Fare memoria con gratitudine della storia della Chiesa di Roma dal Concilio ad oggi, del cardinal Angelo De Donatis

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 27 /01 /2019 - 15:05 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito il testo della relazione tenuta da S.Em. il cardinal Angelo De Donatis al Consiglio dei prefetti della diocesi di Roma l’1/10/2018 in Vicariato. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Roma e le sue basiliche.

Il Centro culturale Gli scritti (27/1/2019)

Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant'anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandi. Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l'uomo non vive soltanto di pane, ma che l'uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore. Il tuo vestito non ti si è logorato addosso e il tuo piede non si è gonfiato durante questi quarant'anni. Riconosci dunque in cuor tuo che, come un uomo corregge il figlio, così il Signore tuo Dio corregge te.... (Dt 8,2-5)

Come il popolo di Israele, anche noi abbiamo bisogno di fare questo esercizio spirituale di memoria, per guarire dalle nostre ferite. Puntiamo a riconciliarci con il nostro passato, a riconciliarci tra di noi e a riprendere con coraggio il cammino.

In realtà la sola memoria del passato non guarisce proprio nulla. Anzi, corriamo il rischio di dividerci tra di noi anche stavolta! Nel raccontare gli eventi, nel selezionarne alcuni e tacerne altri, nell'interpretazione stessa di "come sono andate le cose", possiamo farci prendere la mano da percezioni parziali, vecchi risentimenti, ferite non risanate, paure di veder minimizzato il proprio contributo.

No, la memoria del cammino compiuto guarisce e riconcilia solo a condizione di essere un esercizio credente, di fede, nel quale cogliamo la presenza e l'azione di Dio, nonostante tutto il peso delle nostre debolezze, e di questa guida del Signore facciamo il nostro punto fermo (il principio e fondamento, per dirlo con il linguaggio di S. lgnazio di Loyola) per poter ripartire. Ricordiamo da dove ha preso le mosse questo nostro esercizio di memoria: il Signore ci chiede "dove sei?" e noi a nostra volta rivolgiamo a Lui la stessa domanda.

 Per questo io mi limiterò questa mattina a ricordare alcuni passaggi di questi cinquantatré anni, dalla fine del Concilio, e affido alla condivisione comune la riflessione più importante: quella che discerne la presenza e l'azione di Dio. Chiediamo proprio allo Spirito Santo di donarci uno sguardo profondo, capace di andare alla sostanza di quello che Dio ha voluto rivelarci attraverso il cammino. Le strategie solo umane (quelle che magari hanno fatto vincere a qualcuno qualche piccola battaglia) rivelano in realtà alla distanza di Dio la propria infondatezza e il proprio corto raggio di pensiero e di azione. No! L'opera di Dio si riconosce al netto delle nostre pretese di controllare tutto, di gestire la vita degli altri e talvolta di dire al Signore quello che deve fare e come lo deve fare!

Sapete bene che ciò che facciamo oggi con il Consiglio dei Prefetti servirà a mettere a punto una prima narrazione della storia della nostra Chiesa diocesana. Quanto vi dirò servirà da base, ma sarà arricchito dalla condivisione dei ricordi e dalla testimonianza di fede di ciascuno di voi. Il frutto del lavoro di questa mattina sarà poi proposto da vescovi ausiliari negli incontri di settore e dibattuto nelle riunioni dei presbiteri in prefettura. Un momento particolarmente importante (una novità di quest'anno) sarà la realizzazione da qui all'inizio dell'Avvento di un incontro comune di prefettura (una sorta di assemblea comunitaria) a cui tutti sono invitati: laici giovani e adulti, religiosi, diaconi e presbiteri. La storia che scriveremo stamattina verrà narrata e fatta oggetto di riflessione anche in questi incontri allargati di prefettura: chissà quante cose i laici delle nostre parrocchie avranno da aggiungere, correggere, integrare! Chi di loro è stato testimone diretto di momenti e di eventi del passato della vita diocesana potrà raccontare come li ha vissuti; chi è più giovane o si è avvicinato da poco alla fede potrà accogliere il racconto degli altri, dei loro sogni e progetti realizzati o meno, e potrà riconoscere la mano di Dio che ha agito nella storia comune.

