La misericordia passa dal tinello di casa, di Giacomo Poretti
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Riprendiamo da Avvenire del 15/10/2016 un articolo di Giacomo Poretti. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (16/10/2016)
Mezuzah a Gerusalemme
Il Papa ha voluto che ci fossero Porte Sante ovunque e non solo a Roma, e così ci ha semplificato la vita, ma è vero anche il contrario, perché in questo modo ci costringe a confrontarci con l’esigentissima idea che l’esperienza della misericordia ha a che fare non con fatti eccezionali ma con la vita quotidiana. È a portata di mano. È un Padre che ci aspetta tutti i giorni.
Se non si rischiasse, ancor prima della blasfemìa, la sfacciataggine e l’ineleganza, dovremmo dire che Francesco è una "simpatica canaglia". Proverò a dimostrare come mai mi espongo così pericolosamente nei confronti del Santo Padre. Che Dio me la mandi buona!
Proviamo a metterci nei panni di un cristiano devoto e formale, ma nel contempo, mentre lo immaginiamo, mai e poi mai scorderemo il monito di Francesco: «Chi sono io per giudicare un cristiano devoto e formale?»... Ecco, dopo questo atto di salutare compunzione, la nostra immaginazione ci dice che un cristiano devoto e formale all’annunciarsi dell’anno giubilare (facciamo che vive in un paesino di cui taceremo il nome, situato nell’Alto milanese, ricordandosi sempre di dirci che noi non possiamo permetterci di giudicare un cristiano devoto e formale che risiede nell’Alto milanese), dopo 5 minuti, il cristiano devoto e formale, ha prenotato due posti (lui e sua moglie, anch’essa devota e formale, perché, in genere, chi si somiglia si piglia) sul treno Freccia Rossa, andata e ritorno per Roma, perché una coppia di cristiani devoti e formali devono varcare la porta santa, altrimenti si sentono in colpa.
Ma Francesco, che non desidera che alcun cristiano si senta in colpa, ci facilita la vita e annuncia al mondo, quindi anche alle popolazioni dell’Alto milanese, che non è necessario spendere i soldi del biglietto per andare a Roma, se proprio ci volete andare sarete ben accolti, ci mancherebbe, ma è sufficiente varcare la porta santa sotto casa, magari nella propria parrocchia.
E con questa dichiarazione, la "canaglia" di cui sopra ci ha bell’e che fregati, devoti formali e tutto il resto della compagnia!
È ovvio che varcare una porta è un gesto, oltre che liturgico, anche simbolico, direi fortemente simbolico. Varcando la porta santa noi entriamo in un’altra stanza, luogo, dimensione; abbandoniamo la nostra alterigia, il nostro egoismo, l’orgoglio, l’errore, la vendetta, il rancore, ed entriamo, varcando la soglia, nel territorio dell’ascolto, della disponibilità, della mitezza, della riconciliazione, dell’accoglienza, del perdono, della misericordia: perché oltre quella porta ad aspettarci c’è il Padre.
Quindi se il valore del varcare una porta è simbolico, varcare la porta santa di una chiesa "qualunque" è per davvero un gesto santo e misericordioso. Sì, perché questo Papa oltre che essere profondo è anche uno risparmioso, attento alle finanze di ogni famiglia.
Voi credete che sia finita qua? Con un risparmio dei soldi di due biglietti di andata e ritorno per Roma? Oltre che essere devoti e formali siete anche illusi.
Ma se la porta di San Pietro è santa e misericordiosa, e lo sono anche molte altre porte di molte altre chiese sia dell’Alto milanese, della Barbagia, della valle Tiberina, delle Langhe, del Tavoliere delle Puglie e del parco del Pollino, non è che Francesco, sotto sotto, ci sta dicendo, che per ogni cristiano ogni porta è santa? Compresa la porta che dal tinello conduce in cucina, dove la moglie sta preparando le lasagne? O che dal corridoio porta nella camera di nostro figlio? O che dal portone ci introduce nell’appartamento del nostro amico, o la porta a vetri che ci fa entrare in ufficio, o tutte le porte che ci conducono sui posti di lavoro, di divertimento, di perdizione?
Perché aperta una porta c’è sempre qualcuno ad aspettarci. La porta più difficile da varcare è quella che apriamo ogni mattina, quella della camera da letto, la prima apertura verso il mondo, verso gli altri.
Francesco, che oltre che intendersi di un sacco di cose tra cui la teologia, la preghiera e la liturgia, è anche un esperto di serramenti, sa che le porte sono fondamentali nella vita di ogni cristiano, e come un buon falegname ci spinge leggermente, sussurrandoci che le porte devono essere aperte e varcate.