C.S. Lewis: C’è una redenzione anche per ET? Un testo inedito dell’autore delle Cronache di Narnia
Riprendiamo da Avvenire dell’8/10/2014 un testo inedito di C.S. Lewis. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (12/10/2014)
Nel corso della mia vita ho ascoltato due diverse argomentazioni contro la mia religione poste in nome della scienza. Quando ero giovane, le persone erano solite dire che l’universo non solo non era adatto alla vita, ma probabilmente era ostile ad essa. La vita era apparsa su questo pianeta per un caso più che fortuito, come se a un certo punto ci fosse stato un crollo delle elaborate difese generalmente attive contro di essa. Sarebbe avventato asserire che tale eccezione dovesse verificarsi più di una volta. Probabilmente la vita non è stata altro che un’anormalità terrestre. Eravamo soli in un deserto infinito. Il che mostrava già l’assurdità dell’idea cristiana che ci fosse un creatore interessato a creature viventi.
Tuttavia, si fece avanti il professor F. B. Hoyle, cosmologo di Cambridge, e quasi in un batter d’occhio ogni persona che incontravo sembrava aver deciso che l’universo fosse decisamente ben fornito di pianeti abitabili e di animali pronti a popolarli. Il che già mostrava – altrettanto bene – l’assurdità del cristianesimo con la sua idea parrocchiale che l’Uomo potesse essere importante per Dio. [...]
La potenziale minaccia è chiaramente diretta contro la dottrina dell’Incarnazione, la fede che Dio «per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e fu fatto uomo». Perché per noi uomini e non per altri esseri? Se ci troviamo a non essere altro che una tra un milione di razze, come possiamo, senza un’assurda arroganza, considerarci come gli unici favoriti? [...]
Di certo, qui reclamiamo non quel che è semplicemente sconosciuto ma, a meno che Dio non voglia rivelarcelo, ciò che è del tutto inconoscibile. Può darsi che più ci è stato permesso di vedere nei suoi consigli, più chiaramente dovremmo capire che una razza decaduta potrebbe essere salvata – così e non altrimenti – attraverso la nascita a Betlemme, la croce sul Calvario e il sepolcro vuoto. Potrebbe esservi una necessità, insormontabile, radicata nella stessa natura di Dio e in quella del peccato. Ma non lo sappiamo. Comunque, io non lo so. Le condizioni spirituali, come quelle fisiche, potrebbero essere molto differenti in mondi diversi. Potrebbero esservi diversi tipi e gradi di caducità. Potremmo certamente credere che la carità divina sia così ricca di risorse quanto è smisurata nella compassione. A differenti malattie, o persino a diversi pazienti colpiti dalla stessa malattia, il grande Medico potrebbe aver applicato cure diverse: rimedi che probabilmente non potremmo riconoscere come tali persino se ne avessimo sentito parlare.
Potrebbe essere che la redenzione di altre specie sia diversa dalla nostra pur dipendendo, in una certa misura, da essa. Troviamo un indizio in san Paolo (Romani 8, 19-21) quando dice che l’intera creazione freme in attesa di essere liberata da una certa schiavitù, e che la liberazione avverrà solo quando noi cristiani assumeremo pienamente di essere figli di Dio per esercitare la nostra «gloriosa libertà».
È interessante chiedersi come le cose andrebbero se incontrassero una razza non decaduta. Inizialmente, per star sicuri, spenderebbero un bel po’ di tempo a schernirla, ad abbindolarla, cercando di sfruttarne l’innocenza: ma dubito che la nostra astuzia semi-animale sarebbe in grado, a lungo termine, di stare alla pari con la saggezza divina, il valore privo di egoismo, e la perfetta unanimità.
Quindi temo i problemi pratici, non quelli teorici, che sorgerebbero se mai dovessimo incontrare creature razionali non umane. Contro di loro commetteremmo, se potessimo, tutti quei crimini che abbiamo già commesso sulle creature umane dalla pelle diversa dalla nostra; e i cieli stellati diventerebbero un oggetto a cui le brave persone possono guardare solo col sentimento di intollerabile colpa, di pietà agonizzante e di bruciante vergogna. [...]
Quel che so è che qui e ora, come nostra unica possibile preparazione pratica a tale incontro, voi e io dovremmo evitare ogni sfruttamento e ogni imperialismo teologico. Non sarà divertente. Saremo chiamati traditori dalla nostra stessa specie. Saremo odiati da quasi tutta l’umanità; persino da alcuni uomini religiosi. E non dobbiamo cedere di un centimetro. Probabilmente falliremo, ma nello scontro soccomberemo lottando dalla parte giusta. La nostra lealtà non è dovuta alla nostra specie, ma a Dio. Coloro che sono, o possono diventare, figli suoi, sono i nostri veri fratelli anche se avessero gusci o zanne. È l’affinità spirituale che conta, non quella biologica.
Ma ringraziamo Dio che siamo ancora ben lontani dal poter viaggiare in altri mondi. Prima d’ora mi sono chiesto se le vaste distanze astronomiche non possano essere precauzioni di Dio, a mo’ di quarantena. Impediscono la diffusione di infezione spirituale da parte delle specie decadute. E naturalmente siamo anche molto lontani dal possibile problema teologico che potrebbe sorgere dal contatto con altre specie razionali; tali specie potrebbero non esistere. Non c’è al momento alcuna prova empirica che ciò accada. Non c’è nulla se non quel che i logici chiamerebbero argomenti da «probabilità a priori» – argomenti che iniziano con «è solo naturale supporre», o «ogni analogia suggerisce», o ancora, «non siamo così arroganti da escludere».
Tutte belle parole, ma chi se non uno scommettitore nato rischierebbe mai cinque dollari su tali basi nella vita ordinaria? Inoltre, come abbiamo visto, la mera esistenza di queste creature non solleverebbe alcun problema. Dunque, abbiamo ancora bisogno di sapere che essi sono decaduti; quindi che non sono stati, o non saranno, redenti nella modalità che noi conosciamo; e che nessun’altra modalità è possibile. Penso che un cristiano resterebbe comodamente seduto se la sua fede non incontrasse mai difficoltà maggiori di questi fantasmi congetturali.
Se ricordo bene, sant’Agostino sollevò una questione riguardo alla posizione teologica dei satiri, dei monopodi e di altre creature semi-umane. Bene, decise che poteva aspettare finché non ne avesse incontrati alcuni. Lo stesso potremmo dire noi.
«Ma supponendo», direste voi, «che tutte queste imbarazzanti ipotesi fossero vere?». Posso solo ricordare una convinzione che esse non avranno. Una convinzione divenuta per me, nel corso degli anni, irrefrenabile. I cristiani e i loro oppositori si aspettano sempre che una qualche nuova scoperta trasformi le questioni di fede in questioni di conoscenza o le ridurranno a palesi assurdità. Ma ciò non è mai accaduto.
Ciò a cui noi crediamo rimane sempre intellettualmente possibile; non diventa mai intellettualmente coercitivo. Ho l’idea che quando cesserà di essere così, il mondo volgerà alla sua fine. Ci è stato detto che sarà con l’Anticristo che apparirà la prova conclusiva contro il Cristianesimo, prova che – se fosse possibile – ingannerebbe persino gli eletti.
E dopo tutto ciò, seguirà la prova definitiva dall’altra parte dello schieramento. Ma non prima, immagino, di quel tempo in cui l’una e l’altra parte saranno pronte.