Contemporaneamente alla riflessione diocesana, anche nelle nostre comunità proveremo a fare lo stesso esercizio di memoria: parrocchie, istituti religiosi, associazioni, movimenti, cammini... sempre alla ricerca della presenza e dell'azione di Dio. Queste storie (quella diocesana comune e quella specifica della nostra comunità di appartenenza) ci aiuteranno a porre in Avvento (possibilmente in occasione di un ritiro) il principio e il fondamento della nostra vita comunitaria: Chi sei tu, chi siamo noi, o Signore?

Ti ho messo alla prova per vedere cosa avevi nel cuore...

Cosa avevamo nel cuore? Permettetemi di dirlo, da testimone di questi decenni di vita ecclesiale: la Chiesa di Roma aveva nel cuore una grande passione per il Signore, perché si è dedicata con entusiasmo alla propria riforma e all'evangelizzazione. Il Concilio Vaticano Il è stato la luce costante di riferimento di questa trasformazione. Le comunità parrocchiali si sono riformate con coraggio, i laici si sono coinvolti con generosità: pensiamo al grande numero di catechisti, di volontari della carità, di animatori liturgici. Molti di loro sono nel frattempo invecchiati, ma spesso continuano ancora oggi il loro servizio; altri più giovani si sono aggiunti nel tempo. Si diffondono nuove realtà ecclesiali: movimenti, associazioni, comunità e cammini, e quelli più tradizionali cominciano una coraggiosa opera di riforma. Una vivacità che realizzava il sogno scaturito dal Concilio e da Evangelii Nuntiandi di Paolo VI.

Il punto fondamentale di questo cambiamento è consistito nel fatto che la Diocesi di Roma ha scoperto a tutti gli effetti di essere Chiesa locale, secondo la visione di Lumen Gentium e degli altri documenti conciliari: una "porzione del popolo di Dio affidata alle cure pastorali del vescovo, coadiuvato dal suo presbiterio, in modo che, aderendo al suo pastore, e da questi radunata nello Spirito Santo per mezzo del Vangelo e della eucaristia, costituisca una Chiesa particolare nella quale è presente e opera la Chiesa di Cristo, una, santa, cattolica e apostolica" (Christus Dominus 11). Questo punto può sembrare apparentemente scontato, ma non lo era affatto e non lo è neppure oggi. Intendo dire che non si aveva la consapevolezza di essere un'unica Chiesa locale, con le sue tipicità, se volete, ma un'unica Chiesa locale; persino il vicario, i vescovi ausiliari e le strutture del vicariato erano considerati realtà istituzionali tra tante della Curia Romana.

Il Concilio e il fermento ecclesiale che ne è scaturito testimoniano che l'anima della Chiesa di Roma è proprio il popolo di Dio che abita in questa città, l'insieme delle comunità e dei cristiani che vivono nei nostri quartieri. È lì che la Chiesa mostra la sua fecondità, la sua forza, la sua vivacità. Piccole o numerose che siano, compatte o litigiose, queste comunità hanno fatto la vera storia della Chiesa di Roma e sempre più hanno preso consapevolezza di essere un'unica comunità diocesana. Il prete romano che la tradizione ci consegna e che è rappresentato da tante e indimenticabili figure è un prete molto vicino alla gente, al popolo di Dio. Che fosse romano di origine o che venisse da altre diocesi (cosa ci faccia a Roma il prete diocesano veronese o bergamasco, lo vedremo nel corso di questa narrazione), la gente lo percepiva al suo fianco: non solo nella liturgia rinnovata o nella spiegazione della Parola di Dio, ma anche nelle lotte per migliorare il proprio quartiere e le proprie condizioni di vita.

