Caravaggio e la Madonna che protegge coloro che compiono le Sette opere di misericordia. Una introduzione alla visita del Pio Monte di Napoli, di Andrea Lonardo
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Mettiamo a disposizione sul nostro sito un articolo di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per approfondimenti, cfr. la sotto-sezione Caravaggio nella sezione Roma e le sue basiliche e Arte e fede. On-line sul canale YouTube Catechisti Roma la playlist con la spiegazione della Cappella Contarelli fatta da Andrea Loanrdo.
Il Centro culturale Gli scritti (23/6/2016)
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Sorrido ascoltando una guida “autorizzata” spiegare che la Madonna della tela delle Sette opere di misericordia del Caravaggio rappresenta la grazia e che questo è molto significativo nel contesto della lotta fra protestanti, allora difensori della grazia, e cattolici nell’età controriformista.
La guida turistica in questione con questa affermazione rifiuta tutti gli storici dell’arte che insistono sul realismo di Caravaggio, facendone un pittore simbolista[1]!
Al di là della battuta, è sconcertante come le guide formate ufficialmente con tanto di patentino non sappiano che la Madonna è posta sopra le Sette opere di misericordia perché quella è la pala dell’altare principale della chiesa del Pio Monte che è dedicata alla Madonna della misericordia.
La Madonna, in tale pala, rappresenta la Madonna! Sì, è il realismo di Caravaggio, la cattolicissima Madonna con il suo Bambino Gesù che mai, a quel tempo, i protestanti avrebbero messo su di una pala d’altare e alla quale invece i laici del Pio Monte si votavano per impegnarsi a compiere opere di bene – anche se è chiaro che i protestanti amavano anch’essi la Madre di Dio.
La tela ha santi, figure bibliche e personaggi pagani, in una miscela tipicamente cattolica, pur nello stile innovativo del Merisi. Vi è rappresentato san Martino che divide il suo mantello per rappresentare il “vestire gli ignudi” e il “visitare gli ammalati” (l’ignudo è al tempo stesso un ammalato e ha al suo fianco, in ombra, un secondo ammalato disteso per terra): san Martino non è dipinto, in quanto santo, in opposizione ai protestanti che rifiutano il culto dei santi, ma semplicemente perché la sua storia permetteva di “raccontare” la vocazione di carità cattolica del Pio Monte.
Allo stesso modo si vede un oste che accoglie un pellegrino che porta il simbolo del pellegrinaggio a Compostela, la conchiglia: anche qui non vi è alcuna intenzione anti-protestante nel rappresentare la tradizione allora tutta cattolica del pellegrinaggio al luogo che conserva le reliquie di san Giacomo – solo in tempi recenti il pellegrinaggio a Santiago ha avuto un apprezzamento universale. Caravaggio dipinge un pellegrino che ha l’emblema compostelano perché quell’immagine era ben comprensibile nella Napoli “controriformista” del suo tempo.
Il “seppellire i morti” è rappresentato da un chierico che con la torcia seppellisce un defunto accompagnato da un “monatto”: anche qui il “chierico” mostra l’ambientazione tutta cattolica, senza alcuna polemica anti-protestante. Si può ricordare, nella stessa linea, il Martirio di San Matteo della Cappella Contarelli, nel quale Matteo è rappresentato come un prete con camice, cingolo e pianeta che ha appena finito di celebrare la messa sull’altare che si vede sullo sfondo dove sono ancora accese le candele, mentre un chierichetto, vestito di bianco, fugge via: la scena è posta dinanzi ad un fonte battesimale nel quale l’evangelista ha appena battezzato alcuni pagani - a quel tempo la Chiesa cattolica aveva nuovamente preso a battezzare gli adulti sia in Roma sia nelle missioni.
Alle opere di misericordia già descritte si aggiunge, a destra, Cimone al quale la figlia Pero (l’episodio è tratto dai “racconti” latini) offre il latte dal seno per nutrirlo mentre è in carcere (“dar da mangiare agli affamati “ e “visitare i prigionieri”). Non ha senso, neanche qui, rileggere questa presenza di una scena pagana su di un altare in chiave anti-protestante a partire dalla “ragione prostituta” di Lutero che vedeva come negativo l’influsso della cultura greco-romana accusata di aver traviato il cristianesimo originale. Il controriformistico Pio Monte non aveva problemi a cogliere in questo gesto della tradizione classica un emblema delle opere di misericordia.
