Il neo-gnosticismo delle teorie di genere, di Fabrice Hadjadj
- Tag usati: fabrice_hadjadj, gender, questione_omosessuale
- Segnala questo articolo:
Riprendiamo da Avvenire del 9/10/2016 un articolo scritto da Fabrice Hadjadj. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per ulteriori testi di Fabrice Hadjadj, cfr. al tag fabrice_hadjadj.
Il Centro culturale Gli scritti (11/10/2016)
Clicca per ingrandire
Francamente, se un gruppetto di lesbiche molto cerebrali fosse riuscito a conquistare sia i governi nazionali sia le istituzioni internazionali con una qualche "teoria del genere" propagandata da alcuni libri illeggibili influenzati da Michel Foucault, ci sarebbe di che incensarle, erigere loro delle statue o perlomeno chiedere loro di tenere corsi sul modo giusto di sedurre i potenti di questo mondo – e ciò sarebbe abbastanza paradossale, poiché la seduzione della cortigiana è precisamente il luogo comune di cui intendono sbarazzarsi e basta vederle in foto per riconoscere che in effetti ci sono riuscite perfettamente. No, con tutta evidenza Judith Butler è una ex-ragazza piuttosto simpatica (non mi metterò ad offenderla giudicandola "sexy"); la «colonizzazione ideologica», la «guerra mondiale contro il matrimonio» denunciate da papa Francesco vengono da più lontano che non dalla sociologia LGBT. Le gender theories sono un sintomo più che la causa del male. Qual è dunque questa causa? Essa dev'essere anzitutto ricercata nello sviluppo del mondo industriale. L'idea di una pura costruzione sociale dell'identità sessuale è solo un aspetto di un'idea più generale che è questa: la natura mette a disposizione soltanto materiali e energia che si tratta di utilizzare del modo più redditizio.
Quando il Santo Padre dichiara che la "teoria del genere" va «contro le cose naturali», lascia intendere che essa è in stretto rapporto con la crisi ecologica e che è connessa con il «paradigma tecno-economico» che va molto al di là della mera speculazione finanziaria, anche se corrisponde in qualche modo a una finanziarizzazione generalizzata del reale. La natura, la vita animale, la vita vegetativa, sono date innanzitutto nel nostro corpo, e più particolarmente nel nostro sesso. Per non parlare che degli uomini (con i quali ho al dunque molte affinità, sebbene abbia per essi pochissimo desiderio), il membro localizzato al di sotto della cintura spesso appare loro come una bestia piuttosto difficile da addomesticare (in certe psicoterapie di gruppo è stato detto che è molto più facile allevare un criceto). È un po' come se uno avesse un cane, che fosse suo compagno da sempre, e che tuttavia ubbidisse di più alla prima bella sconosciuta che gli passa davanti che non a lui stesso.
È qui che si prova il limite del nostro potere – il fatto che il nostro potere più intimo dipende da un'alterità sorprendente. È qui che si manifesta che la natura non è completamente a nostra disposizione, e che, a meno di sostituire il criceto capriccioso con una miniscavatrice idraulica, il giusto rapporto con essa sta nella cultura e non nel costruttivismo. La cultura fa spazio alla libertà umana, alla riconquista volontaria del dato naturale; ma non estorce quest'ultimo, se ne prende cura, lo accompagna, lo addomestica affinché fruttifichi.
L'errore non è solo del mondo industriale, perché questo mondo è generato da una mentalità che lo precede. Bisogna distinguere qui un'onda di fondo di cui le gender theories sono soltanto la schiuma tardiva: quasi tutta la filosofia, quali che siano la diversità e il contrasto delle sue dottrine, è d'accordo nell'ignorare il fatto che ci sono uomini e ci sono donne. Quando ci si riflette, la cosa pare incredibile ma è lampante.
L'Uomo è tuttavia un argomento filosofico molto antico, ma con una maiuscola, cioè reso neutro. Nella sua Genealogia della morale, Nietzsche osserva che «il filosofo respinge con orrore il matrimonio e tutto ciò che potrebbe incitarlo a compierlo – il matrimonio come ostacolo funesto sulla sua strada verso il meglio. Quale grande filosofo è stato sposato? Eraclito, Platone, Cartesio, Spinoza, Leibniz, Kant, Schopenhauer – non lo sono stati; di più, non si saprebbe neanche immaginarli sposati. Un filosofo sposato sembra appartenere a una commedia, questa è la mia tesi…».
Tale commedia è innegabile: quando parlo a mia moglie di estetica trascendentale, lei mi domanda se ho saldato la fattura dell'idraulico. Ma non è forse questa la condizione di una sapienza che si incarna? Senza questo spostamento domestico, la ricerca delle cause prime sarebbe soltanto fuga davanti all'origine coniugale, e la verità concettuale si muta in menzogna demoniaca.
È perlomeno quanto suggerisce Günther Anders in una pagina del suo diario pubblicato con il titolo Amare ieri, alla data del 19 gennaio 1949: «"Siete uomini o donne? Non abbiamo sesso". Questo fu, racconta Heine nella postfazione al Doktor Faust, il primo scambio tra Faust e i demoni nella pièce pre-goethiana a cui poté assistere, bambino, ad Amburgo. Cent'anni più tardi, quando io ero bambino ad Amburgo, tale fu anche il mio primo incontro con gli eroi delle grandi messe in scena filosofiche e politiche. Vidi entrare in scena l'individuo, l'io, il soggetto, la coscienza, la vita… e più tardi, si unì ad essi il Dasein, pretenzioso e tetro. E quando chiesi loro: "Siete uomini o donne?" risposero: "Non abbiamo sesso"».
Di questa negazione filosofica della nostra essenza sessuata, la teologia cristiana è stata essa stessa complice. Certo, nella Chiesa cattolica, essendo il sacerdozio riservato agli uomini (viri), la differenza ministeriale ha permesso di salvaguardare la differenza sessuale (sebbene un clericalismo che non sa più equilibrare il mariano e il petrino nella costituzione della Chiesa – peraltro simbolicamente femminile – abbia potuto tirare questa differenza dalla parte della tirannide di un sesso sull'altro).
Il primo capitolo della Genesi afferma che «Elohim creò Adamo alla sua immagine… maschio e femmina li creò». Non dimentichiamo però che ciò che dopo Giovanni Paolo II sembra un'evidenza è stato per molto tempo occultato se non rigettato: tra il periodo patristico e l'epoca contemporanea, la famiglia è stata raramente riconosciuta come immagine della Trinità. È possibile capirli, i teologi: come è possibile che ciò che abbiamo in comune con gli altri animali sia segno della nostra elezione divina? E se la famiglia è l'immagine della Trinità, è presto fatto di assimilare l'uomo al padre, ma la donna? È immagine dello Spirito? Ma lo Spirito non procede dal Padre e dal Figlio? Occorre dunque che la donna sia assimilata al Figlio, a costo di rischiare un guaio nella differenza sessuale e nella differenza generazionale?
Ecco il comico che ritorna, sotto forma di una scenata familiare, addirittura una scena di travestimento, al cuore stesso della divinità. Ma chi l'ha detto che Dio non ha umorismo? Comunque sia, è molto importante non scegliere il nemico sbagliato e comprendere che le gender theories sono un epifenomeno: l'errore viene da uno spiritualismo, da uno gnosticismo o da un dualismo molto antico che ha preso oggi una forma ultra-moderna, vale a dire tecno-liberale. Quando spiego tutto questo a mia moglie, lei mi fa giustamente notare che non dovrei più lasciare in giro i miei calzini sporchi.