elegante imposta di legno traforata e dorata, contiene tre ripiani con diverse lettere ed autografi di Filippo.
Sulla parete verso l’ingresso troviamo un grande armadio a vetri del XIX secolo che, su tre piani, racchiude preziosi oggetti e reliquie. Sul primo ripiano, al centro, troviamo una maschera in cera del volto del Santo realizzata dopo la sua morte.
A sinistra, la giubba bianca donata da S. Pio V a Filippo. Da notare che questo papa, provenendo dall’ordine domenicano, mantenne durante il suo pontificato il saio bianco dell’ordine, come vestito ordinario, iniziando cosi una consuetudine, che vede ancora oggi il bianco come il colore dei vestiti dei Pontefici. Filippo quando portava questi abiti spesso l’indossava in maniera stravagante proprio per allontanare da se ogni possibile vanagloria per doni cosi importanti.
Sul ripiano di mezzo sono conservati indumenti ed oggetti d’uso quotidiano del Santo. Filippo si vestiva in modo molto semplice, spesso con abiti, non certo, nuovi ma sempre puliti ed ordinati. L’esperienza mistica della Pentecoste del 1544 aveva infiammato letteralmente, non solo il suo Spirito, ma anche il suo corpo.
Un calore insopprimibile veniva dal suo corpo, ed anche d’inverno, si poteva vedere girare Filippo vestito solo di una leggera camiciola. Considerate le ore che egli passava nel confessionale, egli dovette chiedere al Papa di essere dispensato dal portare la cotta, prevista dalle norme ecclesiastiche di allora, per non soffocare dal caldo. Il papa, conoscendo bene cosa passasse nel corpo di Filippo, concesse in via eccezionale quanto Filippo chiedeva.
Sul ripiano in basso, a sinistra, vediamo un tabernacolo in alabastro, con il volto di s. Giovanni Battista. Quest’oggetto è un particolarissimo trofeo di guerra preso da un marinaio veneziano, durante la battaglia di Lepanto (7 ottobre 1571), ad una galera turca, e successivamente donato alla Congregazione dei Filippini. La presenza dell’immagine di S. Giovanni in una nave musulmana non deve sorprendere in quanto l’Islam considera il Battista, insieme a Gesù, uno dei profeti inviati da Dio prima di Maometto.
In basso al centro, la cassa di velluto rosso che ha protetto le sue spoglie mortali nei primi tre secoli (vedi quanto si dirà al capitolo successivo). In basso a destra un prezioso reliquiario. Nelle altre teche più piccole della stanza, troviamo un armadio ed una cassapanca provenienti da S. Girolamo della Carità. Sopra le teche e sopra il sarcofago sono esposte toccanti reliquie del santo, tra cui alcuni fazzoletti intrisi dal suo sangue. La panca esposta è quella da dove, S. Filippo predicava i suoi sermoni ai primi discepoli dell’Oratorio nelle stanze di S. Girolamo.
Lo stendardo
Sulla parete di sinistra, entrando, si può ammirare il grande stendardo con l’immagine di Filippo utilizzato il giorno della sua canonizzazione (12 marzo 1622). In basso a sinistra, un’iscrizione, apposta successivamente, ricorda la miracolosa guarigione di un uomo che toccando lo stendardo di ritorno dalle celebrazioni nella Basilica di S. Pietro, riacquistò la vista. Ancora di particolare rilievo in questa stanza sono il ritratto del cardinale Cesare Baronio, eseguito da Francesco Vanni (1605) ed il pavimento in cotto bicolore a scacchi romboidali attribuito al Borromini.
Le sepolture di S. Filippo
Nella Stanza Rossa sono conservate diversi sarcofagi che hanno contenuto le sacre spoglie di S. Filippo Neri, per periodi più o meno lunghi. Per inquadrare meglio tali memorie vale la pena fare un poco di cronistoria. S. Filippo muore il 26 maggio 1595 nelle prime ore del mattino. In mattinata egli viene esposto in chiesa e per tre giorni un fiume di fedeli gli rende omaggio. Quindi egli viene sepolto nella cripta comune destinata ai fratelli dell’Oratorio. Due cardinali, Alessandro Medici e Federico Borromeo, intervengono sulla Congregazione per far spostare il corpo di Filippo in un luogo più in vista ed aperto.