Infatti il contesto in cui la Chiesa di Roma si è trovata negli anni '60 e '70 conteneva delle sfide enormi. Prima di tutto l'incremento della popolazione. Prima del secondo conflitto mondiale il numero dei residenti si attestava a poco meno di settecentomila, ora quasi tre milioni. L'accrescimento si caratterizza non solo per le proporzioni, ma soprattutto per l'energico impatto culturale sulla città. Si potrebbe parlare di un vero e proprio 'mutamento genetico' del tessuto cittadino ed ecclesiale, un cambiamento epocale della città di natura sociale, economica, culturale. È significativo quanto ha detto Paolo VI nell'omelia della Celebrazione Eucaristica, la mattina del giorno di Pasqua del 1967, nella parrocchia S. Maria Janua Coeli a Boccea: "Sono molto contento di celebrare il santo giorno della Resurrezione de/ Signore con voi. Voi che avete lasciato la vostra terra. Terra d'Abruzzo, terra d'Umbria, di Sardegna, delle Marche e della Calabria... per vivere in questo quartiere della grande periferia di Roma". Roma è una città d'immigrazione interna per più del 90% dei residenti. La storia delle famiglie degli attuali abitanti della città di Roma attesta la presenza di radici e legami, tuttora vivi, con paesi, borghi e città d'Italia, soprattutto del Centro e del Sud del Paese. A questa realtà ora si aggiungono, in modo particolare per alcuni quartieri (pensiamo a Torpignattara), le sfide dell'immigrazione dall'estero e dell'integrazione nelle comunità cristiane dei cristiani che vengono da altri paesi.

La crescita rapidissima della popolazione e il conseguente impetuoso, disordinato boom edilizio, impose l'istituzione di nuove parrocchie. Dopo la prima guerra mondiale erano 64, prima della seconda guerra mondiale erano già arrivate a 114, negli anni '60 toccano il numero di 215. Nel 1980 arrivano a sfiorare il numero di 300 parrocchie.

Già dal periodo tra le due grandi guerre si manifesta il problema dell'insufficienza dei sacerdoti per la richiesta delle nuove parrocchie, che andava oltre le reali possibilità delle tre istituzioni formative (Seminario Maggiore e Minore e Collegio Capranica). Il Papa Pio XII e poi Paolo VI per 3 assicurare alla popolazione l'assistenza religiosa e la cura pastorale nei nuovi quartieri chiesero l'aiuto delle Congregazioni Religiose, degli Ordini e delle diocesi italiane. Vorrei segnalare la storia bellissima di alcune comunità di religiose e di religiosi che scelsero di dedicare la loro vita agli abitanti delle periferie romane appena nate, spesso prive di strade, delle utenze, dei servizi: questi religiosi e religiose accolgono i nuovi arrivati, organizzano la scuola elementare e media a prezzi accessibili (spesso prima che nascano le scuole statali), sostengono le famiglie, le fanno sentire a casa. Le persone percepiscono che la Chiesa non si è dimenticata di loro...

Ecco, in questa Chiesa di popolo che si riorganizza la vita nel dopo-Concilio, con la passione di sempre e la disponibilità al nuovo che i tempi e le circostanze a Roma richiedono, vedo senz'altro un segno della mano di Dio. Come vedete, questa storia non è fatta "dall'alto" ma "dal basso": è lì che scrive la mano di Dio. Tuttavia non possiamo non ricordare alcune figure chiave, importantissime per Roma:

San Giovanni XXIII.

 fu l'ispiratore dell'idea di chiesa particolare di Roma, distinta dalla Città del Vaticano. Dispose la valorizzazione della Basilica del Laterano, come cattedrale della chiesa di Roma, assegnò il Palazzo Lateranense, prima Museo Etnologico, a sede del Vicariato (Curia diocesana), dispose il restauro del Seminario Romano Maggiore e del Palazzo dei Canonici, elevò ad Università l'Ateneo Lateranense, avviando la presa di coscienza della dimensione diocesana. Nacque così la Città del Laterano (Civitas Lateransensis) per l'esercizio del ministero pastorale del Papa, quale Vescovo della diocesi di Roma. È diversa dalla Città del Vaticano (Civitas Vaticana), che è il territorio dello Stato Vaticano, dove sono collocati gli uffici (Dicasteri vari) per l'esercizio del ministero petrino verso tutto il mondo cattolico. Il 1960 fu l'anno nel quale concretizzò ulteriormente con intento pastorale la sua intuizione sulla Chiesa locale di Roma con l'indizione e la celebrazione del primo Sinodo diocesano, il primo dopo il Concilio di Trento.

