"Il nuovo individualista è un “falso gentile” che non sopporta la contraddizione e il conflitto, così come il tragico inerente alla condizione umana e alla storia. Egli si costruisce un mondo a parte dove vive, si protegge dalla sfida della realtà e trova conforto nei suoi alter ego. Egli si vuole al riparo dai disordini del mondo e non vuole avere nemici, e quando il fanatismo islamista viene a bussare alla sua porta e lo prende a bersaglio senza chiedere il suo parere, non capisce cosa gli succeda e si chiede perché tanto odio e tante uccisioni quando è così aperto e gentile. Detto in parole semplici, questo individualista considera il mondo e la società come i prolungamenti di se stesso, dei suoi sentimenti e delle sue relazioni affettive. I rapporti sociali e politici non sono più inseriti e strutturati in una dimensione che è insieme collettiva, storica e istituzionale, ma ridotti a relazioni interindividuali mosse da buoni o cattivi sentimenti (l’amore contro l’odio), che egli confonde con la morale". La religione dell’amore universale. L’individualismo rende le democrazie occidentali fragili e incapaci di difendersi. È questa la tesi del sociologo di sinistra Le Goff, di Rodolfo Casadei
Riprendiamo dal sito della rivista Tempi un articolo di Rodolfo Casadei pubblicato il 18/5/2016. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti. cfr. la sotto-sezione Dialogo fra le religioni.
Il Centro culturale Gli scritti (22/5/2016)
Quando le campane dell’Università cattolica di Lovanio rintoccano le note di Imagine per commemorare le vittime degli attacchi di Bruxelles, e quando preti e suore francesi si mettono insieme per creare Ennéacath, rete di esperti cristiani per diffondere l’utilizzo dell’enneagramma, perché come scrive suor Marie Dolores Marco, questa pratica psicologica di origine esoterica permette di «riscoprire con piacere la facilità di rivolgersi allo Spirito Santo quando si prega», si capisce al volo che l’islam non è l’unico monoteismo malato ai nostri giorni.
Certo, le malattie sono molto diverse: se in Oriente l’islam sbrana se stesso in guerre di religione interne ed esterne, in Occidente mentre le cellule cancerogene del male jihadista si moltiplicano il cristianesimo si annacqua e si scioglie in forme di spiritualità eclettiche e sincretiste, che non vanno più da Che Guevara a Madre Teresa come cantava vent’anni fa Jovanotti, ma piuttosto da John Lennon al Dalai Lama. Se ne preoccupano ormai anche pensatori laici, per nulla compiaciuti della piega che stanno prendendo le cose. Dal loro punto di vista dovrebbero essere contenti che ogni persona costruisca da sé il proprio percorso spirituale e non sia più la trascendenza, organizzata dalle grandi Chiese, a strutturare la società. Invece scorgono nel fenomeno una patologia sociale: ci vedono un’altra manifestazione dell’individualismo che mette in pericolo la civiltà occidentale e il suo prodotto politico più pregiato, la democrazia.
È il caso di Jean-Pierre Le Goff, filosofo e sociologo di sinistra che nel suo ultimo libro Malaise dans la démocratie scrive, all’interno di un suggestivo capitolo dedicato alle nuove forme di religiosità diffusa: «Questa libertà per l’individuo di scegliersi la spiritualità che gli conviene può essere considerata come un progresso della democrazia. Ma si può rovesciare la prospettiva: queste nuove religiosità diffuse sono sintomatiche di un malessere nelle democrazie e di un individualismo privo di appartenenza e autocentrato».
Malaise dans la démocratie (non ancora tradotto in italiano) descrive i fenomeni che secondo l’autore hanno reso fragile la società francese, sull’orlo della disgregazione interna e incapace di difendersi dalle aggressioni esterne: il giovanilismo che ha trasformato gli adulti in eterni adolescenti e che non permette a bambini e adolescenti di diventare adulti, il “festivismo” che propone un mondo fittizio e deculturato, la disoccupazione e la precarietà del lavoro che inducono destrutturazione antropologica, l’angelismo del discorso politico che non sa come affrontare le crisi del terrorismo islamista endogeno, delle migrazioni di massa, del rapporto nazione-integrazione europea. Per Le Goff tutto questo è il riflesso di una tendenza tipica del mondo moderno e delle democrazie che già Alexis de Tocqueville aveva evidenziato quasi due secoli fa, e che oggi è integrato all’egemonia culturale dominante, quella del conformismo di sinistra: l’individualismo.
