Hayao Miyazaki. Nella fantasia onirica l'esigenza di salvezza, di Andrea Lonardo
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Riprendiamo sul nostro sito un breve testo di Andrea Lonardo. Per approfondimenti, cfr. la sezione Cinema.
Il Centro culturale Gli scritti (16/9/2018)
Miyazaki è regista della fantasia e di una fantasia onirica.
Essa emerge all’improvviso, nella vita carica di non senso e di male delle prime scene dei suoi film. Emerge all’improvviso e proietta altrove e lungamente, ma, al contempo, discende nell’esigenza di salvezza nascosta nel cuore.
Ne La città incantata - film d'animazione del 2001, Orso d'oro al Festival di Berlino del 2002 e Oscar per il miglior film d'animazione nel 2003 - è la famiglia di Chihiro, una bambina di dieci anni, che è costretta a trasferirsi per il lavoro del padre, motivo per il quale la piccola vive nel viaggio in macchina il distacco dal mondo caro che capisce non sarà più il suo, nella nostalgia di qualcosa che è perduto per sempre.
Ne Il castello errante di Howl - film d'animazione del 2004; nel 2005 il regista riceverà il Leone d’Oro di Venezia alla carriera -, invece, si narra la storia di Sophie, una giovane di 18 anni che, restando fedele alla memoria del padre defunto, prosegue nella professione paterna creando e vendendo cappelli, ma vivendo in condizioni poverissime, mentre la città è in preda all’esaltazione e alla paura per una guerra ormai imminente che ulteriormente mette in pericolo la vita della ragazza.
Ma, non appena le protagoniste dei due film sono state presentate, Miyazaki le trasferisce immediatamente in un’altra dimensione nella quale il male esiste in forma ancora più drammatica, ma viene progressivamente vinto con l’aiuto di personaggi che conducono a salvezza Chihiro e Sophie nelle vite parallele a quella reale che debbono attraversare.
Nella nuova condizione che è corretto definire onirica – anche se le due protagoniste non si addormentano per entrare nella storia surreale che debbono vivere – il trionfo del bene è, alla fine, assoluto e totale.
Nel sogno il male, ancora più potente che nella realtà, viene sconfitto e il bene, apparentemente debole, trionfa.
Miyazaki attesta così il desiderio di una vittoria sul male, che appare spaventoso nel sogno e nella realtà.
Come un testimone inconscio, racconta ciò che tutti “sperano”: non potendo attestarlo realmente, lo proietta nel sogno.
Anzi, ne La città incantata, il mondo delle divinità plurime è così orrendo che esse, stanche del loro “lavoro”, non hanno altra distrazione che recarsi nella città incantata per mangiare cibi e godere di saune rilassanti che sono in realtà incubi.
L’azione scenica di Miyazaki giunge ad una liberazione dal male, per quanto onirica.
In entrambe le due opere più note di Miyazaki tutto è surreale, ma non la situazione di partenza e l’ansia di liberazione e di salvezza del cuore umano.