San Paolo VI (1963-1978).

Nel 1966 alla luce della dottrina del Vaticano Il e per l'applicazione dei suoi orientamenti ha emanato il Motu proprio Romanae Urbis, con il quale determinò la ripartizione pastorale della diocesi in settori: Centro, Nord, Sud, Est, Ovest, ed elaborò un disegno pastorale di Roma. Nel 1967 iniziò la Visita Pastorale nelle parrocchie. Ebbero inizio nel 1968 in diocesi il Cammino neocatecumenale nelle parrocchie e la Comunità di S. Egidio, prima nelle periferie ('baraccati') e successivamente con un'azione ed un impegno internazionale.

1972 Paolo VI nominò S.E. Mons. Ugo Poletti Vicario di Roma, già vicegerente dal 1969. Il nuovo Vicario realizzò una sorprendete prossimità rispetto al mondo cattolico cittadino. Curava molto i contatti personali, soprattutto con i sacerdoti, visitava spesso le parrocchie e le varie realtà ecclesiali, ritornava continuamente (quasi ad ogni incontro) a sottolineare la dimensione diocesana della Chiesa di Roma

Don Luigi Di Liegro non era solo il Direttore della Caritas (che nacque in realtà nel 1979) ma il responsabile del "Centro Pastorale per l'animazione della comunità cristiana ed i servizi sociocaritativi", un ufficio diocesano cioè a cui competeva coordinare e animare il complesso mondo delle relazioni tra la Chiesa e la città. Egli è colui che più di ogni altro contribuì a delineare il profilo della Chiesa di Roma nelle periferie (confini delle parrocchie, delle prefetture). La sua azione puntava a sostenere la realtà ecclesiale perché non camminasse parallelamente alla vita cittadina, ma la servisse, la fecondasse, testimoniandovi il Vangelo della carità. Don Luigi ha scritto: La Chiesa non vive in margine alla città, indifferente alla sua essenza e al suo destino. Al contrario ne è solidale. La Chiesa diventa locale solidarizzando con la città in una maniera specifica. Il suo ruolo consiste nel suscitare il popolo di Dio a partire dal popolo della citta 

Dopo alcune persone-chiave della storia di Roma, vorrei ricordare ora alcuni avvenimenti:

Il Convegno del febbraio '74

Nel febbraio 1974 Paolo VI, su proposta del Vicario di Roma, indisse il Convegno sulle "Attese di carità e di giustizia nella diocesi di Roma', detto 'sui mali di Roma'; le relazioni che guidarono il confronto nelle assemblee del convegno furono tenute da: Prof. Giuseppe De Rita, don Clemente Riva, poi vescovo ausiliare, Dott. Luciano Tavazza, Don Luigi Di Liegro. Il Convegno era nato dall'intenzione del Papa di determinare una presenza più efficace della Chiesa locale nella città per contribuire a risolvere i gravi problemi delle nuove povertà e dei disagi sociali. 

Scrive Andrea Riccardi: "Il convegno fu un momento di ricucitura delle relazioni interne alla Chiesa, soprattutto con quegli ambienti maggiormente impegnati nel sociale, anche senza particolari relazioni con le istituzioni. Nonostante la riduzione della pratica religiosa, la Chiesa contava su un vivace mondo di laici spesso giovani. Emergeva nelle parrocchie e nei gruppi cattolici un tessuto rinnovato". Se il Convegno contribuì a far emergere e rinsaldare tale tessuto ecclesiale, rappresentò però un momento critico della vita cittadina: la Chiesa di Roma, svelando i mali della città, aveva di fatto anche denunciato le inadempienze dell'amministrazione DC. Il sorpasso del Partito Comunista alle elezioni comunali successive, sembrò una colpevole conseguenza del Convegno del '74. ln realtà la Chiesa di Roma, senza nessuna strategia pro o contro nessun partito, aveva esercitato la sua libera capacità di profezia al servizio del bene comune, cercando di far saltare vecchi accordi e compromessi con il potere politico, soprattutto nell'ambito della speculazione edilizia di quegli anni.

