La Bibbia nelle rappresentazioni dei sarcofagi paleocristiani del Museo Pio Cristiano (Musei Vaticani): un itinerario di visita
di Umberto Utro

Presentiamo on-line il breve saggio di Umberto Utro (Responsabile del Reparto per l’Arte Paleocristiana dei Musei Vaticani), Un itinerario nel Museo Pio-Cristiano, scritto per il catalogo della mostra La Parola scolpita. La Bibbia alle origini dell’arte cristiana, curata dai Musei Vaticani, dalla United Bible Societies-Alleanza Biblica Universale e dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, pagg.67-71, in occasione della mostra che si è tenuta dal 29 settembre 2005 al 7 gennaio 2006, presso gli stessi Musei Vaticani.

Il Centro culturale Gli scritti (31/12/2006)


Mi istruì in Scritture degne di fede…”. Da queste parole di Abercio[1], che fu vescovo di Gerapoli, antica città della Frigia (nell’odierna Turchia), negli ultimi anni del II secolo, prende avvio un percorso ideale fra le opere del Museo Pio Cristiano alla scoperta della diffusione delle scene bibliche nell’arte paleocristiana. Il Pastore che guida Abercio nel suo viaggio attraverso le comunità cristiane del tempo, fino a quella di Roma, gli manifesta i suoi insegnamenti tramite lo studio delle Sacre Scritture. Si avverte in questa espressione l’eco delle parole dell’apostolo Paolo al discepolo Timoteo, al quale annuncia il Vangelo di Cristo come “una parola sicura, degna di essere accolta e creduta” (1 Timoteo 4,9).

Abercio, infatti, dichiara di avere Paolo come compagno di viaggio, riferendosi sia all’esperienza paolina dei viaggi attraverso le terre dell’Impero, di cui egli stesso segue in parte le orme (anche Gerapoli era stata attraversata da Paolo per andare ad Efeso, nel suo terzo viaggio), sia alla concreta compagnia dei suoi scritti, diffusi ormai capillarmente nella Chiesa dello scorcio del II secolo e inseriti nel canone neotestamentario appena definito.

Vicino al cippo di Abercio, che è anche la più antica iscrizione cristiana sicuramente datata, altre testimonianze epigrafiche menzionano personaggi citati nel Nuovo Testamento, come quella che ricorda il governatore della Siria Quirino, durante il cui mandato Maria e Giuseppe si recarono a Betlemme in occasione del censimento ordinato da Augusto (cfr. Luca 2,1-5); oppure l’iscrizione del re Areta, durante il cui regno Paolo fu imprigionato a Damasco (cfr. 2 Corinzi 11,32).

Nei versi di Abercio, che si dice “discepolo del casto Pastore…”, riecheggia anche un passo famoso del Vangelo di Giovanni: quello in cui Gesù si definisce appunto “il buon Pastore, pronto a dare la vita per le sue pecore” (Giovanni 10,11; cfr. anche Ezechiele 34). La raffigurazione di un pastore con un agnello sulle spalle, così come di scene con temi pastorali, era assai diffusa nell’arte antica, riferita ad una pluralità di temi positivi, fra i quali il più significativo appare quello della philanthropìa.

I cristiani dei primi secoli trovarono naturale utilizzare queste immagini per veicolare attraverso di esse un contenuto nuovo: la Rivelazione, appunto, di Gesù quale Buon Pastore. Ciò mostra chiaramente come le immagini e il pensiero degli antichi non vennero disprezzati o rifiutati, ma colti nella loro potenzialità preparatoria della Rivelazione cristiana (i “semi del Verbo” che i primi scrittori cristiani, i Padri della Chiesa, riconobbero sparsi da Dio nel mondo antico).

Ai cristiani spettava individuare tali semi e svelarli, in una libertà interpretativa che a noi oggi appare ammirevole. Il Pastore assunse allora – come nel più celebre degli esempi, vanto del Museo Pio Cristiano[2]il volto umano di Apollo, dio della bellezza e dell’eloquenza, eco delle parole del Salmista al futuro re d’Israele: “Tu sei il più bello di tutti gli uomini, incantevoli sono i tuoi discorsi; Dio ti ha benedetto per sempre!” (Salmo 45,3).

Un’altra immagine fondamentale dell’iconografia paleocristiana, spesso affiancata a quella del Pastore, è quella dell’“orante”, figura femminile in veste panneggiata, con le mani allargate e alzate al cielo, anch’essa tratta del repertorio artistico pagano, in cui serviva personificare la pietà (pietas) verso gli dèi. Il Salmo 23 sembra quasi dare parola alla Pietà reinterpretata in senso cristiano e rivolta al vero Pastore: “Il Signore è il mio pastore e nulla mi manca. Su prati d’erba fresca mi fa riposare; mi conduce ad acque tranquille, mi ridona vigore; mi guida sul giusto sentiero: il Signore è fedele! Anche se andassi per la valle più buia, di nulla avrei paura, perché tu resti al mio fianco, il tuo bastone mi dà sicurezza. Per me tu prepari un banchetto sotto gli occhi dei miei nemici. Con olio mi profumi il capo, mi riempi il calice fino all’orlo. La tua bontà e il tuo amore mi seguiranno per tutta la mia vita; starò nella casa del Signore per tutti i miei giorni”.

