Riprendiamo dal sito della Diocesi di Genova il testo di una relazione tenuta da S.Ecc.mons Domenico Sigalini il lunedì 18 settembre 2006 in occasione dell’annuale Corso di formazione catechisti della diocesi di Genova. La relazione era intitolata La cresima: il sigillo dello Spirito. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (26/7/2008)
Ognuno nella vita fa purtroppo esperienza di schiavitù,
di catene, di costrizione. È la schiavitù della malattia che
ti costringe in ospedale o inchiodato in un letto, attaccato ad una flebo o
costretto in ingessature; è la schiavitù di qualche vizio o cattiva
abitudine che non ti lascia correre libero nella via del bene; è la morsa
della droga che ti porta sempre a dosi maggiori e ti rende uno straccio; è
la dipendenza dall’alcool che ti fa terra bruciata di saggezza e sentimenti.
Può essere la stessa detenzione per delitti commessi e giustamente puntiti.
Ed è una grande gioia quando ritorna la salute, esci dall’ospedale,
si schiudono le porte del carcere, smetti di drogarti e di bere. È
un’altra vita. Il carcerato non vede più il sole a scacchi, non
sta più a misurare il perimetro della cella, non divide più il
tempo in ore di aria e ore di cella. È bello non sentirsi più
dipendente da sostanze, uscire dall’incubo dell’alcoolismo.
È stato così anche per il popolo di Israele. Era stato
per tanti anni schiavo dell’Egitto e finalmente dopo molteplici tentativi,
dopo lotte serrate contro il faraone Mosè riesce a far passare il mar
Rosso. È bellissimo il canto di Maria, la sorella di Mosè, oltre
il mare che si chiude alle spalle sui carriaggi del faraone. Inebriati di una
liberazione definitiva. Contenti di una rottura delle catene.
Così capitò in Italia nel 1945 quando finì la guerra
e i tedeschi se ne andarono da tutta l’Italia. Liberazione: non c’era
più nessun oppressore o collaborazionista che ci faceva paura con le
sue armi, con le sue ritorsioni, i suoi soprusi. Liberati finalmente, senza
padroni, senza schiavitù, senza dipendenza da altri.
Ma essere liberati significa subito essere liberi?
Il giorno della liberazione dell’Italia dai tedeschi, si sono scatenate
le vendette. Non esisteva punto di riferimento. In molte città l’unica
autorità rimasta era il vescovo. Non c’era legge, soprattutto non
c’era principio civile su cui basarsi per organizzare la vita di relazione
pubblica. Passata l’emozione della liberazione cominciava la grande avventura
di riuscire a vivere da liberi.
Il primo segnale anche per gli israeliti fu a mezzogiorno dopo il passaggio
del mar Rosso. Che si mangia quest’oggi? Ieri i nostri padroni ci facevano
trovare il piatto pieno; sarà stata sbobba immangiabile, ma almeno qualcosa
c’era. Oggi non abbiamo niente, né possiamo aspettarci che qualcuno
ci porti da mangiare. Dovevano un po’ alla volta capire che ora toccava
a loro organizzarsi la vita, aiutarsi gli uni gli altri, darsi degli ideali,
riempire i pensieri di cose belle. Così è stato in Italia:
un popolo di straccioni, come eravamo ridotti, lentamente si è costituito
in un popolo di persone libere. Si è costituito il diritto, ci si è
dato un percorso su cui sviluppare la libertà conquistata.
Il momento più simbolico e più determinante di questo passaggio
da orda di schiavi a popolo libero per il popolo di Israele è stato quando
Mosè sul monte Sinai ricevette da Dio la legge, la Torah (cfr. Es 19,
16 ss). È stato il momento in cui il popolo si è dato una costituzione
che stabiliva il percorso di libertà da seguire. In quel momento
si udirono tuoni, si vide fuoco, si sentì una voce. D’ora in poi
non siete più un’orda di schiavi, ma un popolo libero, responsabile,
capace di autodeterminazione.
Anche l’Italia si diede la sua costituzione e quella è stata la
magna carta su cui da popolo di affamati e pezzenti divenimmo popolo italiano.