A sinistra si vede, infine, Sansone che beve con una mascella d’asino l'acqua fatta scaturire miracolosamente da Dio (l’episodio è raccontato nel libro dei Giudici e rappresenta il “dar da bere agli assetati”). Anche in questo caso non avrebbe senso dichiarare che questa immagine potrebbe essere invece filo-protestante, perché i luterani affermavano il principio della Sola Scriptura. Molto più semplicemente in quell’immagine i nobili del Pio Monte riconoscevano nella rivelazione divina una testimonianza dell’importanza del dar da bere agli assetati
Il Pio Monte fu fondato da sette giovani laici napoletani di origini nobili nel 1602: essi dedicarono la loro opera alla Madonna, impegnandosi alla carità e mettendosi sotto la protezione mariana – il documento costitutivo del 19 aprile 1602 contiene più riferimenti alla Madonna, tra i quali l’invocazione Jesus Maria, ed il Caravaggio con la sua tela fa semplicemente eco a tale spiritualità.
Presto avvenne il trasferimento dall’Ospedale degli Incurabili all’attuale sede che venne acquistata dagli stessi, più centrale della precedente e vicinissima al Duomo che si vede dalle finestre del Pio Monte. Nel 1604 Filippo III approvò la Capitolazione (cioè i regolamenti dell’associazione). Le finalità e la struttura del Pio Monte sono simile ad altre associazioni, in Napoli così come in tutte le città italiane, fondate da laici cristiani che decidevano di impegnarsi comunitariamente e non solo come singoli in opere di carità (si pensi solo alle cosiddette “Scuole” di Venezia).
Il Pio Monte consentiva anche alle donne l’impegno nel servizio, mentre al tempo le donne avevano proprie associazioni caritative da loro stesse create.
Nel 1604 vennero acquistati i locali attuali e subito eretta la chiesa che venne dedicata a Nostra Signora della Misericordia. A fianco della pala d’altare del Caravaggio stanno altre due tele di soggetto mariano: Sant’Anna con Maria Bambina e la Madonna con Bambino. Tutta l’iconografia dell’altare centrale è insomma dedicata alla Vergine.
Nel 1605 il Pio Monte ottenne che il papa in persona, Paolo V Borghese (il papa che si fece ritrarre da Caravaggio, non appena eletto, lo stesso che cercò in ogni modo di aiutarlo non appena il Merisi fuggì da Roma perché la legge del tempo prevedeva in ogni nazione la pena di morte per chi avesse commesso omicidio in una rissa), divenisse garante del Pio Monte, svincolandolo così dall’immediata obbedienza all’arcivescovo di Napoli - similmente a ciò che avviene per gli ordini religiosi che sono legati al pontefice per essere più liberi di svolgere la loro missione.
Nel 1607 venne commissionata al Caravaggio la pala d’altare: il Merisi era appena giunto a Napoli come fuoriuscito dallo Stato Pontificio per l’omicidio commesso.
Nel 1613, era tale l’apprezzamento per l’opera del Caravaggio che nei “Verbali” del Pio Monte si decreta di vietarne l’alienazione e addirittura la produzione di copie, perché la tela era stata commissionata “a ciò che fusse corrispondente all’altre grandezze dell’opre che vi s’essercitano” – era, insomma, bella come le opere stesse di misericordia che il Pio Monte compiva. Implicitamente il Pio Monte desiderava che il culto nella cappella venisse compiuto con bellezza corrispondente alle opere di misericordia “corporale”, consapevole che esisteva anche una misericordia “spirituale” - una misericordia culturale - che doveva esprimere con la liturgia e con l’arte la stessa fede e la stessa carità.
Nella chiesa del Pio Monte altri artisti furono chiamati a dipingere ulteriori tele per gli altari laterali rappresentanti sempre una o più opere di misericordia.