È interessante notare come la trasformazione cristiana di questi due temi iconografici pagani trovi la sua più puntuale completezza in ambito funerario, dinanzi cioè all’esperienza della morte, la “valle più buia”. Lo si osserva soprattutto in un sarcofago proveniente dalla Via Salaria[3], pervaso da una raffinata aura letteraria, dove i due sposi defunti, in atteggiamento filosofico, paiono discutere – avendole davanti a sé come visibili – proprio delle parole rivolte dal fedele Orante al Pastore secondo il Salmo 23: “Anche se andassi per la valle più buia, di nulla avrei paura, perché tu resti al mio fianco, il tuo bastone mi dà sicurezza”.

Le raffigurazioni ancora legate a personificazioni simboliche di immagini bibliche si affiancheranno presto, nel corso del III secolo, a nuove scene narrative tratte direttamente dalle pagine dell’Antico e del Nuovo Testamento. L’idea di unità dei due grandi momenti della Rivelazione divina risulta così evidente fin da questi primi esempi. Il sarcofago “di Giona”[4] mostra l’interpretazione cristiana di tale celebre e breve racconto profetico: questo è infatti, secondo le parole di Gesù, il “segno” che prefigura la sua Risurrezione dalla morte (cfr. Matteo 12,39-40).

Nel sarcofago sono presenti anche altri “segni” pasquali: quello della risurrezione di Lazzaro (cfr. Giovanni 11,41-44), e – particolare quasi nascosto ma illuminante – quello dell’acqua del diluvio, dalla quale Noè è tratto in salvo. Il sarcofago pare, dunque, “raffigurare” – forse con la mediazione degli scritti dei Padri – l’idea paolina della risurrezione di Cristo quale presupposto della salvezza del cristiano: “Se infatti siamo stati totalmente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione” (Romani 6,5).

Attraverso il battesimo, richiamato dall’acqua delle due scene vetero-testamentarie e dall’episodio apocrifo di Pietro che battezza i carcerieri raffigurato in alto, ogni cristiano – e così il defunto di questo sarcofago – sa di essere unito alla morte di Cristo e alla sua resurrezione. Si noti infine, insieme alle scene narrative, la permanente presenza dell’immagine simbolica del Pastore, nonché di quella del Pescatore, anch’essa di origini precristiane, genericamente allusiva alla pace del mondo marino.

Una possibile motivazione circa le origini delle scene dell’arresto di Pietro e del battesimo dei carcerieri, ancora iconograficamente incerte sul sarcofago di Giona, e della predizione del rinnegamento di Pietro che compare quale scena centrale di un altro elegante sarcofago[5], è quella dell’esperienza tragica delle persecuzioni.

Questa ebbe uno dei suoi momenti culminanti proprio alla metà del III secolo con la sanguinosa persecuzione di Decio e con la drammatica vicenda ad essa legata dei “libelli” di abiura di fede, che mise alla prova la coesione della comunità ecclesiale. Un’ulteriore influenza poté essere esercitata dalla riflessione sul primato della comunità romana nel consesso ecclesiale universale, da essa presieduto “nella carità” (Ignazio d’Antiochia, Ad Romanos, 1,1).

La “pace della Chiesa”, dopo l’editto di Costantino del 313, segnò una demarcazione fondamentale nella vita della comunità cristiana. All’espansione evangelizzatrice e al radicamento istituzionale, nonché alla fioritura teologica del “secolo d’oro” della patristica, corrispose un fervore artistico senza precedenti che insieme alle grandiose basiliche recò un nuovo straordinario sviluppo dell’iconografia cristiana. Dopo le prime scene ormai sempre più frequenti sulle decorazioni frontali dei sarcofagi, le iconografie bibliche si diffondono capillarmente e affollano in modo sorprendente i “fregi continui” dei sarcofagi costantiniani[6] esposti nel Museo.

Vi si alternano le immagini dell’Antico e del Nuovo Testamento che alludono alla salvezza: il sacrificio d’Isacco, Ezechiele e le ossa che riprendono vita, Daniele fra i leoni, i miracoli di Cana e della moltiplicazione dei pani, le guarigioni del cieco e del paralitico, ecc. L’elemento salvifico si sposa felicemente con quello della speranza della vita futura, comunque implicito nei monumenti funerari.