Così è stato anche della vittoria di Gesù sul peccato che
ci teneva in schiavitù. Gesù ci ha liberati, ma lo Spirito
ci ha fatti liberi. Gesù ha rotto le catene del male e lo Spirito
ci ha educati alla libertà.
Gli Atti degli Apostoli infatti descrivono una scena molto simile a quella del
Sinai, quando parlano della venuta dello Spirito sugli apostoli (cfr Atti 2,
1-3). Anche qui tuono, fuoco e parola. Anche il popolo dei credenti in Cristo
ora ha la sua costituzione, ma la novità assoluta è che mentre
per il popolo di Israele la costituzione era fatta da leggi scolpite sulla pietra,
quella del cristiano è data dalla presenza interiore dello Spirito Santo.
Non siamo più regolati da una legge che ci può sempre convincere
che non siamo all’altezza della nuova vita, ma siamo abitati dallo
Spirito che ci cambia dall’interno, che fa di noi un popolo nuovo, ci
dà una nuova vita, delinea in noi i tratti dell’umanità
di Gesù, ci permette di vivere da liberi nella verità.
È lo Spirito il termine di confronto per crescere liberi, per passare
dalla liberazione alla libertà. Lui difende la presenza di Cristo
in noi, Lui non ci permette di ridurlo alle nostre malate fantasie, ma ne
difende in noi la novità assoluta oltre ogni nostra ingessatura.
Non siamo stati lasciati soli, Gesù non solo ci ha aperto gli occhi,
ma ci ha mandato la luce senza della quale i nostri occhi non avrebbero potuto
vedere. Non solo ci ha dato la vita, ma anche l’aria per respirare. Non
solo ci ha rotto le catene degli inferi, ma ci ha fatto diventare abitazione
dello Spirito. Questa compagnia e presenza dolcissima dello Spirito è
la continuazione della presenza di Lui tutti i giorni della nostra vita, fino
al suo ritorno.
La domanda successiva che ci facciamo è molto semplice.
Noi uomini e donne di oggi come facciamo ad entrare in questa storia?
Come facciamo a godere della liberazione dal peccato e a gustare la felicità
della libertà? È sufficiente rifarci a una storia di popolo oppure
abbiamo un rapporto personale con Dio, con la sua storia di amore? Se sì,
come?
Ecco allora i sacramenti. I sacramenti dell’iniziazione cristiana ci portano
entro questa storia scritta personalmente per ciascuno di noi. L’immersione
della vita umana personale nella morte e risurrezione di Gesù avviene
con il Battesimo e già in esso lo Spirito Santo viene ad abitare
nella nostra vita e a seminare libertà. Lo Spirito rende feconda l’acqua
facendo sì che il battesimo sia una nuova creazione.
Lo Spirito che è sempre Spirito di vita e, come tale, di figliolanza,
opera perché il Figlio sia continuamente generato nella storia e prenda
corpo nel mondo. La vita che egli accende è una vita soprannaturale,
una crescita continua, un incessante essere introdotti nella stessa vita senza
fine dello Spirito, mentre l’altra vita quella naturale proprio con il
suo inizio comincia il lento procedere verso la sua estinzione.
L’azione dello Spirito è già presente nel battesimo; con
questo non è detto che la Cresima sia inutile o pleonastica. Come
Cristo è già figlio di Dio fin dal seno di Maria, ma non inizia
la sua vita di “cristo”, di unto del Signore, se non dopo l’unzione
dello Spirito al Giordano; come lo Spirito consacra la prima comunità
come chiesa a pentecoste, così lo Spirito unisce con vincolo nuovo
questo membro al suo capo partecipandogli l’investitura messianica del
Cristo e lo inserisce attivamente nella Chiesa. La cresima è uno sviluppo,
compimento e perfezionamento del battesimo; infatti viene anche collocata
in un momento della vita umana in cui cresce la consapevolezza del cammino da
fare.