Il 6 gennaio 1977, Paolo VI pubblicò la Costituzione Apostolica, Vicariae potestatis in Urbe per la riforma del Vicariato di Roma, motivata dalla: "esigenza di rendere l'esercizio della potestà vicaria nella cura pastorale della Diocesi di Roma più consono agli orientamenti emersi dal Concilio Ecumenico Vaticano II". Il documento intendeva specificare i ruoli, le competenze e gli ambiti di azione dei diversi uffici (raccolti in tre grandi centri pastorali: per cristiana ed i servizi socio-caritativi), come pure dei tribunali ecclesiastici, ed inoltre conferire al Vicariato un assetto più congeniale alla natura particolare della città di Roma.

Nel 1978 con il pontificato di San Giovanni Paolo Il inizia una fase nuova anche per la vita della Diocesi di Roma. Il carisma del Papa venuto dall'Est rilancia la pastorale familiare e quella giovanile diocesana (prima gli incontri annuali in Aula Nervi con i giovani romani, poi le Giornate Mondiali della Gioventù) e di conseguenza cresce il numero delle vocazioni sacerdotali e di speciale consacrazione. Si spostano, in un certo senso, gli equilibri ecclesiali: i movimenti, i cammini e le associazioni di più recente fondazione e che più puntano su un'identità forte e sul coraggio dell'evangelizzazione sono particolarmente sostenuti dal Papa. Nasce a fine anni '80 il Redemptoris Mater per la formazione dei presbiteri che provengono dal cammino neocatecumenale e che in breve raddoppierà il numero delle ordinazioni presbiterali della Diocesi. Giovanni Paolo II continua a sostenere il processo di Roma Chiesa locale, attraverso la visita delle parrocchie (le visiterà quasi tutte!), l'appoggio forte e deciso a don Luigi di Liegro (e alle tante iniziative cittadine-opere segno della Caritas) e l'iniziativa del Sinodo diocesano.

Il Sinodo diocesano (1986- 1993)

È stato voluto da Giovanni Paolo II per tradurre gli orientamenti pastorali del Vaticano II in scelte concrete. La nuova evangelizzazione divenne l'intento pastorale comune, come impulso rinnovato all'annuncio di Gesù Cristo nella città, dove molti battezzati vivevano ormai senza alcun riferimento al Vangelo. È stata esplicita la necessità della formazione cristiana dei fedeli, soprattutto dei sacerdoti, degli operatori pastorali ad ogni livello: catechisti, animatori della liturgia, volontari della Caritas, animatori dei gruppi di giovani, ecc.

Significative sono state le 'assemblee presinodali di Prefettura' (dal 13 gennaio 1991 al 21 aprile 1991) nelle quali sono state discusse e approvate le 113 proposizioni presentate nello 'Strumento di lavoro ', elaborato da 15 commissioni, che avevano preso in considerazione i vari aspetti della comunità cristiana. Vi parteciparono con entusiasmo più di 10.00 persone: sacerdoti, religiosi e laici. Ancora una volta la Chiesa di Roma rivelò che aveva nel cuore una passione straordinaria per il Vangelo e il suo annunzio e per una riforma della Diocesi che accogliesse i segni dei tempi. Durante i lavori dell'Assemblea sinodale venne spesso richiamato l'asserto:

Certamente urge ovunque rifare il tessuto cristiano della società umana. Ma la condizione è che si rifaccia il tessuto cristiano delle stesse comunità ecclesiali" (Christifideles laici, n.34). I lavori si conclusero il 15 maggio 1993 con l'approvazione del 'Libro del Sinodo'. Nel frattempo, nel 1991 S. E. Mons. Camillo Ruini, poi Cardinale, era stato nominato Pro-Vicario. Forse proprio a motivo di questo cambiamento di guida (Ruini concluse un Sinodo a cui non aveva partecipato) molti lamentarono che "il Libro" non rappresentasse pienamente la vivacità e l'originalità del dibattito sinodale e che quindi non costituisse un comune punto di riferimento per il cammino diocesano degli anni successivi.

