Presentiamo sul nostro sito le brevi note per i visitatori esposte nella chiesa di S. Ivo alla Sapienza in Roma, con alcuni adattamenti per l’utilizzo on-line.
Il Centro culturale Gli scritti 17/12/2008)
Facciata – Il Borromini ripete le linee dei lati del Palazzo, adattandole a forma concava. Sulla
cornice dell’ordine superiore alza un attico, alleggerito da ovali traforati a stella;
all’estremità pone tamburi coronati con i monti dello stemma di papa Alessandro VII Chigi.
Cupola – L’ondulata convessità dell’altissimo tamburo, dietro l’attico,
risolve mirabilmente con le sue pareti a piombo le difficoltà che avrebbe presentato all’esterno la
curva sfuggente della cupola. Al tamburo l’artista sovrappone una calotta gradinata, scompartita da sei
contrafforti e sostenente la lanterna a pianta curvilinea, con nicchie separate da colonne binate che evitano la
rigidezza degli spigoli. S. Ivo s’innalza sopra il palazzo della Sapienza come una tromba marina sul mare:
soltanto in un fenomeno naturale si può trovare un giusto confronto.
Pianta - Esagono irregolare con nicchie semicircolari e a pianta triangolare alternate. Si ritiene che il
Borromini abbia ideato la pianta, che somiglia ad un’ape, tenendo presente lo stemma di papa Urbano VIII
Barberini. Ma certamente fu ispirato dal desiderio di sfuggire le rigide linee rette. Il pavimento eseguito nel
1662 è stato disegnato dal Borromini.
Pareti e volta - Le pareti erano state ridipinte a marmi policromi nel 1859: resta traccia della pittura
ai lati dell’altare. Nel restauro la chiesa è stata riportata al colore bianco, ritenendo che fosse
questa la condizione originale.
Le linee concave delle nicchie maggiori s’alternano alla convessità delle minori, separate da
pilastri le cui scanalature attenuano i passaggi. La cupola s’innalza sulla trabeazione senza tamburo; essa
è la prosecuzione della pianta, i cui sei angoli si prolungano in altrettante costole che si riuniscono
alla base del lanternino. La volta si ravviva di cherubini alati, di stelle e di monti araldici dello stemma
chigiano, collegati dalla triplice corona della tiara papale.
Altare - L’altare è stato ricostruito da G.B. Contini nel 1685. Ai lati sono gli stemmi di
Innocenzo XI Odescalchi (1676-1689).
Sull’arco della nicchia, cartiglio a lettere dorate: INITIUM SAPIENTIAE TIMOR DOMINI (Sir 1,14;
“principio della sapienza è il timore del Signore”).
Sopra l’altare pala di Pietro Berrettini da Cortona (1596-1669), completato dal suo allievo V. Borghesi da
Città di Castello, raffigurante S. Ivo mentre riceve le suppliche dei poveri; nella gloria degli angeli
sono raffigurati S. Pantaleo, S. Luca, S. Caterina d’Alessandria e S. Carlo Borromeo.
Sull’altare, in una cornice dorata, quadro raffigurante S.Maria Sedes Sapientiae, copia
dall’originale di G.B. Salvi da Sassoferrato.
Ivo di Kermartin nacque il 17 ottobre 1253 nel castello avito di Kermartin, presso Tréguier, nella bassa Bretagna. Studente di teologia, diritto civile e diritto canonico, successivamente nelle università di Parigi, Orléans e Rennes, rifulse sempre per pietà e amore allo studio, e fu di esempio per i condiscepoli, che lo amarono. Giudice ecclesiastico, dapprima a Rennes, poi nella Curia vescovile di Tréguier, attese ai suoi doveri con grande rettitudine e zelo ardente; propugnò i diritti della Chiesa contro le pretese del Re di Francia. Predilesse i poveri, deboli e oppressi, che tanto aiutò e protesse da meritarsi il titolo di Avvocato e Patrono dei poveri. Ivo fu ordinato sacerdote in età matura. Egli trasformò la sua casa di Kermartin in ospizio per i malati e i derelitti. Nel 1285 divenne parroco a Tredez e dopo otto anni parroco a Louannec, ove morì il 19 maggio 1303 (anno di istituzione dell’Università della Sapienza). Fu sepolto a Tréguier e canonizzato da Clemente VI nell’anno 1347. La memoria liturgica si celebra il 19 maggio.
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