La vita cresce attraverso il ricevere e il donare. Se guardiamo alle esperienze,
seppur limitate, della nostra esistenza, ci accorgiamo che siamo cresciuti
e abbiamo assunto una determinata fisionomia interiore perché intorno
a noi c’è stato chi ci ha accolto, stimolato, donato qualcosa di
significativo: la famiglia, la scuola, gli amici, le esperienze di incontri,
l'ambiente della comunità cristiana, il clima del paese o del quartiere.
Senza questo contributo di doni non saremmo quello che siamo.
Non sempre abbiamo preso coscienza della ricchezza di quanto ci è stato
offerto. Spesso abbiamo ricevuto senza accorgercene, senza un’assunzione
personale dei valori e degli atteggiamenti che ci venivano trasmessi, senza
quindi una presa di posizione decisa di fronte ad essi.
Ci sono però momenti particolarmente importanti nella vita, in cui dentro
di noi si fa luce sulle esperienze positive che ci vengono donate. Sono i
momenti i cui ciascuno è chiamato a fare delle scelte, ad assumere con
decisione un proprio progetto di vita che lentamente maturerà, a
realizzare questo orientamento secondo le proprie qualità e caratteristiche,
a donare ad altri quello che si è ricevuto ed accolto. È il momento
della responsabilità che apre alla maturità.
È in questa situazione di vita, chiamata a farsi responsabile e matura,
che si innesta l'azione salvifica di Cristo attraverso la Chiesa con il sacramento
della Confermazione[1].
La confermazione dona completamento e pienezza
In questo senso si può dire che la Cresima è
il sacramento della maturità, non certo di quella psicologica, ma di
quella soprannaturale, della abbondanza del dono dello Spirito.
In altre parole con il Catechismo degli adolescenti possiamo dire:
Lo Spirito ci è già stato donato nel Battesimo. Questo dono ci
ha aperto la possibilità di iniziare una vita nuova, fatta di fiducia
filiale in Dio Padre e di amore fraterno verso gli uomini. Ci ha allora accolto
la comunità cristiana, luogo visibile privilegiato per maturare questa
crescita. In essa, attraverso l'ascolto della Parola, i segni della salvezza
e le positive esperienze di amore, abbiamo potuto conoscere e accogliere
i doni di Dio per la nostra vita.
Nel sacramento della Confermazione lo Spirito ci viene offerto come luce e forza,
perché la nuova vita si rafforzi, sia assunta con decisione e responsabilità
come progetto stabile, venga testimoniata e donata agli altri. Per la forza
dello Spirito che ci viene donato la missione di Cristo continua ora nella nostra
vita e nella nostra azione. L'unzione con l'olio consacrato e l'imposizione
delle mani da parte del vescovo sono il segno dl questo rafforzamento e di questa
nuova responsabilità.
La comunità cristiana, che ci aveva accolto come un grembo materno per
favorire lo sviluppo della nostra vita nuova, ora ci riconosce come corresponsabili
della sua missione di impegno e di testimonianza. Essa, che è strumento
efficace di vita e di pace per tutti gli uomini, lo diventa ora anche grazie
alla coerenza della nostra vita e del nostro agire.
Questa corresponsabilità va però esercitata nella diversità
dei doni e dei servizi che fanno ricca la vita della Chiesa e la rendono capace
di molteplici forme di testimonianza e di missione nel mondo. La Confermazione
introduce in un cammino di scoperta dei doni specifici che noi possiamo
mettere a servizio della crescita della comunità e del mondo.
In tutti i confermati lo Spirito rinnova una tensione missionaria: essere non
solo buoni, ma testimoni del Signore risorto nelle forme più varie, spesso
umili e nascoste. La testimonianza cristiana sarà fatta non solo da parole,
ma dal progetto della nostra vita, inserita nella storia degli uomini, come
lievito, come seme.
Per questo il Catechismo della Chiesa Cattolica dice al n. 1303:
«Ne deriva che la Confermazione apporta una crescita e un approfondimento
della grazia battesimale:
Si vede in maniera evidente che le conseguenze della cresima
sono caratterizzate da un compimento di una azione già operante.