Il senso dell’accostamento fra le varie scene il più delle volte ci sfugge, benché si abbia spesso l’impressione che esse non fossero disposte secondo un mero disordine decorativo, ma seguissero piuttosto una logica di consequenzialità o di rimando fra i due Testamenti, ancora da approfondire e verificare. Non è semplice, ad esempio, individuare il ruolo avuto dalla committenza personale o ecclesiale nella selezione delle scene, in rapporto soprattutto a quei disegni preparatori standardizzati che facilmente s’indovinano diffusi nelle officine marmorarie.

Proponiamo alcune delle situazioni iconografiche più notevoli. Nel sarcofago a fregio continuo inv. 31542[7], la scena di Cristo presentato al sommo sacerdote dopo l’arresto (cfr. Marco 14,53-65) è seguita da quella del rinnegamento di Pietro (14,66-72), avvenuto contemporaneamente nel cortile del sinedrio (“Pietro, intanto, era ancora giù nel cortile…”, v. 66).

Nel sarcofago inv. 31472[8], pur fra qualche elemento di restauro, si nota il particolare di Eva (nella scena dell’apparizione di Dio dopo il peccato) che volge il capo a destra verso Cristo nella vicina scena del miracolo di Cana: vi si può forse riconoscere un riferimento alla riflessione tipologica dei Padri su Maria, nuova Eva (cfr. ad esempio Ireneo, Adversus Haereses, 5,19).

Stessa situazione sul sarcofago inv. 31556[9], dove la defunta, che tiene in mano un codice aperto, appare in dialogo con Gesù che compie il miracolo del paralitico: è un riferimento alla speranza viva della salvezza per colei che fu destinataria di quel manufatto, ma anche un richiamo al libro del Vangelo, nel quale questa parola di salvezza, “degna di fede”, è resa attuale in ogni tempo, ad ogni persona.

L’affollamento delle scene comporta delle interessanti trasgressioni ai canoni figurativi ormai affermati. Il sarcofago inv. 31553 [10] ne è forse l’esempio più singolare e curioso. La guarigione della donna malata di emorragie è riconoscibile, abitualmente, per il gesto di lei che tocca il mantello di Gesù (cfr. Marco 5,27) e per la mano dello stesso Gesù poggiata sul suo capo. In questo caso, invece, per l’affollamento del campo iconografico, la figura del Cristo è sparita, e la donna tocca a sinistra un mantello sbagliato (quello di un apostolo testimone del miracolo della moltiplicazione), mentre è toccata sul capo dalla mano di Dio che appare, a destra, ad Adamo ed Eva. All’osservatore del IV secolo doveva riuscire comunque immediata, tramite la chiave di lettura dei due gesti “canonici”, l’identificazione dell’episodio evangelico della donna guarita.

Ai sarcofagi a fregio continuo seguono, nell’esposizione, quelli più grandi e spettacolari a doppio registro (cioè con due fregi continui sovrapposti), fra i quali primeggiano i sarcofagi detti “dei due Testamenti” e “dei due fratelli”[11]. I due sarcofagi, capolavori della scultura funeraria paleocristiana, costituiscono il cuore delle collezioni del Museo Pio Cristiano e testimoniano la diffusione della conoscenza dei testi biblici e patristici, nonché la ricchezza culturale della comunità cristiana di Roma nella prima metà del IV secolo.

In particolare, sul sarcofago “dei due Testamenti”[12], che per la ricchezza iconografica e dottrinale è detto anche “dogmatico”, scolpito a Roma nel secondo venticinquennio del IV secolo, sembra risuonare l’eco della riflessione del primo concilio ecumenico della Chiesa, quello di Nicea (325) e del “simbolo” della fede nel Dio trinitario (il “Credo”) che vi fu formulato. Su questo sarcofago si trova la più antica raffigurazione conosciuta della Trinità, personificata in tre figure maschili d’uguale sembiante e rappresentata nel contesto della Creazione, quasi come dettata dalla lettura del testo del concilio.

Il Padre “creatore” va riconosciuto nel personaggio centrale, seduto in cattedra e col braccio alzato nel gesto della parola (cfr. Genesi 1,3); tale gesto si continua mirabilmente nel braccio del Figlio/Parola, “per mezzo del quale tutte le cose sono state create” (Colossesi 1,16, cardine del “Credo” niceno), che trae Eva dal corpo disteso di Adamo. Lo Spirito, invece, è a sinistra, meno caratterizzato (come nello stesso testo conciliare) e simile, nel registro inferiore, alla figura del profeta nella scena dell’Epifania.

Lo Spirito, infatti, “ha parlato per mezzo dei profeti”, secondo un’aggiunta al testo niceno fatta nel concilio di Costantinopoli (381), che accoglierà, in verità, un concetto acquisito fin dai Padri più antichi.