In senso anti-orario, a partire dall’altare centrale, si trova per prima la tela di Santafede, San Pietro resuscita Tabità. La donna era nota per il bene che faceva ai poveri ed, in effetti, in primo piano si vedono tre figure che mostrano i beni ricevuti da Tabità: cibo, cintole (il brano degli Atti degli apostoli al cap. 9 afferma che la donna cuciva per gli indigenti) e denaro, a ricordare il “dar da mangiare agli affamati”, il “vestire gli ignudi” e il “visitare gli ammalati”. Il Pio Monte indicava con il titolo di “poveri vergognosi” quelle persone di origini anche benestanti che, cadute in povertà, si vergognavano nel dover chiedere aiuti per sopravvivere.
Segue la cappella con la tela di Luca Giordano, la Deposizione di Cristo, opera che rappresenta ovviamente il “seppellire i morti”. La tela è di alcuni decenni posteriore (1671) al primitivo progetto, perché essa venne a sostituire la precedente Deposizione dipinta da Giovanni Baglione, avversario del Caravaggio che, anche qui, ebbe la peggio dinanzi al grande maestro (è custodita nella Pinacoteca del Pio Monte).
Segue, del Battistello, San Pietro liberato dal carcere, a ricordare il “visitare i prigionieri”.
Sull’altro lato della chiesa si prosegue con San Paolino che libera uno schiavo, dell’Azzolino. San Paolino aveva liberato, secondo la tradizione, uno schiavo dai vandali, offrendosi lui stesso in pegno. Ma poiché al tempo della nascita del Pio Monte coloro che riducevano in schiavitù i cristiani erano i turchi – l’impero ottomano – che cercavano di conquistare l’Italia e l’Europa e conducevano una guerra di corsa senza quartiere depredando le coste italiane, uccidendo, razziando e conducendo in schiavitù giovani, bambini e donne, qui il vandalo è rappresentato come un capo ottomano che, una volta pagato il riscatto, lascia libero un giovane, mentre le donne cristiane esultano per la liberazione.
Fra le opere che il Pio Monte realizzava vi era proprio la liberazione dei cristiani fatti schiavi dai turchi. Nella prima sala del Pio Monte, oggi divenuta pinacoteca, si trovano alcuni documenti scritti, fra i quali la richiesta di “Gratia di Meglio, povera vedova” che chiede aiuto per la liberazione del figlio fatto schiavo dagli ottomani, così come un lasciapassare scritto in lingua turca nel quale si dice: “Abbiamo ricevuto ottantadue zecchini quale prezzo di Antonia Rosa Appia nostra schiava e di suo figlio Giuseppe” da mostrare ad eventuali navi corsare turche che avessero intercettati i due perché li lasciassero giungere liberi alla loro casa – il Pio Monte aveva pagato quella cifra per la loro liberazione.
Si prosegue con Cristo ospitato da Marta e Maria del Santafede – a rappresentare l’“ospitare i forestieri” – dove le due donne non sono poste in alternativa, bensì divengono entrambe simbolo dell’accoglienza sia materiale che spirituale (nutrire Gesù, ma anche ascoltarlo, accogliendo la sua parola).
Infine, si vede del Forlì il Buon Samaritano con in primo piano l’uomo soccorso da uno straniero (in questo caso vestito alla turca), mentre tanti erano passati, pur fedeli, senza dare alcun aiuto. In alto a destra si vede la locanda dove egli provvide ad aiutare il povero malcapitato.
Volgendosi indietro sopra l’ingresso si vede Cristo e l’adultera di Luca Giordano, a ricordare il dovere di avere compassione verso le donne non fedeli alla famiglia e, quindi, anche le prostitute.
Nei locali del Pio Monte si passa dal coretto da cui è straordinaria la vista sulla chiesa dall’alto per giungere alla Stanza del governo dove sono due bellissime tele attribuite a Mattia Preti con Cristo dinanzi alle tentazioni che dice “no” al diavolo e Cristo servito dagli angeli, che apparecchiano per lui la tavola.
Note al testo
[1] In realtà sono gli stessi critici d’arte che, contraddicendo se stessi, affermano che Caravaggio è realista, quando questo serve alle loro tesi, e che Caravaggio simbolizza, quando ritengono “utile” la tesi opposta.