Nel 1998 Giovanni Paolo II emana la Costituzione Apostolica, Ecclesia in Urbe, dove tra l'altro afferma: "La nuova evangelizzazione e lo slancio missionario impresso dal Sinodo pastorale sono una scelta permanente della Chiesa di Roma, che esige un forte impegno di crescita nella comunione tra tutte le sue molteplici componenti" (n.3). Vengono eliminati i tre centri pastorali, a favore della centralità del Consiglio episcopale, punto di convergenza per i molti uffici del Vicariato di Roma.

Altro evento fondamentale fu la Missione cittadina 'permanente' (1996-1999)

La Missione cittadina, secondo le intenzioni del Papa, è stata indetta, nell'approssimarsi del Grande Giubileo del Duemila, per avviare il cammino permanente di nuova evangelizzazione della diocesi di Roma.

Due anni di incontri di formazione dei Missionari nelle zone Pastorali (leggi: Prefetture allargate), appositamente determinate per l'occasione, hanno preceduto le due fasi di attuazione:

1997-1998: Missione nelle case.

1998-1999: Missione negli ambienti.

Migliaia di fedeli laici delle parrocchie, dei Movimenti, delle Associazioni, delle Congregazioni religiose maschili e femminili, mescolandosi al di là delle appartenenze, parteciparono alla presa di contatto diretto con la gente nelle case, nelle strade, negli ambienti del lavoro e delle professioni: banche, uffici, aziende, Ministeri, nei luoghi d'incontro. Si realizzò un benefico convergere di missionari che, al di là delle differenti provenienze ecclesiali, operarono in piena integrazione e collaborazione con l'unico e chiaro scopo di rendere l'annuncio del Vangelo credibile.

La finalità di creare i 'Centri di ascolto della Parola' nei palazzi e negli ambienti è stata realizzata sorprendentemente in maniera diffusa. Ne sorsero in numero considerevole. Alcuni “Centri” avrebbero continuato ad andare avanti tenacemente per forza d'inerzia, anche negli anni successivi, fino ad oggi.

La celebrazione del Giubileo, in modo particolare della Giornata mondiale della Gioventù a Tor Vergata, è stata vissuta come un momento di grazia speciale da tutta la comunità diocesana di Roma, non solo dai giovani. Mi sembra di poter dire che gli effetti positivi della missione cittadina e dell'anno giubilare si siano fatti sentire per una decina di anni ancora, nelle parrocchie e nelle diverse realtà ecclesiali. Ad una comunità cristiana introversa, talvolta troppo impegnata "ad intra" (anche se in cose importanti, come la catechesi di iniziazione cristiana) il Signore ha fatto sperimentare che è possibile "rompere gli schemi" delle ordinarie attività pastorali per dare la priorità all'evangelizzazione, dalla forma semplice del primo annuncio nelle case a quella più complessa dell'animazione negli ambienti di vita.

Con il pontificato di Papa Benedetto XVI (a cui è seguito dopo qualche anno la nomina a Vicario del Cardinale A. Vallini) l'accento si sposta sulla trasmissione dei contenuti della fede, sul dialogo con tutti soprattutto riguardo le ragioni del credere, e nello stesso tempo sulla carità, anima della vita della Chiesa. Possiamo dire di esserci nutriti della parola sapiente e profonda di Benedetto, un insegnamento in realtà mai astratto ma tagliato sulla vita delle persone e della Chiesa. A noi di Roma egli ha proposto a più riprese di dedicarci all'educazione dei ragazzi e dei giovani (l'emergenza educativa), e alla verifica e revisione dei percorsi di iniziazione cristiana, tenendo conto anche del graduale impoverimento della pastorale giovanile delle parrocchie di Roma. Ricorderete il cammino fatto con il cardinale Vallini in questi ultimi anni sui giovani e le famiglie. Se da una parte si sono diffuse nella nostra diocesi modalità nuove di riscoperta del Vangelo, di annunzio, di catechesi kerigmatica, di formazione cristiana (pensiamo ai dieci comandamenti, alla rivitalizzazione dei pellegrinaggi, ecc), in generale si constata un allontanamento delle persone (giovani e famiglie giovani) dalla fede e dalla Chiesa. Stanchezza, senso di impotenza, invecchiamento degli operatori pastorali, sembrano bloccare in partenza ogni determinazione ad affrontare le sfide pastorali di questo tempo. Le parrocchie in particolare riconoscono di essere affette da diverse malattie spirituali che ne spengono il dinamismo missionario. Ma anche quei movimenti, cammini ed associazioni, che avevano mostrato una grande vitalità negli anni '80 e '90, sembrano in questa fase meno forti e incisivi, forse più consapevoli delle proprie manchevolezze...