L’Epifania “manifesta”, infine, a tutti gli uomini la nascita sulla terra del Figlio di Dio, che è il “nuovo Adamo” nato da Maria “nuova Eva”, disceso a ristabilire il progetto creativo di Dio compromesso dal peccato originale. Il parallelo fra i due Testamenti, così evidente nella raffigurazione, appare ancora una volta come un concetto familiare alla comunità dei primi secoli, per la quale “i dogmi comuni ai cosiddetti Antico e Nuovo Testamento formano un’armonia” (Origene, In Iohannem, 5,8).

Anche i sarcofagi a doppio registro presentano l’affollamento di scene osservato sui fregi continui. Alcune scene bibliche vi trovano un posto stabilito, costantemente rispettato, come quelle della consegna della Legge a Mosè e del Sacrificio d’Isacco, collocate a sinistra e a destra del tondo centrale dove sono raffigurati i defunti. La mano divina, che appare in entrambe le scene, è sempre inserita negli spazi angolari fra il tondo e il bordo superiore del sarcofago. In qualche caso, però, insieme alla mano di Dio che frena dall’alto il coltello di Abramo, un angelo in sembianze umane trattiene l’altro braccio del patriarca. Ciò che potrebbe apparire come una duplicazione è in realtà un tentativo di richiamare più letteralmente il testo biblico, dove la volontà salvifica di Dio è manifestata dall’apparizione di un angelo (cfr. Genesi 22,11-15).

Anche le scene evangeliche della vita di Cristo si arricchiscono di nuove raffigurazioni, legate soprattutto all’evento della Pasqua, centro della fede cristiana. Su alcuni sarcofagi[13] della prima metà del IV secolo compare un’antica raffigurazione simbolica della Risurrezione di Gesù: un vessillo trionfale che unisce la croce al monogramma del nome di Cristo. Quest’immagine (detta, dal greco, Anástasis, cioè “risurrezione”) è affiancata da immagini della Passione di Cristo o da altre scene bibliche.

Su un sarcofago con l’Anástasis rivenuto sotto la Basilica Vaticana, e ora perduto, compare anche, per la prima volta, l’immagine delle pie donne al sepolcro al mattino di Pasqua[14], che i cristiani d’Oriente serberanno come icona principale della Risurrezione di Cristo, insieme all’episodio della sua “discesa agli inferi”.

La seconda metà del IV secolo, con l’affermarsi del prestigio della comunità cristiana e sotto l’influsso delle fastose decorazioni nelle basiliche, vedrà il diffondersi sui sarcofagi di scene trionfali o apocalittiche, nelle quali il Cristo ha sembianze “imperiali” e i suoi apostoli quelle di dignitari. Fra le varie scene, la più significativa del nuovo immaginario iconografico è quella della traditio Legis (“consegna della Legge”), ambientata in un contesto paradisiaco – come suggerisce il monte dal quale nascono quattro fiumi -, nella quale Gesù porge un rotolo a Pietro (ma qualche volta a Paolo) alla presenza speculare dell’altro apostolo[15].

Questa “legge” è riferimento alla nuova alleanza inaugurata per opera del “nuovo Mosè”, e richiama il “comandamento nuovo” dell’amore che compie e sostituisce l’antica Legge, rivelato dal Signore al momento della lavanda dei piedi (cfr. Giovanni 13,14.34), esplicitamente raffigurata sul sarcofago inv. 31487[16]. Su tali sarcofagi grande spazio ricevono due scene della vita di Gesù che si ricollegano al clima della traditio: quella trionfale dell’ingresso in Gerusalemme e quella dell’incontro con il dubbioso Pilato, dove Gesù, accompagnato da un soldato, appare come il vero re.

La scena dell’ingresso a Gerusalemme è presente anche in un’altra tipologia di sarcofagi del tardo IV secolo, quella che prende il nome dalla raffigurazione centrale della guarigione del paralitico alla piscina di Betzata (o Bethesda; cfr. Giovanni 5,1-18)[17], presentata su un prezioso sfondo architettonico caratteristico delle forme artistiche dell’età di Teodosio (379-395). La figura di Cristo vi appare ingigantita, mentre il “testo” figurativo si fa più articolato, con l’inserzione di vignette che rimandano alla decorazione miniata dei codici.

In quest’età tarda, il prevalere delle scene trionfali o simboliche non limita la presenza e la diffusione delle scene bibliche. Queste anzi si espandono per dimensioni e particolari narrativi, fino al caso eccezionale dei sarcofagi cosiddetti “del Passaggio del Mar Rosso” (cfr. Esodo 14,5-31), che riportano sul lato frontale un unico episodio biblico. Il Museo Pio Cristiano ne possiede un esemplare integro notevolissimo[18], dove si riconosce il tema artistico della “battaglia”, caro all’illustrazione dei codici tardo-antichi, con l’esercito del Faraone che esce dalla città all’inseguimento del popolo ebraico. A seguire, è descritto il dramma dei cavalieri inghiottiti dal mare richiuso da Mosè con il bastone donatogli da Dio, segno dell’intervento divino e centro focale della scena, purtroppo unico particolare perduto. A destra, il popolo d’Israele è già al sicuro in un’atmosfera di pace (interrotta dal solo bimbo che si stringe al padre, turbato dalla terribile scena del mare), con Miriam che suona il timpano (cfr. Esodo 15,20-21). Sullo sfondo degli Israeliti appaiono la colonna di fuoco e – particolare di eccezionale rilevanza – una cortina urbana che richiama e anticipa la Città promessa ancora da raggiungere. Scena ricca di risvolti cristologici, pasquali, escatologici.

