Goto e Yukawa, gli ostaggi giapponesi dello Stato islamico e lo strano «destino» che li ha fatti incontrare. Yukawa aveva tentato il suicidio prima di andare a combattere in Siria. Goto, giornalista convertito al cristianesimo e «infiammato dal senso di giustizia», è partito per salvarlo. Per la seconda volta, di Leone Grotti
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Riprendiamo dal sito della rivista Tempi un articolo di Leone Grotti pubblicato il 27/1/2015. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (28/1/2015)
Il giornalista giapponese freelance Kenji Goto parla con alcuni bambini di Aleppo.
Non si conosce la datazione precisa della foto. | INDEPENDENT PRESS/KYODO
Yukawa e Kenji Goto sono giapponesi e sono stati rapiti dallo Stato islamico. Per qualche strano motivo, il «destino» ha voluto unirli in questo modo anche se le assonanze tra i due sono pochissime. Sabato i jihadisti hanno pubblicato un video nel quale il giornalista Goto tiene in mano una foto che mostra il contractor Yukawa decapitato. Il governo giapponese ha confermato la morte del primo ostaggio, affermando che non intende cedere al ricatto dei terroristi. Questi vogliono il rilascio dell’aspirante kamikaze Sajida al-Rishawi, in carcere in Giordania, dopo aver abbandonato la richiesta di 200 milioni di dollari.
TENTATO SUICIDIO. Le strade che hanno portato i due uomini in Siria non potrebbero essere più diverse. Yukawa, 42 anni, aveva tentato il suicidio nel 2008, era passato attraverso la bancarotta, la morte della moglie e sembrava alla ricerca di un motivo per continuare a vivere. Nel 2008, per dissanguarsi, si è evirato ma la moglie e i medici riuscirono a salvarlo. Scampata la morte, scrisse sul suo blog che voleva continuare a vivere come se fosse una donna.
PARTENZA PER LA SIRIA. Così, decise di cambiare il proprio nome in Haruna convincendosi di essere la reincarnazione di Yoshiko Kawashima, una principessa manciù che divenne una spia per l’impero giapponese e si vestiva con abiti maschili. Dopo la morte della moglie per un tumore, decise di partire per la Siria e combattere tra le fila dei ribelli per guadagnare esperienza nella lotta contro al-Qaeda e magari diventare un consigliere sulla sicurezza per imprese private che operano in zone pericolose.
SEQUESTRATO DAI RIBELLI. Le cose non sono andate come sperava. Il giornalista Kenji Goto l’ha incontrato per la prima volta in Siria nell’aprile del 2014. Yukawa era stato sequestrato da una formazione ribelle ma Goto riuscì a farlo liberare grazie ai suoi contatti. Si conobbero così e tre mesi dopo, in estate, Yukawa lavorò come assistente di Goto in Iraq per imparare ad operare nelle zone di guerra.
«NON TENTARE DIO». Kenji Goto, 47 anni, è un giornalista molto rispettato in Giappone, dove ha fondato un’agenzia freelance, Independent Press. Per 19 anni ha coperto «conflitti, rifugiati, poveri, malati di Aids e bambini» in tutto il mondo, vendendo anche servizi alle principali televisioni giapponesi. Chi lo conosce dice che sapeva sempre cosa fare ed era molto calmo in situazioni difficili. Convertitosi al cristianesimo nel 1997, Reuters riporta alcune sue dichiarazioni rilasciate a maggio a una rivista cristiana locale: «Ho rischiato la mia vita e visto cose orribili ma so che in qualche modo Dio mi salverà sempre. Comunque non mi sono mai messo da solo in situazioni pericolose per non tentare Dio, come dice la Bibbia».
L’ULTIMO MESSAGGIO. Sposato con due figli, Goto questa volta sembra aver agito diversamente. A ottobre è rientrato in Siria, dopo aver saputo che Yukawa era stato rapito dallo Stato islamico: voleva provare a liberarlo di nuovo. Nell’ultimo messaggio registrato con una telecamera, prima di entrare nel territorio dell’Isis, affermava: «È un viaggio piuttosto pericoloso. Se succede qualcosa, la responsabilità è solo mia». Il 25 ottobre ha inviato un messaggio agli amici, nel quale li informava di essere entrato in Siria. Da allora nessuno ha più saputo niente di lui, prima che lo Stato islamico la settimana scorsa rilasciasse un video dei due ostaggi vestiti con la tuta arancione dei condannati a morte.
«INFIAMMATO DAL SENSO DI GIUSTIZIA». Dopo essere stato salvato la prima volta da Goto in aprile, Yukawa scrisse nel suo blog: «L’istinto mi dice che saremo amici per sempre. È stato il destino che ci ha fatto incontrare in Siria», riporta il New York Times. La madre del giornalista, provando a spiegarsi il perché di un gesto tanto avventato da parte di Goto, ha dichiarato ai media giapponesi: «Ha sempre cercato di aiutare i più deboli. Prima ancora di imparare a camminare, ha sempre trattato i più piccoli con gentilezza. Era un bambino gentile, ma anche uno infiammato dal senso di giustizia». Il padre di Yukawa, Shoichi, 74 anni, con spirito molto giapponese, è apparso in pubblico per scusarsi: «Mi scuso se mio figlio ha creato problemi al Giappone e al signor Goto. Mio figlio diceva che era una persona sincera e gentile. Lui si è preoccupato di mio figlio e ha rischiato la sua vita per lui. Questo mi fa soffrire. Spero che possa presto essere rilasciato e tornare sano e salvo».