Con maestria paragonabile al grande pensatore liberale, Le Goff descrive il nuovo individualista in questi termini: «Il nuovo individualista è un “falso gentile” che non sopporta la contraddizione e il conflitto, così come il tragico inerente alla condizione umana e alla storia. Egli si costruisce un mondo a parte dove vive, si protegge dalla sfida della realtà e trova conforto nei suoi alter ego. Egli si vuole al riparo dai disordini del mondo e non vuole avere nemici, e quando il fanatismo islamista viene a bussare alla sua porta e lo prende a bersaglio senza chiedere il suo parere, non capisce cosa gli succeda e si chiede perché tanto odio e tante uccisioni quando è così aperto e gentile. Detto in parole semplici, questo individualista considera il mondo e la società come i prolungamenti di se stesso, dei suoi sentimenti e delle sue relazioni affettive. I rapporti sociali e politici non sono più inseriti e strutturati in una dimensione che è insieme collettiva, storica e istituzionale, ma ridotti a relazioni interindividuali mosse da buoni o cattivi sentimenti (l’amore contro l’odio), che egli confonde con la morale» (p. 38).
Una esaltazione confusa
Per Le Goff la nuova religiosità occidentale non è la cura di questa malattia, ma uno dei suoi sintomi ed effetti. Tutto ruota attorno all’individuo e ai suoi bisogni “spirituali”. E perciò alla fine essa sostituisce definitivamente, senza nemmeno rendersene conto, l’uomo a Dio: niente male, detto da un non credente. Alle stesse conclusioni era giunto qualche tempo fa un altro pensatore francese, stavolta cattolico: Rémi Brague. Le sue osservazioni sull’argomento le si ritrova nelle pagine di Contro il cristianismo e l’umanismo – Il perdono dell’Occidente, il libro scritto con Elisa Grimi e apparso qualche mese fa. Non solo Le Goff e Brague convergono nelle conclusioni, anche i passaggi del discorso sono gli stessi. Entrambi individuano in quello che una volta si chiamava sincretismo, e che oggi è piuttosto una religiosità individuale à la carte, la caratteristica della vita spirituale europea odierna.
Scrive Le Goff: «Tutte le religioni non hanno valore che per la loro mistica, rivista secondo la misura dell’individualismo che trascende ogni cultura e religione particolare, ed erige la sua soggettività in criterio di verità. L’individuo ormai ha libero accesso a tutte le religioni del mondo; può estrarre degli elementi dalle une e dalle altre, comporre in qualche modo il suo “menù spirituale” come preferisce (…). La nuova religiosità non si presenta sotto la forma di una religione trascendente strutturata attorno a dogmi, considerati come ostacoli a un’autentica spiritualità. Essa lascia la libertà a ciascuno di inserirsi o meno in questa o quella tradizione, di recuperare all’interno delle differenti religioni ciò che al singolo meglio conviene: l’unica cosa importante è che l’individuo giunga a trovare la sua felicità» (p. 228 e 233).
Aveva scritto Brague: «Quasi tutte le religioni sono presenti in quasi tutti i paesi. Nel mondo occidentale, la presenza di queste religioni multiple assume l’aspetto di un mercato. Su questo mercato sono offerti diversi prodotti. Per soddisfare i suoi bisogni religiosi, l’individuo sarà libero di scegliere. E non sceglierà solo fra religioni diverse, ma anche all’interno di ciascuna religione, per comporre à la carte un bouquet di elementi a suo piacimento. In altri termini, nulla impedisce di costruirsi una religione “fai-da-te” (…). Di fronte a una tale situazione, invece di porre la questione “Dio e le religioni”, sarebbe forse opportuno invertire i numeri delle parole e mettere “religione” al singolare e “dio” al plurale. Il termine religione non indicherà più l’una o l’altra religione costituita, ma piuttosto la religiosità in generale, il sentimento o il bisogno religioso dell’uomo. Sarà la religione a scegliere quale dio o quali dèi desidera tra quelli che si dividono il mercato» (p. 271 e 272).