L’esposizione del Museo Pio Cristiano si conclude con una selezione di frammenti ornati con due delle scene bibliche più frequenti nell’arte paleocristiana: quella dei giovani ebrei nella fornace (cfr. Daniele 3,1-33)[19] e quella dell’adorazione dei Magi[20] (cfr. Matteo 2,1-12), entrambe spesso inserite negli spazi sviluppati orizzontalmente dei coperchi dei sarcofagi, di cui sono esposti alcuni esemplari non più riconducibili alla relativa cassa perduta. Scene che rinviano al contesto della testimonianza del martirio (i giovani che si rifiutano di adorare l’idolo e sono salvati dal fuoco della fornace per l’intervento divino) o a quello della diffusione della fede tra i “Gentili” (i Magi, venuti da Oriente, ai quali viene rivelata la salvezza).

Le ragioni di credere nella risurrezione dai morti noi le troviamo proprio nella Risurrezione del Signore. Egli, infatti, che ha risuscitato Lazzaro, morto da quattro giorni, e la figlia di Giàiro e il figlio della vedova, ha anche ridestato se stesso il terzo giorno, su comando del Padre, lui che è il pegno della nostra risurrezione. A colui, poi, che ha fatto uscire Giona il terzo giorno vivo e intatto dal ventre del gran pesce, e i tre giovani dalla fornace di Babilonia e Daniele dalla fossa dei leoni, non mancherà la potenza di risuscitare anche noi!”. Le parole della Costituzioni Apostoliche (5,7), un testo cristiano del tardo IV secolo, costituiscono una chiave interpretativa sicura per la raffigurazioni che abbiamo incontrato.

Esse risuonano vivamente nei versi composti in quegli stessi anni da Papa Damaso (… 384) per la propria sepoltura, quasi duecento anni dopo l’epitaffio di Abercio: “Colui che camminando premette le onde tumultuose del mare, che ridona la vita ai semi morenti nella terra, che poté sciogliere i lacci letali della morte e dopo le tenebre, dopo tre giorni, ridare di nuovo il fratello tra i vivi alla sorella Marta, credo che dalle sue ceneri farà risorgere Damaso”.

Dal riferimento degli episodi biblici al contesto della speranza di vita oltre la morte traspare anche la familiarità con le Scritture dei fedeli per i quali quei monumenti furono realizzati. A tale familiarità la costituzione conciliare “Dei Verbum” ha inteso richiamare caldamente i cristiani del nostro tempo (cfr. DV 25), confermando così anche la straordinaria attualità delle immagini di quei primi fratelli nella fede, al tempo della Chiesa indivisa.


Note

[1] L’iscrizione sepolcrale di Abercio
Inizi del III secolo d.C., Musei Vaticani, Museo Pio Cristiano, inv. 31643.
Su Abercio, vescovo di Gerapoli in Frigia al tempo di Marco Aurelio (… 216), esisteva una leggenda del IV secolo, riportata da codici medievali ma ritenuta in passato falsa, come l’iscrizione greca in versi ivi contenuta. Nel 1883 l’archeologo scozzese William Ramsay rinvenne, incastrati nelle mura delle terme dell’antica Gerapoli, due frammenti originali di tale epitaffio, perfettamente corrispondenti al testo fino allora conosciuto. L’iscrizione di Abercio, i cui frammenti vennero poi donati al Papa Leone XIII, è oggi la più antica iscrizione cristiana sicuramente databile. Vi si notino i molti riferimenti ad immagini bibliche, come pure l’esplicito richiamo alle Scritture, “degne di fede”, e alla figura di Paolo, “compagno di viaggio” di Abercio.
Traduzione del testo [tra parentesi quadre i versi integrati]
[Cittadino di eletta città, mi sono fatto questo monumento da vivo, per avere qui nobile sepoltura del mio corpo: io di nome Abercio, discepolo del casto Pastore che pascola greggi di pecore per monti e pianure, che ha grandi occhi, che dall’alto guardano dovunque. Egli infatti mi istruì in Scritture degne di fede e] mi inviò a Roma a contemplare il regno e vedere la regina in aurea veste ed aurei calzari. Vidi là un popolo che porta uno splendido sigillo. Visitai anche la pianura e tutte le città della Siria e, passato l’Eufrate, Nisibi. E ovunque trovai compagni, avendo Paolo compagno di viaggio. Dappertutto mi guidava la fede e m’imbandì per cibo dovunque un pesce di fonte immenso, puro, che la casta vergine prende e porge a mangiare agli amici ogni giorno, [avendo un vino eccellente, che ci mesceva insieme col pane. Queste cose ho fatto scrivere qui io Abercio in mia presenza, mentre avevo in verità settantadue anni. Chiunque comprende queste cose e sente come me, preghi per Abercio. Nessuno poi metta altro nel mio sepolcro: se no, pagherà all’erario dei Romani duemila aurei e all’ottima patria Gerapoli mille].