Cosi come emerge dai resoconti del Processo di canonizzazione, s’individua rapidamente a tal scopo un piccolo ambiente al termine della navata di destra, sopra la cappella dell’Assunzione ,che viene adattato a sepolcro. Il luogo, dal 1595 al 1602, diventa meta della devozione dei fedeli. Coperto di drappi, alle sue pareti sono appesi i primi ex voto. Il popolo non ha dubbi sulla santità di Filippo ancora prima della canonizzazione.
Nel 1599, Nero dei Neri, ricco fiorentino a Roma, offre di finanziare una cappella per ospitare in maniera degna il corpo di S. Filippo. Sin dall’inizio si prevede un progetto di grande ricchezza e nobiltà. Nella prospettiva dello spostamento del Santo nella nuova cappella, la Congregazione decide una ricognizione del corpo. Questa avviene dal 7 al 13 marzo 1599.
Ci si accorge subito che la fretta con cui è avvenuta la prima sepoltura, ha arrecato parecchi danni. La cassa di noce è rotta e l’umidità è penetrata in profondità distruggendo quasi completamente gli abiti. Sorprendentemente il corpo è trovato in buone condizioni, quasi che non fossero già passati quattro anni.
Filippo allora è vestito con nuovi abiti sacerdotali ed una maschera d’argento viene posta sul suo viso. Premurosamente è così deposto dentro una nuova “cassa di cipresso ornata tutta di velluto cremisino“. Il luogo della sepoltura viene bonificato e la cassa di velluto protetta da un’altra cassa di pioppo grezzo, è lì riposta, in attesa del completamento dei lavori della nuova Cappella.
I lavori iniziano nel 1600 e terminano dopo due anni. S. Filippo viene portato nella nuova cappella con una solenne e commovente liturgia. La cassa di cipresso è posta in una cassa di noce foderata di broccato argento ed oro. Una cancellata di bronzo protegge la sepoltura sotto l’altare Cosi, il corpo del Santo riposa dal 1602 al 1635 sotto l’altare della cappella. La cassa di noce foderata di broccato argento ed oro oggi si può intravedere all’interno del prezioso sarcofago ligneo con le stelle realizzato su disegno del Borromini al 1635, che ha contenuto e protetto per alcuni anni le due casse suddette.
Intorno al 1638 si registra il tentativo da parte di devoti d’altri parti d’Italia, in particolare di Napoli, di avere una parte del corpo del Santo. Personaggi illustri ed influenti riescono a convincere il papa stesso a favore di questa richiesta. Tuttavia il popolo romano dei fedeli di S. Filippo insorge e riesce ad evitare che il corpo di Filippo venga diviso. Dopo questo episodio tuttavia, anche per evitare vandalismi o dissuadere ulteriori tentativi di divisione del corpo, la cassa di cipresso ornata tutta di velluto cremisino viene messa in un sarcofago di legno rivestito di lamine di ferro e ricoperto d’argento sotto l’altare della Cappella e qui rimane per 280 anni fino al 1922.
Nel 1922, in occasione del quarto centenario della canonizzazione del Santo, fatta una ulteriore ricognizione che ancora una volta sorprende tutti per l’eccezionale stato del corpo del Santo, si decide che il corpo di S. Filippo Neri possa rivedere la luce ed essere esposto, cosi come è, ai fedeli.
Viene preparata una preziosa teca di cristallo e bronzo. Il santo, posto nella sua nuova dimora, è portato tra ali di folla in processione per le vie del centro di Roma, fatto di per sè inimmaginabile in una città che, dalla presa di Roma del 1870 in poi, ha visto il Papa ed il mondo cattolico in un duro confronto con il nuovo stato italiano. In questa teca oggi riposa S. Filippo Neri.