 Siamo arrivati al nostro tempo, ad Evangelii gaudium e alle parole di Papa Francesco:

«Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato all'evangelizzazione del mondo attuale, più che per l'autopreservazione» (n.27).

«La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del "si è fatto sempre così". Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità» (n.33).

Bibliografia essenziale

- GIUSEPPE DE RITA, Fare Chiesa oggi a Roma, relazione tenuta l'8 settembre 2009 a Sacrofano (RM). Testo tratto direttamente dalla registrazione, non rivisto dall'autore.

- MARCO IMPAGLIAZZO, La diocesi del Papa. La Chiesa di Roma negli anni di Paolo VI (1963-1978), Guerini e Associati, Milano 2006.

- L. Dl LIEGRO, La Chiesa locale e la città, in G.B. Sgritta (ed.), Esclusione e comunità: Decentramento e partecipazione nel pensiero e nell'azione di don Luigi Di Liegro, Edizioni Lavoro 2004.

- GRUPPO LA TENDA, Roma come Chiesa locale. Un'esperienza di dialogo, EDB, Bologna 2003, p. 482.

- A. RICCARDI, Chiesa del Papa e Chiesa locale Roma la città di tutti i cattolici, in La Comunità cristiana di Roma, a cura di M. Belardinelli-P. Stella, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2002, p. 465-481.

- A. RICCARDI, Due Rome e tanti problemi, in AA.VV. ln Cristo nuova creatura. Scritti in onore de/ cardinal Camillo Ruini, Mursia, Roma 2001, p.393-409.

- QUADERNI 'SINODO ROMANO', Chiesa di Dio in Roma. Lineamenti in preparazione al Sinodo pastorale diocesano, vol. 3, Roma 1988:

- La Chiesa di Dio che è in Roma. Note caratteristiche e responsabilità ecclesiali, pp. 67-80,

- La Chiesa di Roma: prospetto storico, pp. 81-115,

- Il contesto socio-culturale della città, pp. 117-130,

- La 'nostra' chiesa di Roma oggi... conoscerla per amarla, pp. 131-166.

- CLEMENTE RIVA, "Al centro della città metterei l'uomo", Cittadella Editrice, Assisi 1985

- Teologia e chiesa locale di Roma, pp. 106-131, Le grandi parrocchie, pp. 132-150, Parrocchia e cultura, pp. 151-157.

- A. RICCARDI, Dieci anni fa il Concilio è arrivato anche a Roma, in "Humanitas", Morcelliana, Brescia 1984, pp. 137-148.

- CLEMENTE RIVA, Teologia e chiesa locale di Roma, in Rivista diocesana di Roma n.56, maggio-giugno 1984.

- A. RICCARDI, La Chiesa a Roma. Dalla seconda guerra mondiale al post-Concilio, in "Il Regno Documenti" 5/1982, Dehoniane, Bologna 1982, pp. 1-45.

- A. RICCARDI, Roma "città sacra"? Dalla Conciliazione all'operazione Sturzo, Vita e Pensiero, Milano 1979.

- H. DE LUBAC, Le Chiese particolari nella Chiesa universale, vol. 10/0pera omnia, Jaca Book, Milano 1980/2017

- A. MONTAN, La Chiesa particolare. Strutture e missione, PUL, Roma 2017, p. 44.