[2] La statuetta del Buon Pastore
Inizi del IV secolo d.C., Musei Vaticani, Museo Pio Cristiano, inv. 28590
La celebre statuetta del Buon Pastore è in realtà l’integrazione settecentesca di un frammento di sarcofago, trasformato in rilievo a tutto tondo con l’aggiunta delle gambe perdute e di parte delle braccia. L’immagine del pastore con agnello sulle spalle fu utilizzata assai frequentemente nella tarda antichità per adornare le fronti dei sarcofagi e i cristiani vi riconobbero naturalmente Cristo, il “buon pastore” evangelico.

[3] Sarcofago detto “della via Salaria”
Ca.275-300 d.C., Musei Vaticai, Museo Pio Cristiano, inv.31540
Il pastore e l’orante sono raffigurati al centro della composizione, avendo a destra e a sinistra il dialogo sapienziale tra i due sposi defunti.

[4] Sarcofago “di Giona”
Ca.300 d.C., Musei Vaticani, Museo Pio Cristiano, inv.31448

[5] Sarcofago strigilato
Ca.300-325 d.C., Musei Vaticani, Museo Pio Cristiano, inv.31495
Al centro della fascia centrale la predizione del rinnegamento di Pietro.

[6] Alcuni sarcofagi a fregio continuo con scene bibliche presenti nel Museo Pio Cristiano
Primi decenni – metà del IV secolo d.C., Musei Vaticani, Museo Pio Cristiano.
[inv. 31553] Sacrificio d’Isacco (Genesi 22,1-19); Guarigione del cieco (Marco 8,22-26; 10,46-52 e brani evangelici paralleli); Guarigione del paralitico (Marco 2,1-12 e paralleli); Moltiplicazione dei pani e dei pesci (Marco 6,30-44; 8,1-10 e paralleli); Guarigione della donna malata (Marco 5,25-34 e paralleli); Dio compare ad Adamo ed Eva dopo il peccato originale (Genesi 3,8-13); Ezechiele e le ossa che riprendono vita (Ezechiele 37,1-14).
[inv. 31556] Dio riceve le offerte di Caino e Abele (Genesi 4,3-5); Dio compare ad Adamo ed Eva dopo il peccato originale (Genesi 3,8-13); la defunta in atteggiamento filosofico; Guarigione del paralitico (Marco 2,1-12 e paralleli); Guarigione del cieco (Marco 8,22-26; 10,46-52 e paralleli); Miracolo di Cana (Giovanni 2,6-8); Risurrezione di Lazzaro (Giovanni 11,32-44).
[inv. 31509] Fronte: Pietro battezza i carcerieri (Atti apocrifi di Pietro); Arresto di Pietro (Atti apocrifi di Pietro); Miracolo di Cana (Giovanni 2,6-8); orante femminile; Guarigione del cieco (Marco 8,22-26; 10,46-52 e paralleli); Moltiplicazione dei pani e dei pesci (Marco 6,30-44; 8,1-10 e paralleli); Risurrezione di Lazzaro (Giovanni 11,38-44).
Alzata del coperchio: busto femminile (di restauro) inquadrato da un velo retto da geni alati, ai cui fianchi sono due cacciatori che reggono una lepre; tabella con iscrizione funeraria; scene di caccia al cinghiale.
[inv. 31472] Dio compare ad Adamo ed Eva dopo il peccato originale (Genesi 3,8-13); Miracolo di Cana (Giovanni 2,6-8); Guarigione del cieco (Marco 8,22-26; 10,46-52 e paralleli); Ezechiele e le ossa che riprendono vita (Ezechiele 37,1-14); Predizione del rinnegamento di Pietro (Marco 14,26-31 e paralleli); Guarigione del paralitico (Marco 2,1-12 e paralleli); Sacrificio d’Isacco (Genesi 22,1-19); Arresto di Pietro (Atti apocrifi di Pietro); Pietro battezza i carcerieri (Atti apocrifi di Pietro).

[7] Sarcofago a fregio continuo con scene bibliche
Primi decenni – metà del IV secolo d.C., Musei Vaticani, Museo Pio Cristiano.
[inv. 31542] Gesù condotto dal sommo sacerdote (Marco 14,53-64); Rinnegamento di Pietro (Marco 14,66-72); seguono altre scene bibliche.

