Wagner, Hitler e la "musica" del nazismo. Il museo a Bayreuth, di Giacomo Gambassi

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 13 /09 /2015 - 13:47 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo da Avvenire del 4/9/2015 un articolo di Giacomo Gambassi. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.

Il Centro culturale Gli scritti (13/9/2015)

Il volto di Adolf Hitler, incorniciato fra le svastiche sulla facciata del teatro del Festival di Bayreuth, compare in uno schermo della casa di Siegfried Wagner. Si varca una porta ed ecco la sala da pranzo con un caminetto in pietra e un lampadario in ferro battuto. Il totem spiega che intorno al lungo tavolo si sono seduti gli eredi di Richard Wagner assieme ad Arturo Toscanini o Richard Strauss, ma anche con Hitler e il ministro della propaganda Joseph Goebbels che erano ospiti fissi. Sul pavimento un display mostra i nipoti del compositore, Wieland e Wolfang, accanto al Führer nel 1934.

Dalle finestre si vede Villa Wahnfried, la tenuta nel centro di Bayreuth dove Wagner ha trovato «pace» (come lui stabilì fosse scritto all’esterno) e ha trascorso l’ultimo scorcio della vita. La villa in stile neorinascimentale, la casa di Siegfried (figlio del compositore) e una nuova dépendance dai lineamenti contemporanei formano il nuovo museo di Richard Wagner.

È stato appena aperto nella cittadina della Baviera scelta dall’irrequieta penna per custodire il suo “verbo” musicale con il Festival voluto dal genio romantico nel teatro fatto costruire a misura delle sue partiture, il Festspielhaus. Un “tempio” che negli anni del Terzo Reich è stato il megafono musicale del nazismo e su cui ancora aleggia quell’aurea “nera” figlia dell’incontro fra Hitler, le creazioni di Wagner e i parenti dell’autore del Ring. Da Bayreuth è passato un pezzo di storia della Germania con le sue vette artistiche e le sue barbarie ideologiche. «Wagner è una pietra miliare dell’identità cittadina», afferma il sindaco Brigitte Merk-Erbe accanto alla tomba del maestro nel giardino della villa. E una delle pronipoti, Nike Wagner, scherza: «Col nuovo allestimento è stato costruito un bar vicino alla lapide. Così emenderà il ricordo di Hitler che qui ha dormito».

«Il museo non sarebbe stato completo se non avessimo affrontato anche questo controverso aspetto», spiega il direttore Sven Friedrich. Per metterlo a fuoco serve entrare prima di tutto dentro Villa Wahnfried edificata fra il 1874 e il 1876 grazie a Ludovico II, il “re folle” di Baviera stregato dalla musica di Wagner e suo prezioso mecenate. La casa è stata bombardata nel 1945 e i Wagner l’hanno abitata fino al 1966 prima di cederla al municipio. Nel piano rialzato viene narrata la vita del cantore di Sigfrido e Brunilde con scritti, spartiti, oggetti, abiti. E fra le stanze è collocata la pagina autografa del pamphlet Il giudaismo nella musica in cui Wagner descrive l’influenza «corruttrice» del popolo eletto e se ne auspica l’annientamento. Gli storici sostengono che il suo antisemitismo non è soltanto espressione del clima culturale tedesco di metà Ottocento ma scaturisce anche dall’incubo di essere figlio di un ebreo, l’attore Ludwig Geyer, sposato in seconde nozze dalla madre.

L’ossessione contagia la moglie Cosima, figlia di Franz Liszt, che dopo la morte di Wagner, nel 1883, sarà per trent’anni la “guardiana” della sua musica e la direttrice del Festival. Proprio a Bayreuth metterà in scena nel 1888 un’edizione dei Maestri cantori di Norimberga senza «impuri», ossia senza artisti di origine ebraica. Lo ammette la mostra “Voci silenziate” dedicata agli ebrei estromessi dal Festival che le pronipoti di Wagner, Eva Wagner-Pasquier e Katharina, oggi direttrici della rassegna, hanno voluto nei giardini del Festspielhaus. Insieme con il nuovo museo è un modo per fare luce sugli anni oscuri di Bayreuth: nella mostra per desiderio della famiglia Wagner; a Villa Wahnfried su richiesta delle istituzioni, dal Comune al Governo federale, che con 22 milioni di euro hanno finanziato il riassetto della struttura aperta per la prima volta nel 1976.

Intorno a Cosima nasce il “circolo di Bayreuth”: è un cenacolo di devoti di Wagner ma diventerà una congrega di antidemocratici e antisemiti. A fomentare questi sentimenti l’inglese Houston Stewart Chamberlain, marito della figlia di Wagner, Eva, e autore del libro I fondamenti del diciannovesimo secolo in cui esalta la razza ariana. Con lui sarà un’altra inglese, Winifred, moglie di Siegfried, a sancire il binomio Wagner-Hitler, a 40 anni dalla morte del compositore. Adottata dal pianista Karl Klindworth, respira in famiglia il nazionalismo teutonico e sposa il figlio di Wagner, di 28 anni più anziano, per coprine l’omosessualità.