È davvero sorprendente la lucidità con cui il laico Le Goff mette in evidenza come la nuova religiosità, nella quale è sempre più assorbito anche il cristianesimo, rimandi all’essere umano molto più di quanto rimandi a Dio e alla trascendenza: «Questa nuova spiritualità concilia relativismo, eclettismo ed ecumenismo religioso intorno a un divino naturale e universale. A quel che si legge e si sente dalla bocca degli interessati, il numero di coloro che dicono di avere incontrato Dio attraverso questo tipo di esperienza sembra essere in costante aumento. Ma di che Dio esattamente si tratta? Il mistero resta intero, o più precisamente c’è qualcosa di divino nel mondo e nell’universo, ma si fa fatica a capire di che cosa si tratti. Questa religiosità gira su se stessa. Non è l’autenticità dell’esperienza in oggetto che si vuole mettere in dubbio, ma la sua caratterizzazione affermata come evidenza che questo sentimento umano è esperienza di contatto col divino» (pp. 226-227). «Questa religiosità si apparenta al “sublime” come stato psicologico fatto di esaltazione più o meno confusa. Come Scrive Alain Besançon: “Il sublime è un narcisismo: un salto al di sopra di sé, al di là del quale si scopre un altro sé, sovradimensionato, di cui non ci si credeva capaci, e che abbaglia”. La nuova religiosità diffusa è come una musichetta di sottofondo alla quale non si fa molta attenzione, talmente bene s’inserisce nel nuovo spirito dei tempi democratico riempito di terapie di ogni genere, di ecologia e di buoni sentimenti. Essa fa prima di tutto appello alla sensibilità e al buon cuore di ciascuno cortocircuitando la ragione, e si vuole all’ascolto della sofferenza offrendo il balsamo per dare sollievo e per giungere, in dolcezza e profondità, all’armonia universale» (pp. 234-235).
Siamo tornati alla religione “oppio dei popoli” di marxiana memoria? In un certo senso. «Questa religiosità permette di sfuggire mentalmente ai disordini del mondo, al tragico dell’esistenza e alle situazioni difficili di fronte alle quali si trovano gli individui. Ma a differenza dell’alienazione religiosa del passato come la intendeva Marx, questa religiosità intende pervenire alla felicità senza attendere, qui e ora, nell’immanenza del mondo e di un presente liberato da ogni storicità e da ogni trascendenza. Questa religiosità rinvia l’uomo a se stesso e a un universo naturale come sorgente del divino» (p. 235).
Il monoteismo del soggetto
È la stessa diagnosi che aveva fatto Brague, il quale ha pure sostenuto che oggi si è infine realizzata la “religione dell’umanità” che aveva preconizzato il positivista Auguste Comte: «Molti fra i nostri contemporanei non chiedono alla religione di convertirli e santificarli, ma semplicemente di soddisfarli. Il modo stesso di porre il problema implica la risposta. Se è il soggetto a decidere quale dio gli conviene, egli si situa più in alto di ogni dio possibile. Perché dunque non fare di questo soggetto la divinità stessa? Il soggetto collettivo al quale Comte pensava non poteva che scegliere se stesso come oggetto del suo culto. Ciò che, a prima vista, si presenta come un politeismo che permette la scelta, si traduce alla fine in un monoteismo del soggetto, collettivo o individuale» (p. 274). Brague, filosofo e credente, coglie il dramma cosmico di questa posizione: «Dopo la morte di Dio non viene il regno dell’uomo, ma quello dell’ultimo dio che è la Morte. Se l’uomo è il solo abilitato a pronunciarsi sull’uomo, perché dovrebbe pronunciare un giudizio positivo su se stesso?».
Le Goff non affronta direttamente questa questione, ma senza saperlo offre una risposta quando evidenzia che la nuova religiosità può essere definita un neo-buddhismo. Già, il buddhismo, la religione senza Dio il cui obiettivo è l’annullamento dell’uomo come essere senziente. Il successo della versione più aggiornata del buddhismo non sta solo nella generalizzazione delle sue tecniche di meditazione, che hanno conquistato territori che vanno dai libri per l’infanzia scritti da psicoterapeuti ai corsi per manager d’azienda. Sta nella sua inavvertita infiltrazione in ambito ecclesiale. Molte parole d’ordine che si credono genuinamente cristiane, come quelle sull’atteggiamento da avere rispetto ai desideri degli esseri umani o sul fatto che i conflitti sono sempre da evitare, sono in realtà di antichissima origine buddhista. «Per il Dalai Lama – scrive Le Goff – non si devono prendere in considerazione gli atti da un punto di vista strettamente morale, considerandoli cattivi o buoni, ma considerare coloro che compiono tali atti come degli esseri viventi che soffrono e vogliono la felicità, dato di base che è “fermo e permanente”. È in questo quadro che si forma la compassione per l’altro».
Davanti a un torturatore di tibetani, il Dalai Lama reagisce così: «Non mi concentro sul cattivo atteggiamento o sul comportamento negativo di questo individuo. Al posto di ciò, rifletto sul fatto che si tratta di un essere umano che, come me, vuole la felicità e rifiuta la sofferenza». La stroncatura di Le Goff è solenne: «Questa religiosità è l’immagine invertita del fondamentalismo religioso. Essa si integra alla democrazia, ma il suo sentimentalismo, il suo pacifismo e il suo umanitarismo disincarnati sono propriamente sconcertanti. Integrando una versione angelica dei diritti umani, questa religione dell’amore universale forma un grande discorso moralizzatore al di fuori della storia e della realtà».