Su questi principi si è consolidata la prassi sacramentale ben riassunta
dal Catechismo della Chiesa Cattolica, che andiamo presentando e chiosando.
CCC 1288: «Fin da quel tempo gli Apostoli, in adempimento del volere di
Cristo, comunicavano ai neofiti, attraverso l'imposizione delle mani, il dono
dello Spirito, destinato a completare la grazia del Battesimo. Questo spiega
perché nella lettera agli Ebrei viene ricordata, tra i primi elementi
della formazione cristiana, la dottrina dei battesimi e anche dell'imposizione
delle mani. È appunto questa imposizione delle mani che giustamente
viene considerata dalla tradizione cattolica come la prima origine del sacramento
della Confermazione, il quale rende, in qualche modo, perenne nella Chiesa la
grazia della pentecoste».
Ricordiamo qui tutto il discorso della presenza dello Spirito Santo nella Chiesa
e la sua presenza come costituzione del nuovo popolo di Dio.
CCC 1289: «Per meglio esprimere il dono dello Spirito Santo, ben presto
all'imposizione delle mani si è aggiunta una unzione di olio profumato
(crisma). Tale unzione spiega il nome di «cristiano» che significa
«unto» e che trae la sua origine da quello di Cristo stesso, che
«Dio consacrò [ha unto] in Spirito Santo» (At 10,38).
Questo rito di unzione è rimasto in uso fino ai nostri giorni sia in
Oriente sia in Occidente. Perciò in Oriente questo sacramento viene chiamato
Crismazione, unzione con il crisma, o miron, che significa «crisma».
In Occidente il termine Confermazione suggerisce ad
un tempo la conferma del Battesimo... e il rafforzamento della grazia battesimale».
E come sempre nella vita del cristiano le meraviglie di Dio non sono pensieri,
astrazioni, emozioni interiori, ma hanno sempre un elemento concreto attraverso
cui sono significate, conferite e rese attuali. Nel battesimo c’è
l’acqua, nell’Eucaristia, il pane e il vino, nel matrimonio l’amore
concreto dei coniugi…nella Cresima l’unzione.
CCC 1293: «Nel rito di questo sacramento è opportuno
considerare il segno dell'unzione e ciò che l'unzione indica e
imprime: il sigillo spirituale. Nel simbolismo biblico e antico, l'unzione
presenta una grande ricchezza di significati: l'olio è segno di abbondanza
e di gioia, purifica (unzione prima e dopo il bagno), rende agile (l'unzione
degli atleti e dei lottatori); è segno di guarigione, poiché cura
le contusioni e le piaghe e rende luminosi di bellezza, di salute e di forza».
CCC 1294: «Questi significati dell'unzione con l'olio si ritrovano
tutti nella vita sacramentale. L'unzione prima del Battesimo con l'olio
dei catecumeni ha il significato di purificare e fortificare; l'unzione degli
infermi esprime la guarigione e il conforto. L'unzione con il sacro crisma dopo
il Battesimo, nella Confermazione e nell'Ordinazione, è il segno di una
consacrazione. Mediante la Confermazione, i cristiani, ossia coloro che sono
unti, partecipano maggiormente alla missione di Gesù Cristo e alla pienezza
dello Spirito Santo di cui egli è ricolmo, in modo che tutta la loro
vita effonda il profumo di Cristo (2 Cor 2, 15)».
CCC 1295: «Per mezzo di questa unzione il cresimando riceve ‘il
marchio’, il sigillo dello Spirito Santo. Il sigillo è
il simbolo della persona, il segno della sua autorità, della sua proprietà
su un oggetto –per questo si usava imprimere sui soldati il sigillo
del loro capo, come sugli schiavi quello del loro padrone–; esso autentica
un atto giuridico o un documento e, in certi casi, lo rende segreto».
CCC 1296: «Cristo stesso si dichiara segnato dal sigillo del Padre suo.
Anche il cristiano è segnato con un sigillo: “È Dio stesso
che ci conferma, insieme a voi, in Cristo, e ci ha conferito l'unzione, ci ha
impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori”
(2 Cor 1,21-22). Questo sigillo dello Spirito Santo segna l'appartenenza
totale a Cristo, l'essere al suo servizio per sempre, ma anche la promessa della
divina protezione nella grande prova escatologica».
