A sua immagine e somiglianza, di Gianfranco Ravasi
Riprendiamo da L’Osservatore Romano del 17-18/5/2010 l’introduzione scritto da mons. Gianfranco Ravasi al volume che raccoglie una selezione di discorsi del Patriarca di Mosca e di tutte le Russie Cirillo, Libertà e responsabilità alla ricerca dell'armonia. Dignità dell'uomo e diritti della persona (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana - Sofia, 2010). Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (18/5/2010)
"Nell'uomo tutto deve essere bellissimo: il volto, l'abito, l'anima, i pensieri". È il medico Astrov, amato senza speranza da Sonja, la nipote del protagonista della celebre commedia Zio Vanja (1897) di Cechov, a pronunciare questa dichiarazione, simile a un motto. Il Patriarca Cirillo, in questo suo libro, la assume per celebrare la grandezza dell'essere uomini, segnata da "un'aspirazione profonda verso la perfezione", una tensione che nasce dal suo essere "immagine e somiglianza di Dio", secondo l'asserto del libro della Genesi (1, 26, 27). Non per nulla il tema centrale è quello della dignità umana, una qualità che evoca il valore della creatura ma che postula anche la necessità di "una corrispondenza tra la vita del soggetto e quel valore".
Questa duplicità oggettiva e soggettiva è illustrata con le parole di san Giovanni Damasceno che, sempre sulla base del riferimento biblico, affermava che "l'espressione a immagine si riferisce alla capacità dell'intelligenza e della libertà, mentre l'espressione a somiglianza indica la volontà di somigliare a Dio nella virtù, per quanto ciò sia possibile all'uomo". Dono e impegno, quindi, come aveva già prospettato san Basilio, che nell'"immagine" vedeva l'atto creativo divino che lascia un'impronta trascendente nell'uomo e nella donna, e nella "somiglianza" il rimando al libero arbitrio. Una fisionomia, dunque, ricevuta per grazia, ma anche "da coltivare di continuo".
È in questa cornice tematica generale che si incastona il vero cuore della riflessione antropologica del Patriarca quello riguardante i diritti della persona, una categoria particolarmente significativa e fin incandescente soprattutto per chi è appena uscito "dalle catene dell'ateismo". La cornice teologica generale sopra evocata offre con evidenza un fondamento e una prospettiva spirituale alla questione dei diritti umani e il saggio è ininterrottamente attraversato da questa esigenza, destinata a evitare ogni ambiguità sottesa alla categoria oggetto dell'analisi.
La radice trascendente dei diritti fa sì che essi siano universali ed ecumenici ed è attraverso essa che si impedisce una loro relativizzazione o soggettivazione che può precipitare nell'egoismo e nell'individualismo.
Cirillo mette, di conseguenza, in guardia in modo molto incisivo e appassionato contro una "nuova generazione di diritti" che ospitano al loro interno vere e proprie degenerazioni dell'autentica dignità personale, contrabbandate come espressioni di una libertà che ha per limite solo il non limitare la libertà altrui. In realtà, alla libertà deve coniugarsi la responsabilità, come si dichiara nel titolo stesso del saggio; alla definizione dei diritti deve corrispondere un "antropocentrismo morale"; "l'assoluta sovranità dei singoli", assunta ottimisticamente come criterio ultimo da una visione illuministica alla Rousseau, deve essere ridimensionata dalla consapevolezza che "l'uomo da solo, nello stato di peccato, non sempre è in grado di distinguere tra bene e male".
È in questa luce che entrano in scena sia la coscienza umana con la sua volontà, sia la grazia divina che guida e sostiene la fragilità creaturale, cioè la "finitudine e la colpevolezza" della persona, per usare la nota formula del filosofo Paul Ricoeur. La riflessione del Patriarca - che procede spesso in modo ramificato, con riprese e approfondimenti, così da coinvolgere in modo armonico e costante l'attenzione del lettore - non si rinchiude però esclusivamente nell'orizzonte teoretico. Le sue pagine sono intarsiate di riferimenti storici, esistenziali, pastorali che tengono innanzitutto conto dell'attuale società russa, ma s'allargano anche alla moderna civiltà secolarizzata e multiculturale.
Non ignora, ad esempio, il rilievo dei mass media, così come è consapevole che siamo posti al centro di un crocevia ove si assiste all'"interazione di numerosi sistemi assiologici", ma anche all'azione coercitiva operata dai modelli generali, dalle mode e dalla tecnica. Insistente è l'appello alla "dimensione pubblica che non può rimanere neutrale rispetto ai valori". A questo proposito è rilevante in finale la citazione della dichiarazione adottata nel 2007 dal concilio mondiale popolare russo. In essa si auspica un'intensa collaborazione della Chiesa con lo Stato, soprattutto nella tutela degli ultimi, delle minoranze, dei senza diritti. Al vertice di tutta questa ideale piramide etico-sociale deve, però, brillare una convinzione luminosa: "Se i diritti umani hanno un valore irrinunciabile, essi devono accordarsi con altri valori non meno importanti quali la spiritualità, la moralità, l'amore per la patria".
Senza questo connubio vitale, si compirebbe il monito che un uomo religiosamente e culturalmente non appartenente al cristianesimo lanciava usando parole ardentemente cristiane. Era Gandhi quando ricordava, in un suggestivo settenario, che "l'uomo si distrugge con la politica senza principi, con la ricchezza senza lavoro, con l'intelligenza senza sapienza, con gli affari senza morale, con la scienza senza umanità, con la religione senza la fede, con l'amore senza il sacrificio di sé".
(©L'Osservatore Romano - 17-18 maggio 2010)