La cappella interna di San Filippo
Attraverso un’elegante mostra d'accesso in marmo nero e venature bianche (attribuita al Borromini), entriamo nella Cappella Interna. Questa, di fatto, è il prolungamento naturale della Cappella Esterna del Santo che si trova nella
chiesa. Il piccolo sacello aveva, in origine, dimensioni più anguste: proprio per rispondere alle nuove esigenze dei Padri, Borromini l’ingrandisce e ne modifica i preesistenti collegamenti con la Cappella esterna. Giulio Donati, un facoltoso avvocato della Curia romana nel 1641 si offre di decorarla.
Sulla parete di sinistra entrando, protetta da una sottile maglia di ferro, troviamo parte della muratura della camera del Neri, di cui abbiamo già parlato. Lo ricorda in alto una scritta in latino che dice “Ex fragmentis cubiculi S. Philippi Nerii”.
Sulla parete di fronte all’ingresso, una nicchia decorata a stucco accoglie la sedia a braccioli preferita dal santo protetta oggi da una struttura di legno intagliato che aprendosi lascia intravedere il delicato cimelio. L'altare, decorato da colonne è sovrastato da una elegante volta che s’innalza fino alla piccola cupola. Sotto l'altare, due ante apribili consentono la visione del corpo di s. Filippo sotto l’altare della Cappella Esterna.
Sull’altare, un’intensa Visione di s. Filippo Neri (1643) in preghiera, attribuita al Guercino. Sopra, una piccola immagine della Vergine di Cesare Gennai. Sulle pareti laterali sono le due epigrafi dedicatorie della famiglia Donati, benefattrice.
Le stanze superiori
La scala a chiocciola
Una scala a chiocciola ci porta al piano superiore. Dalle finestre s’intravedono il cortiletto interno, i tetti delle cappelle. nonché sui muri del cortile, lapidi funerarie d’antiche sepolture della Chiesa Nuova.
Queste scale sono legate ad un particolare episodio accaduto durante la Seconda Guerra Mondiale: un gruppo d’ebrei romani fu messo in salvo dai Filippini, che li nascosero in uno dei passaggi che si aprono su queste scale (la cereria), murando la porta d’ingresso per sviare le ricerche dei Nazisti. Di notte, attraverso un’inferriata, fissata in maniera approssimativa alla finestra, essi potevano scendere, con l’aiuto di una scala a pioli nel cortiletto e nel corridoio sottostante per prender aria e sgranchirsi le gambe. Qui rimasero per diverso tempo finché non fu passato il pericolo.
Il corridoio d’accesso
Al piano superiore uno stretto corridoio decorato da finte prospettive architettoniche e dalle figure allegoriche della Fortezza e della Carità, opera di Giuseppe Silvestri conduce all'anticamera e alla cappellina privata del santo. Sopra il primo arco è posto il busto dell'oratoriano Beato Giovanni Giovenale Ancina.
Si accede all'anticamera attraverso una porta, sormontata dal busto di san Filippo e dall’iscrizione “Sacellum Sancti Philippi“.
L’anticamera della stanza del santo
Il primo ambiente è l’anticamera della stanza del santo. Essa con il suo altare al centro è, di fatto, una cappella ma conserva ricordi e reliquie del santo. La volta dell'anticamera è affrescata con l'Estasi di san Filippo, dipinta da Pietro da Cortona nel 1636. Da notare la presenza, sulla sinistra, di un chierico con la barba ed un chierichetto che contravvenendo agli ordini di Filippo, aprono la porticina del piccolo oratorio per assistere all’estasi mistica di S. Filippo durante la celebrazione privata dell’Eucaristia.
Sull'altare è collocato il notissimo dipinto, realizzato da Guido Reni nel 1615, che ritrae San Filippo in contemplazione della Vergine, spostato nel 1774 dalla cappella del santo in chiesa.