Esiste nella vita dei giovani anche se lentamente sta riducendosi,
la moda del tatuaggio che si avvicina come simbolo alla parola sigillo
e forse riflettere su di esso può aiutarci a capire più in profondità
che vuol dire sigillo dello Spirito o almeno a intercettare nelle
esperienze dei giovani una possibilità di comprensione maggiore.
È una scena più estiva che primaverile, ma nelle palestre è
sempre possibile farne mostra. Un bel tatuaggio ti rende più attraente:
una bella ragazza naked avvolta in un serpente sul braccio, una faccia
di tigre sulla schiena, un dragone sulla spalla, la faccia di un demonio o di
un vikingo, un pentagramma o una stella di David in zona ombelico sono il minimo
che si può mostrare. Qualcuno osa anche in parti un po’ più
intime, ma è troppo impegnativo da mostrare quotidianamente! Oggi sono
di moda anche pesci, rettili, animali di vario genere, stemmi di case costruttrici
di moto o automobili, lettere contorte dell’alfabeto sullo stile dei murales
della stazione Tiburtina, ideogrammi uncinati o facce stile arte dei Maia, i
soliti cuori trafitti, teste di aquila e facce arrabbiate, dichiarazioni estreme:
killer, born to lose, live to win, personaggi dei fumetti.
Esiste anche un tatuaggio religioso, forse un po’ fondamentalista con
tanto di crocifisso in pieno petto e guardie che fanno da pendant alla croce:
un calvario a tutto campo degno della processione del Venerdì Santo[3].
Una volta, tantissimi anni fa, il tatuaggio era il segno di proprietà
che il padrone stampava sullo schiavo o il condottiero sui prigionieri,
oggi è un buon passatempo ancora di qualche carcere, ma diventa un elemento
di identificazione e di appartenenza a una generazione o a una ricerca quasi
religiosa, fatta di simboli esotici. È ancora come il piercing
un intervento con dolore sul proprio corpo, una riconquista della corporeità,
una dichiarazione di uso e di colore sulla pelle in maniera indelebile. Non
è solo una moda, perché ha dei risultati che permangono troppo
a lungo rispetto ai tempi della moda e che vanno ben oltre la tendenza del momento.
I tatuatori, i più consapevoli, avvisano che una incisione sulla pelle
è per sempre, non è come un orecchino o un anello o un piercing,
ancor meno come un vestito. È cucirsi addosso una scelta definitiva.
Non è una tendenza, non può essere frutto della infatuazione del
momento. È qualcosa che, consciamente o no, parla della propria personalità
e la mantiene nel tempo.
Qualcuno purtroppo fa come certi papà che infatuati di uno spettacolo
televisivo danno nomi dei divi del momento ai figli. Sono simboli, ma anche
i simboli sono importanti. Allora si ricorre all’estetista per fare una
qualche plastica. Qualcuno riesce a cancellarli a spese di un trapianto di pelle
dislocata sulle parti “rotonde”, se sono state rispettate a suo
tempo. Già gli antichi avevano avuto questi problemi, soprattutto
con Caligola, che ordinava ai membri della sua corte di farsi tatuare o
negli anni del tardo impero in cui si imprimevano tatuaggi sui soldati per non
farli disertare; c’è in Arcigno (I secolo dopo Cristo) o Marcello,
quasi contemporaneo, o in Ezio, fisico latino, una serie di indicazioni per
cancellare il tatuaggio a base di nitro, resina di terebinto, punture con spille,
sale sulle nuove ferite. Probabilmente esisteva l’arte di creare croste
che, quando guarivano, si portavano via anche il tatuaggio, non certo lasciando
la pelle fresca come quella di un bambino.