Nel nuovo museo lo studio di Winifred, in un angolo della casa di Siegfried, aiuta a comprendere il “Wagner nazista”. Si rivela il primo incontro fra lei, il marito e Hitler nel 1923; la sua iscrizione al Partito nazionalsocialista nel 1926; l’intima amicizia con Adolf a cui dà del “tu”; la presenza costante di «zio Wolf» (così Winifred chiama il dittatore) a Villa Wahnfried e nel teatro di Wagner anche prima dell’ascesa al potere nel 1933. Già Siegfried, riaprendo il Festival nel 1924 dopo la grande Guerra, ne fa una ribalta nazionalista, ma sarà la “signora di Bayreuth” – com’è soprannominata Winifred – a trasformarlo in un «palcoscenico della propaganda nazista» quando nel 1930 ne assume la direzione alla morte del marito. Un’operazione grazie a cui la nuora «salvaguardia il Festival» assicurandosi «cospicui finanziamenti» del Reich e «una significativa autonomia» artistica, precisa Friedrich. Qualcuno l’ha descritta come amante di Adolf: lei ha sempre smentito, persino in un’intervista del 1975 dove – fa sapere il museo – rimarca la sua ammirazione per Hitler.

La corrispondenza d’amorosi sensi fra il Führer e i Wagner è cercata anche dal dittatore che si innamora del genio di Lipsia fin da ragazzo. Nel Mein Kampf racconta: «A dodici anni ho visto la mia prima opera, Lohengrin. In un istante ho compreso che il mio entusiasmo per il maestro di Bayreuth non avrebbe conosciuto limiti». Dirà anche: «Il suo pensiero mi è intimamente familiare». Hitler eleva la musica di Wagner a colonna sonora del regime: impone di eseguire i Maestri cantori dopo la “giornata di Potsdam” del 1933 e ne fa l’emblema del Führerkult; usa Rienzi nelle cerimonie ufficiali; fa suonare la marcia funebre di Sigfrido (tratta del Crepuscolo degli dei) nelle esequie dei gerarchi.

Le saghe germaniche, al centro dei lavori wagneriani, giocano un loro ruolo nell’appropriazione hitleriana del musicista che era un anticapitalista anarchico (come emerge dal ciclo dell’Anello del Nibelungo) seppur con tratti aristocratici. Va perciò considerata un’usurpazione la manovra che innalza Wagner a profeta del nazionalsocialismo nonostante alcuni suoi scritti. Durante il Reich si realizza una strumentalizzazione a posteriori delle sue partiture che ancora oggi continuano a essere gravate dal pregiudizio. È il caso del perenne “no” alle esecuzioni delle opere wagneriane in Israele. Persino il suo antisemitismo “teorico” è contraddetto da lui stesso: per la prima di Parsifal a Bayreuth nel 1882 sceglie personalmente come direttore d’orchestra l’ebreo Hermann Levi. L’intero maneggio nazista rimuove anche le debolezze umane presenti nei drammi musicali: persino Lohengrin, caro al dittatore, non lo si vede alla stregua di chi è condannato all’incomprensione, come voleva Wagner. Ed è delirante la rilettura di Parsifal da parte del Führer che indica il titolo come fondamento “sacro” della sua ideologia: «Quello che si celebra non è una religione cristiana schopenhaueriana della compassione, ma il sangue puro e nobile» del popolo ariano.

Nel secondo dopoguerra la denazificazione di Bayreuth rimane a metà: esiliata Winifred, i suoi successori alla guida del Festival, i figli Wieland e Wolfgang, preferiscono lasciarsi alle spalle il passato piuttosto che scandagliarlo. Adesso provano a voltare pagina le pronipoti e un museo (rivisto e corretto) da visitare.

IL NUOVO MUSEO DI WAGNER A BAYREUTH

Non c’è solo il rapporto fra il clan Wagner e il nazismo nel nuovo museo dedicato al rivoluzionario compositore tedesco a Bayreuth. Fulcro dell’esposizione è Villa Wahnfried, la casa dove Wagner ha composto parte del Crepuscolo degli dei e l’intero Parsifal. La villa conserva segmenti degli arredi originali e nel salone affacciato sul giardino dove è sepolto il maestro si trova la sua biblioteca. Fra i volumi “italiani” spiccano quelli su Dante Alighieri e sui musicisti Gioacchino Rossini e Gaspare Spontini. Interessante la serie di libri sulla vita di Lutero. Nel piano rialzato viene ripercorsa la vita del genio romantico anche con gli spartiti di tutte le sue opere. Ma il “tesoro” si trova nei sotterranei dove può essere ammirata l’intera partitura originale di Tristano e Isotta. Accanto alla villa è stata aperta per la prima volta la casa di Siegfried, figlio di Wagner, in cui viene documentato il passato hitleriano della famiglia. Sul lato opposto è stato costruito un nuovo edificio dove si narra la storia di Villa Wahnfried e quella del Festival wagneriano con costumi di scena e modellini degli allestimenti proposti nella rassegna voluta da Wagner fin dal 1876.