Su un lato della stanza si può ammirare una sagoma lignea a colori di san Filippo che veniva esposta nel giardino di Villa Mattei in occasione della refezione della visita alle Sette Chiese per ricordarne sempre l'ideatore in sua assenza o dopo la morte.
Ai lati dell'altare, entro custodie vetrate, sono il letto e il confessionale di Filippo. Si noti la semplicità del lettuccio smontabile fatto da due panche che sostenevano quattro assi di legno ed un grezzo materasso.
Su un lato della Stanza, troviamo un antico pulpito proveniente da s. Giovanni dei Fiorentini. Le pareti di questa stanza sono tappezzate da quadri e arazzi donati dai devoti del santo. Tra le opere di maggior rilievo un San Lorenzo; un San Michele e angeli con i simboli della Passione, bozzetto del dipinto da Pietro da Cortona nella sagrestia; un arazzo dei primi del sec. XVII sul tema della Assunzione della Vergine; un San Giovannino.
La cappella del santo
A sinistra della porta è la croce di san Filippo: stringendola tra le mani, il Santo è passato al Padre.
Attraverso un portale marmoreo, sopra il quale è inserita l'iscrizione commemorativa della traslazione della cappella, si entra nell’oratorio del Santo. Proprio all’interno del vano della porta è inserita la "porticella" originale della cappella di san Filippo, che possiamo vedere raffigurata nel dipinto della volta.
La cappellina privata di Filippo viene ricostruita pietra su pietra qui nel 1635; utilizzando tutti materiali originali preservati dall’incendio e mantenendo fedelmente l'orientamento, la grandezza e la disposizione della stanza originaria. Sull'altare è collocata una copia cinquecentesca della Madonna di S. Maria del Popolo.
Un tabernacolo del sec. XVII, in alabastro, argento e pietre dure, contiene alcune preziose reliquie del santo. Tra queste segnaliamo, il calice usato dal Santo (il cui bordo è segnato dall’impronta dei suoi denti a causa dell’intensità delle sue esperienze mistiche), gli occhiali e il rosario.
Sulle pareti sono allineati, senza un preciso ordine, quadri od oggetti artistici appartenuti al Santo o donati successivamente alla sua morte. Tra gli oggetti di maggior rilievo: un’antica maschera di cera tratta dal calco del volto di san Filippo; alcune riproduzioni di lettere autografe del santo; un bassorilievo con Madonna con Bambino, di scuola fiorentina, già attribuito a Donatello; un trittico bizantino; un rilievo marmoreo raffigurante il Sacrificio di Isacco, del sec. XVII; alcuni ritratti di S. Filippo e di S. Carlo Borromeo; un rame raffigurante San Filippo nelle catacombe; la Madonna con Bambino e santa Martina.
Vicino all’ingresso, si trova il campanello con la cordicella, utilizzato dal santo per dire messa. Tra gli altri oggetti particolari: la cazzuola e il martello in argento e avorio donati, in occasione della costruzione della Reggia di Caserta, dal re Carlo III di Borbone a Luigi Vanvitelli nel 1752, e da quest'ultimo offerti ai padri dell'Oratorio. Ritornando nell’anticamera, una porticina conduce in un piccolo ambiente, già sacrestia, oggi adibito a reliquiario.
Tra le cose da ricordare, un dipinto ex-voto di Pier Leone Ghezzi raffigurante il cardinal Orsini, poi papa Benedetto XIII, quando, travolto da un terremoto a Benevento, è salvato da una preghiera a san Filippo, due piccole cassapanche appartenute a san Filippo, i cappelli dei cardinali Baronio e Tarugi.
Fonti bibliografiche
- Incisa Della Rocchetta, Le camere di S. Filippo nella rivista “Oratorium”
- Antonio Gallonio, Vita di S. Filippo Neri
- Barbieri-Barchiesi-Ferrara, Guida a S. Maria in Vallicella
- Incisa Della Rocchetta-G. Vian, Il primo processo canonico per San Filippo Neri
- I Edizione: maggio 2005
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