È strano che in un tempo di dilazione all’inverosimile delle
proprie scelte definitive, alcuni giovani, non certo giovanissimi, si vogliono
scrivere sul corpo, quasi una rivincita sullo spirito in continua incertezza,
una traccia indelebile. È ancora a mio avviso una riconquista della
corporeità, un ritorno alla materialità del proprio corpo per
avere un aiuto a decidere nel proprio spirito. Forse ne è responsabile
il rifugio nel virtuale, nel computer, nelle immagini. In esso si vivono anche
le relazione affettive che hanno assolutamente bisogno del corpo, di un viso,
di un sorriso, di emozioni vere, di sentimenti, di pugni forse e di confronto
fisico.
Per altri il desiderio di incidere e di marchiare il proprio corpo con un tatuaggio
è una sorta di atto trasgressivo, esotico e primitivo, una dichiarazione
di guerra senza pentimento, una appartenenza a un mondo altro, a una categoria
che si distanzia dal marcio che c’è. Non è sufficiente
mettersi tutto il giorno le cuffie per prendere le distanze; è troppo
poco, bisogna tagliare netto, col proprio corpo, con la faccia della mia anima.
Confesso che una forza di volontà di questo tipo mi affascina. Ho idea
che presto nascerà una congregazione di frati o suore che hanno scoperto
di essere fatti per qualcosa di più grande nello studio di un tatuatore,
si chiami questo tattoo communication o il gladiatore o on the road
tattoos: sarà la congregazione dei tatuati! Non avranno problemi
di scelte definitive[4].
Il sigillo dello Spirito è in questa direzione, nella direzione di
un dono totale, deciso, pubblico, determinato, ma soprattutto di un dono di
Dio senza pentimento. È prima di tutto gioia donata da Dio, ancor
prima che impegno di sequela dell’uomo; è offerta di sé,
senza se e senza ma, è dono di Dio alla nostra fragile vita piuttosto
che sforzo nostro di rispondere. È Dio che si fa nel suo corpo il tatuaggio
indelebile della croce, che scrive nella sua carne i segni di un amore definitivo
e che viene comunicato al cresimando come sigillo.
[1] Cfr. CdG 1.
[2] Cfr. F.Lambiasi, Lo Spirito Santo, mistero e presenza, EDB.
[3] Attorno al tatuaggio è sorto
un mercato, fatto di tatuatori, di tecnici degli strumenti e degli inchiostri, di riviste specializzate. Non
siamo più all’artigianato locale dell’amico o, meglio, dell’amica, nel sottoscala
durante le bellissime, interminabili ferie, in un paese esotico. Lì, ora ci si adatta solo a farsi
pettinare e “ingessare” i capelli in minutissime treccine che resistono proprio solo per far vedere
agli amici che si è stati alle Maldive o alle Bahamas. Siamo all’arte, al design, allo studio,
all’intervento programmato, a sedute calcolate, a tatuatori confederati nella T.A.I.
Ho incontrato un giorno sul pendolino Roma-Firenze una ragazza che prima timidamente, poi con tanta disinvoltura
mi parlava del suo hobby: tatuatrice. Arrotondava così il suo salario e sapeva convincere a farsi
sottoporre alla penitenza parecchi clienti. Le ho chiesto se c’era qualche possibilità di farmi
tatuare come prete: mi ha decisamente sconsigliato.
I ferri del mestiere sono box a cinque aghi e tre punte, tavolozza plastica a 6 fori, Iron Eagle, Cobra, Orion,
Fly, Storm (le marche più in voga di strumenti in acciaio Inox), macchine a 12 wrap, telai per
linee, riempimenti e sfumature, pedale con jack grande o piccolo, Clip Cord, matite ectografiche,
sterilizzatori, colours homogenized, dime per saldare aghi e stringere punte, raccolta di disegni a
non finire... Accanto ai ferri un supporto video per l’enciclopedia. Per eventuali ragazzi non coraggiosi,
che se la fanno ancora sotto, si può prendere qualche tatuaggio decalcomania da pelle, che si toglie con
l’alcool. In genere in uno studio per tatuaggi, buco più buco meno, non è impresa difficile
fare anche piercing.
[4] Cfr. Sigalini, Meglio una carezza, un bacio, LDC 2005.