[8] Sarcofago a fregio continuo con scene bibliche
Primi decenni – metà del IV secolo d.C., Musei Vaticani, Museo Pio Cristiano.
[inv. 31472] Dio compare ad Adamo ed Eva dopo il peccato originale (Genesi 3,8-13); Miracolo di Cana (Giovanni 2,6-8); Guarigione del cieco (Marco 8,22-26; 10,46-52 e paralleli); Ezechiele e le ossa che riprendono vita (Ezechiele 37,1-14); Predizione del rinnegamento di Pietro (Marco 14,26-31 e paralleli); Guarigione del paralitico (Marco 2,1-12 e paralleli); Sacrificio d’Isacco (Genesi 22,1-19); Arresto di Pietro (Atti apocrifi di Pietro); Pietro battezza i carcerieri (Atti apocrifi di Pietro).

[9] Sarcofago a fregio continuo con scene bibliche
Primi decenni – metà del IV secolo d.C., Musei Vaticani, Museo Pio Cristiano.
[inv. 31556] Dio riceve le offerte di Caino e Abele (Genesi 4,3-5); Dio compare ad Adamo ed Eva dopo il peccato originale (Genesi 3,8-13); la defunta in atteggiamento filosofico; Guarigione del paralitico (Marco 2,1-12 e paralleli); Guarigione del cieco (Marco 8,22-26; 10,46-52 e paralleli); Miracolo di Cana (Giovanni 2,6-8); Risurrezione di Lazzaro (Giovanni 11,32-44).

[10] Sarcofago a fregio continuo con scene bibliche
Primi decenni – metà del IV secolo d.C., Musei Vaticani, Museo Pio Cristiano.
[inv. 31553] Sacrificio d’Isacco (Genesi 22,1-19); Guarigione del cieco (Marco 8,22-26; 10,46-52 e brani evangelici paralleli); Guarigione del paralitico (Marco 2,1-12 e paralleli); Moltiplicazione dei pani e dei pesci (Marco 6,30-44; 8,1-10 e paralleli); Guarigione della donna malata (Marco 5,25-34 e paralleli); Dio compare ad Adamo ed Eva dopo il peccato originale (Genesi 3,8-13); Ezechiele e le ossa che riprendono vita (Ezechiele 37,1-14).

[11] Sarcofago “dei due fratelli”
Ca. 325-350 d.C., Musei Vaticani, Museo Pio Cristiano, inv. 31543.
Registro superiore: Risurrezione di Lazzaro (Giovanni 11,38-44); Predizione del rinnegamento di Pietro (Marco 14,26-31 e paralleli); Mosè riceve la Legge (Esodo 19,3; 31,18); conchiglia con i busti dei defunti; Sacrificio d’Isacco (Genesi 22,1-19); Pilato si lava le mani (Matteo 27,24-25).
Registro inferiore: Pietro battezza i carcerieri (Atti apocrifi di Pietro); Arresto di Pietro (Atti apocrifi di Pietro); Daniele nella fossa dei leoni con Abacuc (Supplementi a Daniele 14,31-42); Catechesi di Pietro ai carcerieri battezzati (Atti apocrifi di Pietro); Guarigione del cieco (Marco 8,22-26; 10,46-52 e paralleli); Moltiplicazione dei pani e dei pesci (Marco 6,30-44; 8,1-10 e paralleli).

[12] Sarcofago “dei due Testamenti” o “dogmatico”
Ca. 325-350 d.C., Musei Vaticani, Museo Pio Cristiano, inv. 31427.
Registro superiore: Creazione di Eva (Genesi 2,18,25); Dio consegna ad Adamo ed Eva i segni del lavoro (Genesi 3,17-23); tondo con busti della coppia di defunti, dai volti non delineati; Miracolo di Cana (Giovanni 2,6-8); Moltiplicazione dei pani e dei pesci (Marco 6,30-44; 8,1-10 e paralleli); Risurrezione di Lazzaro (Giovanni 11,38-44).
Registro inferiore: Adorazione dei Magi (Matteo 2,9-11); Guarigione del cieco (Marco 8,22-26; 10,46-52 e paralleli); Daniele nella fossa dei leoni, fra il re Ciro ed Abacuc trasportato dall’angelo (Supplementi a Daniele 14,31-42); Predizione del rinnegamento di Pietro (Marco 14,26-31 e paralleli); Arresto di Pietro (Atti apocrifi di Pietro); Pietro battezza i carcerieri (Atti apocrifi di Pietro).

[13] Sarcofagi “della Passione” o “dell’Anástasis
Ca. 325-350 d.C., Musei Vaticani, Museo Pio Cristiano.
[inv. 28591] Caino e Abele offrono sacrifici a Dio (genesi 4,3-5); Arresto di Pietro (Atti apocrifi di Pietro ); Anástasis (croce sormontata dal monogramma di Cristo entro corona, con colombe che ne beccano i frutti, sovrastante due soldati vinti: immagine simbolica della Risurrezione di Cristo); Martirio di Paolo (Atti apocrifi di Paolo); Giobbe “paziente” con la moglie e un amico (Giobbe 2,7-13).
[inv. 31525] Il cireneo porta la croce (Marco 15,21 e paralleli); Cristo coronato di spine (Marco 15,16-19) e paralleli); Anástasis (croce sormontata dal monogramma di Cristo entro corona, con colombe che ne beccano i frutti, sovrastante due soldati vinti: immagine simbolica della Risurrezione di Cristo); Cristo condotto davanti a Pilato (Marco 15,1-15 e paralleli).

[14] Sarcofago perduto dalla Basilica Vaticana, di cui è conservato il disegno in Antonio Bosio, Roma sotterranea, 1632.

[15] Sarcofagi “della traditio Legis
Fine del IV secolo d.C., Musei Vaticani, Museo Pio Cristiano.
[inv. 31487] La lavanda dei piedi (Giovanni 13,1-20); Pietro condotto al martirio (Atti apocrifi di Pietro); Cristo consegna la nuova Legge a Pietro, in presenza di Paolo (traditio Legis: tema d’ispirazione apocalittica); Cristo condotto davanti a Pilato (Marco 15,1-15 e paralleli).
[inv. 31486] Fronte: Ingresso di Gesù a Gerusalemme (Marco 11,1-10 e paralleli); Cristo consegna la nuova Legge a Pietro, in presenza di Paolo (traditio Legis: tema d’ispirazione apocalittica); Cristo condotto davanti a Pilato (Marco 15,1-15 e paralleli).
Alzata del coperchio: I tre fanciulli nella fornace e l’idolo di Nabucodonosor (Daniele 3,1-33); tabella senza iscrizione retta da due geni alati; Adorazione dei Magi e dei pastori (Matteo 2,1-12 + Luca 2,16).

[16] Sarcofago “della traditio Legis
Fine del IV secolo d.C., Musei Vaticani, Museo Pio Cristiano.
[inv. 31487] La lavanda dei piedi (Giovanni 13,1-20); Pietro condotto al martirio (Atti apocrifi di Pietro); Cristo consegna la nuova Legge a Pietro, in presenza di Paolo (traditio Legis: tema d’ispirazione apocalittica); Cristo condotto davanti a Pilato (Marco 15,1-15 e paralleli).

[17] Sarcofago con il miracolo di Betzata o Bethesda (Giovanni 5,1-18)
Ca, 375-400 d.C., Musei Vaticani, Museo Pio Cristiano, inv. 31461.
Guarigione di due ciechi (Matteo 9,27-31); Guarigione della donna che soffriva di emorragie (Marco 5,25-34 e paralleli); Guarigione del paralitico alla piscina di Betzata (Gesù, accompagnato da due apostoli, si rivolge oltre la colonna al paralitico, il quale è disteso sotto la piscina stilizzata; sopra di essa è la scena del miracolo); Ingresso di Gesù in Gerusalemme (Marco 11,1-11 e paralleli).

[18] Sarcofago con il Passaggio del Mar Rosso (Esodo 14,5-21)
Ca, 375-400 d.C., Musei Vaticani, Museo Pio Cristiano, inv. 31434.
Passaggio del Mar Rosso (da sinistra: l’esercito egiziano, guidato dal Faraone su una biga; i cavalieri che precipitano nel mare, chiuso da Mosè con il bastone disteso – perduto -; il popolo d’Israele in salvo, guidato dalla colonna di fuoco, su uno sfondo urbano da identificarsi con la Gerusalemme promessa).

[19] Fronti e frammenti di sarcofagi con i tre ragazzi nella fornace
Primi decenni del IV secolo d.C., Musei Vaticani, Museo Pio Cristiano.
[inv. 31541] Particolare di un coperchio di sarcofago con la scena dei tre ragazzi nella fornace (Daniele 3,1-33).
[inv. 31471] Noè nell’arca riceve la colomba (Genesi 8,11); I tre ragazzi nella fornace (Daniele 3,1-33).

[20] Fronti e frammenti di sarcofagi con la Natività e l’Epifania
IV secolo d.C., Musei Vaticani, Museo Pio Cristiano.
[inv. 31450] Ezechiele e le ossa che riprendono vita (Ezechiele 37,1-14); Adorazione dei Magi (Matteo 2,1-12).
[inv. 31563] Frammento di un coperchio di sarcofago con la Natività (Luca 2,7).
[inv. 31459] Adorazione dei Magi (Matteo 2,1-12); Daniele nella fossa dei leoni (Daniele 6,17-25).
[inv. 31533] Particolare di un coperchio di sarcofago con l’Adorazione dei Magi (Matteo 2,1-12).


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